CAMPOFILONE DI FERMO ANNI 1570 – 1593: ABBAZIA SAN BARTOLOMEO GOVERNO COMUNE DI CITTADINANZA FERMANA

CAMPOFILONE 1570-1593

L’abbazia di San Bartolomeo a Campofilone nel 1571 fu dichiarata “di nessuna diocesi” e dipendente dalla Santa sede dal Papa Pio V con la bolla di erezione della diocesi nuova di Ripatransone a cui fu stabilita la territorialità, ma  Campofilone non ne faceva parte, in seguito restò sempre nelle diocesi di Fermo.

Nel 1572 la visita pastorale nelle parrocchie Fermane fu fatta per il vescovo di Fermo monsignor Felice Peretti, da mons. Ambrosino. A Campofilone c’erano una trentina di famiglie sottomesse all’abazia locale di San Bartolomeo  e affidate alla cura pastorale dell’abate locale Don Vincenzo Torelli.

In realtà la Comunità di Campofilone dall’anno 1570 era già sotto la diretta amministrazione giurisdizionale di Roma, ma nel 1573 il nuovo Papa Gregorio XIII fece reintegrare Campofilone tra i castelli di cittadinanza Fermana, sotto l’antico governo, secondo gli antichi patti approvati nel 1372 e convalidati nel 1500. Nel 1537, il papa Paolo II Farnese creò il nuovo Stato ecclesiastico nell’Agro Piceno,  con capoluogo Montottone, che è durato fino al 1547, poi tornò il governo fermano.

Il 10 giugno 1573 si recò a Campofilone il visitatore apostolico inviato dal papa per le parrocchie della diocesi fermana, mons. Maremonti . Nei verbali  si legge che a Campofilone la chiesa di San Bartolomeo era nel tempo addietro “una abbazia dell’ordine benedettino”, e che vi risiedeva l’Abate commendatario a vita Don Vincenzo Torelli da Massaccio che aveva con sé altri sacerdoti idonei alla cura delle anime. Il visitatore impose  alcuni obblighi per la parrocchia: tenere nel tabernacolo la coppa dell’Eucarestia fatta d’argento, come pure in argento i vasetti degli oli sacri per battesimi e cresime, nel fonte battesimale un nuovo “armariolo”. L’edificio della chiesa all’interno doveva essere intonacato ed imbiancato; i candelieri fossero in bronzo, il pavimento ripianato con lastre marmoree sopra le tombe. Altri pregevoli abbellimenti  dovevano aggiungersi nei cinque altari laterali con novità di collocarvi le immagini dei rispettivi santi titolari: di Sant’Antonio, di Santa Maria, del Rosario, di San Silvestro, di Santa Lucia.

Per tradizione l’Abate di San Bartolomeo riscuoteva le “decime” dal fruttato dei loro beni immobili monastici valutati nella somma annua di cento monete di aurei. Gli altari laterali della chiesa abbaziale avevano rendite in totale di altri cinquanta aurei.  Il visitatore apostolico fece trasformare l’abazia in collegiata, con prioria e prepositura di quattro sacerdoti come curati per la cura pastorale delle anime e in ciò ebbe il consenso dei sacerdoti.

Tra le chiese rurali visitate si menziona Santa Maria di Antignano, anch’essa  monastica.  L’Abate di San Bartolomeo di Campofilone era inoltre rettore della chiesa di Santa Maria ad Altidona.

Un’attenzione particolare del visitatore fu rivolta alla Compagnia  (Confraternita) del Corpo di Cristo (Ss. Sacramento) perché aveva dato in prestito gran quantità di grano, senza alcun ritorno, per cui il visitatore obbligava il confratello Brancadoro a farsi aiutare dagli altri per recuperare tali crediti.

Nel 2000 l’abate Don Vincenzo Galiè  ha pubblicato il suo volume “L’abbazia e il Castello di Campofilone” apprezzando molte testimonianze dell’antichità romana. L’autore giudica significativi i toponimi dei catasti di Campofilone degli anni 1560 e 1593 e ne riferiamo alcuni:

-Antignano (Antiniano da Antino)

-Canale (corso d’acqua)

-Castello (casa fortificata)

-Castellano (addetto al castello)

-Grotta (cripte)

Nel territorio comunale campofilonese c’erano terreni donati da proprietari come benefici ecclesiastici per la celebrazione di sante Messe per i defunti delle famiglie donatrici e questi lasciti erano  intitolati a un santo, per cui le terre donate erano distinte con i propri toponimi come, tra l’altro, S. Giovanni, S. Patrizio, S. Pelonara, S. Vito.

 

 

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