PERGAMENE DEL MONASTERO DI MATELICA ELENCO E TRADUZIONI anni 1227- 1399
Carlo Tomassini e digitazione di Vesprini Albino
Nei“Quaderni dell’Archivio storico arcivescovile di Femo” anno 1998 n. 26 abbiamo dato informazione di alcune pergamene del monastero matelicese di S. Maria Maddalena (=S. M. M.). Ecco l’elenco e le traduzioni di quelle avute in foto da P. Picciafuoco U. dall’anno 1325 al 1399
1227 settembre 12 Ricevuta di dote matrimoniale di Susanna
1233 aprile 11 Nuova costruzione nel monastero. Indulgenza del vescovo.
1233 settembre 9 Donazione di Alberico Finaguerra e della dote di Usularia.
1233 settembre 9 Donazione di Buon Frate all’abbadessa Beatrice e al monastero di Cupo Romano.
1237 gennaio 11 Consacrazione di donna Rosa nel monastero di S. Maria Maddalena.
1237 aprile 20 Accordo per i beni monastici di donna Rosa dall’eredità del padre Ranno.
1237 maggio Donna Rosa fa rivalsa per l’eredità paterna e materna.
1237 settembre 2 Il notaio Benincasa vende un terreno ad Attone Petri.
1238 maggio 27 Benentenni del fu Bonasera permuta una casa con di Attone Petri.
1243 giugno 29 Giovanni di Pietro Sassolini e la moglie Letizia saldano ogni debito residuo a Venuto di Berta Rigi.
1243 settembre 12 Patto di non far pace se non insieme tra Giovanni Finaguerra e Rainaldo contro Benvenuto.
1247 marzo 9 Spartizione di molini e diritti tra Attone e Lazzarello.
1247 maggio 23 Vendita di terra e molino da Giacomo di Valentino a Ugolino Albrici.
1247 ottobre 10 Accordo fra Ventura Carelli e Giovanni di Pietro per una tunica.
1254 febbraio 27 Vendita di vari terreni di Matteo ed Agnese a Iacopo Tertii.
1254 ottobre 20 Professione di donna Crescimbene al monastero di S. M. M.
1254 ottobre 28 Professione di Bartolo del fu Attone Tornaguerra religioso a S.M. M.
1256 dicembre 23 Le persone di S. Francesco di Acquaviva si donanoa S. M. M.
1257 gennaio 25Guglielmo vescovo Camerinese aggiudica i beni di S. Francesco a S. M. M.
1258 ottobre 24 Annuncio del banditore comunale.
1268 maggio 15 Vendita di maestro Filippo Bonaventura a Rainuccio Attoni.
1270 dicembre 31 Guido vescovo di Camerino fa costruire a distanza da S. M. M.
1271 giugno 2 Testamento di Rainaldo di Gualtiero.
1271 giugno 16 Testamento di Rainalduccio del fu Rainaldo con legati pii.
1271 luglio 3 Promessa di esecuzione testamentaria.
1271 luglio 30 Pietro di Giacomo e Napolione Ranieri danno terra per costruire un monastero.
1271 agosto 10 Oblazione religiosa della giovane Mattia a S. M. M.
1271 settembre 14 Guido vescovo di Camerino fa trasferire il monastero di S. Agata.
1271 dicembre 8 Consegna di citazione vescovile.
1272 giugno 1 Fra Andrea viene nominato procuratore generale del monastero di S. Maria
Maddalena per la soluzione di vertenze.
1272 aprile 19 Venutula del fu Vitale dona sé stessa e i suoi beni al monastero di S. M. M.
1273 aprile 21 Indulto per offerte al monastero per la costruzione di una cisterna.
1274 (1273?) aprile 19 Richiesta all’abbadessa di S. M. M. da parte di Frate Rainaldo per poter vivere monasticamente sul monte Gembo.
1274 agosto 18 Consegna di lettera del vicario pontificio.
1274 settembre 15 Lettera del vicario pontificio per la posa della prima pietra del nuovo convento di S. Agata.
1274 ottobre 7 Il vescovo Arnolfo di Numana concede indulgenza ai benefattori del convento di S. Agata.
1275 febbraio 11 Divieto di costruire nelle vicinanze del monastero di S. Maria Maddalena riconfermato dal vicario generale del Papa mastro Bernardo.
1277 maggio 30 Vitaliano Albrici vende a Fantesimo Rainaldo un terreno.
1278 febbraio 16 Oblazione di Alluminata e suore di S. Agata al monastero di S. M. M.
1278 marzo 7 Oblazione di religiose del monastero di S. Agata al monastero di S. M. M.
1278 luglio 17 Il sostituto del vescovo di Camerino vieta, sotto pena di scomunica, alle badesse dei monasteri di S. Agata e S. Maria Maddalena di procedere alla unione.
1278 luglio 17 Appello contro il precetto del sostituto del vescovo di Camerino.
1278 luglio 22 Accoglimento dell’appello presentato dai monasteri di S. Agata e S. Maria Maddalena al sostituto del vescovo di Camerino.
1278 Donna Billa dona i suoi beni al monastero di S. Maria Maddalena.
1278 ottobre 16 Vitaliano Albrici vende un terreno ad Andriolo Iacobi Sinibaldi.
1278 dicembre 2 Dote residua dovuta da Angeluccia del monastero di S. M. M.
1279 luglio 3 Donna Ricca dona una dote al monastero di S. M. M.
1280 settembre 4 Procura a Girardo Mattei di Matelica nella causa contro Mardonio Giacobelli ed altri presso il giudice generale della Marca.
1282 luglio 14 Lettera di Guido di Villanova cappellano e nunzio papale.
1282 luglio 30 Colletta per spese dl nunzio papale.
1283 febbraio 1 Citazione fatta da Rainerio di Montefiascone a Napolione Rainieri.
1283 febbraio 2 Citazione a testimoniare dinanzi al giudice generale della Marca.
1283 febbraio 10 Convenzione per i molini.
1283 dicembre 4 Convenzione per un vallato dei molini.
1284 marzo 13 Testamento di donna Ventura con legati pii.
1284 giugno 10 Procuratore monastico il converso Fra Giacomo da Colle Stefano.
1284 luglio 11 Lettera del vicario pontificio della Marca.
1285 agosto 21 Procura per comporre una lite.
1286 febbraio 28 Indulto del vescovo di Camerino.
1286 settembre 12 Procura per una vertenza e autorizzazione a contrarre un mutuo.
1286 settembre 13 Indulto del vescovo di Camerino.
1286 novembre 14 Delibera del comune di Matelica sulla occupazione di suolo pubblico.
1286 novembre 20 Procura per dilazionare alcuni pagamenti.
1287 aprile 19 Ordinanza del giudice della Marca.
1287 aprile 27 Il balivo del giudice della Marca notifica l’ordinanza del 19 aprile.
1287 settembre 26 Procura per vertenza con i Frati di S. Agostino.
1287 dicembre 10 Procura per vertenza col vescovo di Camerino.
1288 ottobre 22 Il giudice comunale Bonaccorso da Montecchio ordina il completamento di una porta del monastero di S. M. M. a Iagnino di mastro Percivalle della Romandiola.
1289 aprile 18 Giovanni Corradi giudice ordina a Iagnino di ultimare la porta di S. M. M.
1290 febbraio 23 Nicolò IV incarica il vescovo di Pesaro di dirimere una vertenza tra l’abate De Rotis ed il monastero di S. M. M.
1290 agosto 30 e settembre 8 e 11 Udienza giudiziaria.
1290 settembre 21, 26, 28 e ott. 5 Udienza giudiziaria per le monache di Fano.
1290 settembre 26 Il procuratore Lonardello presenta una richiesta al giudice.
1290 settembre 28 Accursio vescovo di Pesaro dichiara contumace Offreduccio di Tomasso di Matelica procuratore del monastero di S. M. M.
1290 ottobre 2 Don Matteo rettore di S. Donato dichiara avvenuta l’assegnazione dei beni al monastero di Fano secondo la sentenza del 28 settembre.
1290 ottobre 5 Don Matteo dichiara eseguita la sentenza del vescovo di Pesaro.
1290 ottobre 7 Appello al papa Nicolò IV da parte del monastero di S. M. M.
1291 settembre 27 e 29 Il vicario papale ordina al monastero di Matelica di desistere dal turbare il possesso delle terre assegnate al monastero di Fano.
1291 settembre 29 Notifica dell’ordinanza del vicario papale al monastero di S. M. M.
1292 febbraio 2 (1° atto) Il monastero cede a Petrono Rainaldi Bone un terreno.
1292 febbraio 2 (2° atto) Il monastero cede a Petrono Rainaldi in terreno.
1293 novembre 5 Benencasa di Pietro Brunelli fa ricevuta a Venuto di Venuto Beni della dote di Margherita di Venuto sposa di Benencasa.
1300 ottobre 27 Testamento di Benentendi del fu Accurimbona di Atto Simoni.
1301 marzo 24 Fra Iacopuccio procuratore di S. M. M. per la riscossione di somme.
1311 gennaio 29 Procura per appello al papa.
1312 luglio 8 Quietanza di pagamento per il prezzo di una campana.
1325 ottobre 20 (1° atto) Donna Allorita fa oblazione monastica.
1325 ottobre 20 (2° atto) Donna Allorita fa oblazione monastica.
1331 febbraio 28 Affitto di molini.
1332 giugno 15 Il generale degli Eremitani concede indulgenze al monastero di S. M. M.
1335 aprile 17 Procura conferita a mastro Andreuccio Corraduzi di Osimo.
1335 settembre 14 Il monastero di S. M. M. vende un terreno a frate Guido converso.
1336 agosto 26 Nomina di un sostituto rappresentante del monastero di S. M. M.
1345 febbraio 19 – 26 Comparsa in giudizio.
1348 agosto 4 Testamento di Lucetta Ranucci.
1348 (inizio mancante) Esecuzione del testamento di Nallo.
1348 (data mancante) Posizione giudiziaria di Lippi e convocazione dei testimoni.
1352 aprile 15 Il monastero di S. M. M. effettua vendite per il pagamento di debiti.
1355 ottobre 18 Lucio Ugolini di Matelica vende un terreno a Matteo detto Funario.
1363 marzo 6 Il monastero di S. Angelo vende un terreno a Cola Cagni Martini.
1363 maggio 24 Il vicario generale degli Eremitani concede indulgenza a S. M. M.
1367 gennaio 14 Vendita di casa con orto.
1375 giugno 21 Donazione di terreno con vigna al monastero di S. Maria Maddalena fatta da Mattiolo Petri Massarie da Matelica.
1375 luglio 15 Consegna di una lettera del 4 luglio 1375.
1375 luglio 17 Nomina procuratore del monastero di S. Maria Maddalena.
1376 maggio 10 Donazione fatta da Vannetta Gualtieri Atti Ricci da Matelica.
1387 febbraio 25 Il giudice autorizza il monastero alla donazione di Vannetta.
1380 aprile 30 Donna Catarina del fu Bindo Petri permuta terreno con Pacia Andreucci.
1383 agosto 28 Donazione fatta da Bartolomeo Pucci Venturelli da Matelica.
1383 settembre 2 Copia del testamento di Angelo Cicchi Levi.
1391 settembre 25 Donazione di Venanzo Rafini all’amministratore del di S. M. M.
1391 settembre 28 Esecuzione del testamento di Bitto Ruffini da Matelica.
1399 novembre 24 Testamento di Andrea Lippi Attucci da Matelica.
1227 settembre 12 a Matelica.
Nel nome di Dio. Amen. Nel suo anno 1227 indizione xv giorno dodici del mese di settembre (entrante) e tempo dell’Imperatore Federico II imperatore dei romani. Redatto nel castello di Matelica davanti alla casa di Tertio Erri, alla presenza di Angelo Attoni, Monaldo Massei, Accurrimbona Bracconi e Ugolino Viviani, testimoni chiamati. Andrea, figlio del fu Rainaldo da Clugiano dichiarò e fu soddisfatto di avere veramente ricevuto 30 libre che ricevette da Tertio Erri come dote di sua figlia Susanna moglie del predetto rinunciando a qualsiasi cavillo giuridico di contestazione del ricevuto. Lo stesso Andrea impegnò sé e gli eredi al patto che era obbligo restituire tale somma qualora il matrimonio si venisse a sciogliere per la morte o per il divorzio tra lui e Susanna a condizione che non fossero la loro nati figli giunti ad essere venticinquenni (s’intende maggiorenni) e ciò sotto penalità, in caso di inadempienza di pagare il doppio della dote e tutte le spese di lite. Notaio imperiale Pietro Albrici.
1233 aprile 11 a Matelica
Filippo vescovo di Camerino per grazia di Dio, rivolge il saluto nel Signore a tutti i fedeli cristiani del clero e del laicato stabiliti nella Diocesi di Camerino. Come disse l’Apostolo: tutti staremo davanti al tribunale di Cristo e riceveremo secondo come abbiamo agito nella vita corporale o in bene o in male. Pertanto dobbiamo prevenire il giorno dell’eterno giudizio con opere di misericordia e con il pensiero delle realtà eterne, dobbiamo seminare nella vita terrena quel che potremo raccogliere in cielo con frutto moltiplicato dal Signore che ce lo renderà. Teniamo con fiducia la ferma speranza che se chi poco semina mieterà pure poco, chi semina nel ben dire e ben fare mieterà pure la vita eterna. Dato che l’abbadessa, diletta in Cristo, e le consorella esistenti presso il castello di Matelica sopra la piana dell’Isola adiacente al fiume Gino, hanno cominciato lodevolmente a costruire il nuovo monastero e la chiesina (oratorio) ad onore di Dio e della beata aria Maddalena e di tutti i santi e non hanno mezzi di ultimare del tutto tale opera, preghiamo voi tutti comunitariamente, vi esortiamo vivamente e disponiamo per la remissione dei peccati che quando verranno gli incaricati delle stesse suore a chiedervi elemosine dai beni donati a voi dal Signore, vogliate aiutarle, cosicché, per queste ed altre opere buone ispirate dal Signore, possiate meritare i premi della vita eterna. Peraltro noi (vescovo) fiduciosi nella misericordia del Signore e nei meriti dei santi Venanzio, Ansovino, Vittorino e degli altri santi, concediamo quaranta giorni di conforto dalla penitenza imposta nel Signore, a favore di tutti coloro che porgeranno aiuto caritatevole alla stessa costruzione delle suore o ai loro incaricati. Dato a Matelica il giorno 11 aprile.
1233 settembre 9 a Matelica davanti al monastero
Nel nome di Dio. Amen. L’anno del Signore 1233, giorno 9 settembre a tempo di Papa Gregorio e dell’imperatore dei romani Federico, indizione VI. Il signor Albrico, figlio del fu Finaguerra, di suo diritto diede, consegnò e concesse alla chiesa e al monastero delle donne di Cupo Romano presso l’Isola o a donna Beatrice abbadessa di esso monastero un terreno sito in Cupo Romano dove esiste tale monastero, terreno a confine con la via, con Rainaldo Saraceni, con il fiume, con Bruno Frate, facendo eccezione per il torrente con le “rote” dei figli di Stefo e di Rainaldo Saraceni. Donava in perpetuo questa terra al confinante monastero e chiesa assieme ai beni di Buono Frate, con tutte le pertinenze, in perpetuo con piena garanzia di non contrastare mai questa donazione. Inoltre stabiliva l’abbadessa (Beatrice) come sua amministratrice di 27 libre ravennati e anconetane. Questa somma faceva parte delle 40 libre di donna Usulalia quale dote di lei destinata a esser data come somma al monastero. Si impegnava pienamente con penalità e risarcimento spese. Redatto in località Cupo Romano davanti alla porta dello stesso monastero alla presenza dei testimoni richiesti: il signor Giberto; il signor Gentile; il signor Masseo Lazani; il signor Rainaldo; il signor Albrico Mori. Notaio apostolico, Pietro.
1233 settembre 9 a Matelica nel monastero
Nel Nome di Dio. Amen. L’anno del Signore 1233 giorno 9 settembre a tempo di Papa Gregorio e di Federico imperatore dei romani, indizione VI. Buonfrate figlio del fu Rainaldo Albrici diede per diritto suo, consegnò e concesse alla chiesa o monastero delle donne di Cupo Romano presso l’Isola e a donna Beatrice abbadessa di tale chiesa e ricevente a none della stessa chiesa o monastero un terreno con vigna in parte e con corso d’acqua in località Piagge confinante con la via, con il monastero, con la terra del di Ugolino Albrici, con il vallato dei molini, rote e con il signor Albrico Finaguerra. Donava insieme ogni diritto, pertinenza e lo faceva per rimedio dei suoi peccati per l’anima sua e dei suoi parenti defunti dando tutte le garanzie di non contrastare mai questa donazione, anzi di assicurarla pagando ogni penalità, e spesa. Redatto nella casa o nel predetto monastero alla presenza dei testimoni richiesti e chiamati: il signor Gentile, il signor Masseo Lazani, il signor Gualtiero Alberti, il signor Rainaldo Massei. Notaio rogante Pietro, notaio della Sede Apostolica.
1237 gennaio 11 a Matelica nel monastero.
Nel nome di nostro Signore Gesù Cristo, anno 1237, indizione decima, giorno 11 gennaio, al tempo del Papa Gregorio e dell’imperatore Federico, alla presenza dei testimoni scritti sotto. Donna Rosa figlia del fu signor Ranno Alberto Gualtieri di propria spontanea buona volontà e per la redenzione delle anime dei genitori, delle sue sorelle e dell’anima propria dedicò se stessa ed i suoi beni (a Dio) ed entrò nel monastero e chiesa di S. Maria Maddalena. La detta signora promise obbedienza e riverenza a Fra Pietro, ministro dei Frati Minori ed alle consorelle e fu accolta a nome della stessa chiesa, con l’impegno che mai in alcun tempo sarebbe uscita da tale chiesa per andare o servire in altro luogo religioso per occasione di stare e rimanere, ma sempre sarebbe restata in tale luogo e rinunciò al mondo. Promise di mantenere la castità e l’unità e la necessità e lo fece a Dio per l’amore che ha verso nostro Signore Gesù Cristo, verso la Vergine Maria e Maria Maddalena. Mentre Fra Pietro predetto diceva: “Vuoi tu essere resa a Dio, a questo luogo di S. Vergine Maria e S. Maria Maddalena permanendo e stando davanti all’altare si S. Maria Maddalena ?”. Lei disse: “Lo voglio “. Lo stesso Fra Pietro e le consorelle la ricevettero a nome e in funzione della detta chiesa e la vestirono per mezzo dei panni dell’altare e del bacio della pace presso l’altare. E la stessa Rosa dopo queste cose donò e cedette ogni diritto ed ogni ragione ed azione che aveva in confronto al signor Masseo ed il signor Gentile Nazari di quattrocento libre che questi stessi erano tenuti a darle dalla vendita del podere paterno e materno, inoltre di centocinquantasei libre che donna Beatrice e la stessa donna Rosa avevano prima consegnato, come pure la stessa donna Rosa consegnò e diede al predetto monastero, o luogo, ogni suo bene oltre a ciò, quel che fosse di suo avere. Promise di mantenere stabile e definitiva questa sua consegna e donazione di non contrastarla in nessuna occasione, né riserva. Erano presenti il signor Bartolo Gentili, il signor Rainaldo giudice, Morico della Rocca, il signor Benintendi, il signor Bentivogio e molti altri testimoni richiesti, nella predetta chiesa. Fui presente io notaio Albertino che per mandato della stessa Rosa e delle consorelle scrissi l’atto e lo resi di pubblica forma.
1237 aprile 20
Nel nome di Dio. Amen. L’anno del Signore 1237, aprile 20, a tempo di Papa Gregorio e di Federico imperatore dei romani, re di Sicilia e di Gerusalemme, indizione X. Il signor Masseo ed il signor Gentile Lazari da una parte e Attone Venimbene notaio amministratore del monastero di S. Maria Maddalena di Matelica dall’altra parte, a nome del collegio e per conto della comunità del monastero deposero, si comune accordo e volontà, presso il signor Morico di Rocca libre duecento ravennati e anconetane, prezzo della vendita di donna Rosa dai beni del defunto Ranno fatta ai figli di Lazario, con questo patto e con questa condizione posta, che qualunque cosa avrà espresso Frate Pietro, Ministro dei Frati Minori, la predetta donna con le consorelle sue e il sindaco della predetta comunità facciano la ricevuta di quietanza e transazione ai figli di Lazario e staranno tra di loro al detto di lui.E se capitasse che il detto Fra Pietro non venisse, o (non) decidesse da ora fino alla metà di maggio prossimo, Don Filippo vescovo di Camerino debba decidere e se capitasse che gli uomini predetti non decidessero, il denaro predetto di duecento libre sia restituito dal signor Morico ai predetti figli di Lazario. E qualora il vescovo dicesse che il predetto denaro fosse da restituire, il signor Morico lo dia, senza frapporre condizioni, alla signora predetta. Parimenti riguardo al testamento di donna (I)bilde, tutto ciò che uno dei predetti (ministro o vescovo) dichiarasse o sentenziasse, con più o meno considerazione, promisero tra di loro vicendevolmente che lo considereranno e lo terranno fermo (deciso) e lo promisero con solenne stipula sotto pena di duecento libre ravennati e promisero di rimborsare o restituire ogni danno di lite e le spese fatte per ciò o sostenute per ciò in qualunque modo mancassero, con solenne stipula tra di loro. E dopo che le cose predette fossero o non fossero pagate, tutto quanto stabilito promisero che resterà deciso. Si riserva ogni diritto al monastero per il fatto del monte, cioè per i dieci (o più) mogiuri (o modioli) e per quello che ha del manso di Martino Iunii e moglie, inoltre della chiusa (da molino) di Atto Deoni e del molino di Geometaria, cose che lasciò alla signora Rosa. Redatto nel detto monastero, presenti come testimoni: il signor Albrico Finaguerra; Rainaldo di Monte Melone; il signor Suppolino; il signor Albrico Mori; il signor Blasio e Giovanni di Albrico Guarnieri. Acto di Deone, avvocato, richiesto, scrisse come notaio apostolico.
1237 maggio (Inizio mancante)
Sono presenti le monache donna Isulana, donna Chiara, …Lucia, Agnese e Catalina con altre che insieme concordemente (elessero) il loro amministratore contro Masseo e il signor Gentile Lazarii, di fronte a Fra Pietro da Vercelli e di fronte al vescovo di Camerino Filippo per contestare la lite, per giurare nell’accusa e per fare tutto, con transazione, compromesso, ascolto della sentenza, appello, se necessario, che agisca, riceva e replichi come loro stesse potrebbero agire e replicare riguardo all’eredità famigliare di donna Rosa dal padre, signor Ranno e dalla madre donna Beatrice specialmente per 555 libre e per tutti gli altri beni spettanti a lei. Questa procura sarà stabile, non contraddetta per nessuna circostanza dalla abbadessa e dalle monache, senza limiti per condizione di foro ecclesiastico, per atti senza causa, per dolo o timore, con ogni ausilio legale, restituzione, e tutto quanto potesse essere a loro vantaggio o per le persone con loro correlate. Queste cose promisero sotto penalità di 200 libre, pagata o non pagata la penalità, restano stabili. Redatto nel monastero di S. Maria Maddalena alla presenza dei testimoni: signor Albrico Finaguerra, il signor Fianguerra, il signor Morico da Rocca, il signor Suppolino, il signor Albrico Mori, Giovanni Albrici, il signor Blasio. Io notaio apostolico Atto di Deone avvocato fui presente a queste cose e richiesto dalla detta abbadessa e consorelle scrissi quanto si legge sopra e lo pubblicai.
1237 settembre 2
Nel nome del Signore. Amen. L’anno del Signore n1237, indizione X, giorno 2 settembre, a tempo del Papa Gregorio e dell’Imperatore Federico. A Matelica, davanti alla casa di Gentile di Attone Strovegli, sono presenti i testimoni: il signor Morico da Rocca; Matteo di Attone Petri Albi e Salimbene Ranni. Il notaio Benencasa Alessandri di suo diritto vendé, assegnò e concesse ad Attone di Pietro Tebaldi un terreno arativo sito nel distretto di Matelica in località Casoie, a confine con Sorello, genero di Attolino, figli di Paganuccio e l’acquirente, in pieno dominio e uso comprese le pertinenze, al prezzo di quattro libre e sei soldi che vengono pagati nell’atto senza la possibilità di rivalse e contestazioni, sotto penalità del doppio rimanendo stabile il contratto. Roga l’atto il notaio imperiale Bentevegna Alberti.
1238 maggio 27
Nel nome del Signore. Amen. Nell’anno del Signore 1238, il giorno 27 maggio (cinque giorni al termine del mese) a tempo del Papa Gregorio e di Federico imperatore, indizione XI. Il signor Benentenni figlio del fu Bonasera fa una permuta (o concambio) con Attone di Pietro Tebaldi. Benentenni consegna ad Attone ed eredi una casa sita nel castello di Matelica a confine con Androna, i figli di Paganuccio, Accurro Bonasera con superficie di sedime e pertinenze, uscite sulla via e diritti. Riceve da Attone un’altra casa nel castello di Matelica confinante con Matteo di Attone Blanci, con Androna, con Bonaccorso di Attone Cristiani e moglie, con Bonora Beneraini. Nella permuta Attone aggiunge alla casa data la somma di quattro libre che Benentenni dichiara di aver ricevuto rinunciando ad ogni rivalsa o contraddizione, sotto penalità del doppio, con rimborso delle spese di lite, permanendo valido il contratto. Redatto a Matelica nella “stazione” (sede) del notaio Benencasa alla presenza dei seguenti testimoni: Accurro Bonasera; Tomasio Blasii; Mercato Petri da Cerreto e Scagnarello di Albrico Tebaldi. Notaio imperiale Benencasa.
1243 giugno 29
Nel nome di Dio. Amen. L’anno del Signore 1243 indizione I, giorno 29 giugno (due giorni al termine) al tempo dell’impero di Federico secondo.
Venuto di Berta Rigi fa quietanza e transazione con Giovanni di Pietro Sassolini e con la moglie Letizia per tredici soldi e quattro denari che lo stesso venuto ricevette riguardo alla promessa rimasta insoluta per un campo o manso, ora definitivamente compensato, senza possibilità di rivalsa o di contraddizione, sotto penalità di venti libre, permanendo valida la quietanza. Redatto a Matelica nella casa del giudice Amicalo alla presenza dei seguenti testimoni; Benintenni; Amicalo; Accone Pegilli; Severino Azze; Attone di Accursio Franconi e Attone Deruni e altri. Roga l’atto il notaio imperiale Benenuntio.
1243 settembre 12
Nell’anno del Signore 1243 a tempo di Federico imperatore romano, indizione I, il giorno 12 settembre Giovanni di Pietro Sassolini fece promessa con Finaguerra di Albrico e con il signor Rainaldo Gualtieri con l’impegno che non avrebbe fatto pace né accordo con Benvenuto Bertenise senza che intervenissero gli stessi Finaguerra e Rainaldo che erano in lite con Benvenuto, a costo di morire e sotto pena di cento soldi. Reciprocamente anche i due alleati Fianguerra e Rainaldo si impegnavano con lo stesso Giovanni a non far pace né accordo con Benvenuto senza di lui. Redatto a Matelica in casa del pievano Matteo, alla presenza dei testimoni: Pietro Severini; Actolinello di Attone e Guintarello banditore. Notaio Iacobo.
1247 marzo 9
Nel nome di Dio. Amen. Nell’anno del Signore 1247, indizione V. A tempo di Papa Innocenzo, il giorno 9 marzo, nella pieve del castello di Matelica alla presenza dei testimoni chiamati per questo atto, il signor Giacomo Attolini; Ugolino Simeoni e Servedare. Questa è la divisione e spartizione che fece Atto del signor Gentile Lazani tra lui e Lazzanello del signor Giacomo Massei Laczani riguardo ai molini siti nel distretto di Matelica e tra di loro in comune. Queste sono le due porzioni. Una porzione comprende i tre molini siti a Villa Vabiano presso i beni Lanzuni nella catasta (dell’acqua) che è sopra con i canali, le macine, il pavimento, il vallato, la chiusa e con le pertinenze comuni ai molini per scendere e discendere con accessi e uscite e con tutti i diritti pertinenti ad essi ma con l’esplicita condizione che chi verrà in possesso di tutta questa parte della divisione in atto non potrà impossessarsi né comperare né permutare con i molini vicini e in più resterà in debito con il condividente per la somma di libre sette che dovrà pagare per maggior valore entro il 15 maggio. Questa porzione fu assegnata in proprietà ad Attone. L’altra porzione comprendeva in molino e mezzo nella stessa località, nella catasta che è di sotto alla precedente, con le relative pertinenze e diritti e con l’impegno che il possessore non potrà rialzare il livello da capo né danneggiare gli altri molini. In questa seconda porzione sono comprese tre delle cinque parti del molino della catasta dei molini, quello del fu Pietro Migliorati a confine con il torrente, con Pietro Iaconelli, per quanto spettante(canali, macine, pavimento, chiusa, vallato, “letricini”, accessori e diritti). Questa seconda porzione venne in proprietà a Lazzanello. Il patto impegnava i condividenti sotto pena di cinquanta libre e rimborso delle spese di lite. Notaio imperiale Salimbene.
1247 maggio 23
Nel nome del Signore. Amen. Nell’anno del Signore 1247, indizione V, il giorno 23 (VIII uscente)del mese di maggio a tempo dell’imperatore romano Federico secondo. Redatto a Matelica davanti alla casa di Pietro Venerie di fronte ai testimoni Suppolino, Raniero del signor Pietro, Attone di Giovanni ed altri. Giacomo figlio del fu Valentino di suo diritto vendette, consegnò e concesse a Ugolino Albrici la quarta parte di un terreno indiviso o di una rota (molino) sita nel distretto di Matelica vicino all’Isola con questi confini: il torrente, la chiesa di S. Maria Maddalena, eventuali altri. La vendita comprendeva accessi, uscite verso la via pubblica, i diritti, gli usi e quanto spettante. Il prezzo pagato era di sei soldi. Rinunciava ad ogni contestazione per questa vendita o consegna, sotto penalità e con rimborso delle spese di lite, permanendo valido il contratto. Notaio imperiale Alberto di Pietro.
1247 ottobre 10
Nel nome di Dio. Amen. L’anno del Signore 1247, indizione V, il giorno 10 ottobre, a tempo di Papa Innocenzo. Redatto a Matelica davanti alla casa del signor Masseo, Venura Carelli Aldevannino promette solennemente di pagare una certa somma (illeggibile) a Giovanni di Pietro Sassolini (di cui all’atto precedente del settembre 1243) e pone come termine di scadenza il prossimo Natale, sotto penalità di pagare il doppio, con ipoteca dei suoi beni, e ciò riguarda il prezzo di una tunica con cappuccio di panno fiorentino che lo stesso Giovanni (creditore) gli aveva venduto. Notaio Benvenuto.
1254 febbraio 27
Nel nome del Signore. Amen. Nell’anno del Signore 1254, indizione XII, a tempo di Papa Innocenzo, fu redatto nel Comitato di Camerino a Villa Masiani, nella Cassina Massoli, il giorno penultimo di febbraio alla presenza dei testimoni: Bonvillano Benvenuti, Benvenuto Andrea, Scagnitto Iacobi, Benvenuto Severini, Porriano Bonelli Sollis, Bentivene Paganuccio e altri. Agnese figlia del fu Vitale Attoni Tebaldi e Matteo figlio di assoli Agresti, marito della stessa Agnese, con il consenso del padre Massolo Agresti e della moglie assieme vendettero e consegnarono in proprietà a Iacopo (Giacomo) Tertii, i terreni in parte con vigne siti in più località di Matelica (?). Un terreno era sito nel Piano di Matelica a confine con la via, con Giacomo di Giovanni, con lo stesso Iacobo. Un latro terreno era sito al Vado (= Guado) dei Militi a confine con il Vallato dei molini, con Michele Guidi, con i figli di Accursio Attolini. Altro terreno in località Querceto di Manfredo, a confine con Morico Paganucci, con maestro Pietro Paganucci ed altri, esattamente la metà dei diritti, come proprietà di Atto Tebaldi nonno della stessa Agnese. In località Querceto come sopra un altro terreno confinante con i figli di Albrico Tebaldi, con Giunta Attolini. Altro terreno a canneto era sito vicino al Fossato Gudenzili a confine con il Fossato stesso, con il signor Alberto Attoni Guarneri. Vicino al Fossato un altro terreno in Villa Casoie con vigna a confine con l’acquirente Iacobo ed ivi inoltre una terra vignata a confine con Benencasa Alessandri e con i figli del signor Sorello. Altro terreno in località Valle, a confine con Matteo Rainaldi e sua moglie donna Place e con terra dell’acquirente. Altro terreno in località Monacesca a confine con Bencivenga Paganucci e con Giunta Attolini. La vendita comprendeva ogni diritto, pertinenza, accesso, uso al prezzo di 31 libre. L’acquirente Iacobo consegnava subito in pagamento 20 libre; decidendo per la somma restante il venditore dichiarò che l’aveva già ricevuta. La vendita resterà stabile sotto penalità del doppio e del rimborso delle spese di lite, permanendo valido il contratto. Questi beni erano la dote di Agnese e il suocero di lei, Massolo obbligò e pignorò le 31 libre a favore di Agnese e di Bonvillano Benvenuti, con il consenso di tutti. Dato il fatto che la dote di Agnese ammontava a 41 libre, oltre alle 31 predette, fu consegnato il campo di terra arativa sita a Villa Masiani, in località Valla Bazzoni a confine con la via, con i figli del signor Salvo Bernardi e con il Fossato, campo che peraltro veniva stimato del valore di cento libre di prezzo. I coniugi Matteo e Agnese insieme lo vendettero allo stesso Iacobo che si impegnava a pagare. Il venditore Massolo assicurava la piena validità della vendita, rinunciando ad ogni controversia sotto penalità, rinunciava espressamente alla lettera dell’imperatore romano Adriano e al senatoconsulto relativo e ad ogni cavillo di legge. Il notaio chiese ai coniugi che asserivano di avere più di 14 anni di far giuramento sul Vangelo e pur minorenni dei 25 anni si impegnavano a rispettare il contratto di vendita. Notaio Giacomo Sorelli.
1254 ottobre 20
Nel nome di Dio. Amen. Nell’anno del Signore 1254, il giorno 20 (XII exeunte) del mese di ottobre, a tempo di Papa Innocenzo, indizione XII. Redatto presso il monastero delle donne di S. Maria Maddalena del Piano di Matelica sopra l’Isola, alla presenza dei testimoni richiesti: Pietro Pertenevole, suo figlio Pietro e Morico di Pietro Rustichelli e altri. Donna Crescimbene figlia del fu Matteo di Albrico Iordani, soprannominata Paola di sua spontanea volontà e per la redenzione della sua anima e dei suoi parenti donò e dedicò sé stessa ed i propri beni entrando nel monastero o chiesa di S. Maria Maddalena e promise obbedienza e riverenza al sindaco del monastero, maestro Albertino Lombardo ed alle suore, a nome della stessa chiesa, che in nessun tempo si sarebbe allontanata andando e servendo a qualche luogo religioso in occasione di starvi o rimanervi, ma di voler rimanere nello stesso luogo. Rinunciò al mondo e promise di mantenere la castità, l’unità e la necessità. Lo volle fare a Dio per l’amore che ha verso nostro Signore Gesù Cristo e verso la Maria Vergine e verso Maria Maddalena, nel mentre il predetto Albertino diceva: “Vuoi tu essere resa a Dio, a questo luogo di S. Maria Vergine e di S. Maria Maddalena ?” e lei rispondeva: “Lo voglio”. Allora il sindaco Albertino e le consorelle l’accolsero a nome e per conto della stessa chiesa e la vestirono dei panni dell’altare e per mezzo del bacio della pace presso l’altare. Lei, donna Paola, dopo ciò donò e cedette ogni suo diritto, bene, azione o possesso che aveva, dandolo allo stesso monastero, in particolare diede una casa sita nel castello di S. Severino a confine con Lazano del signor Giacomo, con Guarnerio del signor Gentile e con la via. Lei diede anche il campo in località detta Strada, vicino ai beni del figlio di Benvenuto Bendenari e di Ligorio. Diede ogni altro suo bene al monastero, suo luogo, con l’impegno di non contravvenire alla donazione. (Redazione della pergamena nell’anno 1261) Notaio pubblico Pietro Nicolai. Lo stesso notaio per ordine del podestà del Comune di Matelica, Bucaro di S. aria del Monte, scrisse di nuovo la pergamena dell’atto, su richiesta del sindaco generale (amministratore) del monastero di S. Maria Maddalena e del convento, giurando il podestà Bucaro che l’atto scritto precedentemente non si ritrovava né presso il sindaco Finaguerra del signor Albrico, né presso il monastero né presso altri. Se tuttavia venisse a ritrovarsi tale atto originario scritto dallo stesso Notaio, doveva essere a lui restituito. Il nuovo atto è scritto dallo stesso notaio nell’anno 1261 il giorno 26 agosto a tempo di Manfredo re di Sicilia al quarto anno, indizione IV, all’interno della “sanna” (transenna) della pieve di Matelica dove vengono redatte le carte dei diritti (o proprietà) alla presenza dei testimoni richiesti: Giacomo del Buon Frate, il signor Scanno di Rainaldo, il signor Pietro di Attone Graulini, il signor benteni Iacobi, Iohanni e Giacomo di Giovanni ed altri.
1254 ottobre 28
Nel nome del Signore. Amen. Nell’anno del Signore 1254 giorno 28 ottobre (quarto dalla fine del mese) a tempo del Papa Innocenzo, indizione XII, in Matelica davanti alla casa di Alberto Lombardi alla presenza dei testimoni: il signor Morico Uguictioni, Rainaldo di Attone Albrici, Venturello Brune, Gianni di Attone Martini e Vitale Venuti e altri convocati. Bartolo figlio del fu Attone Tornaguerra di sua spontanea buona volontà per la redenzione dell’anima sua e di quella dei suoi parenti, donò sé stesso ed i suoi beni e entrò nel monastero o chiesa di S. Maria Maddalena. Bartolo promise obbedienza e riverenza a maestro Albertino Lombardi come sindaco del monastero ed alle sorelle ricevuti a nome della stessa chiesa (promettendo) che mai nel tempo sarebbe andato via da tale chiesa per servire a qualche altro luogo religioso con l’occasione di andarvi o starvi, ma di voler sempre rimanere nello stesso luogo (= convento). Rinunziò al mondo e promise di mantenere la castità e l’unità e la necessità. Lo fece per Dio per l’amore che ha verso nostro Signore Gesù Cristo e verso Maria Vergine e di S. Maria Maddalena, nel mentre Albertino diceva: “Vuoi tu essere reso a Dio, a questo luogo di S. Maria Vergine e di S. Maria Maddalena ?” lui rispose:”Lo voglio”. Lo stesso Albertino lo accolse a nome e per conto della stessa chiesa. Dopo ciò Bartolo diede e cedette allo stesso sindaco Albertino, ricevente per il monastero predetto, la terra e vigna sita nel distretto di S. Severino in località Cave, a confine con i figli di Benvenuto Bertonfili, con il signor Bonacurte, con Pietro Tornaguerra e con Benvenuto Andree. Donò insieme ogni suo diritto, possesso e bene promettendo di mantenere la donazione. Il notaio Pietro Nicolai era presente per ordine di Bucaro di Santa Maria del Monte, podestà del comune di Matelica scrisse di nuovo l’atto presente su richiesta del sindaco generale del monastero di S. Maria Maddalena signor Finaguerra del signor Albrico poiché tale istrumento non si ritrovava presso i predetti. Se però in futuro si ritrovasse dovrà essere riconsegnato al notaio stesso. La nuova redazione dell’atto avvenne nell’anno 1261, il giorno 26 agosto, al tempo del regno di Manfredo re di Sicilia, anno quarto, indizione IV presso la transenna (“sanna”) del comune di Matelica ove si danno gli atti di diritti o proprietà alla presenza dei seguenti testimoni: il signor Iacopo del Buon Frate, il signor Scanno Rainaldi, il signor Pietro di Attone Graulini, il signor Beninte Iacobo di Giovanni e Giacomo di Giovanni ed altri.
1256 dicembre 23
<Due testi: Le persone del convento di S. Francesco di Acquaviva si donano con i beni loro compresa la chiesa al monastero di S. Maria Maddalena. Per tradurre tale donazione occorre tenere presenti due diverse redazioni dell’atto, con diversità di impegni: testo A e testo b. Testo A: Nel nome di Dio. Amen. Nell’anno 1256, indizione XIV, al tempo del Papa Alessandro quarto, il giorno nono di dicembre uscente cioè il 23 (antivigilia di Natale) presso la chiesa di S. Francesco (o di Claudio) di Acquaviva, un tempo luogo (=convento) dei Frati Minori, nel distretto del castello di Matelica sono presenti come testimoni richiesti e chiamati (per l’atto): Abbrazzulo e Morico di Pietro Salvi e Pietro Nicolai. Le persone che formano la famiglia (o familiari) della chiesa predetta e del luogo di S. Francesco di Acquaviva si offrono per andare a vivere a S. Maria Maddalena. Nell’elenco di queste persone alcune fecero l’atto il giorno 23 altre il giorno 24 (= vigilia di Natale). Nell’antivigilia si donarono Francesca Petri chiamata Bladetta, Agnese di donna Venuta chiamata Berta, Benigna di Lenguazio chiamata Persa, lo stesso Lenguatio Petri e Ugolino da Rocca o Tancredi. Il giorno della vigilia si donarono Umile figlia del maestro Bruno chiamata Bruna, Marina e Lavernuzio. Il primo gruppo aveva dichiarato di vivere nel convento di Acquaviva senza una regola e senza un vincolo (di obbedienza). Ora tutti costoro vogliono essere sotto la regola e l’ordine di S. benedetto e servire Dio nel monastero delle donne di S. Maria Maddalena in perpetuo, di loro pura libera e spontanea volontà, senza forzature o timori, pienamente donando sé stessi e i loro beni. (Nella formula A si ribadisce di voler rimanere nel convento del monastero e si esplicita l’obbedienza all’abbadessa del monastero come consorelle e familiari nell’osservanza della regola di S. Benedetto ivi osservata.) \\ A ricevere la loro dedizione c’era il sacerdote (presbitero) don Zaccheo a nome dello stesso monastero e convento di S. Maria Maddalena per la sua qualità di Sindaco. La donazione riguardava tutti i beni mobili ed immobili, i diritti, gli usi, i possessi, le cose godute di diritto e di fatto di qualsiasi tipo, presenti o future anche quelle tenute da altri per loro, in particolare donavano al sacerdote don Zaccheo, per il monastero, il convento (luogo) e chiesa di S. Francesco o Claudio) di Acquaviva che, nel distretto di Matelica, era a confine per due lati con la via, sul terzo lato oltre alla via anche i beni di Paganello Attoni Massei e dei suoi consoci. Don Zaccheo ne avrebbe preso dominio diretto, materiale di piena autorità. (Nella redazione A si precisa “per diritto loro proprio cedettero tali beni a don Zaccheo che prometteva loro la parte e la sorte di tutte le cose e dei beni del Monastero e convento di S. Maria Maddalena dove avrebbero avuto pane ed acqua come le altre persone del monastero e convento, in piena parità di regola e di obbedienza alla Badessa.) Notaio pubblico: Grazia. Testo B: Nel nome di Dio. Amen. Nell’anno 1256 indizione XIV, al tempo del Papa Alessandro IV nel giorno 9 dalla fine di Dicembre (23 dicembre) nel distretto del castello di Matelica presso la chiesa di S. Francesco o S. Claudio di Acquaviva un tempo luogo dei Frati Minori alla presenza di Abbrazzulo e Morico di Pietro Salvi e Pietro di Nicola, come testimoni richiesti e chiamati: Francesca di Pietro detta Bladetta, Agnese di donna venuta detta Berta, Benigna di Lenguatio detta Persa, lo stesso Lenguatio di Pietro e ugolino dalla Rocca o Tancredi, famigli della stessa chiesa e luogo di S. Francesco d’Acquaviva, abitanti nella chiesa predetta o luogo, senza una regola né alcun vincolo d’obbedienza, volendo essere sotto la regola e l’ordine di S. Benedetto e mettersi al servizio del Signore nel monastero delle donne di S. Maria Maddalena di Matelica e proponendo di restare nel monastero di S. Maria Maddalena di loro pieno, libera e spontanea volontà, non spinti da forza né da inganno donarono e offrirono sé stessi ed i propri beni al predetto monastero e convento di S. Maria Maddalena e a don Zaccheo presbitero sindaco che li accoglie a nome dello stesso monastero e accetta tutti i loro beni stabili, mobili, semoventi, diritti, azioni, richieste, ragioni utili dirette e miste e contrarie di loro competenza di diritto e di fatto, quel che hanno, tengono, possiedono o quasi anche tramite altra persona a loro nome, o come tali o mediante altra persona in loro funzione e a nome loro dovunque questi beni sono o possono trovarsi e specialmente il detto luogo e chiesa di S. Francesco o S. Claudio di Acquaviva con siti , selve e orti ed altra pertinenza sito nel distretto di Matelica, entro i seguenti confini: 1° e 2°, la via; 3° la via e paganello di Attone Massei con i suoi consorti tenendoli sino a che il monastero di S. Maria Maddalena non ne prende diretto dominio per loro autorità e licenza senza contraddirlo. Tutto quanto sopra detto fu da loro attribuito, dato e concesso per amore di Dio, per la remissione dei peccati loro e dei parenti. Il giorno successivo (24 dicembre) fanno la cessione Umile di mastro Pietro detto Brune, Marina e Lavernutio famigli del luogo e chiesa di S. Francesco o S. Claudio di Acquaviva nelle mani di Zaccheo predetto che accetta a nome del monastero e convento di S. Maria Maddalena, come fecero prima Francesca, Agnese, Benigna, Ugolino e Legnatio. Donarono, concessero, fecero tutte e singole le cose sopra dette per la redenzione delle loro anime e i n modo che don Zaccheo come Sindaco del detto monastero, incaricato a nome e in funzione del detto monastero e del convento per tutte le cose dette prima e dette nel seguito per mezzo loro e dei loro successori, ricevette le loro persone come famiglie compartecipi del predetto monastero e del convento promettendo loro di aver parte e sorte di tutte le cose e dei beni dello stesso monastero, di aver pane e acqua nello stesso monastero come hanno gli altri della famiglia dello stesso monastero e del convento. Le donne sopra dette nelle mani di don Zaccheo presbitero che le riceve per l’abbadessa dello stesso monastero promisero e fecero voto di obbedienza e riverenza e di osservare la regola di S. Benedetto quale è osservata in detto monastero. Alla presenza dei testimoni, a Matelica il giorno 8 dalla fine di dicembre (24 dicembre) Umile di mastro Pietro detta Bruna e Marina e Lavernuccio della famiglia del luogo sopradetto e della chiesa di S. Francesco d’Acquaviva fecero donazione e cessione al sopradetto don Zaccheo sindaco del monastero stipulante per lo stesso monastero e per il suo convento esattamente come avevano fatto Francesca, Agnese, Benigna, Ugolino e Lenguatio per il fatto che il sopradetto don Zaccheo sindaco, a nome ed in funzione del monastero e del convento, come sopra, fece promessa ed accordo con Umile. Marina, e Lavernutio come aveva concordato con Francesca, Agnese, Benigna, Ugolino e Lenguatio in tutto e per tutto come nel capitolo detto sopra. Ed io Grazia pubblico notaio fui presente a tutto ciò e scrissi come si legge sopra e resi pubblico (sigillo notarile).
1257 gennaio 25
Nel nome di Dio. Amen. Noi Guglielmo vescovo di Camerino per grazia divina ed apostolica, in qualità di arbitro, giudice, uditore e compositore amicale per elezione fatta da Lazano del signor Giacomo sindaco della abbadessa e del convento del monstero di S. Maria Maddalena da una parte e da mastro Admannito di Pietro, sindaco dell’abate e del convento del monastero da Roti e della abbadessa e convento del monastero di S. Francesco d’Acquaviva dall’altra parte; in merito alle questioni di contrasto e controversie che vertevano e potessero vertere tra di loro a motivo dello stesso monastero di S. Francesco d’Acquaviva con i suoi beni ed inoltre delle persone di esso monastero, come più chiaramente è espresso nel compromesso fatto e redatto tramite noi di mano del notaio Offreduccio a favore della pace e della concordia; ora stabiliamo con decisione, e facciamo arbitrato e composizione amicale dopo aver invocato la grazia di Dio onnipotente, sentenziando che Lenguatio e la figlia con tutti i beni loro e Ugolino della Rocca con le terre e le vigne che diede al monastero di S. Francesco, passino e vadano nel monastero di S. Maria Maddalena. Gli altri beni e persone che erano nel monastero di S. Francesco da Acquaviva, sin dal momento che si mosse la lite tra il monastero de Rotis ed il monastero di S. Maria Maddalena circa il monastero di Acquaviva, rimangano nel luogo di S. Francesco di Acquaviva, liberamente, pacificamente e serenamente. Inoltre diamo lodo ed arbitrato che l’abbadessa ed il convento del monastero di S. Maria Maddalena per mezzo del sindaco legalmente stabilito per questo scopo, faccia libera, totale quietanza e remissione a donna Elia abbadessa di S. Francesco d’ Acquaviva e al suo convento di ogni promessa fatta a lei e al detto monastero in qualunque modo, o al suo sindaco o ad altri riguardo ai beni del detto monastero d’Acquaviva ed anche delle persone di esso, in conformità alla saggezza di donna Elia e del suo convento. Se poi venissero a trovarsi documenti riguardanti questa cose, siano nulli, cancellati e vani come sin da ora li cancelliamo, li annulliamo, e li riduciamo senza valore probatorio. Parimenti diamo lodo ed arbitrato che l’abbadessa ed il convento del monastero di Acquaviva e l’abate ed il convento de Rotis, facciano documento di donazione, quietanza e remissione in conformità alla saggezza dell’abbadessa e delle donne di S. Maria Maddalena riguardo a Lenguatio e alla sua figlia ed ai loro beni e riguardo ad Ugolino della Rocca ed ai suoi beni in vigne e terre, ciò per mezzo di un sindaco a ciò legalmente stabilito. Parimenti diamo lodo ed arbitrato che tutti i beni che erano in casa di Lenguatio sin dall’inizio della lite debbono riconsegnarsi a tale casa, quelli che erano delle donne di Acquaviva siano ancora delle stesse e siano loro riconsegnati, così quelli che erano di Lenguatio e della figlia vadano assegnati al monastero di S. Maria Maddalena senza alcuna contraddizione. Diamo lodo ed arbitrato decidendo ogni singola cosa come scritto sopra e comandiamo che si adempia inviolabilmente dall’una e dall’altra parte, sotto pena espressa nel compromesso, pena da applicare ed esigere ogni volta che si fa questione su quanto sopra detto o su qualche aspetto. Comunque, scontata o no la pena, il lodo ed arbitrato da noi dato resti sempre valido e vincolante. Emanato nel palazzo di S. Vittore delle Chiuse alla presenza dell’abate di Grotta S. Vittore, don Giovanni da Bettonio, don Gualtiero canonico di Fabriano, don Vacumbene, mastro Benvenuto di Giovan Guidoni e molti altri testimoni nell’anno del Signore 1257, indizione XV, il settimo giorno dalla fine di gennaio (25 gennaio) al tempo del Papa Alessandro IV. Scrissi io Offreduccio notaio d’autorità imperiale.
1258 ottobre 24
Al tempo di Papa Alessandro, presenti come testimoni maestro Giovanni Albrici e PietroAttorri Rigi, Micarello banditore comunale di Matelica rende atto di aver fatto nella piazza, a voce alta, il bando (avviso) per mandato del giudice comunale Iacobo (giacomo) Sorelli, che chiunque voleva difendere Pietro Benvenuti e suoi beni, entro cinque giorni si presentasse al fine di far stabilire la data di termine per rispondere alle tre petizioni avverse espresse da Giacomo Terzi e da Francone Gennari. Notaio, comandato dal giudice, scrisse Salimbene.
1268 maggio 15
Nel nome di Dio. Amen. Anno 1258, indizione XI, giorno 15 maggio a Fabriano nella casa di Pellegrino Pauli alla presenza di testimoni richiesti e chiamati: Pellegrino Deutesalve Albrici da Genga e Giovanni Albertucci. Il maestro Filippo di Bonaventura di Matelica per suo diritto vendette, consegnò, diede in perpetuo a Rainuccio Attoni Cambereni e suoi eredi un terreno arativo sito nel distretto di Matelica nella Villa San Severino a confine con la via pubblica, con Salimbene Albrici, con Bartolo Monaldi e con Accursio Bucarelli. Il prezzo stabilito e pagato erano cento soldi, con la rinuncia di ogni atto in contrasto per la cessione della proprietà del terreno con tutte le sue pertinenze, sotto penalità del doppio del valore e rimborso delle spese di lite. Notaio imperiale Mantia.
1270 dicembre 31
Guido vescovo di Camerino per grazia divina ed apostolica saluta nel Signore le dilette in Cristo, abbadessa e conventuali del monastero di S. Maria Maddalena di Matelica, nostra diocesi. Di fronte alla richiesta giusta e dignitosa a noi presentata, come suggerisce il valore dell’equità e come esige la forza della ragione, noi per sollecitudine della nostra funzione vogliamo che abbia il dovuto effetto, pertanto, o dilette (figlie in Cristo, ascoltando le vostre domande e considerato un dovere l’indulgere a voi in modo che non si possa costruire né trasferire di nuovo alcun monastero né chiostro né chiesina di religiosi o religiose entro lo spazio di sessanta “canne” di misura vigente nell’ambito del comitato di Camerino , a distanza d’aria all’intorno dal confine del vostro monastero, tutt’intorno anche dove la disposizione del luogo non permetterebbe in altro luogo. Stabiliamo così che sia distrutto tutto ciò che, dopo la concessione presente, sia stato edificato o fatto in contrasto con la disposizione di quanto ordiniamo e indulgiamo qui. A nessuna persona mai sia lecito violare questo documento di indulgenza né contrastarlo con temerario ardire. Se però qualcuno userà la presunzione di tentarlo, sappia di incorrere nel nostro sdegno. Abbiamo comandato di rafforzare questo documento con la convalida del nostro sigillo per dare maggiore fede e certezza ad esso. Dato a Camerino, l’ultimo giorno di dicembre, in tempo di sede cavante a Roma, indizione tredicesima.
1271 giugno 2
Nel nome di Dio Padre, Figlio e Spirito Santo. Amen. Nell’anno 1271 dalla nascita del Signore, indizione XIV, a tempo di sede apostolica vacante, il giorno 2 del mese di Giugno, a Matelica fu redatto nella casa dal sig. Rainaldo del sig. Masseo chiamato anche Rainaldo del sig. Gualtiero, alla presenza dei testimoni richiesti ed a ciò chiamati: il sig. rev. Morico di Giovanni chierico, il sig. rev. Giovanni Mistriani, il sig. Vengnate Severini, Salimbene del sig. Sinibaldo, Ivano del sig. Scagno, Napolione Rainerii, Ruggero del sig. Rainaldo del sig. Gualtiero chiamato anche Rainaldo del sig. Masseo faceva il suo testamento in cui tra l’altro lasciava a donna Floretta sua nipote come figlia del suo defunto figlio Masseo, la somma di dieci libre come sua parte ereditaria di spettanza, con accettazione della concessione di un versamento annuale di 20 soldi fino a completare il pagamento di dieci libre. Lo stesso Rainaldo stabilì come suo erede suo figlio Rainalduccio. Se peraltro costui avesse a morire senza figli maggiorenni di 25 anni, l’eredità era destinata a Lazano del sig. Gicomo che era autorizzato a vendere tutti i beni di Rainaldo che erano nel distretto di Matelica, ma non in quello di S. Severino a da tale vendita aggiunge alle precedenti dieci libre per Floretta, altre 50 (cinquanta) libre. Floretta era monaca consacrata a S. Maria Maddalena. Dopo la morte di costei le 50 libre siano destinate a costruire una chiesa o casa a lode di Dio pro anima del testatore. Notaio Fantesino del sig. Rainaldo giudice ordinario.
1271 giugno 16
Nel nome di Dio Padre Figlio e Spirito Santo. Amen. Nell’anno dalla natività del Signore 1271 indizione XIV, in tempo di sede apostolica vacante del pastore, il giorno sedici giugno a Matelica nella casa di Laczano del signor Giacomo alla presenza dei testimoni chiamati e richiesti: signor Bonacurte di Massei Laczani, Ivano del signor Scagno, Pietro del signor Giacomo, Napolione Rainerii, Laczano del signor Giacomo, Salimbene del signor Sinibaldo, Accurrimbona Nonvallia, Matteo Renzi, Salvo Rainaldi ed altri molti si fece questo atto. Rainalduccio figlio del fu signor Rainaldo del signor Masseo Laczani, debole di corpo, sano di mente provvide al suo testamento nuncupativo senza scritti, nel quale lasciò anzitutto 40 soldi ravennati e anconetani per la sua anima da distribuire secondo la legge canonica. Lasciò 7 libre ravennati e anconetane come legato e fidecommesso di sua sepoltura per la remissione dei peccati suoi e del padre e della madre. Lasciò 36 soldi per restituzione o pagamento di quanto ricevuto ingiustamente e indebitamente da qualcuno di cui non ricorda il nome. Lasciò come legato o fidecommesso della chiesa di S. Maria del Piano o di Savenano, 20 soldi ravennati e anconetani per la fabbrica e restauri della stessa chiesa. Lasciò e comandò di dare a pagare tutti i debiti di usura e di mortorio della sepoltura non pagati, del padre e madre suoi, come da loro testamento o da atti e testimoni. Lasciò come legato o fidecommesso a Floretta sua nipote vita natural durante un mantello ed una tunica ogni anno per sue necessità. Lasciò come legato per cantare le messe per la redenzione della sua anima e per la remissione dei suoi peccati 40 soldi ravennati e anconetani. Lasciò come legato a Napolione Rainerii e a Pietro del signor Giacomo 20 libre. Lasciò come legato a Sibilia, sorella sua, una casa sita in Matelica, a confine con Pietro del sig. Giacomo, la via, il signor Finaguerra del signor Albrico e la ripa o fosso del comune matelicese, inoltre la vigna in Savenano a confine con la via, Sinibaldo Massei Sinibaldi, la via e la figlia di Giacomo Bene e fossato. Lasciò come legato a Laczano del signor Giacomo tutti i beni, diritti e azioni che il testatore o taluno per lui ha in qualsiasi modo presso il castello di San Severino o suo territorio confermando allo stesso Laczano la consegna fattane per mezzo del padre Rainaldo del signor Massei. Lasciò parimenti a Rialta moglie di Accurimbona Nonvollie 30 soldi. Ordinò che ogni precedente disposizione fosse eseguita entro quattro anni, cioè un quarto ogni anno. Per ogni altro bene erede universale sua sorella carnale Sibilia con ogni diritto. Notaio Fantesino giudice figlio del signor Rainaldo.
1271 luglio 3
Nel nome di Dio Padre Figlio e Spirito Santo. Amen. Anno dalla natività del Signore 1271, indizione VIV, a tempo di sede apostolica vacante del pastore, il giorno 3 del mese di luglio, alla presenza dei testimoni richiesti e chiamati a Matelica nella casa del fu signor Rainaldo del signor Masseo tra molti altri c’erano il signor Finaguerra del signor Albrico, il mastro Giacomo Palmuzi, Palmulo del signor Benvenuto, Salimbene del signor Sinibaldo, Laczano del signor Giacomo, Ugolino Fantesini, Ivano del signor Scagno quando donna Sibilia figlia del signor Rainaldo del signor Masseo Laczani con il consenso esplicito del marito Ivano del signor Scagno prese impegno nei confronti di Floretta figlia del signor Masseo del signor Rainaldo (nipote) di dare ogni anno a lei un paio di panni di gactinello cioè una tunica ed un mantello di misura a lei adatta, come da legato testamentale del fratello carnale di Sibilia stessa, Rainalduccio del signor Rainaldo e ciò sotto penalità del doppio del valore degli stessi abiti, con spese a suo carico, restando valido il contratto, senza eccezione come il senatoconsulto di Velleio o altro. Notaio il giudice ordinario Fantesino del signor Rainaldo.
1271 luglio 30
Nel nome di Dio. Amen. Copia dell’atto del defunto notaio mastro Matteo del signor Bentivoglio dell’anno 1271, indizione XIV, a tempo di sede romana vacante del pastore, il giorno 30 luglio, nella pieve di Matelica, presenti come testi, tra altri, il signor Matteo Petruzi, il signor Fantesino Rainaldi, il signor Giacomo Plebani. Questo il contenuto: Pietro del signor Giacomo e Napolione Ranieri di fronte al venerabile padre Guido vescovo di camerino e l’abate di Sant’Angelo donarono e consegnarono a Fra’ Rainaldo Topini religioso accettante la donazione per sé ed i confratelli anche in futuro, un appezzamento di terra di quattro modioli con selva e montagna posto sul Monte Gemmo in località Trocche a confine con le terre dei donatori e con Nicola Guidi. Fra’ Rainaldo ed i confratelli successori possono godere tale superficie o anche di più per costruirvi un monastero ed eremo e la chiesa di Santa Margherita a lode di Dio e della Beata Vergine Maria. Donano per l’anima propria e dei parenti loro. La trascrizione dell’atto è fatta dal notaio pubblico Bonacasa Benvegnati, fedelmente, su richiesta del giudice e vicario del comune matelicese, Ugolino del signor Leti da Osimo podestà matelicese nonché per ordine del Consiglio Generale. Copiato l’anno 1280, indizione VIII, a tempo di sede romana vacante del pastore, il giorno 26 novembre, nella casa del comune con i testimoni Giacomo Plebani, Ivano Rocamboni Zugnetta banditore e Matteo figlio del notaio Raniero e di altri.
1271 agosto 10
Nel nome del Signore. Amen. Nell’anno dalla sua natività 1271, indizione XIV, il giorno 10 agosto, essendo vacante la chiesa romana (per la morte) del Papa Clemente IV di felice memoria, fatto a Matelica nel monastero di S. Maria Maddalena, di fronte a don Morico di Giovanni, ora cappellano del detto monastero, al chierico Matteo di Giovanni e a Casarello di Donato Guarini da San Severino, quali testimoni richiesti e a ciò chiamati, Mattia figlia del fu Guarnerio (figlio) del signor Gentile Lazani, offrì sé stessa ed i suoi beni a Dio ed a S. Maria Maddalena e al suo monastero posto nel borgo del castello e comune di Matelica, nella mani di suor Amodea (Amadea) monaca di detto monastero che accoglie e stipula solennemente l’atto a nome ed in funzione dello stesso monastero. Mattia offrì tanto i beni mobili, quanto i beni immobili e semoventi, tanto i beni urbani che rurali, mulini, boschi domestici e silvestri, prati e pascoli e possessioni, in particolare e in generale, ogni altro suo bene, possesso, diritto reale e personale, di qualsiasi luogo, provenienza, tempo modo e qualità spettanti ora e in futuro a lei, (li dona) per la salvezza della sua anima in remissione dei suoi peccati, dando e cedendo tutto quanto detto, in diritto di proprietà, di utilità, di dominio diretto, da possedere e tenere, in modo che da ora il predetto monastero abbia, tenga, possieda i predetti beni, cose, possessioni, e quant’altro sopra detto e di ciò faccia quel che piacerà al monastero, all’abbadessa (presente) ed alle succeditrici o altri per loro, piacerà fare dei beni da ora, sempre, in perpetuo, con le adiacenze ed i confini superiori ed inferiori avuti, presenti, passati e futuri con tutte e singole le cose che ci sono o che ci saranno sopra, dentro o sotto, per intero, con ogni diritto, azione ed uso o richiesta, tutto quanto appartiene e spetta a Mattia da quei e per quei beni come detto sopra pertinenti e spettanti per la remissione dei suoi peccati e per la redenzione della sua anima. Mattia stabilì di possedere queste cose, terreni e beni nel frattempo sempre a titolo precario a nome del detto monastero fino a quando (esso) n prenderà di sua autorità, una o più volte, il possesso corporale di persona o tramite altro, soprattutto tramite il sindaco dello stesso monastero. Mattia diede libera licenza e pieno potere che a suo nome il monastero o altri per esso possa fare tutto quanto detto sopra anche per richiesta della Curia o di un giudice. Mattia promise legalmente e solennemente ad Omodea di fornirle la difesa legale per il monastero stipulante solennemente e legittimamente e di non opporsi mai o agir contro per qualsiasi occasione ed eccezione in qualcosa di quanto sopra scritto, sotto penalità del doppio del valore d’estimo di detti beni e cose anche se acquisteranno maggiore valutazione nel tempo o saranno migliorate. Rinuncia in questo contratto alle eccezioni o condizioni di causa giusta o ingiusta, di inganno o fatto come pure a tutti gli aiuti e benefici che alla stessa Mattia competono o competessero per atti da invalidare o cambiare alcunché delle cose predette. Mattia si impegna per sé ed eredi a risarcire ogni spesa con interesse, paga e danno per tutto quanto sopra promesso solennemente e legalmente sotto penalità alla predetta Omodea per il detto monastero dando credito al giuramento dell’amministratore del monastero o per tassa di un giudice o rettore. Io notaio imperiale Matteo, presente, rogato, scrivente pubblicati tutto quanto sopra scritto.
1271 settembre 14
Nel nome del Signore. Amen. Nell’anno dalla sua natività 1271, indizione XIV, il giorno 14 settembre, a tempo di sede romana vacante del pastore, nella pieve di Matelica di fronte ai testimoni richiesti e chiamati: Federico Attuzio del signor Alberto; il signor Giacomo del Plebano; il signor ventura di mastro Attone, il signor Bernardo ed altri. Il venerabile padre don Guido vescovo camerinese alla presenza del notaio Offreduccio e dei testimoni diede autorizzazione ad Anselmuccio amministratore e rappresentante dell’abbadessa e del convento e delle suore del monastero o chiesa di S. Agata di Matelica, sito vicino alla via che va a Santa Anatolia di mutare il luogo (convento) da dove era sito con facoltà di costruire di nuovo la chiesa entro la cerchia di Matelica nel terreno che hanno i figli di Matteo ed inoltre di celebrare ivi la messa e gli altri atti liturgici con un altare portatile e di fare come autorizzate nel precedente “luogo”. Diede ordine al pievano di Matelica di fare le sue veci nel prelevare la prima pietra che era nel “luogo” precedente e porla nella nuova costruzione facendo conosce le indulgenze già concesse per il precedente “luogo”, ora valide per il nuovo. Scrisse l’atto il notaio imperiale Offreduccio.
1271 dicembre 8
Nel nome di Dio. Amen. Questa è la copia della lettera del venerabile padre don Guido vescovo di Camerino alle suore del “luogo” di S. Agata. Guido vescovo di Camerino per grazia di Dio e della sede apostolica saluta le sorelle in cristo suore del “luogo” di S. Agata di Matelica. Abbiamo accolto la querela di Fra’ Giacomo amministratore del monastero di S. Maria Maddalena per il fatto che costruite il nuovo “luogo” a Matelica con danno non lieve del monastero querelante. Pertanto dopo ricevuta questa lettera, entro il terzo giorno per mezzo del vostro amministratore dovete comparire alla nostra presenza per giustificare, altrimenti procederemo contro di voi secondo legge. La precedente lettera fu presentata da mastro Suppone notaio ed amministratore del monastero di S. Maria Maddalena a donna Latina abbadessa del monastero di S. Agata da parte del reverendo vescovo nell’anno 1271, indizione XIV, a tempo di sede romana vacante del pastore, il giorno 8 dicembre a Matelica presso la casa del figlio di Guarino del signor Uguccione alla presenza dei testimoni Masseo Guarnucci, Matteo Petri, Accurimbona di Attone e Benvenuto Camide. Notaio rogante Rainaldo di donna Berta. (altra grafia) Il 31 dicembre è stata data scadenza per dopo l’ottava dell’Epifania a suor Latina abbadessa del monastero di S. Agata di Matelica per dare risposta al “libello” (accusa) ricevuta da Fra’ Giacomo amministratore del monastero di S. Maria Maddalena.
1272 giugno 1
Nel nome del Signore. Amen. Nell’anno dalla sua natività 1272, indizione XV, a tempo di Papa Gregorio X, il giorno primo del mese di giugno redatto davanti alla porta del monastero di S. Maria Maddalena di Matelica erano presenti i testimoni richiesti e chiamati: Petruzzolo Sartore, Pietro Attorri Filippi e Giovanni Compagnoni da S. Angelo. La prioressa del monastero di S. Maria Maddalena di Matelica, donna Allumenata, con il consenso unanime delle consorelle monache ivi esistenti, espresso collegialmente in capitolo, stabilirono e ordinarono come amministratore, rappresentante e messaggero speciale del loro monastero di tutti i beni e cose dell’eredità di Mattiola figlia del fu Guarnerio del signor Gentile Lazani e a tenerne corporalmente il possesso, usarli, fruirne e agire in modo ordinario e straordinario contro Mattiola di fronte ad ogni Curia in particolare di fronte al giudice e vicario generale del Papa nella Marca, mastro Guglielmo e per chiedere a costui che la stessa Mattiola sia dal vicario stesso costretta a tornare nel predetto monastero per abitarvi e servire Dio in esso come è tenuta e deve e promise al tempo della offerta da lei fatta nel monastero predetto e a viversi come monaca regolare dello stesso monastero. Che il vicario ammonisca e costringa con coercizione canonica e giuridica Mattiola a tornare nel monastero stesso ed all’abbadessa o prioressa o rettrice e alle monache per viverci insieme con loro come conviene ed esigono le sanzioni canoniche, per servire ivi nostro Signore Gesù Cristo. Inoltre l’amministratore chiede a Ivano del signor Scagno o di sua moglie, donna Sibilia sono tenuti a dover dare un paio di panni di gattinello, a Floretta o Rosa figlia del fu Masseo del signor Rainaldo, e di agire, difendere ed esercitare ogni altra cosa, in occasione e motivo di quanto detto prima necessario ed utile al monastero come meglio l’amministratore potrà decidere, anche con lo stabilire un altro o più amministratori, nello stesso tempo o in diversi tempi per fare le cose predette. Promettono per sé e per i successori a nome e per conto del monastero e del convento di S. Maria Maddalena di tenere come deciso e stabile quello che sarà fatto al riguardo dall’amministratore o dagli amministratori con ipoteca dei beni e cose del monastero. Io notaio Matteo d’autorità imperiale, richiesto dalla prioressa e suore e monache sottoscrissi e pubblicai quanto scritto sopra.
1273 aprile 19
Nel nome del >Signore. Amen. L’anno dalla sua natività 1273, indizione prima, il giorno 19 aprile, al tempo del Papa Gregorio X, a Matelica nel monastero di S. Maria Maddalena, alla presenza di don Morico di Giovanni, il signor Finaguerra del signor Albrico, frate Vitale, frate Lenguatio, frate Andrea conversi dello stesso monastero, come testimoni a ciò richiesti e chiamati. Venutula figlia del fu Vitale di cristiano che è chiamata anche Angeluccia di proprio diritto offrì sé stessa ed i suoi beni a Dio ed alla beata Maria Maddalena del monastero delle donne di Matelica, a donna Mattia abbadessa del detto luogo o monastero la quale ha ricevuto e stipulato a nome e per conto dello stesso monastero e convento. Venutula cedette e diede tutti i suoi beni mobili ed immobili, o semoventi, diritti e accessioni reali e personali, utili e dirette, miste e contrarie, che lei stessa ebbe un tempo, ha ora o potrebbe avere in qualunque modo o causa nel castello di Matelica e suo distretto e in ogni altro luogo; e i beni che un’altra persona per lei e da lei ha, tiene e possiede, e specialmente i beni, le case e i terreni che sono pertinenti alla stessa Venutula dalla successione di suo padre Vitale e di sua madre signora Benvenisti figlia del fu Albrico Carelli, da testamento o senza testamento, o diversamente, in modo che la predetta donna abbadessa e sue succeditrici e le altre persone per essa, abbiano, tengano e posseggano tutti i beni e ne facciano come vogliono con tutto quello che c’è o ci deve essere in integro e con ogni diritto e azione, in uso o requisizione per sé da quelle cose o per quelle cose pertinenti e spettanti. Lo fa per amore di Dio e per il bene dell’anima sua e per la remissione dei suoi peccati e dei suoi parenti. Tutti questi beni, case e terreni, in tutto Venutula stabilì di averne possesso a titolo precario ed a nome di detta donna abbadessa o del monastero fino a quando esso ne prenderà possesso corporale e diede licenza e pieno potere di prenderlo di propria autorità e di tenerlo da ora; e promise per sé, per i suoi eredi e successori alla stessa donna abbadessa per sé e per le succeditrici e per il detto monastero solennemente stipulante per queste cose non muovere lite né controversia, ma legalmente difendere i beni, le case, i terreni da ogni uomo comunità a favore di donna abbadessa e sue succeditrici, autorizzare, disbrigare e rifondere ogni danno e spesa, salari con interesse e tutto quel che la donna abbadessa e sue succeditrici o lo stesso monastero faranno e sosterranno in giudizio o fuori nell’andare, ritornare, stare o per altro luogo e causa al fine dei predetti beni o di qualcuno di questi integralmente ripagare e risarcire né agire mai contro le cose dette sopra o contro qualcuna di esse, da sé o per mezzo di altra persona a motivo di età minore o altra qualsiasi ragione od occasione, sotto penalità del doppio dell’estimo di detti beni, case o terreni, come nel tempo avranno valore e promessi dalla detta Venutula alla stessa donna abbadessa e per il detto monastero. Tutte queste cose ed ogni singola di quanto scritto sopra in ogni punto e capitolo scritti sopra restino sempre in perpetua stabilità comunque, pagata o non pagata la penalità, e sotto ipoteca ed obbligazione dei suoi beni. Io Matteo notaio imperiale fui presente a tutte queste cose e sottoscrissi tutto quanto si legge sopra e lo pubblicai.
1273 aprile 21
Il vicario generale del Papa nelle realtà spirituali nella Marca anconetana, nella Massa Trabaria e nella città di Urbino, Tommaso preposto di Fano scrive ai suoi sudditi per senso di solidarietà verso le persone religiose. Le donne religiose dell’abbadessa e del convento del monastero di S. Maria Maddalena di Matelica hanno cominciato a fare una cisterna di acqua nel loro monastero per la grande utilità e necessità e non possono per la povertà portare a termine tale opera non avendo beni sufficienti per cui esortiamo voi ad aiutarle caritatevolmente con elemosine per la remissione dei peccati in modo tale che possano ultimare e voi possiate con questo ed altre opere buone giungere alla felicità eterna. Noi con fiducia nella misericordia di Cristo, per i meriti suoi, della gloriosa Beata Vergine Maria, dei beati Apostoli Pietro e Paolo, della beata Maria Maddalena e degli altri santi, avvalendoci dell’autorità del Papa come vicario concediamo cento giorni della penitenza imposta a coloro che presteranno aiuto a loro. Data a Iesi il 21 aprile dell’anno del Signore 1273, indizione prima, a tempo di Papa Gregorio X, con nostro sigillo.
1274 aprile 19
Nel nome di Dio. Amen. Nell’anno dalla sua nascita 1273, indizione prima, il giorno 19 aprile, al tempo del Papa Gregorio X, a Matelica, nell’oratorio di S. Maria Maddalena di Matelica, di fronte ai testimoni chiamati e richiesti: don Accursio pievano della pieve di Matelica, frate Landolfo Iacomelli e frate Accurrimbona Severini Boni dell’Ordine dei Predicatori, mastro Aldobrandino vicario del comune di Matelica, il signor Fantegino Rainaldi, il signor Finaguerra del signor Albrico, Federico del signor Alberto, Albertuccio Bucari, Ivano del signor Scagno Bratte e Zovitta. Frate Rainaldo Topino chiese e umilmente supplicò l’abbadessa del monastero di S. Maria Maddalena di Matelica affinché si degnasse concedere allo stesso Frate Rainaldo, per speciale grazia, e dare l’autorizzazione con pieno potere ed autorità di usare il luogo del monte Gembo nel distretto matelicano dove si dice Trocche, per servire ivi Dio e far penitenza, per rimanervi a dimorare nel servizio a Gesù Cristo, nella vita e nella regola religiosa tenuta da S. Benedetto. L’abbadessa gli rispose dicendo che avrebbe richiesto la decisione ed il consenso delle sue suore e monache e, come d’uso, fece suonare subito la campana per riunire il capitolo nel convento. In questo, fatta la proposta e l’approvazione, di deliberò favorevolmente secondo la richiesta a lode dello stesso Frate Rainaldo amministratore. Inoltre l’abbadessa donna Mattia con il consenso e la volontà delle consorelle e delle monache dello stesso monastero, cioè con il consenso e la volontà delle seguenti suore: Alluminata, Omodea, Cristina, Giustina, Guiduccia, Agnese, Margarita, Benvenuta, Isabetta, Andreina, Catalina, Diotama, Francesca, Giacoma, Barbara, Lucia, Daniela, Berardesca, cristiana, Cecilia, Auria, Giacomella, Giovanna, Rosa, Mattiola, Caradonna, Mansueta, Lavinia, Anastasia, Tomassa, e Frate Lenguatio converso dello stesso monastero, fece l’assoluzione, la dimissione e liberò il predetto Frate Rainaldo da ogni vincolo di sua riverenza, obbedienza, da ogni sottomissione, promessa e obbligazione che lo stesso frate Rainaldo avesse fatto allo stesso monastero e all’abbadessa e comunque fosse vincolato, sottoposto, scritto, annesso o fosse tenuto, obbligato personalmente, realmente verso il monastero predetto e l’abbadessa predetta. La stessa abbadessa diede, con il consenso di tutte le predette consorelle e monache, licenza, potere pieno e autorità al frate Rainaldo di rimanere di servire Dio in unione spirituale, di far penitenza nel monte Gembo, distretto di Matelica, nel luogo detto Trocche, sotto la vita e la regola religiosa tenuta da S. Benedetto, in modo congruo e decente. In tal modo egli sia sin da ora esente e non vincolato realmente e personalmente in ogni cosa da qualunque precedente legame con il monastero e l’abbadessa predetti. Il frate acquisiva e acquisirà realmente e personalmente l’annessione al luogo detto Trocche. L’abbadessa, con il consenso e la volontà delle sue predette suore e monache, come detto sopra, stabilì e ordinò Frate Vitale converso dello stesso monastero come legittimo amministratore, procuratore, a nome suo, del monastero delle monache e suore, per liberare lo stesso Frate Rainaldo da ogni vincolo, come detto sopra, per rinunciare ad ogni diritto, azione, ragione che il monastero stesso e la sua abbadessa ebbero, hanno o avrebbero, nel passato, nel presente e nel futuro nei confronti di Frate Rainaldo e del luogo od oratorio e chiesa delle Trocche, per qualsiasi nome ed occasione di residenza, costruzione, opera o edificio che lo stesso Frate Rainaldo ha fatto, fa o farà anche tramite altra persona parimenti per ogni acquisizione da parte del frate nel luogo Trocche. Inoltre lo rende autonomo per ogni donazione fattagli o fattibile da Pietro Iacobi e da Napolione Raineri e dal comune di Matelica o da altre persone dalle terre di montagna, selve e qualunque altro bene, promettendo il monastero che considera sin da ora definitivamente stabilito quello che l’amministratore Fra’ Vitale avrebbe deciso. Così lo stesso Fra’ Vitale fece ogni azione, esecuzione, promessa, contratto per obbligare solennemente e legalmente il detto monastero nei rapporti con Frate Rainaldo predetto. Scrive l’atto il notaio imperiale Matteo. <Una copia di quest’atto in data 11 giugno 1289 fu fatta nel comune di Matelica alla presenza di testimoni.>
1274 agosto 18
Nel nome di Dio. Amen. Nell’anno suo 1274, indizione II, a tempo di Papa Gregorio X, il giorno 18 agosto, redatto a Matelica, davanti alla porta del monastero di S. Maria Maddalena di Matelica alla presenza del signor Giovanni Divizie, il signor Ventura di mastro Attone testimoni chiamati. Don Accursio pievano della pieve di Matelica per vigore della lettere a per autorità del cappellano del Papa maestro Bernardo arcidiacono narbonense vicario generale nelle realtà spirituali nella Marca di Ancona richiese, ammonì e sotto pena di scomunica diede ordine a Mattia abbadessa del monastero di S. Maria Maddalena di Matelica, a Fra’ Giacomo amministratore di tale monastero ed a tutte le monache del luogo a prestar giuramento personale e dire la verità circa le notizie richiesta dalla lettera. L’abbadessa e il sindaco e nome loro e del monastero e di tutto il convento, con voce unanime fecero appello per il fatto che dicendo di voler dire la verità senza giuramento, sono pronte a fare il possibile affinché la ragazza in questione entro il quarto giorno compaia personalmente alla presenza dello stesso vicario papale ed obbedisca ai suoi comandi. La lettera ha questo contenuto. Maestro Bernardo arcidiacono narbonense, cappellano vicario generale nelle cose spirituali della Marca anconetana.” Massa Trabaria e città di Urbino saluta il prudente don Accursio pievano matelicese.La vostra minaccia di scomunica contro l’abbadessa e convento del monastero di S. Maria Maddalena nell’occasione che tengono Venutola di Vitale di cui è tutore Pietro di Amate da Matelica era stata da noi sospesa a motivo del fatto che alla minaccia si è presentato a noi per lamentarsi. Noi vogliamo procedere in forma giuridica e d’autorità, con questa lettera, ti facciamo ingiunzione affinché, letta la presente, sotto penalità di scomunica, vi rechiate di persona al monastero per domandare alle monache e all’abbadessa di prestar giuramento e dire in verità se la ragazza era stata trattenuta e dominata dall’abbadessa e dalle monache in monastero al tempo del litigio che le donne e l’abbadessa ebbero con il tutore per tale problema. Per iscritto dateci informazione riguardo alle cose predette affinché noi possiamo procedere al riguardo secondo ragione. Lettera scritta a Cingoli il 16 agosto, nell’anno terzo del pontificato di Papa Gregorio X. Il pievano matelicese Accursio interrogò l’abbadessa del monastero e Frà Giacomo loro amministratore, se la ragazza in argomento fosse stata in monastero all’epoca del litigio e come fosse uscita dal monastero e dove si trovasse al presente.L’abbadessa rispose che Venutola era restata in monastero per undici mesi sino al giorno 5 dello scorso marzo. Interrogata su come era uscita rispose che l’aveva fatta uscire per consiglio di Frà Giacomo pievano di Pieve Favera e di altri “sapienti” del monastero. Interrogata dove si trovasse ora, disse che era in un monastero del ducato, monastero di S. Maria Maddalena. Scrissi il presente atto io notaio imperiale Bonacasa Benvegnati, per ordine del detto pievano e pubblicai.
1274 settembre 15
Nel nome di Dio. Amen. Nell’anno del Signore 1274, a tempo di Papa Gregorio X, indizione seconda, il giorno 15 settembre, nella pieve del castello di Matelica alla presenza dei testimoni chiamati: Ugolino del signor Monaldesco e Giacomo Ugolini Augustole si fece la consegna. Sinibaldo Massei amministratore del monastero di S. Agata di Matelica come agente di esso consegnava a don Accursio pievano di Matelica una lettera sigillata a cera del vicario generale (papale) nelle realtà spirituali della Marca, don Bernardo arcidiacono narbonense. Eccone il contenuto. Mastro Bernardo arcidiacono narbonense cappellano del Papa vicario generale della Marca anconetana, della massa Trabaria e della città e diocesi di Urbino saluta il pievano don Accursio e gli ordina di prendere la prima pietra a suo tempo benedetta dal vescovo nel convento del monastero di S. Agata, consegnatagli dalla badessa e di stabilirla nel nuovo “luogo” (convento) che le donne stesse stanno erigendo con lo stesso titolo. Data a Cingoli 5 settembre, anno terzo del pontificato di Gregorio X. Presente alla consegna il notaio imperiale Giacomo del signor Actolino.
1274 ottobre 7
Nel vescovo di Numana Arnolfo saluta quanti leggeranno la sua lettera. Il fervore religioso dell’abbadessa e delle monache del monastero di S. Agata di Matelica diocesi di Camerino sotto la quale sono al servizio del Signore Gesù Cristo ed i meriti della loro devozione ci inducono ad agevolarle con speciale favore, esaudendo le loro richieste in una terza domenica di qualsiasi mese ed anno o nel giorno della festa della beata Agata visiteranno il monastero costruito nuovamente a lode di Dio e delle beata, concediamo per la misericordia di Dio onnipotente e per i meriti della B. Maria Vergine il condono della penitenza di un anno per i peccati veniali e di quaranta giorni dei mortali.
Data a Numana il 7 ottobre, indizione seconda.
1275 febbraio 11
Lettera di mastro Bernardo, arcidiacono narbonense, cappellano e vicario generale (del Papa) nelle realtà spirituali della Marca anconetana, della massa Trabaria e della città e diocesi di Urbino, all’abbadessa ed al convento del monastero di S. Maria Maddalena di Matelica. “Avete presentato richiesta a noi per il fatto che il vescovo di Camerino Guido, di felice memoria, vi aveva concesso il privilegio che nessun monastero o chiostro od oratorio potesse costruirsi di nuovo nello spazio di sessanta “canne” attorno al vostro monastero secondo la misura esatta del comitato camerinese, da misurare in linea d’aria, chiedete che vi confermiamo ciò. Con la presente esaudiamo la richiesta vostra, confermandola di nostra autorità e con sigillo nostro. Data a Montecchio l’anno 1275, il giorno 11 febbraio, indizione terza, nell’anno terzo del pontificato di Gregorio X.
1277 maggio 30
Nel nome del Signore. Amen. Nell’anno 1277, indizione V, a tempo di sede vacante della chiesa romana, il giorno 30 maggio a Matelica davanti alla casa di Raniero del signor Viveno, alla presenza dei testimoni Salimbene del signor Sinibaldo, Bencasa Ventura e altri si fece una vendita. Vitaliano Albrici del signor Sinibaldo vendette a Fantesino Rainaldi che rappresentava il signor Matteo del signor Sinibaldo, un terreno indiviso con vigna e l’alberata a confine con il fossato, con Salimbene del signor Sinibaldo, con il signor Berentillo e il predetto Matteo la sua proprietà stabilmente con ogni diritto che aveva nella terra confinante con il fossato, il predetto signor Berentillo e altri, con ogni pertinenza di accesso fino alla via pubblica al prezzo di cinque libre ravennati e anconetane, pagate all’atto concedendo al signor Berentillo,o al rappresentante signor Matteo ogni valore ulteriore con patto che eviti ogni lite sotto penalità del doppio del prezzo e del risarcimento delle eventuali spese di causa, restando valido il contratto sotto ipoteca dei beni. Il predetto Vitaliano di aspetto giovanile dichiarò di essere maggiorenne oltre i 25 anni senza giuramento. Notaio Francesco di Matteo Pietro di autorità imperiale. (Segue atto 1278 ottobre 16)
1278 febbraio 16
Nel nome di Dio. Amen. Nell’anno del Signore 1278, indizione VI al tempo del Papa Nicolò III, il giorno 16 febbraio, redatto nel monastero o chiesa di S. Agata di Matelica, alla presenza del signor Ventura, mastro Compagnone, Ivano del signor Scagno, Boccabreza Bartuli, Pietro del signor Giacomo e Napolione di Raniero, testimoni a ciò chiamati. Donna Alluminata o Latina abbadessa o prioressa del luogo e delle suore di S. Agata di Matelica, e suor Benvenuta monaca di detto luogo di S. Agata, dettero, donarono, consegnarono e sottomisero sé stesse e il detto luogo con i beni le cose e i terreni pertinenti al monastero di S. Maria Maddalena e a frate Giacomo amministratore di questo monastero, il quale le accoglie a nome e per conto di questo stesso monastero di S. Maria Maddalena di Matelica. Esse promisero all’amministratore che le riceve, a nome dell’abbadessa Mattia di esso monastero di S. Maria Maddalena, povertà e castità e di osservare gli istituti regolari del detto monastero. La predetta donna abbadessa possa stabilire le predette monache e suore nel detto luogo di S. Agata e rimuoverle dato che le dette suore di S. Agata vedono e riconoscono che esse non possono vivere decorosamente in tale luogo e per questo si donarono e si consegnano al monastero predetto per la redenzione dell’anima dai loro peccati. Frate Giacomo amministratore del detto monastero di S. Maria Maddalena accolse le dette suore sotto la regola di esso monastero, con le case, gli edifici, la piazza e il terreno del monastero di S. Agata e con tutti gli altri diritti, azioni, e tutto quello che il luogo loro e le stesse suore insieme o singolarmente hanno o possono avere in ogni modo o causa. Donna Alluminata si riserva la tenuta, il possesso, la proprietà di un pezzo di terra posta nel distretto di Matelica, a Villa Camerani, a confine con il signor Fantegino e con la via. La stessa Alluminata in vita e in morte può fare e lasciare questa particella a sua volontà, dando e concedendo a frate Giacomo amministratore del monastero di S. Maria Maddalena, libera licenza e pieno potere, di propria autorità, di prendere la tenuta ed il possesso delle cose predette di S. Agata e di fare di questo tutto quello che vorranno, promettendo mdi tenere stabile e deciso per sempre e non agire o fare contro in nessun modo, né occasione, né eccezione, obbligando in ciò i beni di S. Agata. Io Bonaventura Benennanti pubblico notaio richiesto presente a tutte le cose scritte, ho sottoscritto e pubblicato.
1278 marzo 7
(inizio mancante) …. fosso del comune, i beni dei figli del fu mastro Matteo, la via con le case, gli edifici……………… contenute entro i confini predetti. Cedettero insieme tutti gli altri diritti e azioni che il loro luogo e le dette suore congiuntamente o separatamente hanno o potessero avere in qualunque luogo o causa. Revocano ogni loro procuratore, amministratore agente specialmente Salimbene Compagnoni e Sinibaldo Massei per parte di esso luogo e suore di S. Agata, in causa contro il monastero di S. Maria Maddalena. Rinunciano all’interlocutoria o interlocutori e quanto presentato fino al tempo presente contro il monastero di S. Maria Maddalena nell’occasione del muro dell’edificio che veniva costruito in esso luogo e sito in contrasto con la norma di distanza del privilegio del monastero di S. Maria Maddalena. Stabiliscono che esse possedevano le terre predette, il “casareno”, la casa e gli edifici a nome del detto monastero di S. Maria Maddalena e della donna Mattia. Danno licenza e pieno potere alla stessa donna Mattia ricevente per il detto monastero di prendere possesso di propria autorità di tali beni e di farne quel che volesse. Promettono di mantenere stabile e fermo quest’atto in perpetuo e di rifondere danni e spese obbligando i beni del loro luogo di S. Agata, di non agire in contrario, né contrastare le cose predette né alcuna di esse, né direttamente né tramite altri, sotto la predetta penalità. Il contratto rimane stabile, ratificato, pagata o non pagata la penalità.
Notaio di autorità imperiale Morico da Fabriano richiesto di scrivere rese pubblico l’atto.
1278 marzo 7
Nel nome del Signore. Amen. Nell’anno 1278, indizione VI, al tempo del Papa Nicolò III, il giorno 7 marzo, redatto a Matelica con i testimoni Valentino del signor Iacobo da Gubbio, il signor Federico del signor Alberto, don Accursio pievano della pieve di Matelica e il signor Finaguerra del signor Albricio e Corradino di Bartolo. Iacobuccia (Giacomuccia) di mastro Gentile, Amadea, Umile, Cecilia, Lucia e Angeluccia suore e monache e converse del monastero o del luogo di S. Agata da Matelica, concordemente e all’unanimità sottoposero al monastero di S. Maria Maddalena della stessa terra (Matelica) ed all’abbadessa donna Mattia sé stesse e lo stesso luogo (abitato dalle religiose) con i beni ad esso luogo pertinenti. L’abbadessa Mattia le accoglie a nome del predetto monastero di S. Maria Maddalena. Le suore promisero obbedienza, riverenza, povertà e castità e di osservare la regolare disciplina del predetto monastero. Promisero anche che la predetta abbadessa potesse porre le monache e suore nel detto luogo di S. Agata e che potesse rimuoverle. Le dette suore di S. Agata vedono e conoscono di non poter vivere decorosamente nel detto luogo di S. Agata in cui abitano, considerano che il sito contrasta con il privilegio di S. Maria Maddalena (per la distanza) e non potendo vivere nella regolarità dentro il luogo di S. Agata donarono e cedettero per la redenzione dei loro peccati, la piazza e il territorio presso il castello di Matelica, con le case e gli edifici e con tutte e singole le cose contenute entro i confini della strada, del fosso del comune, i beni dei figli del fu mastro Matteo e della via. Cedettero insieme tutti gli altri diritti e azioni (giuridiche) che tale loro luogo e le stesse suore congiuntamente o separatamente hanno o potranno avere in qualunque modo o causa. Revocarono ogni procura destituendo ogni agente o amministratore, in particolare Salimbene di Compagnone e Sinibaldo di Masseo per parte di detto luogo e delle suore di S. Agata, già in causa contro il monastero di S. Maria Maddalena. Rinunciarono all’interlocutoria ed agli interlocutori, se fossero stati presentati sino al tempo presente contro il monastero di S. Maria Maddalena, in occasione del muro dell’edificio che veniva costruito in esso luogo e sito in contrasto con la distanza di privilegio del monastero di S. Maria Maddalena. Stabilirono che esse possedevano il territorio predetto, il casareno, la casa e gli edifici a nome del detto monastero (S. Maria Maddalena)e della detta donna Mattia. Diedero licenza e piena podestà alla predetta donna Mattia ricevente per detto monastero di prendere possesso di propria autorità di tali beni e di farne quel che avrebbe voluto. Promisero di mantenere stabile e sicuro questo atto in perpetuo e di rifondere danni e spese sotto obbligazione dei beni del loro “luogo” di S. Agata, di non agire contro, né contrastare alle cose predette né ad alcuna di esse, sotto la pena già detta, e in ogni caso con o senza pagamento della penalità il contratto permaneva ratificato. Io Morico da Fabriano notaio di autorità imperiale, presente e richiesto di scrivere, scrissi e resi pubblico l’atto.
1278 luglio 17
Nel nome di Dio. Amen. L’anno 1278, indizione VI, al tempo del Papa Nicolò il giorno di domenica 17 luglio, redatto presso la casa del monastero di S. Maria Maddalena del castello di Matelica, mentre sono presenti come testimoni il signor don Sabbatino di Attone, Giacomo Bonitino e altri si faceva questo atto. L’amministratore del monastero di S. Maria Maddalena Ivano del signor Scagno a nome e per conto dello stesso monastero dichiarando che il monastero è gravato dal quanto contenuto nella lettera scritta sotto il ricorso in appello contro la seguente lettera che era di danno al monastero che rappresentava. Eccone il contenuto della lettera. Don Scagno pievano di Tolentino diocesi di Camerino, canonico e vicegerente dell’arcidiacono e del capitolo della chiesa maggiore (cattedrale) di Camerino saluta nel Signore suora Mattia abbadessa del monastero di S. Maria Maddalena di Matelica e le altre religiose monache di tale “luogo”. Dalla relazione presentata a noi sappiamo che voi di vostra autorità avete voluto fare l’unione della chiesa di S. Maria del predetto monastero con quella di S. Agata di Matelica. Ciò desta la nota meraviglia per il fatto che l’unirle non è affatto di vostra competenza. Pertanto ordiniamo a voi e a chiunque legga la presente lettera, per l’autorità che abbiamo del nostro ufficio dalla chiesa di Camerino di desistere da tale unione e di rispettare in ciò la competenza del vescovo, almeno sino a quando non sarà tornato il vescovo, tutto sia riportato allo stato precedente. Se deciderete in modo diverso incorrerete nella scomunica, che potrà essere tolta dal vescovo. Riportate la situazione (delle due chiese) a come era precedentemente, altrimenti procederemo contro di voi. Data a Camerino il 16 luglio, indizione VI. In contrario potete presentare appello alla nostra presenza entro cinque giorni dopo ricevuta la presente tramite il vostro amministratore. Il notaio imperiale Giunta Albertuzzi scrisse questo appello.
1278 luglio 17
Nel nome di Dio. Amen. Nel suo anno 1278, indizione VI, a tempo di Papa Nicolò III, giorno 17 luglio domenica. Redatto presso la casa del monastero di S. Maria Maddalena del castello di Matelica mentre sono presenti don Sabbatino di Attone, Giacomo di Bonitino ed altri testimoni. Ivano del signor Scagno, sindaco del monastero di S. Maria Maddalena del castello di Matelica a nome e per conto dello stesso monastero e a favore dello stesso monastero, dichiarando che egli ed il detto monastero si considerano gravati dal contenuto della lettere scritta di seguito a motivo dell’aggravio inflitto o da infliggere a lui e al detto monastero con l’occasione della stessa lettera vivamente fece appello. Il contenuto di questa lettera è tale. Don Scagno pievano di Tolentino canonico camerinese e vicegerente dell’arcidiacono e del capitolo della chiesa maggiore (o cattedrale) di Camerino saluta nel Signore suora Mattia abbadessa del monastero di S. Maria Maddalena di Matelica e alle altre religiose monache di detto luogo. Abbiamo notizia di pubblica diffusione che voi avete cominciato l’unione delle chiese di S. Maria Maddalena del monastero sopra detto con quella di S. Agata della detta terra d’autorità (vostra) propria. Siamo meravigliati dell’unione che fate delle predette (chiese) poiché ciò non spetta a voi e in nessun modo vi appartiene. Pertanto con l’ordine della presente lettera a voi e a ciascuno di voi ordiniamo per l’autorità che esercitiamo per la chiesa camerinese, facendo che non voi procediate in nessun modo nel fare la stessa unione, poiché spetta al vescovo camerinese nella sua diocesi, soprattutto in attesa del ritorno dello stesso vescovo. Sotto penalità di scomunica che vogliamo minacciare a voi ed a ciascuno di voi per lo stesso fatto se pensate di fare diversamente, se in qualcosa avete proceduto, riportatelo alla situazione precedente.
La penalità è da togliere ad arbitrio dello stesso vescovo. Diversamente procederemo contro di voi secondo giustizia. Data a Camerino il giorno 16 luglio entrante, indizione VI. Se in verità vi dichiarate gravate dalle cose dette prima provvedete a far giungere il vostro amministratore alla nostra presenza affinché riceva da noi riguardo a ciò il completamento della giustizia. Io Giunta Albertucci notaio pubblico di autorità della maestà imperiale fui presente a questo appello richiesto dal detto Ivano sottoscrissi e pubblicai.
1278 luglio 22
Nel nome di Dio. Amen. Nell’anno del Signore 1278, indizione VI, a tempo di Papa Nicolò III, il giorno 22 luglio, nella città di Camerino, davanti alla chiesa maggiore (cattedrale) alla presenza di mastro Bonaventura Benecari notario e di Santisidoro
Bonvicini, richiesti come testimoni, si fece il presente atto. Mastro Ivano del signor Scagno amministratore e difensore di suor Alluminata abbadessa del monastero si S. Agata e difensore del monastero di S. Maria Maddalena con procura amministrativa, a nome dell’abbadessa e del monastero dei quali era rappresentante, si presentò di fronte e don Scagno pievano di Tolentino e vice gerente dell’arcidiacono e del capitolo della chiesa maggiore di Camerino, secondo quanto richiesto dalla lettera inviata da don Scagno all’abbadessa e al predetto monastero. Il pievano revocò e sospese la sua lettera e gli ordini dati contro di loro, salvo il diritto di lite tra le parti. Rogava l’atto il notaio imperiale Nicola del signor Bentevenia.
1278 agosto ?
Billa concesse e diede ad Ivano del signor Scagno di Matelica, amministratore del monastero (di S. Maria Maddalena) ogni diritto e proprietà dei suoi beni e di quelli dell’eredità di suo padre Accursulo e della dote della stessa Billa data con atto notarile a Guccio di Giacomo Mazuca da Fabriano sposo di lei Billa cioè 10 libre ravennati e anconetane che Accursulo suo padre o Zuccio suo fratello aveva di fatto pagato a Guccio di Giacomo Mazuca predetto. Si impegnava a non contrastare mai questa donazione od offerta al monastero, neanche su richiesta di lei neppure col consenso dell’abbadessa. Billa stabiliva Ivano del signor Scagno come rappresentante legittimo, agente, fattore e messaggero speciale allo scopo di esigere dal predetto Guccio di Giacomo le dieci libre della dote anche ponendo causa presso la curia di Fabriano o in ogni altro modo con piena competenza senza alcuna possibilità di essere contrastata. Notaio pubblico Tomaso di Scagno.
1278 ottobre 16
Nel nome del Signore. Amen. Nell’anno 1278, indizione VI, il giorno 16 ottobre al tempo di Papa Nicolò III, a Matelica, davanti alla chiesa di S. Maddalena alla presenza dei testimoni Raso Gualfredi e Benante Gentili Blasi ed altri chiamati per questa vendita, il signor Vitaliano Albrici del signor Sinibaldo vendette e consegnò in proprietà ad Andriolo Iacobi Sinibaldi un terreno arativo e boschivo con pertinenze e accesso sino alla via pubblica nel distretto di Matelica in località Colle a confine con Morico Brici di Gallio, con i figli di Cretarello, con Brunetto Nere, al prezzo pagato di cinquantuno soldi ravennati e anconetani con rinuncia ad ogni rivalsa, amichevolmente, sotto penalità del doppio e ipoteca dei beni, rimanendo valido il contratto. Vitaliano appariva molto giovane e dichiarò di avere più di 25 anni come maggiorenne, senza giuramento. Notaio Francesco del signor Pietro d’autorità imperiale. Segue la nota Frà Giacomo, alla presenza di altro frate testimone (nome frammentato=…….illo) produsse questo documento come prova al Vicario il giorno 19. )
1278 dicembre 2
Nel nome di Dio. Amen. Nel suo anno 1278, indizione VI, al tempo del Papa Nicolò III, il giorno 2 dicembre. Redatto a Matelica davanti al monastero di S, Maria Maddalena mentre so no presenti Matteo di Francone, Cagno di Rinaldo, Martino di Paolo e altri testimoni. Frate Andrea amministratore del monastero di S. Maria Maddalena con il consenso e la volontà dell’abbadessa consenziente di proprio diritto e proprietà diede, concesse a Vivono un terreno (parte mancante) che il detto Vivono (deve) avere da Angeluccia monaca del detto monastero erede di Andrea di mastro Pietro Boni per la dote e residuo dotale che il detto Vivono deve avere dal sopradetto mastro di Pietro Boni e suoi eredi come la sua signora Alarica a voce e la figlia del detto Vivono e per il residuo dotale che per essa ebbe dal detto Vivono per la detta donna Alarica e la figlia di detto Vivono e che da detta Angeluccia per sua parte e ogni eredità è tenuta avere. Dà a Vivono libera licenza e pieno potere di tenuta delle terra, entrarvi, possederla, infeudarla e conservarla come piacerà a lui o a chi gli piacerà darla. Il sindaco con il consenso dell’abbadessa promette che questa terra non è vincolata a nessuno e non sarà concessa ad altri neanche in uso e qualora apparisse che si concedesse lo stesso Sindaco e l’abbadessa Mattia la conservano in dono e si impegnano a ripagare ogni danno di lite, spese e salari con interesse che il detto compratore farà e sosterrà riguardo a ciò con impegno solenne senza bisogno di far giuramento scritto. Il sindaco rinuncia ad ogni ausilio di beneficio o decreto o diritto con cui possa mettersi contro per qualsiasi modo e causa. Il sindaco con il consenso e la volontà dell’abbadessa promise di mantenere e osservare quanto sopra per il detto Vivono e altro concessionario suo sotto penalità di due libre ravennate ed anconetane e sotto ipoteca dei beni di detto monastero. Le cose scritte sopra rimangono sempre stabili pagate o non pagate le penalità. E promise di rifondere le spese e mantenere tutte queste cose in perpetuo. Io Ventura Massei notaio pubblico fui presente a tutte queste cose e richiesto di scrivere sottoscritti e pubblicai.
1279 luglio 3
Nel nome di Dio. Amen. Copia di un atto notarile nei quaderni di mastro Matteo del signo Bentivoglio notaio defunto. L’anno 1279, indizione VII, a tempo di Papa Nicolò III, il giorno 3 luglio nella chiesa di S. Maria Maddalena di Matelica mentre erano presenti come testimoni Frà Alessandro lettore fermano dell’Ordine di Predicatori, Frà Giacomo da Camerino dello stesso ordine, Frà Pietro Egisi, Fra’ Vitale Benvenuti ed il signor Giacomo da Gubbio. Eccone il contenuto. Donna Ricca figlia del fu Curtufone da “Pudio” fece dono puro, libero, semplice a donna Mattia abbadessa del monastero di S. Maria Maddalena stipulante a nome e per conto di tale monastero della sua dote di 100 (cento) libre ravennati e anconetane, con riserva di usufrutto vita naturale durante. Dopo la morte della donatrice l’usufrutto sia del monastero predetto. Dà e concede allo stesso ogni diritto ed azione che ha dei beni del signor Berretillo suo marito, in occasione della dote e l’abbadessa è resa procuratrice e messa in diritto di agire dopo la morte di costei per ricercare e ricevere la detta dote contro il signor Berretillo ed i suoi beni e abbia potere di fare. La donatrice ha fatto questo per la sua anima e per rimedio dei peccati suoi e dei suoi genitori. Promise che questa donazione non l’avrebbe revocata per nessuna causa d’ingratitudine o qualsiasi altro modo, sotto penalità del doppio della dote e inoltre giurò sui Santi Vangeli di Dio di mantenere stabile e deciso tutto quanto sopra detto e di non fare azione contraria sotto la penalità già detta e con l’obbligo di ripagare le cose dette, i danni e le spese con interessi. La copia del presente atto fu fatta dal notaio pubblico Bonacasa Benvegnati per ordine del giudice e vicario del comune di Matelica, signor Ugolino del signor Leti della città di Osimo e per ordine di Giacomello del signor Claudio da Osimo, con il mandato del Consiglio generale e speciale del predetto comune, nell’anno 1280 il giorno 26 novembre, a tempo di sede romana vacante, a Matelica nella “trasanna” del comune presenti come testimoni don Giacomo Plebani, Giacomo Benincasa, Ivano di Giacoponi e Francesco di mastro Pietro. Il giorno 19 luglio fu presentato di fronte al vescovo da Frà Giacomo, presente Frà Guglielmo.
1280 settembre 4
Nel nome del Signore. Amen. L’anno 1280, indizione VIII, a tempo di sede romana vacante del pastore, il giorno 4 settembre, nell’edificio del comune di Matelica sono presenti come testimoni Andreolo Attoni del signor Gentile, mastro Francesco notaio, Attuzio Curtesoni ed altri. Ivano del signor Scagno amministratore del monastero di S. Maria Maddalena di Matelica stabiliva come messaggero e procuratore del monastero Girardo Mattei di Matelica con l’impegno speciale di presentarsi con ogni facoltà di fronte a don Toma giudice generale nella Marca nella causa contro Nardonio Giacobelli e Rainalduccio Rainaldi Maiani di San Severino per ottenere con precetto cinquanta libre ravennati e anconetane. Notaio pubblico Bonaventura di Giovanni.
1282 luglio 14
Copia della lettera del cappellano del Papa don Guido da Villanova, con sigillo di cera rossa recante l’immagine della Madonna con il Bambino in braccio e sopra due angeli. V’era anche l’immagine dello stesso cappellano con la scritta: Sigillo di Guido da Villanova cappellano del Papa. Eccone il contenuto. Guido da Villanova cappellano del Papa e nunzio rende noto di aver ricevuto da Accursio pievano della pieve di Matelica tre fiorini d’oro per la sua permanenza di un giorno a Matelica. Dà ordine al pievano di ripartire detta somma tra gli ecclesiastici del castello e del territorio di Matelica, del castello e del territorio di S. Anatolia, del monastero di S. Angelo infra hostia, tra le chiede di Fonte Boni e di S. Maria de Galio, entro il termine di dieci giorni, dividendo in parti eguali alle rendite e con potere di scomunica e interdetto a discrezione del pievano. Inserita la seguente lettere apostolica. Martino Vescovo servo dei servi di Dio a quanti riceveranno questa lettera l’apostolica benedizione (arcivescovi, vescovi, abati, priori, decani, arcidiaconi, arcipreti, pievani ed agli altri prelati, ai loro vicari, gerenti, agli ecclesiastici, religiose, ai capitoli delle chiese, ai conventi esenti e non esenti senza cura di anime dei vari ordini, premostratensi, camaldolesi di Vallombrosa, di S. Benedetto e di S. Agostino, inoltre ai maestri e precettori templari ed ospitalieri di S. Giovanni gerosolimitano e della B. Maria, dei teutonici). Il nostro diletto figlio maestro Guida da Villanova cappellano e nunzio nostro, latore della presente lettera merita per l’impegno e l’attenzione la nostra fiducia negli incarichi per alcuni negozi della chiesa romana. Con il presente scritto chiediamo a voi tutti esortandoci con autorità apostolica ad accoglierlo e trattarlo bene per riverenza alla sede apostolica, quando venisse fra voi, compensando la cifra di 30 soldi turanensi per ciascun giorno per le sue necessità e la sicurezza nell’esplicare le sue funzioni, andando, dimorando e tornando; secondo quanto “di provvigione” vi chiediamo o vi chiederà il suo messaggero. Fate che possiamo rendervi merito, altrimenti considereremo valida la sentenza che lui o altri per lui userà contro i ribelli, fino alla soddisfazione dovuta, senza possibilità di appello e ciò nonostante particolari indulti di legati o nunzi apostolici o lettere apostoliche, privilegi, indulgenze verso chiunque e comunque concessi in contrario. Dato a Orvieto il 1 giugno dell’anno secondo del nostro pontificato. <La lettera del cappellano munita di sigillo era datata a Matelica il giorno di martedì 14 luglio, indizione X.>
1282 luglio 30
Nel nome di Dio. Amen. Don Rainaldo Rampi a don Vitaliano Albricuzi Poiti incaricati della colletta tra chierici ed ecclesiastici o religiosi imposero alle donne di S. Maria maddalena e all’amministratore Fra’ Giacomo sei soldi ravennati e anconetani, con minaccia di scomunica se non versassero entro dieci giorni. Fra’ Giacomo a nome e per conto del monastero e del convento si dichiarò ingiustamente gravato e interpose appello al Papa e al suo camerario e uditori o altri giudici competenti perché mai i monasteri delle donne usarono far versamenti di collette insieme ai chierici e don Guido non ebbe intenzione di farlo con i monasteri delle donne. L’appello fu fatto a Matelica davanti alla pieve il 30 luglio 1282 presenti come testimoni Tomasio monaco del Rotis, Volriano del signor Giacomo da Gubbio e altri, con il notaio pubblico rogante Rigo Servitori.
1283 gennaio 30
Nel nome di Dio. Amen. Copia di lettera. Rainerio del signor Alioni da Monte Fiascone, giudice generale nella Marca scrive ai balivi di curia Gregorio e Graziolo con l’ordine di fare la citazione a tutti coloro che sono nominati per testimoniare da E(n)rico amministratore del monastero di S. Maria Maddalena di Matelica con l’ingiunzione di presentarsi di fronte allo stesso giudice entro il terzo giorno riguardo all’accusa mossa contro Napolione Raineri ed il suo servo Paulunco, altrimenti si procederà contro di loro.
Data a Tolentino li 30 gennaio, indizione XI. Ecco i convocati: Giovannuccio Compagnoni, Rubeo (Rosso) Benditti, Nicola Ugolini, Giovannuccio Petri, Priziano Vitali. Citazione fatta come da relazione del 2 febbraio 1283 a Matelica davanti alla casa di mastro Ruggero (Irone ?) di fronte ai testimoni Pietro da S.Angelo, Vegnato Iacobi e altri. Notaio Ventura Massei richiesta da Gaziolo.
1283 febbraio 1 e 2
Nel nome di Dio. Amen. Copia di lettera. Rainerio da Monte Fiascone giudice generale nella Marca scrive a Paolo servo (famigliare) di Napolione Rainerii da Matelica. Ti ordiniamo entro il terzo giorno dal ricevimento della presente lettera di presentarti obbligatoriamente di fronte a noi per giustificarti dell’accusa fatta contro di te da don E(n)rigo Guarneri, altrimenti procederemo secondo giustizia. Data a Tolentino il primo febbraio, indizione XI. Il balivo della curia Graziolo riferì al notaio rogante Ventura Massei di aver fatto la citazione predetta a Paolo il giorno di martedì 2 febbraio 1283. Scritta a Matelica davanti alla casa dei figli di Bucaro alla presenza dei testimoni mastro Benvenuto, Borlario Bonacase di Benvegnato e altri.
1283
Nel nome di Dio. Amen. L’anno 1283, indizione XI, a tempo di Papa Martino IV, il giorno 10 febbraio, nel distretto di Matelica, presso i mulini Rote del monastero di S. Maria Maddalena di Matelica e presso la chiusa dei mulini de Porta, alla presenza dei testimoni chiamati signor Giacomo Plebani, Covitto di donna Altasere, Frà Stefano da Colle Stefano, Fra’ Vitale, conversi dello stesso monastero, Pietro da S. Angelo, Clorilto Attona Ivaldi, Giovannuccio Compagnoni ed altri si faceva la convenzione. Attuzio del signor Salimbene per sé e per Mattiolo Bucari e donna Clarissena figlia del fu Scagno per sé e per suo figlio Guarinuccio da una parte e dall’altra Frà Pietro Egidi amministratore e converso dello stesso monastero, come da procura scritta, per la determinazione dell’acqua del fiume Gino che scorre attraverso la chiusa di Attuzio. Di donna Clarissena e di Mattiolo Bucari, chiusa che sta sotto ai mulini del monastero, allo scopo di evitare ogni ulteriore lite né ci siano inconvenienti per i mulini delle due parti che si accordano sotto penalità di cinquanta libre ravennati e anconetane per i contraenti, restando valido questo patto. Si conviene che per regolare la quantità di flusso delle acque nei mulini sottostanti a quelli del monastero si rispetti il segno di ferro posto su una colonna e cioè quel ferro deve restare sempre scoperto dalla superficie delle acqua fluenti per mezzo del “recessorio” della chiusa con “stracolo” dove ora esiste e rimane sino alla “stanga” di Salvone, segnata nella chiusa verso il vallato dei molini del monastero. In tale modo l’acqua è sufficiente ai contraenti e fluisce egualmente fino a detta “stanga” (traversa di legno) senza danni. Qualora l’acqua salisse sopra al limite stabilito provvederebbero a regolarla. Notaio pubblico Ventura Massei.
1283 febbraio 12
Nel nome del Signore. Amen. Nell’anno 1283, indizione XI, a tempo di Papa Martino IV, il giorno 12 febbraio, nel monastero di S. Maria Maddalena di Matelica sono presenti come testimoni il signor Finaguerra del signor Albrico, Tinglo (Tigno) del signor Albertino, Zovitta Attoni Rubei e Giovanni Petri Tarduzi quando si fa questa convenzione. Da una parte l’amministratore del monastero di S. Maria Maddalena Frà Giacomo da Colle Stefano dall’altra parte Napolione Raineri si accordano per la lite e questione riguardante la terra Rote e Acquimine sita nel fiume Gino. Stabilirono come arbitri Salimbene Bonagiunte presente e Benecasa Ventura assente per un lodo che amichevolmente sarebbe stato accettato dalle due parti in questione salvo l’ordine giuridico, anche nel caso che ciascuna delle due parti dovesse fare atto di vendita o di permuta per qualche superficie della terra di Rote e Acquimine. I confini sarebbero stati posti per mezzo di Albricuccio Ugolini e di Pietro Bentevenga. L’accordo doveva restare stabile come da lodo o sentenza arbitrale, con penalità di cento libre ravennati e anconetane a chi di loro la contrastasse, sotto ipoteca dei beni. Notaio pubblico Atto(ne) del signor Giacomo.
1283 dicembre 4
Nel nome di Dio. Amen. Nell’anno del signore 1283, indizione XI, a tempo di Papa Martino IV, il giorno 4 dicembre nel castello di Matelica davanti alla casa di Mattiolo Bucari sono presenti come testimoni Giovanni Commanoli Giordani, Benencasa Venture, Sclacro Datali Bernardi e altri quando si fa questa concessione. L’amministratore del monastero di S. Maria Maddalena di Mateliva, Frà Giacomo converso a nome del suo monastero e del convento dello stesso monastero concede a Boncore Buzerti e a Mattiolo figli del fu Bucaro un corso di acqua che passa per il vallato dei mulini di essi figli di Bucaro presso la terra del monastero, sopra e sotto il confine di mastro Bernardo con facoltà di deviare e contenere l’acqua nel corso del vallato che ora è quel che contiene la terra del monastero, evitando però ogni inconveniente per i mulini del monastero posti nel fiume Gino vicino alla terra del monastero. Il vallato del fiume doveva essere mantenuto così come era e doveva essere custodito e riattato a spese loro, senza alcun danno. Inoltre non doveva far tagliare le piante o alberi che erano nella terra del monastero. Concede quanto sopra in perpetuo con ogni pertinenza ed accesso alle vie pubbliche. Per chi delle due parti mancasse agli impegni, la penalità era stabilita a cinquanta libre ravennati e anconetane con risarcimento delle spese, sotto ipoteca dei beni. Notaio ser Bartolomeo Scagni.
1284 marzo 13
Nel nome di Dio. Amen. Nell’anno 1284, indizione XII, il giorno 13 marzo a tempo di Papa Martino IV, a Matelica nella casa della testatrice erano presenti come testimoni chiamati: Cagno Salvi Orselli, Bonagrazia Gennari, Bonconforto Iacobo Bruni, Attuzio Attoni Raini, Cenamuzio Danieli, Salimbene Ciceri, Rigozio Ascarano, Vanne da Firenze. Fece testamento donna Ventura vedova di Raniero Albertucci, malata nel corpo, sana di mente, per non far sorgere in seguito qualche lite sui suoi beni. Lasciava in testamento 20 soldi da spendere secondo i canoni e le consuetudini della diocesi di Camerino. Lasciava per la sua anima 20 soldi ravennati e anconetani da spendere secondo la volontà della fidecommessa stabilita di seguito, in occasione del funere. Lasciava 20 soldi per quando sarà restaurata la chiesa di S. Paolo. Lasciava 5 soldi per riparare la chiesa di S. Antonio. Lasciava al cappellano di S. Paolo, per offerte e decime alla di lei morte 12 soldi. Per eventuale maltolto altri cinque soldi. Lasciava per fare cantare le messe 12 soldi, affidati all’esecuzione testamentaria. Lasciava a Vanne da Firenze come legato 6 soldi. Stabiliva come erede degli altri suoi beni mobili ed immobili e dei diritti la figlia sua domma Massaria. Sceglieva la sepoltura nella chiesa di S. Antonio di Matelica. Come fideicommessa (esecutrice) stabiliva la stessa donna massaria. Questa era la sua ultima volontà da far valere come testamento o almeno come codicillo. Notaio imperiale Peregrino Rubei.
1284 giugno 10
Nel nome di Dio. Amen. L’anno del Signore 1284, indizione XII, a tempo del Papa Martino IV, il giorno 10 giugno, sono presenti come testimoni chiamati nel monastero di S. Maria Maddalena Lazano del signor Giacomo, Verliuzio del signor Giacomo, Fra’ Vitale, Fra’ Giacomuccio e altri per la seguente procura. Donna Mattia abbadessa del monastero di S. Maria Maddalena di Matelica con unanime volontà delle monache del monastero cioè delle consorelle Cristina, Agnese, Andrea, Luzia, Berardesca, Margarita, Isabetta, Catelli, Daniela, donna Cristina, Amadea, Agata, Daniela, Gicomuccia, Barbara, Aurea, Cecilia, Graziadeo, Giacomella, Mattiola, Aluminata, Vittoria, Filippuccia stabilì come procuratore del monastero, il suo converso Frà Giacono da Colle Stefano, amministratore, agente, fattore, nunzio speciale nella questione e causa contro Federico del signor Alberto, Adelarduzio suo figlio, il signor Matteo del signor Giovanni a motivo dei diritti di una chiesa di S. Maria de Vablano (Vibiano) e contro Corraduccio Bartoli e gli eredi di Rainalduccio del signor Alberto e in generale per le cause del monastero presso la curia del marchese e dei suoi ufficiali e presso qualunque altra curia, con tutte le competenze di procuratore sotto pena e ipoteca dei beni dello stesso monastero. Notaio pubblico Ventura Massi.
1284 luglio 11
Nel nome di Dio. Copia di lettera. Maestro Stefano canonico della chiesa di S. Petro Turrice, vicario generale nelle realtà spirituali della Marca anconetana scrive a don Rainaldo rettore della chiesa di S. Marcello di Matelica. Ordina di sequestrare i frutti o rendite della chiesa di S. Maria de Vablano (Vibiano) del distretto di Matelica e di tenerli lui fino a nuovo ordine dato il fatto che c’è questione aspra per la spartizione di essi tra l’amministratore del monastero di S. Maria Maddalena da una parte e dell’altra parte Federico del signor Alberto con il figlio Adelarduccio assieme al signor Matteo di Giovanni per la metà della chiesa e c’è pericolo che i contendenti giungano ad atti di rissa con armi. Data a Tolentino il giorno 11 luglio, indizione XII. \ La lettera fu presentata don Rainaldo da Fra’ Andrea amministratore del predetto monastero a Matelica presso l’abitazione di Giacomuccio Compagnoni alla presenza dei testimoni: Vitaliano, Venutolo di Morico Bernardi e di Giovanni Accurrimbone Gincleri il giorno 13 luglio 1284 a tempo di Papa Martino IV, indizione XII. Notaio Bartolomeo Scagni.
1285 agosto 21
Nel nome del Signore. Amen. L’anno 1285, a tempo di Papa Onorio IV, il giorno 21 agosto nella chiesa del monastero di S. Maria Maddalena di Matelica, mentre sono presenti frate Raniero di mastro Gicomo Accursi Blance, Vituzione Attolini e Andreolo di Ivano del signor Scagno testimoni a ciò richiesti e chiamati. Suor Mattia abbadessa di esso monastero delle donne di S. Maria Maddalena con consenso unanime dello stesso convento del monastero, suor Agnese, suor Cristina, suor Margarita, suor Isabetta, suora Andrea, suor Diotama, Suor Aurea, suor Lucia, suor Daniela, suor Bernardesca, suor Cristiana, suor Giacomella, suor Giovanna, suor Mattiola, suor Vittoria, suor Catalina, suor Filippa, suor Isaia, suor Alluminata, suor Amadea, suor Graziadei, suor Simonetta, suor Gidiuccia. Suor cecilia, decisero di stabilire come loro amministratori, procuratori, messaggeri speciali in forma solidale il converso e famiglio del monastero Fra’ Vitale e Verbuzio del signor Giacono da Gubbio con tutte le competenze per trattare un compromesso con Fra’ Nicola vicario del vescovo di Camerino che amichevolmente deciderà delle questioni insorte tra il monastero da una parte e dall’altra parte Ivano del signor Scagno rappresentante della moglie Sibilia, figlia del fu Rainaldo, in particolare per la richiesta presentata da Ivano al monastero di ricevere 57 libre ravennati e anconetane a nome della moglie. Il monastero accoglierà le loro decisioni senza contrasti. Notaio pubblico Bonaventura di Giovanni.
1286 febbraio 28
Rambotto per divina misericordia vescovo di Camerino a tutti i fedeli cristiani che vedranno questa lettera, salute nel Signore. Se consideriamo secondo il detto del Sapiente, che il tempo è da seminare con i meriti e dobbiamo raccogliere la mietitura di ciò che abbiamo in terra seminato con frutto moltiplicato in cielo, dobbiamo aprire il cuore caritatevole verso tutti i bisognosi, ma ancor più spiritualmente e più abbondantemente verso coloro che spontaneamente si sottopongono alla povertà di spirito. Le dilette in Cristo monache e abbadessa del monastero di S. Maria Maddalena di Matelica nella diocesi di Camerino, disprezzando i piaceri mondani, scelsero di servire Dio aggiungendo una volontaria povertà ed hanno bisogno che i fedeli cristiani offrano piamente a loro l’aiuto caritatevole. Esortiamo e preghiamo tutti voi nel Signore, a remissione dei vostri peccati, disponendo che eroghiate loro sussidi caritatevoli in modo che la vostra sovvenzione dia loro un sussidio e voi, a motivo di questa o di altre opere buone che farete ispirati dal Signore, possiate giungere alla gioia dell’eterna felicità. Desideriamo che la predetta chiesa della Beatissima sia frequentata degnamente ed a tale scopo rilasciamo per la misericordia di Dio e dei beati apostoli Pietro e paolo, l’indulgenza di cento giorni sulla penitenza imposta nella confessione a coloro che pentiti si recheranno per devozione alla chiesa predetta in qualsiasi domenica fino alla festa di Pasqua inclusa la sua ottava, non oltre, e faranno opere di caritatevole aiuto. Data a Camerino li 28 febbraio 1286 (con sigillo pendente).
1286 settembre 12
Nel nome di Dio. Amen. L’anno 1286, indizione XIV, a tempo di Papa Onorio IV, il giorno 12 settembre, nel monastero delle donne di S. Maria Maddalena del castello di Matelica sono presenti come testimoni Giacomo Benvenuti da Sefro, Francesco Marcloni e Domenico Petri Faide quando donna mattia abbadessa del monastero predetto con unanime volontà delle monache e suore del monastro Cristina, Agnese, Giacoma, Margarita, Catarina, Alluminata, Daniela, Graziadea, Diotama, Lucia, Vittoria, Cecilia, Cristiana, Aurea, Giacomuccia, Cecilia, Giustina, Andrea, Ogenia, donna Filippa, Isaia, Simonetta, Filippuccia, Amodea, Mattia, Gidiuccia, , Benvenuta, Isabetta e Sperandea stabilì Fra’ Giacomo Ugolini come amministratore, agente, procuratore e messaggero speciale del monastero e del suo convento con la procura a ricevere o la remissione e la quietanza definitiva del reverendo padre don Rambotto vescovo di Camerino riguardante la condanna a cinquanta libre ravennati e anconetane fatta dallo stesso vescovo contro il predetto monastero in occasione della devastazione fatta del monastero di S. Agata e inoltre con il mandato di presentarsi a don Gentila da Muralto canonico o a Mosca Savinelli a motivo del mutuo di 50 libre fino all’inizio dell’ottobre prossimo. Egli doveva dichiarare di fronte al vescovo tale debito e ricevere dal vescovo il precetto per tale somma. Se entro il termine stabilito non fosse stata pagata la somma predetta il monastero doveva essere sottoposto (si sottoponeva) alla scomunica e all’interdetto ecclesiastico contro l’abbadessa e contro le suore. Ogni decisione del procuratore rimaneva stabilita sotto ipoteca dei beni del monastero. Notaio pubblico Atto(ne) del signor Giacomo.
1286 settembre 13
Nel nome del Signore. Amen. L’anno del Signore 1286, a tempo di Papa Onorio IV, a Camerino nella cappella del palazzo dell’episcopato, il giorno 13 settembre sono presenti come testimoni chiamati Don Gualtiero priore di S. Sebastiano di Camerino, don Pietro priore di S. Giacomo di Muralto, mastro Offreduccio di donna Amata, Corrado di Giovanni e Corraducccio di Domestico, quando il vescovo di Camerino Rambotto a nome dell’episcopato per sé ed i suoi successori fece remissione, fine e quietanza definitiva valevole in perpetuo a Frà Giacomo Ugolini sindaco del monastero si S. Maria Maddalena di Matelica , agente a nome di esso monastero della somma di 100 libre di condanna fatta allo stesso monastero o suo sindaco Giacomuccio del signor Finaguerra in occasione della violazione e della scomparsa avvenuta del monastero di S. Agata sito presso il fosso di Matelica presso lo stesso monastero di S. Maria Maddalena ad opera dei famiglia, degli agenti e coadiutori di questo monastero. Il vescovo cancellava e annullava ogni condanna, sentenza e processo fattone contro questo monastero e contro il suo sindaco Giacomuccio o contro altro rappresentante. Annullava anche ogni promessa per mezzo di Giacomuccio al signor Finaguerra, amministratore, in particolare il precetto fattogli di pagare 50 libre scritto da mano del notaio mastro Nicola da Osimo. Il vescovo fece tutto ciò per il fatto che ricevette dallo stesso amministratore per conto del monastero predetto e suo convento, a tacitazione di tutte le spese calcolate nella scomparsa di S. Agata la somma di cinquanta libre ravennati e anconetane che il vescovo ebbe. Pertanto tutto veniva quietato con dichiarazione rilasciata all’amministratore Gicomuccio, valida in perpetuo sotto penalità del doppio con ipoteca dei beni dell’episcopato. Notaio pubblico Riccerio, ora notaio del vescovo.
1286 settembre 13
Rambotto vescovo di Camerino, per divina misericordia, saluta nel Signore le donne religiose, l’abbadessa ed il convento del monastero di S. Maria Maddalena da Matelica. Di fronte ad una richiesta giusta, tanto la forza dell’equità quanto l’ordine razionale esigono che ciò per la sollecitudine del nostro ufficio giunga al dovuto effetto. Pertanto, o dilette (figlie) in Cristo, ascoltando la vostra domanda confermiamo l’unione, l’obbligazione, la sottomissione, la promessa, la donazione o cessione fatta per mezzo della prioressa o abbadessa e monache del luogo di S. Agata sito presso Matelica, dopo aver considerato la vicinanza e la povertà del predetto luogo di S. Agata, in cui le monache ivi dimoranti non potevano osservare la regolare continenza (vita religiosa), come risulta più chiaramente dal documento redatto dal notaio Morico da Fabriano il cui contenuto consideriamo da inserire qui parola per parola per maggior certezza e stabilità. Conosciamo con pienezza di scienza la sottomissione, la donazione, la cessione, la promessa, l’unione e ogni altro impegno deciso nell’atto scritto da mastro Morico da Fabriano da parte dell’abbadessa o prioressa del detto luogo di S. Agata e da parte delle monache del detto luogo alla detta abbadessa o del sindaco del detto monastero, confermiamo tutto ciò e se in tale atto si trovasse qualche difetto, suppliamo con la nostra ordinaria autorità e uniamo i luoghi predetti delle religiose. Non sia lecito a nessuna persona violare questo nostro atto di unione e di conferma né contrastarlo con temerario ardire. Se qualcuno userà la presunzione di tentarlo sappia che incorre nell’indignazione dell’onnipotente, della Beata Vergine Maria, dei beati apostoli Pietro e Paolo, dei santi Venanzio martire ed Ansovino confessore. Su nostro ordine il notaio Riccerio, nostro notaio scrive e rende pubblica la presente lettera e la convalida con l’apporvi il nostro sigillo per maggior fede e certezza. Fatto e dato a Camerino nella cappella del palazzo dell’episcopato nell’anno del Signore 1286, indizione XIV, a tempo del Papa Onorio IV, il giorno 13 settembre alla presenza di don Pietro priore di S. Giacomo di Muralto, don Gualtiero priore di S. Sebastiano, mastro Offreduccio notaio, Corrado di Giovannuccio e Corrado di Domestico, testimoni chiamati all’atto. Ed io Riccerio da Camerino, pubblico notaio, ora notaio del detto vescovo, presente a tutto ciò, su richiesta del vescovo scrissi per sua autorità, scrissi e resi pubblico l’atto e vi posi il mio nome e sigillo consueto.
1286 novembre 14
Nel nome di Dio. Amen. Nell’anno del Signore 1286, indizione XIV, a tempo del Papa Onorio IV, il giorno 14 novembre, nel palazzo del comune di Matelica, dopo riunito per voce del banditore al suono della campana il consiglio generale speciale di credenza (economato) del Capitano delle Arti e del consiglieri, al solito modo, il signor Gualtiero da Macerata, giudice e vicario del comune di Matelica propose di trattare il da farsi riguardo al terreno o spazio delle donne del monastero di S. Maria Maddalena occupato dal comune per il muro comunale fatto di nuovo e riguardo al danno arrecato al monastero per il prato ed altro. Egli chiese si desse un buon consulto. Parlò Corraduccio Bartoli, alzandosi nell’arengo, propose una colletta di 40 libre ravennati ed anconetane di cui 30 per il terreno dovuto alle donne del monastero e 10 per il danno dato in occasione del muro comunale e per altri danni, e così pagare. Nella delibera del presente consiglio, dopo che il predetto giudice pose ai voti con l’alzarsi (a favore) e sedere (contro) piacque a tutti porre 40 libre nella dativa dell’anno corrente o nel dazio per il decoro e pagare come sopra al monastero. Il notaio Mazio, con testimoni Corraduccio Bartoli, mastro Francesco di mastro Pietro, gioannuccio di Giacomo e Francesco B(on)afede, scrisse per ordine del giudice.
1286 novembre 20. \\ Nel nome di Dio. Amen. Nell’anno del Signore 1286, indizione XIV, a tempo del Papa Onorio IV, il giorno 20 novembre nel monastero di S. Maria Maddalena di Matelica erano presenti come testimoni Albrico di Giacomo Bruti, il mugnaio Matteo e Giovanni da Foligno quando l’abbadessa del monastero, donna Mattia con volontà unanime delle monache e suore e consorelle presenti Cristina, Agnese, Giacoma, Margarita, Catarina, Alluminata, Daniella, Graziadeo, Diotama, Lucia, Vittoria, Cecilia, Cristiana, Aurea, Giacomuccia, Cecilia, Giustina, Andrea, Eugenia, donna Filippa, Isaia, Simonetta, Filippuccia, Amadea, Mattia, Guiduccia, Benvenuta, Isabetta e Sperandia, riunite in capitolo stabilì assieme al convento il signor Enrico Guarneri accettante come legittimo amministratore, procuratore, messaggero speciale per presentarsi di fronte al reverendo padre e vescovo di Camerino, Rambotto per ottenere una proroga della scadenza di pagamento di tredici libre ravennati e anconetane, residuo del debito della condanna di cinquanta libre fatta al monastero dallo stesso Rambotto in occasione della devastazione del monastero di S. Agata. Tale proroga che iniziava dal giorno di S. Andrea sarebbe stata dilazionata a nuova scadenza secondo la volontà del vescovo che sarebbe stata comunicata a motivo del mutuo, sia a don Gentile da Muralto, sia a Mosca Savinelli. Si sottomettevano al dover, in caso di inadempienza, sottostare alla scomunica per lui per l’abbadessa e per le suore e all’interdetto ecclesiastico per il monastero loro. Alla fine avrebbe ricevuto la quietanza e la liberazione del pagamento. Quanto avrebbe deciso il procuratore sarebbe stato stabilmente rispettato dal monastero, sotto ipoteca dei beni. Notaio pubblico Salimbene del signor Sinibaldo.
1287 aprile 19
Nel nome di Dio. Amen. Copia di una lettera. Bernardo di Assisi giudice generale nella Marca scrive per parte del monastero di S. Maria Maddalena di Matelica a Matteo di Attone Bonatti, a Benintenni Clementi, a Giacomo di Compagnone Bonatti, a Rainaldo Migliori, a Benvenuto di Compagnone Bonatti, a Giacomo di Ventura Bonatti, a Rainaldo Bonatti, a Benedetto di Accursio Paganelli, a Compagnone Petroceni e ai figli di Ugolino Accursi de Blanca di Matelica. Ho ricevuto l’esposto contro di loro che lavorano e coltivano alcuni terreni posseduti un tempo da Beretillo o dal signor Matteo del signor Sinibaldo di Matelica. Ora li possiede legittimamente il monastero di S. Maria Maddalena. Ordiniamo a ciascuno di voi, sotto pena ad arbitrio nostro e della curia che dovete pagare integralmente i frutti di tali terreni al monastero predetto. Se volete contrapporvi presentatevi entro tre giorni dal ricevimento di questa lettera alla nostra presenza per rispondere a quanto sopra esposto e aver giustizia. Altrimenti procederemo contro di voi. Data a Montolmo il giorno 19 aprile, indizione XV. Questa lettera di citazione fu notificata dal balivo della curia Gregorio, eccetto Matteo di Attone Bonatti ed i figli di Ugolino Accursi che per essere minorenni sono dispensati. Il balivo ne fece relazione al notaio pubblico Ventura Massei nel 1287 indizione XV, a tempo di sede romana vacante del pastore, il giorno 27 aprile a Matelica davanti alla casa del figlio di Rainaldo Cacciaconti alla presenza del testimoni Simone Severini, ser Vannetto, Salimbene, Giacomuccio di Rainaldi Bonatti.
1287 settembre 26
Nel nome di Dio. Amen. Nell’anno 1287, indizione XV, quando la chiesa romana era vacante del pastore, il giorno 26 settembre a Matelica nel monastero di S. Maria Maddalena erano presenti come testimoni mastro Percivalle un tempo da Cesena, Giovanni duo figlio e Verbuzio del signor Giacomo. Dopo riunito il capitolo di tale monastero donna Mattia abbadessa della donne del monastero stesso con la volontà unanime delle consorelle viventi in monastero, Agnese, Margarita, Isabetta, Cristina, Daniela, Lucia, Andrea, Catarina, Diotama, donna Cristiana, Giacomucci, Giovanna, Mattiola, Vittoria, Isaia, Alluminata ed altre monache e suore, stabilì come legittimi amministratori, procuratori, agenti, difensori e messaggeri speciali il signor Enrico da San Severino e Fra’ Giacomuccio converso dello stesso monastero per presentarsi di fronte al reverendo padre vescovo di Camerino don Rambotto e alla sua curia e di fronte ai giudici generali “temporali” della chiesa romana per le questioni vertenti tra il monastero da una parte e dall’altra parte i Frati di S. Agostino a motivo dei beni del signor Ma(tt)eo (o Masseo) del signor Sinibaldo e don Vitaliano Albrici. Essi hanno tutte le competenze giuridiche e quanto sarà da loro stabilito sarà valido per il monastero, sotto ipoteca. Notaio Leva di Bonagiunta da Matelica.
1287 dicembre 10
Nel nome di Dio. Amen. Nell’anno 1287, indizione XV, quando la chiesa romana era vacante del pastore, il giorno 10 dicembre, nel castello di Matelica nella chiesa di S. Maria Maddalena, sono presenti come testimoni richiesti: Giacomuccio di Accursio Altemilie, mastro (Ra)nallo Carsolino e Sune Vitale. Dopo riunito il capitolo del monastero delle donne di S. Maria Maddalena di Matelica assieme all’abbadessa Matelda fu espressa la volontà unanime dalle sue consorelle e dalle suore, dai frati e dai conversi presenti in capitolo, cioè Cristina, Agnese, Margarita, Cristiana, Andrea, Catarina, Diotama, Isabetta, Lucia, Daniela, donna Cristina, Alluminata, Giacobuccia, Amadea, Filippuccia, Agata, Cecilia, Giustina, Gidiuccia e di tutte le altre monache e suore viventi nel suo monastero e stabilirono insieme suore e frati concordemente che Frà Giacomo del signor Scagno e Fra’ Giacomuccio conversi del loro monastero e Annibale del signor Scagno di Camerino come amministratori, delegati, agenti, difensori, procuratori e messaggeri speciali per presentarsi a nome del convento e del monastero di fronte al reverendo don Rambotto, vescovo di Camerino, alla curia e all’uditore vicario come pure di fronte al ogni giudice “temporale”e spirituale per la causa con suor Francesca figlia del fu signor Burgarelli con tutte le competenze giuridiche, ritenendo stabile quanto decideranno, sotto ipoteca dei beni monastici. Notaio pubblico Tommaso Scagni.
1288 ottobre 22
Nel nome di Dio. Amen. Nell’anno 1288, indizione prima, a tempo del Papa Nicolò IV, il giorno venerdì 22 ottobre nel palazzo del comune di Matelica sono presenti come testimoni Francesco Attolini e Faccibene Marzari quando il giudice e vicario del comune di Matelica il signor Bonaccorso di Montecchio (ora Treia) fece precetto di bando per Iagnino di mastro Percivalle della Romandiola con pena di 100 soldi ravennati e anconetani allo scopo che abbia a completare la porta entro tre mesi che promise di fare a Giacomuccio del signor Finaguerra per conto del monastero di S. Maria Maddalena. Le ante della porta dovevano essere come quelle della porta del “luogo” (convento) dei Frati Minori di Morro. L’attuale amministratore del detto monastero Frà Giacomo darà il necessario per fare l’opera a Iagnino secondo l’atto scritto da mastro Rigo Servi e ciò su richiesta dello stesso amministratore. Inoltre il giudice Pancrazio incaricò Benvenuto Bellafonte a controllare che Ignino esegua quanto sopra espresso. Scrisse per ordine del giudice il notaio pubblico Monaldo Baculi.
1289 aprile 18
Nel nome di Dio. Amen. L’anno 1289, indizione seconda, a tempo del Papa Nicolò IV, il giorno 18 aprile nel palazzo del comune di Matelica sono presenti mastro Attone del signor Giacomo e Giliolo Casaio, testimoni.,quando il giudice e vicario del comune di matelica, il signor Giovanni Corradi da Foligno, in esecuzione del precetto fatto dal predecessore giudice di Matelica, signor Bonaccorso di Montecchio (ora Treia) fece precetto a Iagno (Iagnino) di mastro Percivalle per bando di cento soldi ravennati e anconetani con scadenza a metà maggio per portare a termine e perfezione la porta del monastero di S. Maria Maddalena secondo il contratto tra lo stesso Iagno (Iagnino) e l’incaricato del monastero Giacomuccio del signor Finaguerra, atto scritto dal notaio Rigo Servi. Ciò a richiesta dell’attuale amministratore del monastero Fra Giacomo. Il notaio pubblico Monaldo Baculi scrisse su mandato del giudice.
1290 febbraio 23
Copia di lettera Nicolò vescovo, servo dei servi di Dio, saluta il venerabile fratello vescovo di Pesaro con l’apostolica benedizione. Hanno presentato a noi querela l’abbadessa ed il convento di S. Maria Maddalena di Fano dell’ordine di S. Benedetto contro l’abate de Rotis e contro l’abbadessa di S. Maria Maddalena di Matelica dell’ordine predetto, diocesi di Camerino a motivo delle offese ricevute da loro riguardo ad alcune somme di denaro e ad altri beni terreni e possessi. Incarichiamo te, o fratello, con mandato apostolico di convocare le parti ed udire la causa, senza possibilità di appello, in modo da ultimarla e da far eseguire la sentenza che fari con censura ecclesiastica. Se i testimoni che saranno chiamati si ritirassero per timore o per odio, senza appello, con simile censura inducili a dar testimonianza veritiera. Data a Roma presso S. Maria maggiore il 24 febbraio del terzo anno del nostro pontificato. La lettera fu presentata al venerabile vescovo di Pesaro don Accursio nel palazzo del suo episcopato da don Benvenuto rettore della chiesa di S. Bartolo di Fano alla presenza dei testimoni Ugolino rettore della chiesa di S. Giovanni de Foldugo, Francesco sacrista della chiesa pesarese, Samperolo famiglio del sopradetto vescovo. Il rescritto pontificio era con bolla (sigillo) pendente recante le immagini di S. Pietro e Paolo, l’anno 1209 <=errore> > Notaio imperiale Gerardo di Federico Teutonico di Matelica.
1290 agosto 30
Nel nome di Dio. Amen. Nell’anno dalla natività 1290, indizione terza, a tempo del Papa Nicolò IV, il giorno 30 agosto il venerabile vescovo di Pesaro don Accursio incaricato di giudicare la causa del monastero di S. Maria Maddalena di Fano contro il monastero de Rotis e contro quello di S. Maria Maddalena di Matelica. Eran presenti i procuratori Ugolino rettore della chiesa di S. Giovanni dei figli di Ugone per l’abbadessa Giovanna di Fano da una parte dall’altra Offreduccio di Tomasso Bonagiunte di Matelica per l’abbadessa di Matelica. Il vescovo giudice assegna con la loro volontà la scadenza di otto giorni per presentare la risposta del monastero di Matelica. Erano presenti come testimoni Fra’ Grazia di Matelica, don Matteo di Rieti vicario del detto vescovo ed il signor Toma Florani di Matelica. Il giorno 8 settembre (domenica) di fronte allo stesso vescovo giudicante era presente il procuratore di S. Maria Maddalena di Fano, Ugolino e non era presente il procuratore di S. Maria Maddalena di Matelica. Offreduccio. Considerata la contumacia, mentre il procuratore avverso l’assegnazione dei beni chiesti, il vescovo, per essere equilibrato, prorogò la scadenza al lunedì prima dell’ora terza (mezzogiorno). Lunedì 9 settembre Offreduccio si presentò dichiarandosi pronto a sostenere le ragioni del monastero di Matelica che rappresentava per la giustizia. Eccone il contenuto dell’accusa. Di fronte a voi venerabile vescovo di Pesaro, giudice delegato dal Papa, il procuratore di S. Maria maddalena di Fano, Lunardello Ranieri di Pesaro agisce contro il procuratoredi S. Maria Maddalena di Matelica Offreduccio di Tomasso per riavere alcuni terreni qui elencati e l’abbadessa di Fano Giovanna portò con sé nel monastero di Acquaviva di Matelica quando vi fu presa come monaca. L’abbadessa di Fano poi ha preso (assunto) il monastero di Acquaviva con l’autorizzazione dell’abbadessa e delle consorelle di Acquaviva, ora vuole che le siano restituiti al monastero di S. Maria Maddalena di Fano con aggiunta i frutti e con risarcimento delle spese, salvi i suoi diritti. Si tratta di una vigna sita nel territorio di Matelica in località Subbiano a confine con la via, con i figli di Pietro Bize, e con altra via. Inoltre altra vigna nella stessa località a confine con la via, con Monaldo Bonomi da Pugito, con i figli di Tursolo, con Rubeo di Bone Benamate. Inoltre un campo in Casanova a confine con la via, con Salimbene Petri da Vinano e con Gualtiero. Il procuratore di S. Maria Maddalena di Matelica ricevette il testo dell’accusa. Il giudice don Accursio vescovo stabilì ai procuratori come scadenza per comparire con la risposta tra dieci giorni e se fosse giorno festivo, compaiano il giorno seguente, non festivo, ciò sotto minaccia di scomunica. Presenti come testimoni don Matteo vicario del predetto vescovo, e Bonacquisto da Matelica e altri. Notaio Gerardo Federici di Matelica figlio di Teutonico prima notaio imperiale ora notaio del vescovo di Pesaro.
1290 settembre 21, 26, 28; ottobre
Nel nome di Dio. Amen. Nell’anno 1290, indizione terza, a tempo del Papa Nicolò IV, il giorno 21 settembre di fronte al venerabile Accursio, vescovo di Pesaro e giudice delegato dal Papa per questa causa, si presentò Lonardello procuratore del monastero, dell’abbadessa e del convento di S. Maria Maddalena di Fano per agire contro l’abbadessa del monastero di S. Maria Maddalena di Matelica e chiese che si procedesse data la contumacia del procuratore matelicese con l’assegnazione dei beni richieti. Di seguiro il 26 settembre lo stesso procuratore Lonardello presentò questa richiesta: “Di fronte a voi venerabile Accursio vescovo di Pesaro e giudice delegato dal Papa per la causa tra i monastero di S. Maria Maddalena, quello di Fano con l’abbadessa Giovanna contro quello di Matelica, il procuratore Lonardello (come sopra) chiede che si pronunci la sentenza contro il monastero di Matelica perché dopo la scadenza perentoria è contumace ed i beni da lui richiesti vengano dati al monastero di Fano “. Di seguito il 28 settembre. Noi Accursio per grazia divina vescovo di Pesaro e giudice delegato nella causa vertente tra l’abbadessa e convento del monastero di S. Maria Maddalena di Fano da una parte e dall’altra parte l’abbadessa del monastero di S. Maria Maddalena di Matelica , dato il fatto che Offreduccio di Tomasso di Matelica procuratore del monastero matelicese, dopo l’ingiunzione a comparire non si è presentato né direttamente né tramite altro responsabile per rispondere alle richieste di Lonardello procuratore del monastero fanese, nonostante la scadenza stabilita e prorogata, noi dichiariamo contumace e perché non si avvantaggi della sua disobbedienza, con l’autorità ricevuta decretiamo che il predetto Lonardello sia messo in possesso dei beni, allo scopo di salvaguardarli e cioè di una vigna in territorio matelicese, località Subbiano, inoltre altra vigna nella stessa località, a confine con la via, con Monaldo Bonomi da Pusito, con i figli di Torsolo e con Rubeo (Rosso) di Bone Bonamate, inoltre di un campo in località Casanova di Matelica a confine con la via, con Salimbene di Pietro da Vinano e con Gualtiero, come beni rivendicati. Il procuratore Offreduccio viene condannato a pagare le spese fatte dal predetto Lonardello. Scritto nel chiostro dell’episcopato di Pesaro alla presenza dei testimoni don Matteo del signor Paolo Oddoni di Rieti, vicario del predetto vescovo, Federico di Cunte Galiani da Fano, piacentino cuoco del predetto vescovo e Guglielmo Cuntoli da Sersulta (Seratta). Il vescovo stabilì come esecutore don Matteo Vettorina da Matelica presbitero e rettore della chiesa di S. Donato di Monte Vetularum, diocesi di Pesaro. Il giorno 5 ottobre nel palazzo dell’episcopato di Pesaro alla presenza di don Matteo del signor Gentile da Matelica e di don Matteo da Rieti, vicario del predetto vescovo, fece relazione don Matteo di Matelica, rettore di S. Donato dicendo di aver dato possesso dei beni come da sentenza all’abbadessa del monastero di Fano Giovanna. Notaio imperiale e vescovile il matelicese Gerardo Federici figliolo del Teutonico.
1290 ottobre 2
Nel nome di Dio. Amen. Nell’anno 1290, indizione terza, a tempo del Papa Nicolò IV, il giorno 2 ottobre, nel distretto di Matelica e nei luoghi espressi di seguito erano presenti come testimoni il notaio mastro Francesco di mastro Pietro, il medico mastro Simone di Egidio e Guccio Francisci, quando don Matteo rettore della chiesa di S. Donato di Monte Vetulalum per mandato scritto di don Accursio, vescovo di Pesaro e giudice delegato, diede in tenuta e possesso materiale a donna Giovanna, abbadessa del monastero di S. Maria Maddalena di Fano, una vigna nel distretto di Matelica in località Subbiano a confine con la via, inoltre altra vigna nella stessa località a confine con la via, con Monaldo Bonomi da Pugito, con i figli di Torsello e con Rubeo (Rosso) BoneBenamate, inoltre un campo in località matelicese Casanova a confine con la via, con Salimbene di Pietro da Vinano e con Gentile Gualtieri, allo scopo di tutela. Ciò in rivalsa sul monastero delle donne di S. Maria Maddalena di Matelica. Il gesto della presa corporale di possesso era il toccare le zolle, i rami e simili. Inoltre come messaggero speciale del vescovo, giudice delegato, don Matteo predetto ordinò sotto pena di scomunica, di non molestare donna Giovanna per tali possessi. Notaio pubblico Monaldo Biaculi di Matelica.
1290 ottobre 7
Nel nome di Dio. Amen. L’anno 1290, indizione terza, a tempo del Papa Nicolò IV, il giorno 7 ottobre, nel palazzo dell’episcopato di Pesaro erano presenti come testimoni don Matteo Pauli Oddoni da Rieti, vicario del predetto vescovo, don Corrado arcidiacono di Pesaro e Bartolomeo di Vivitanova, quando Gratolo, della signora Altadonna di Matelica, come procuratore del monastero di S. Maria Maddalena di Matelica, presentò al venerabile vescovo di Pesaro don Accursio, delegato dal Papa, il seguente appello. “Di fronte a voi venerabile don Accursio (come sopra) io Gratolo di Altadonna procuratore del detto monastero e convento presento appello al Papa Nicolò IV, ed ai suoi uditori di camera contro la sentenza da voi emanata a danno del monastero di S. Maria Maddalena di Matelica ed a favore di Giovanna abbadessa come riferiscono del monastero di Fano con la consegna della vigna e della terra come scritto nella sentenza. E l’appello è dovuto al fatto che la stessa donna Giovanna rinunciò e disse alle donne dl monastero di Matelica, in particolare alla monaca donna Bartolomea che lei non voleva presentarsi in causa di fronte a voi vescovo delegato né personalmente né tramite procura per tale questione. Disse che non era necessario, non c’era pregiudizio per il monastero matelicese, a lei non necessitava. Inoltre c’è il fatto che donna Mattia, abbadessa matelicese, non poté presentarsi di fronte a voi entro il termine stabilito a causa della malattia e della infermità e per altre cause giuste e legittime e che si riserva di esporre a richiesta. Con il presente appello al Papa chiedo che no n si deve cambiare in nulla la situazione esistente. Il vescovo disse che l’appello non era ammissibile perché non presentabile per rispetto verso la sede apostolica. Notaio imperiale d vescovile il matelicese Gerardo di Federico.
1291 settembre 27, 29
Nel nome di Dio. Amen. Copia di lettera con sigillo di don Bernardo Ferrario vicario. Mastro Bernardo Ferrario, canonico di Val(enza) vicario generale nelle realtà spirituali della Marca di Ancona scrive alle donne, all’abbadessa ed al convento del monastero di S. Maria Maddalena di Matelica. Per parte dell’abbadessa e del convento del monastero di S. Maria Maddalena di Fano è stato presentato a noi l’esposto che lamenta molestie di agitazione e perturbazione per il possesso e per i frutti di alcuni terreni che dopo la vostra contumacia in giudizio hanno avuto in tutela. Con il presente precetto ordiniamo a voi di desistere da tali molestie, sotto pena di scomunica e lasciate libero possesso con raccolta dei frutti di tali terre al monastero di S. Maria di Fano. Se vi sentite danneggiate entro tre giorni presentatevi di fronte a noi che rappresentiamo il monastero di Fano, altrimenti procederemo secondo giustizia. Da Macerata 27 settembre, indizione IV. \\ Questa lettera fu presentata e data all’abbadessa di Matelica per mezzo di mastro Simone Egidi procuratore del predetto monastero di Fano, nell’anno 1291, indizione IV, a tempo di Papa Nicolò IV, nella chiesa del predetto monastero matelicese, il penultimo giorno di settembre dell’anno 1291, alla presenza dei testimoni Frà Enrico converso del monastero stesso e Albrinculo Acquistoli e Giovannuccio Benvenuti da Sefro. Notaio pubblico Monaldo Bizuculi da Matelica.
1292 febbraio 2 <1° atto>
Nel nome di Dio. Amen. L’anno 1292, indizione quinta, a tempo di Papa Nicolò IV, il giorno 2 febbraio, nel castello di Matelica, nella chiesa di S. Maria Maddalena, alla presenza dei testimoni richiesti Benenuzio di Tardo (Sintardo) Entendi, Salimbene Fulcarelli e Lenuccio (Lenutio) Venture si fece l’atto con cui Ivano del signor Scagno, amministratore del monastero di S. Maria Maddalena di Matelica a nome dell’abbadessa Mattia e del convento del monastero coma da mandato scritto del notaio Bonaventura diede in proprietà stabilmente a Petrono Rainaldi un terreno del monastero predetto sito in località Cretaiolo a confine con Petrono, con Loveno Aiudi, con la moglie e figli di Giamello detto Fantilino, e con i figli di Giacomo Vallorini (Valentini) e con la via, con le rispettive pertinenze e diritti. Tale cessione di terreno è dovuta al fatto che Petrono eseguì la muratura di una canna di muro della cinta e della chiesa del monastero, con materiale cementizio buono e sufficiente, senza porre questione alcuna e con ogni diritto senza rivarlse sotto penalità del doppio della stima del terreno e sotto ipoteca dei beni del monastero. Notaio pubblico Bonaventura di mastro Benvenuto.
1292 febbraio 2 <2° atto>
Nel nome di Dio. Amen. L’anno 1292 ,indizione V, a tempo del Papa Nicolò IV, il giorno 2 febbraio, nel castello di Matelica, nella chiesa del monastero di S. Maria Maddalena alla presenza dei testimoni richiesti Benvenuto di Sintaldo Entendi, Salimbene Fulcarelli e Levutio Venture si fece questa procura. Donna Mattia abbadessa del monastero di S. Maria Maddalena di Matelica con l’unanime volontà delle sue suore, di conversi e famigli suoi, cioè Giacoma, Isabetta, Daniela, Giovanna, Vittoria, Diotama, Filippuccia, Barbara, Eugenia, Isaia, Gidiuccia, Graziadidio, Agata, Cecilia, Giustina, Aurea, Aviadei, Tuttasante e frate Guido e frate Salimbene e di tutte le monache e conversi di comune accordo, stabilì come legittimo amministratore, agente, fattore, economo, rappresentante e nunzio speciale Ivano del signor Scagno con la facoltà di dare e cedere a nome del monastero, della chiesa e del suo convento, a Petrono Rainaldi Bone un loro terreno sito nel distretto di Matelica in località Cretaiolo a confine con lo stesso Petrono, con Levono Aiuti, con la moglie e figli di Giacomello de Fantolini, con i figli di Giacomo Valentini e con la via, come prezzo e compenso per una “canna” o pertica di muro necessario alla loro chiesa a completo pagamento. Garantiscono la stabilità della concessione sotto pena del valore doppio e sotto ipoteca dei beni monastici. Notaio pubblico Bonaventura di mastro Benvenuto.
1293 novembre 5
Nel nome di Dio. Amen. Nell’anno dalla natività 1293, indizione quinta, in tempo di sede romana vacante del pastore per la morte del Papa Nicolò IV, il giorno 5 novembre, davanti al castello di Matelica nella casa del sottoscritto notaio Corbo erano presenti come testimoni il signor Vitale Petriani, Giacopone di Venuto Gozi e Vitale di Petruccio Caposerra ed altri chiamati. Quando Benencasa di Pietro Brunelli dichiarò di aver ricevuto da Venuto di Venuto Petri Bone come dote per lo sposalizio contratto tra Bonencasa e Margherita figlia del predetto Venuto e futura moglie di Benencasa la somma di 45 libre ravennati e anconetane in denari contati e cento (100) soldi ravennati e anconetani in “robe” di tal valore stimato da comuni amici, con esclusione di inganno. Lo sposo Benencasa ricevendo per sé ed eredi tale somma si impegnava a restituire tale dote se il matrimonio si fosse dissolto o diviso per morte, divorzio o altre cause ragionevoli, inoltre se da loro non fossero procreati figli provenienti all’età legale di 25 anni. Il contratto valeva sotto penalità del valore doppio e come pegno lo sposo Benencasa vincolava tutti i suoi beni mobili ed immobili presenti e futuri, con tutto il loro fruttato, sino alla somma da risarcire per lo scioglimento del matrimonio e ciò nonostante qualsiasi legge civile o municipale in contrario, con risarcimento. Notaio pubblico Corbo del signor Giovanni.
1300 ottobre 27
(Copia di atto del notaio defunto Francesco Salimbene) Nel nome di Dio. Amen. Nell’anno 1300, indizione XIII, a tempo del Papa Bonifacio VIII fece testamento il giorno 27 ottobre Benentendi del fu Accurrimbona di Atto Simoni, sano di mente e di corpo. Lasciò pr la sua anima 5 soldi ravennati e anconetani da spendere secondo la legge canonica; lasciò 10 soldi per la sua sepoltura se meglio capiterà nel castello di Matelica. Lasciò 20 soldi da dare ai poveri venerabili del castello di Matelica. Lasciò per messe da cantare 18 soldi. Lasciò a ciascuna “incarcerata” del castello di Matelica sette ducati. Lasciò per la restituzione del maltolto 11 soldi. Per le decime della chiesa di S. Angelo de Ocrusi 5 soldi. Per l’anima della madre 15 soldi di cui 5 per maltolto, 5 per la fraternità dei chierici. Lasciò per i Frati di S. Francesco 2 soldi per una penitenza omessa. Lasciò a Tomaso Silvestri per danni due soldi. Lasciò a Bartolomeo di Attone Barunei 20 soldi in restituzione. Lasciò a Tintio Bartoli da Foligno 10 soldi avuti in prestito. Lasciò a Donna Benvenisa, moglie del fu Giovannuccio Mollari, 20 soldi che gli doveva rendere per un mutuo. Stabilì come suoi fideicommissari per dare tali somme Albricuccio e Bartolomeo. Lasciò sua moglie per la dote avuta 50 libre. Lasciò dei suoi beni a lei, oltre la dote, altre 10 libre e tutti i suoi panni di lino e di lana. Lasciò sua moglie Margherita usufruttuaria dei suoi beni con l’uso della sua abitazione finché vi vorrà stare onestamente insieme con i loro figli. Stabilì come erede universale la figlia Annesuccia con una riserva e cioè nel caso in cui sua moglie fosse incinta o partorisse un figlio maschio, in tale caso Annesuccia riceverà 60 libre, mentre l’eredità passerebbe al maschio. Se partorisse una femmina diventerebbe coerede alla pari. Nell’ipotesi di morte dei figli propri e senza eredi, o che siano ancora minorenni rispetto ai 25 anni, stabilì di lasciare cento soldi ad Albricuccio di Atto Castellane ed altrettanti a Bartolomeo di Attone Borunci e che diano per l’anima dei loro genitori dieci libre. Eredi degli altri beni sua nipote Lucia e la sorella Planca. Testamento scritto in casa del notaio (Francesco) alla presenza dei testimoni Albriculo di Attone Bulci, Matteo Pullie, Salimbene di Giovanni e Bonaventura Stuerini, Francesco Iacobi, Pietro Inistriani, Gicomuccio Silvestri. La copia del testamento è di mano del notaio pubblico Matteo di mastro Giunta per ordine del consiglio generale e speciale del comune di Matelica.
1301 marzo 24
Nel nome di Dio. Amen. Nell’anno 1301, indizione XIV, al tempo mdi Bonifacio VIII (Papa), il giorno 24 marzo, redatto a Matelica, nel monastero di S. Maria Maddalena mentre erano presenti Don Tomasso, cappellano della chiesa di S. Maria di Cerreto, Guarinuccio Coradi Guidarelli, converso del predetto monastero, come testimoni chiamati incaricati, domma Mattia abbadessa del monastero di S. Maria maddalena, assieme alle consorelle Isabetta, Graziadea, Mattiola, Eugenia, Bartolomea, Datadeo, mansueta, Simonetta, Vittoria, Filippuccia, Gera, Agata, Diotama, Lucia, Angelica, Cecilia, Isaia, Clavella, Margherita, Daniela suore e monache del monastero e del suo convento, tutto riunito al suono della campana, come d’uso, e senza alcun dissenso, la stessa donna abbadessa per licenza e volontà del convento assieme a loro deliberò, stabilì e ordinò Frà Iacopuccio come vero, legittimo sindaco, operatore, fattore e nunzio speciale del convento del monastero e dello stesso monastero allo scopo di prendere e ricevere dal “cameriere” (economo) del comune di Matelica o dal sindaco attuale o futuro di questo comune e da Buto di Tomasso o da altra persona che abbia specifica competenza, la quantità di denaro, o di “blado”, per intero o in parte come il monastero deve avere dal comune di Matelica o da persona interposta con la promessa per il comune di acquisire tale somma di denaro o “blado” in tutto o in parte e far quietanza, remissione e assolvere il “camerario” o il sindaco del comune e Buto di Tomasso e le altre persone tutte che debbono avere quietanza e solvenza del comune, per tutto quello che avrà ricevuto Fra’ Iacoputio (Iacopuccio) sindaco del monastero stesso e per tutto quanto egli riceverà a nome e per contro dello stesso monastero e del suo convento. La stessa donna abbadessa e tutto il convento dello stesso monastero, senza alcun dissenso, promisero che tutto quanto sarà fatto, detto, messo in quietanza, realizzato nelle cose e per qualsiasi motivo predetto, sarebbe stato considerato in perpetuo e tenuto per sempre e non verrebbe contraddetto, né si agirà contro, sotto obbligazione e pena dei beni e delle cose dello stesso monastero e del suo convento, con l’impegno di dare e pagare la pena ogni qualvolta si avrà a contravvenire o agire in contrario e di rimborsare danni e spese. Io notaio Ventura di Masseo, presente a tutto quanto sopra scritto, a richiesta scrissi e pubblicai.
1311 gennaio 29
Nel nome di Dio. Amen. L’anno 1311, indizione nona, a tempo del Papa Clemente V, il giorno 29 gennaio, nella chiesa del monastero di S. Maria Maddalena di Matelica della diocesi di Camerino alla presenza dei testimoni richiesti Nuccio Nalli di donna Savia, Francesco e Nuccio Salimbeni di Atto da Monte Milone ora abitante della terra di Matelica si fece questa procura. La nobile donna e signora Mattia abbadessa del monastero di S. Maria Maddalena di Matelica della diocesi di Camerino insieme con Francesca, Mattiola, donna Alcegrima, Barbara, Filippuccia, Cecilia, Eugenia, Tuttasanta, Isaia, Manfreduccia, Gera, Agata, Marta, Lucia, Tomassuccia, Sperandio, Rosa, Zutia, Mita, Agnese, Angelica, Giacomuccia e Bartolomea, tutte monache del suo monastero da lei riunite e di concorde volontà stabilirono come loro veri, legittimi amministratori, rappresentanti, agenti, fattori e messaggeri speciali con pari potere il nobile Guarinuccio Guarini e Fra’ Giacobuccio e con facoltà di ciascuno a posto dell’altro e ciò per presentarsi di fronte al venerabile padre e vescovo di Camerino don Berardo per porre appello al Papa o alla curia romana contro la lettera di precetto fatta recentemente dallo stesso vescovo o dai suoi officiali. Ai procuratori è data ogni facoltà con ipoteca dei beni monastici. Notaio pubblico Nallo Zoni.
1312 luglio 8
Nel nome di Dio. Amen. Nell’anno 1312 indizione decima, a tempo del Papa Clemente V il giorno 8 luglio, a Matelica nella chiesa del monastero di S. Maria Maddalena erano presenti come testimoni Giovannuccio Simonetti e Atto Giunte da Fabriano quando il signor Pace Mattioli da Matelica in qualità di rappresentante (procuratore) incaricato da don Giacomo Bicceri, cappellano e rettore della chiesa di S. Salvatore di Valle Acorani del distretto di Matelica, rilasciava ricevuta e quietanza del pagamento di 40 libre come prezzo del metallo di una campana rotta, 100 soldi ravennati e anconetani, denaro contato, senza altro da avere da donna Mattia, abbadessa del monastero e del suo convento di S. Maria Maddalena. Se il procuratore Pace avesse fatto rivalsa c’era per lui la penalità di 25 libre. Notaio pubblico Francesco di mastro Matteo di Matelica.
1325 – 1399 Non segnalati nel Quaderni ASAF 1998 n. 26
1325 ottobre 20
<1° atto> \\ Nel nome di Dio. Amen. Nell’anno 1325, indizione ottava a tempo del Papa Giovanni XXII, il giorno 20 ottobre, a Matelica nella chiesa del monastero di S. Maria Maddalena sono presenti come testimoni richiesti: Giovannuccio Simonetti, Mattiolo di Nicola Ugolini, Venanzo Verluzi e Cicco di Benencasa Brunelli quando donna Allorita, figlia del fu Salimbene Compagnoni, vedova di Gianni di Bartolomeo Ammoniti di Matelica, in piena serenità e libertà, spontaneamente e irrevocabilmente fece donazione per amore di Dio onnipotente e di sua madre la Vergine Maria e della beata Maria Maddalena per la sua anima ed in remissione dei peccati di lei e dei genitori, alla nobile donna signora Francesca degnissima abbadessa del monastero di S. Maria Maddalena, che accettò a nome del capitolo del monastero e del suo convento, la dote di Allorita, cioè due terreni siti nel distretto di Matelica in contrada Caprosiani. Il primo appezzamento confinava con la via, con i figli di Vegnazio del signor Martino, con Bartolomeo Billi, con i figli di Benenante Gregogi e con Guido Micheli. Il secondo appezzamento confinava con la via, con i figli di Benenente Gregori di Benenente Dentaguide e nipoti, con Bartolomeo Billi, e con i figli di Vegnazio del signor Martino. Le dava ed assegnava anche ogni diritto, ragione ed uso sui beni del defunto marito Giovanni comprese 111 (centoundici) libre di eredità che riceveva come dote. Le donava anche l’eredità paterna che le spettava da Salimbene suo defunto genitore e parimenti l’eredità materna della defunta genitrice Guarnita, in ogni miglior modo di diritto. Faceva di tutto una donazione stabile, senza possibilità di rivalse, sotto penalità del doppio del valore. Per le sue necessità faceva riserva come vitalizio di tenere 100 libre ed anche la terza parte di tutti i frutti provenienti dai predetti terreni. A maggior sicurezza faceva il solenne giuramento toccando i Vangeli. Notaio pubblico imperiale Benenuzio Ugolinucci da Matelica.
1325 ottobre 20 <2° atto>
Nel nome di Dio. Amen. L’anno 1325, indizione ottava, a tempo del Papa Giovanni XXII, il giorno 20 ottobre, a Matelica, nella chiesa del monastero di S. Maria Maddalena, cono presenti, come testimoni richiesti Giovannuccio Simonetti, Mattiolo di Nicola Ugole, Venanzio Verliuzi e Cicco di Benencasa Brunelli, quando la signora Allorita, figlia del fu Salimbene Compagnoni, e vedova del defunto Gianni di Bartolomeo Ammoniti di Matelica, di fronte alla nobile e religiosa donna signora Grancesca degnissima abbadessa del monastero di S, Maria Maddalena di Matelica della diocesi di Camerino dopo aver fatto donazione e consegna dei suoi beni e della sua dote alla abbadessa che li ricevette a nome del capitolo del monastero del suo convento come risulta scritto dallo stesso notaio Bentenuzio, volle liberamente divenire monaca non per dolore o timore, ma per consapevole e spontanea volontà meditando nel suo cuore e pensando a Dio onnipotente , alla sua madre la Vergine Maria ed alla beata Maria Maddalena. Volle “militare” nel monastero di S. Maria Maddalena di Matelica con abito monacale. Si presentò di fronte all’abbadessa predetta con le mani giunte chiedendo all’abbadessa che si degnasse di riceverla e di accettarla monca del detto monastero. E l’abbadessa non volendo resistere a tanto bene l’accolse monaca del detto monastero a pane e acqua per farla partecipe dei beni di esso. Allorita promise all’abbadessa di mantenere obbedienza e la riverenza, la povertà e la castità e inoltre diede sé stessa Allorita al monastero di S. Maria Maddalena e all’abbadessa che la riceve e fa con lei il patto a nome del capitolo del monastero e del suo convento. Promette di mantenere stabilmente tali offerta e dedizione solenne. Anche Allorita che era maggiore di 30 anni promise di mantenere irrevocabilmente nel suo cuore rinunciando al tempo di indulto di un anno di diritto e ragione di probandato e l’abbadessa accolse tale rinuncia e accettò di non farle fare l’anno di probandato per accertare (provare) i suoi comportamenti.Allorita si impegnò con giuramento toccando le sacre scritture per maggiore fermezza di vincolo. Notaio pubblico imperiale Bentenuzio Ugolinucci di Matelica.
1331 febbraio 28
Nel nome di Dio. Amen. Anno 1331, indizione XIV, a tempo di Papa Giovanni XXII, l’ultimo giorno di febbraio, L’imperiale notaio Atto di Giovanni redige l’atto nel balcone davanti alla porta del palazzo del monastero di S. Maria Maddalena, alla presenza dei seguenti testimoni: Nantulo Blanchi, frate Guido converso del predetto monastero, Matteo Vissani, Venanzo di Giovanni Marchi e Venanzo Verliuti, richiesti e chiamati per l’atto. La nobile e religiosa donna Francesca abbadessa del monastero di S. Maria Maddalena di Matelica, a nome suo, a nome del monastero ed anche delle consorelle e monache dello stesso monastero, diede in locazione e conduzione a nolo o a pensione o a cottimo una parte del terreno monastico a Cola di mastro Matteo Raineri, terreno posto in contrada delle Rote, vicino al fiume Gino e al possedimento dello stesso monastero, ai piedi dell’Isoletta che è in tale possedimento. Cola, per contratto fatto per mano del notaio Hentendutio Verlinucci tiene ed usa i mulini del comune di Matelica insieme con altri suoi soci e cottimisti e per tutto il tempo che dura tale uso viene autorizzato dal monastero di S. Maria Maddalena a porre, costruire la chiusa, all’inizio mo capo del vallato, per far passare l’acqua nella chiusa e vallato e facilmente portarla ai mulini che un tempo furono dello stesso monastero e ciò al prezzo di nolo o pensione (affitto del terreno) di nove libre di moneta in uso che vengono pagate direttamente di fronte al notaio con l’impegno di non addurre pretesti contro l’avvenuto pagamento né contro l’utilizzazione del terreno concesso per la chiusa o vallato, sotto penalità per il monastero con i suoi beni. Anche l’affittuario Cola è sottoposto alla penalità nel caso che alla scadenza del contratto rifiutasse di rilasciare e restituire libero e vuoto il terreno concessogli o facesse lite, penalità di 25 (venticinque) libre con ulteriore rimborso di spese per danni o cause.
1332 giugno 15
Fra’ Guglielmo priore generale dei Frati Eremitani dell’Ordine di S. Agostino scrive alla grande nobiltà, onorata prosapia della religiosa donna Francesca, abbadessa del monastero di S. Maria Maddalena di Matelica ed a tutte le sue consorelle monache. Salute e preghiere nel Signore. Per effetto di pia devozione che avete verso il nostro Ordine, come informato dalla veridica relazione dei nostri frati, volendo con grato ricambio corrispondervi nelle cose spirituali in forza del presente documento rendo alla pari partecipi voi tutte, le anime dei vostri genitori e di tutti i defunti della vostra casa, di tutte le messe , le preghiere, le indulgenze, le predicazioni, i digiuni, le veglie, le astinenze, i lavori e degli altri beni che la benignità del Salvatore si degnerà praticare per mezzo dei frati di tutto il nostro Ordine. Aggiungo la speciale grazia per cui quando nel nostro capitolo generale si darà notizia della morte di qualcuna di voi, avverrà per voi quel che è solito avvenire in comune per i nostri frati defunti. A testimonianza faccio apporre al presente atto il sigillo della nostra confraternita. Da Venezia 15 giugno 1332, nel capitolo ivi celebrato.
1335 aprile 17
Nel nome di Dio. Amen. Anno del Signore 1335, indizione quarta, a tempo di Papa Benedetto XII, il 17 aprile, il notaio redige l’atto a Recanati, davanti al banco della giustizia nella sala della curia generale, alla presenza di mastro Giovanni Guglielmi da Piacenza, mastro Benvenuto da Penne e Nicoluccio di Andrea Miliazi da Macerata, notaio del banco dei testimoni civili. Mastro Florano Mattei di Apiro stabilì legittimamente e comandò mastro Andreuccio Corraduzi di Osimo presente e accettante come vero rappresentante, agente, promotore e messaggero speciale o come validamente si riconosce nel diritto, per la difesa e azione civile e penale nella causa che ha e spera di avere con il comune, comunità e abitanti di Montecchio (ora Treia) e in generale con qualsiasi altra persona ecclesiastica e secolare presso la curia del signor Marchese e dei suoi ufficiali, in qualunque altra curia temporale o spirituale per tutti gli atti di competenza giudiziaria come vengono praticati (se ne elencano vari) con l’autorizzazione a stabilire e sostituire uno o più rappresentanti legali ed a fare o far fare ad altri ogni atto utile e opportuno, dando ad altri il suo potere e la facoltà di agire a nome suo. Mastro Florano si obbliga a tutto ciò con l’ipoteca dei suoi beni, facendo promessa di fronte al notaio. Notaio imperiale Andrea Filippucci da Montecchio, rogante il pubblico atto.
1335 settembre 14
(Testo trovato nei regesti Vogel – Biblioteca Benedettucci 5cII-5 atto n°935)
Nella chiesa del monastero di S. Maria Maddalena sono presenti i testimoni Cicco Casuzi Bencase. Muzio Corraducci Arnalli. Il proprietario Corrado Mattei Rinaldi fa atto di vendita a frate Guido converso e sindaco del monastero di S. Maria Maddalena per cedere il terreno con bosco e piante nel Monte Gemmi In contrada Canavine a confine con la via, con il fossato e con i beni di Corraduccio Mattei Petri ricevendo il pagamento di soldi venti. Notaio è Guarda Iuani.
1336 agosto 26
Nell’anno del Signore 1336, indizione quarta, il 26 agosto a tempo del Papa Benedetto XII, il notaio redige l’anno nella città di Macerata, nella piazza della città, davanti alla casa di Nicola da Matelica, alla presenza dei mastri Francesco Attuzi e Alessandruccio di mastro Alessandro maceratese, in base al mandato concesso a mastro Florano Mattei con atto del notaio Andrea Filippuzi da Montecchio di stabilire uno o più rappresentanti legali suoi sostituti, il rappresentante Androzio Corraducci a nome dello stesso mastro Florano stabilì come sostituto rappresentante ser Angelo Franceschi da Monte Rubbiano presente e accettante, con tutte le facoltà e poteri di chi sostituisce. Notaio Nicoletto Iacobini Benvenuti da Ripatransone.
1345 febbraio 19 – 26
Nel nome di Dio. Amen. Nell’anno del Signore 1345, indizione XIII, a tempo di Papa Clemente VI, il giorno 19 del mese di febbraio, Luzio Ugollini da Matelica comparve e si presentò personalmente di fronte al sapiente e prudentissimo uomo signor Cataldo del signor Compagni, giudice delle cause civili del comune di Visso sedente in tribunale nel palazzo vecchio di detto comune, per detto giorno, alla presenza di Riscio Car(isscii)….. da Visso, testimoni. Il giorno 20 dello stesso mese di febbraio, di fronte al giudice………. Luzio scomparve, erano testimoni lo stesso Riscio e vanne Cambi. Il giorno 21, stesse mese, Luzio comparve di fronte al sapiente e prudente uomo signor Giovanni da Amatrice vicario del podestà del comune di Visso, in tribunale nel palazzo vecchio del comune, al banco di giustizia alla presenza di Riscio Carisci e di Cicco Pucci testimoni. Il giorno 22, stesso mese, comparve parimenti Luzio di fronte al predetto signor Giovanni, alla presenza dei testimoni Paolo e Mancino familiare del vicario stesso.
Il giorno 23 dello stesso mese, comparve ancora Luzio di fronte al vicario, alla presenza dei testimoni ser Matteo notaio dei malefici e Nallo Petrucci da Visso.
Il giorno 24 (seguente) Luzio era di fronte al giudice Cataldo alla presenza dei testimoni Apizarello di Cecco e cecco Tome da Visso. Il giorno 25 di febbraio, Luzio di fronte al giudice Cataldo alla presenza dei testimoni Cecco di Petro (Banliore) e Nallo Cambi da Visso.
1348 agosto 4
Nel nome di Dio. Amen. Nell’anno 1348, indizione prima, al tempo del Papa ,Clemente VI. Testamento di Lucetta Ranucci che lasciava 10 soldi per la sua anima; lasciava da distribuire a clero e poveri e per la cera 15 libre ed altre 35 libre per eventuale maltolto e per cose incerte. Lasciava 100 vestiti e 100 libre per i poveri. Lasciava 15 libre per far celebrare mille messe per la sua anima. Lasciava per un calice d’oro 18 libre al luogo o convento di S. Francesco (di Matelica) e al luogo di S. Francesco di Osimo lasciava un duplice assieme di panni. Lasciava un legato di 100 libre alla sorella Catarina ed altrettante alla sorella Guarnita.. Stabiliva come esecutori testamentari il fratello Guido, la sorella Catarina e frate Gualfredo Levucci. Lasciava 40 soldi alla monaca Vannetta in S. Maria Maddalena. Lasciava 25 libre a Giacomo del signor Lippatio, avendole ricevute dalla moglie dello stesso Lippatio. Stabiliva per ogni altro suo bene come eredi i fratelli Corrado e Guido. Il testamento era scritto dal notaio Hentenducio Ugolinucci il giorno 4 agosto 1348 in casa dei figli di Ranuccio Burgarutii alla presenza dei testimoni Nuccio Ugolinucci, Cicco di Pietro Cagni, Antonio Francissi, Vannuccio Vanni, Marino Cicchi, del balestriere Bartolomuccio di Giovanni, Angelo Vannucci e Marino Giacometti. Lasciava anche tutti i suoi panni per coperture di altari al luogo di S. Francesco di Matelica. \\ Il 15 maggio 1350 il testamento veniva trascritto in copia fedele dal notaio Nisio Massi su autorizzazione del giudice della terra di Matelica signor Matteo da Fabriano, uomo prudente, e per decisione pubblica del rispettabile podestà di Matelica, nobile uomo Feltranino da Cingoli, alla presenza dei testimoni Angelo Benentendi Mattioli e Angeluccio di Pietro Levuccio, nel palazzo del comune di Matelica.
1348
(lacerazione all’inizio) Nell’ultima volontà testamentaria di Nallo, tra gli altri legati o lasciti da soddisfare, era scritto che una casa sua fosse venduta per amore di Dio ed a vantaggio dell’anima sua e di quelle dei genitori. Ma l’esecuzione di tale lascito non è avvenuta nel tempo stabilito dalla legge per cui interviene l’esecutore testamentario demandato dal vescovo Francesco di Camerino come suo vicario, per essere Nallo della sua Diocesi. Don Ilario è il vicario vescovile nella terra di Matelica. La casa da vendere è sita nel borgo di S. Maria Maddalena di Matelica a confine con la via, con i beni degli eredi di Guiduccio Guadagni, degli eredi di Cicco Mattioli Ugolini, di Bertoluzio Mattei. E viene venduta con tutte le sue pertinenze al prezzo di 6 fiorini di oro puro e ben pesato. L’acquirente è Catalina (=Catarina). Nella vendita il vicario agisce a nome di Lippa e degli eredi di lei. Si pattuisce di non sollevare controversie, sotto penalità. In ogni caso le eventuali liti sarebbero state ricevute dal vicario don Ilario a sue esclusive spese, liberandone l’acquirente, sotto pena del doppio del predetto prezzo. La consegna della casa viene fatta nelle mani della moglie (di Matteo Petri) Lippa e di Catalina. Notaio Nisio Massi da Matelica d’autorità imperiale. In fine è aggiunto che il giorno 11 settembre Lippa ebbe a far produrre e presentare questo documento di fronte al signor Angelo di Sassoferrato, giudice della terra di Matelica per mezzo del podestà di Matelica, il nobiluomo Nunzio Corraducci.
1348
(Dopo un precedente atto stracciato di cui restano poche parole tra le quali compare il nome di Lippa che giura di difendere la giustizia, è posto il sigillo notarile con scitta la lettera “A” cui fa seguito il seguente atto. \\\……….di fronte a voi, sapiente uomo signor Angelo da Sassoferrato, giudice e assessore della terra di Matelica, sono espresse le posizioni giudiziarie di Lippa, vedova di Pietro Matteucci con il suo rappresentante legale Guiduccio Angeli contro Pietro Mancati con cui è in lite per comprovare i suoi diritti.
1 = Nallo Mancati Savarelli nell’anno del Signore 1318, mese di Agosto, quando era malato e in fin di vita, prima che morisse, diede disposizione di ultima volontà dei suoi beni e tra le altre cose stabilì e volle che la sua casa sita a Matelica a confine con Cicco Nicole e Guiduccio Guadagni e altri, fosse venduta ed il ricavato fosse dato in elemosina per amore di Dio a vantaggio dell’anima sua e di quelle dei geniitori. \2\ = Nallo nella sua ultima volontà stabilì suoi eredi Andriolo e Pietro suoi fratelli. \3\ = Nallo morì senza altra volontà testamentaria. \4\ = Andriolo e Pietro misero mano sull’eredità. \5\ = Don Ilano (o Ilario), vicario a Matelica, del vescovo di Camerino Francesco, in esecuzione della volontà di Nallo (riguardante la casa) la vendette a Lippa al prezzo di 6 fiorini. \6 \ = Don Ilano (o Ilario) ricevette tale somma da Lippa. \7\ = Si fece l’atto di vendita, prezzo e pagamento per mano del notaio Nisio Massi. \8\ = Don Ilario è ufficialmente vicario del vescovo predetto, nella terra di Matelica. \9\ = Nisio notaio esercitava ed esercita tale arte notarile nella terra di Matelica. \10\ = Tali fatti sono conosciuti e noti. Di conseguenza Lippa si riserva di provare quanto è sufficiente e presenta come testimoni: Cicco Giovannucci Petri, Vagnarello Mattioli, Vanne Petrachi, Vanne di Cicco Mattei, Massio Turelli, Andriolo Mancati, Pietro mancati, Bastiano Generade, Attuzio di Francesco Atti, Antonio Francissi, Carluccio Puzi, Lippo Alessandri. Nello stesso luogo il giorno 11 settembre, alla presenza dei testimoni predetti, il banditore (balivo) pubblico del comune di Matelica, su istanza di Lippa e del suo rappresentante Guiduccio fece relazione al notaio e al sopra detto vicario di aver fatto ieri sera la citazione e richiesta la comparsa dei testimoni sopra detti convocandoli per l’ora terza di oggi di fronte al detto giudice per testimoniare riguardo alle predette posizioni di causa mossa dal procuratore di Lippa contro il predetto Pietro. Riferisce inoltre al giudice e al notaio di aver ieri sera convocato Pietro (Ma)nchati (!) per oggi, prima dell’ora terza, per rispondere alle predette posizioni e assistere al giuramento dei testimoni, altrimenti, nonostante la sua assenza il giudice farà giurare validamente i testimoni. Lo stesso giorno, per la stessa causa, il procuratore di Lippa chiese al giudice di far giurare i testimoni convenuti e di esaminarli. Per quelli non venuti che fossero costretti a venire. Il giudice sedendo al tribunale diede ordine e mandato al balivo Cicco di andare nelle abitazioni di tali testi comandando che comparissero sotto pena di 10 soldi ciascuno di fronte allo stesso giudice e la pena fosse eseguita. Lo stesso giorno per la stessa causa tutti i testimoni vennero di fronte al giudice e fecero il giuramento sul Vangelo, toccando personalmente le scritture di dichiarare la verità, per ciascuna delle due parti in causa senza timori né interesse alcuno. Lo stesso giorno, per la stessa causa, l’accusato Pietro prestò lo stesso giuramento di fronte al giudice promettendo di dire la verità alle domande del procuratore di Lippa su quanto crede o non crede (delle posizioni espresse).
1352 aprile 15.
Nel nome di Dio. Amen. Nell’anno del Signore 1352, indizione V, a tempo del Papa Clemente VI, il giorno 15 aprile fu scritto questo atto alla presenza dei testimoni richiesti Colucci Cichi Damiani, Filippuccio Attucci da Matelica e Attuzio d’Albacina. Il monastero di S. Maria Maddalena di Matelica riconoscendosi oberato da debiti soprattutto per la ricostruzione della chiesa di S. Maria Maddalena e delle case del monastero e per l’acquisto di un terreno al prezzo di 26 fiorini da Francesco Pucciarelli canonico di Matelica e dalla madre di lui, con rogito del notaio Antonio Angelucci, terreno sito in Matelica in contrada fiume Gino, presso lo stesso fiume, a confine con altro terreno di proprietà del monastero, con il vallato dei mulini del comune matelicese e con altri. La reverenda e religiosa donna Catarina Ranucci Borgaruti da Matelica assieme con le monache riunite in capitolo decide di soddisfare i debiti con una vendita e con una permuta. Autorizza l’amministratore del monastero a vendere due terreni del monastero siti a Matelica, un terreno sito in contrada Selva Stefani, a confine il il terreno di S. Angelo, con il fossato, con Flodovino di Grazia e moglie, l’altro terreno sito in contrada Piano del Ponte Exbarre, a confine con la via, con i beni dello stesso monastero e con Petrarello Mattioli. Il prezzo verrà concordato dall’amministratore. La permuta di terreno era con Vagnarello Cichi Vegnati da Matelica a cui il monastero dava il terreno sito in contrada Caprasuani, a confine con la via, con Matteo Gentilucci e con il terreno del monastero de Rotis. In cambio il monastero di S. Maria Maddalena riceveva da Vagnarello un terreno sito in contrada Fornaci a confine con la via e con il terreno di questo monastero ed inoltre il terreno sito in contrada Casareno, a confine con le via, con i beni di Natale Atti e di Cagnutio Benenati. Le monache con cui si celebrava il capitolo erano le suore Datadeo Corraducci, suor Cristina Ugolinucci, suor Monacella, suor Santa, suor Lucia, suor Tomassuccia, suor Catutia, suor Cicca, suor Zutia, tutte monache di esso monastero assieme con la signora abbadessa donna Catarina. Esse scelsero ed autorizzarono come loro rappresentante legale, amministratore, agente, messaggero e promotore il signor Angeluccio Petri Lenucci da Matelica, uomo prudente, incaricandolo di ottenere dal vescovo don Francesco di Camerino la necessaria autorizzazione alla vendita ed alla permuta dei terreni poco fertili in cambio di altri migliori, tenuto conto inoltre dei debiti che non si potevano soddisfare in mancanza di denaro, con l’impegno di rispettare ogni contratto sotto penalità e ipoteca dei beni del monastero. Notaio Giovanni Ziuti di mastro Corbo da Matelica.
1355 ottobre 18
Nel nome di Dio. Amen. Nell’anno 1355, indizione VIII, a tempo del Papa Innocenzo, il giorno 18 ottobre fu scritto l’atto nel castello di S. Anatolia, sulla pubblica Via, davanti alla chiesa dei SS. Giovanni e Andrea, alla presenza dei testimoni richiesti Guadagno Bartolucci Montellioni da Fabriano, abitante a Sant’Anatolia, Matteo Bartolucci Nicola, Angeluccio Francisci Massarie da Sant’Anatolia ed altri. Lucio Ugolini Salimbene da Matelica, abitante a Sant’Anatolia, rappresentante legale di donna Annesuccia del signor Ghisleri da Matelica e moglie di Girardino Zuzi da Matelica, per la procura conferitagli con atto scritto del notaio Paolo Zuzi Attoni da Camerino e con il consenso del marito della stessa Annesuccia, vende e consegna a Matteo soprannominato Funario da Matelica un terreno sito in Matelica, località Fredarie a confine con il fossato, con i beni di Morico Latinuccie. Il prezzo pagato di fronte al notaio erano dodici fiorini e mezzo, con rinuncia ad ogni lite. Notaio Matteo Ennati da Matelica.
1363 marzo 6
Nel nome di Dio. Amen. Nell’anno 1363, indizione prima, a tempo del Papa Urbano V. Il 6 marzo si fece l’atto nel distretto di Sant’Anatolia in località “Sferza”, nella terra del monastero di S. Angelo infra hostia esistente in tale località, presso il fiume Gino, alla presenza dei testimoni richiesti: Albrico Lippi Alessandri da Matelica, Vanne Rigucci e Bartolomeo Benenati da Sant’Anatolia. Il monastero di S. Angelo predetto, con il suo abate signor Frà Antonio, ha fatto molte spese soprattutto per cause presso la curia romana e presso la curia del legato papale don Egidii Sabbioni, per conferme, privilegi e strutture. Mancando soldi sufficienti il capitolo dello stesso monastero decide di vendere un terreno sito a Matelica, in contrada “Serre” a confine con la via vicinale, con i beni degli eredi Morichetto Pucci, del monastero di S. Margherita, con gli eredi di Cola Petrucci Beccari. L’amministratore e rappresentante don Damiano Bartolucci da Sant’Anatolia è stato nominato dallo stesso monastero con rogito del notaio Vita Francisci da Sant’Anatolia e con il potere conferitogli fece l’atto di vendita, consenzienti i signori Fra Antonio in qualità di abate, Frà Andriolo di mastro Nucci, monaco. L’acquirente era Cola Cagni Martini da Matelica che paga la somma richiesta di sei fiorini d’oro alla presenza del notaio Atto Francissi. La vendita registrata da questo notaio è stata trascritta in copia notarile, da Nofrio Santucci Sebastiani di Matelica su autorizzazione pubblica di Giovanni Guiducci, Coluccio Francucci, priori della terra di Matelica, a tempo del Papa Bonifacio IX, con i testimoni Angelo Paoli Amatucci e Vanne Ramondacci e con l’ascolto del notaio ser Giovanni di ser Nisio il 12 gennaio 1392.
1363 maggio 24
Fra’ Giovanni da Monte Santa Maria in Georgio, vicario generale nel capitolo della provincia della Marca anconetana, dell’Ordine dei Frati Eremitani di S. Agostino, alle carissime devote: a donna Catarina abbadessa del monastero di S. Maria Maddalena di Matelica ed alle altre monache del monastero, salute e preghiere nel Signore Gesù Cristo. Per l’affetto di pia devozione che avete verso il nostro Ordine, come sono informato dalla veridica relazione dei nostri frati, volendovi corrispondersi con grato ricambio nelle cose spirituali, in forza del presente documento rendo alla pari partecipi voi tutte e le anime di tutte le persone della casa della sopradetta Catarina (dei meriti) di tutte le messe, preghiere, indulgenze, predicazioni, digiuni, veglie, astinenze, lavori e degli altri beni che la benignità del Salvatore si degnerà praticare per mezzo dei frati della nostra provincia. Aggiungo la speciale grazia con cui quando nel nostro capitolo provinciale si darà notizia della morte di qualcuna di voi, avverrà per voi quel che è solito avvenire in comune per i nostri frati defunti. A testimonianza faccio appendere al presente documento il sigillo della nostra provincia. Dato a Ripatransone dell’anno del Signore 1363 giorno 24 del mese di maggio.
1367 gennaio 14
L’anno 1367, gennaio 14, a tempo di Papa Urbano V, indizione V, a Matelica, nella chiesa di S. Maria Nova fuori Porta Vecchia, alla presenza di Andrea Entenuti, di Angeluccio di Bartoluccio da Matelica e di Frà Bartolino Giovannuzi da San Severino, converso del monastero di S. Margherita, viene riunito il capitolo ed il collegio della chiesa di S. Maria Nova dell’Ordine di S. Benedetto, Ordine del monastero di Montefano di Fabriano, per convocazione fattane dal priore e maggiore Frà Marco Sopranzi da Cingoli il quale assieme con Frà Nicola Vivoli da Serra San Quirico, Frà Matteo Gentili da Belforte, Frà Nicola Santoni da Cingoli, frati del predetto ordine, danno il mandato di sindaco e procuratore ad Accomandutio Stefani da Matelica per vendere, ricevere il prezzo e consegnare in proprietà agli acquirenti una casa con orto e i beni che furono di Fra’ Biagio Grazie da Matelica, un tempo frate di tale chiesa. La casa in vendita è sita a Matelica nel borgo di S. Maria Maddalena, vicino alla via, a Verduzia Entenuti, ai figli di Paolo Venturelli. Notaio Giovanni Guiduzi Angeli.
1375 giugno 21
Nel nome di Dio. Amen. Nell’anno del Signore 1375, indizione 13, a tempo del Papa Gregorio XI, il giorno 21 di giugno, si redige l’atto a Matelica nel monaastero di S. Maria Maddalena, a confine per due lati con il muro del comune, alla presenza di Mattiolo Bonanni, Antonio (Nupro) Iacobi e lucio Ranni Andrioli da Matelica, testimoni richiesti. Fa donazione Mattiolo Petri Massarie matelicese, di sua spontanea e libera volontà dona per i molti servizi e favori ricevuti alla badessa, nobile donna Catarina Rainucci del monastero di S. Maria Maddalena di Matelica un pezzo di terreno con vigna e campi nel distretto di Matelica in contrada Ponte Exbarre a confine per due lati con le vie, e con il fosso del comune, con i figli si Salvetto, con ogni potere e autorizzazione sul terreno e sulle pertinenze, rinunciando ad ogni questione futura, sotto penalità del doppio del valore, con giuramento. Notaio: Nuccio Mattei Nucci.
1375 luglio 15
Il 15 luglio 1375, indizione XIII, a tempo del Papa Gregorio XI, si redige l’atto di consegna di una lettera del vicario del vescovo camerte, a matelica, nella loggia della pieve, presso la chiesa dei SS. Bartolomeo e Adriano, vicino alla piazza del comune, alla presenza di Antonio Salimbene e Angeluccio di Vanne Compagnucci, testimoni richiesti. L’amministratore del monastero di S. Maria Maddalena di Matelica che era stato incaricato rappresentante legale del monastero stesso con atto scritto del notaio ser Giovanni Guiducci, era servo di Andrea da Gualdo, ora abitante a Matelica, e presentò personalmente a Stefano Vannucci e a Mastarello Morichetti di Matelica la lettera scritta su carta con bollo di cera rossa della curia vescovile camerte, con impressa una immagine poco nitida e non identificata. ra presente alla consegna il notaio imperiale Nuccio Mattei Nucci che rese pubblica la lettera trascrivendola.
Lettera <inserita> 4 luglio 1375 Il canonico camerte Francesco, vicario generale del vescovo Gioioso, padre in Cristo della diocesi di Camerino, saluta Stefano Vernuti di Matelica. Abbiamo ricevuto la querela con cui il rappresentante ed amministratore delle religiose donne del capitolo e della comunità del monastero di S. Maria Maddalena di Matelica contro te Stefano (Vernuti), lavoratore di un terreno sito nel distretto di Matelica nel Colle Coni a confine con Vanne Bartoli Malf(errani) e con Francesco soprannominato Cappinelli, terreno donato al monastero predetto da Vaneta di Valterio Acti Ricci per la salvezza dell’anima sua e per la remissione dei suoi peccati come riferisce la querela che ti accusa di non dare al monastero la parte del raccolto e di rifiutarti di consegnarlo, per cui è richiesto il nostro intervento di legge, dato il danno non piccolo ed il pericolo per le anime. In forza della presente lettera, come editto completo e definitivo, ti ammoniamo ed esortiamo nel Signore, con minaccia di stretta scomunica, ordinando che consegni la parte del raccolto all’amministratore del monastero con cui farai composizione per la presente questione. Se hai una giusta causa la presenti, altrimenti procederemo con la scomunica. Data a Camerino li 4 luglio.
1375 luglio 17
Nel nome di Dio. Amen. Nell’anno del Signore 1375, indizione XIII, a tempo del Papa Gregorio XI, il giorno 17 luglio, si fece questo atto a Matelica nella chiesa di S. Maria Maddalena, a confine con la vie ed il muro del comune, alla presenza di Massio di Cecco Damiani, Cola Vanni e Lucio Vanni da Matelica, testimoni richiesti. L’abbadessa donna catarina aveva riunito il capitolo del convento delle donne del monastero di S. Maria Maddalena di Matelica ed insieme con le sue monache che erano Datadeo Corraducci, Luca Cicchi, Catuccia Paoli, Lippa Cicchi, Nese Gentili e Alena di Giovanni, con pieno consenso di tutte, stabiliva come amministratori e rappresentanti legali del predetto monastero, agenti, promotori e messaggeri suoi, gli uomini ser bartolo di ser Atto Decanmi e mastro Venanzo da camerino perhé agissero nella causa contro Stefano Vernuti, in particolare contro Bianco Bertelucci da Gualdo abitante a Matelica e Massiarello Morichette da Matelica e contro chiunque altro, di fronte alla curia vescovile di Camerino e di fronte ad ogni altro giudice di competenza, per parte del monastero, con tutte le competenze correlate, anche con potere di scegliere altri rappresentanti o sostituirli, senza poter muovere lite con essi agenti, sotto penalità. Notaio Nuccio Mattei Nucci da Matelica, giudice imperiale
1376 maggio 10
Nel nome di Dio. Amen. Nell’anno 1376, indizione XIII, al tempo del Papa Gregorio XI, il giorno 10 maggio, si scrisse l’atto a Matelica, presso il monastero si S. Maria Maddalena, nella chiesa di esso monastero, alla presenza dei testimoni richiesti: Matteo Pucci Bartelemucci di Ventura, Bartolo Vagnarelli Cicchi Vegnati, Massiarello Morichetti di Giovanni Muzi Mattei e Paolo Crissioli Iacomelli da Matelica Donazione fatta da Vannetta Gualtieri Atti Ricci da Matelica per amore di Dio e a vantaggio dell’anima sua e dei genitori. Vannetta donava alla rispettabile donna Catarina, abbadessa del monastero di S. Maria Maddalena di Matelica, per lo stesso monastero, una sua casa sita a Matelica in contrada S. Agostino a confine con la via, con i beni di Massiarello Bene Scarlini e di Bonaventura Nucci Ciancinsi, inoltre un terreno con vigna, in territorio di Matelica, in contrada Serre, a confine con i beni dei figli di Morichetto e con quelli di Attuzio Francisci. Rinunciava ad ogni privilegio di legge e prometteva la stabilità della donazione, senza liti, sotto penalità del doppio del valore dei beni donati. Rogava l’atto il notaio imperiale Atto Francisci da Matelica.
1387 febbraio 25
Nel nome di Dio. Amen. Il giorno 25 febbraio 1387, al tempo di Papa Urbano VI, nel palazzo del comune, alla presenza di Angelo Cicchi e Bartolo Vanni, come testimoni, il giudice della terra di Matelica, uomo sapiente Zacobo da Feltre, in tribunale concesse autorizzazione a Bartolino Barleri sindaco delle monache di prendere possesso del terreno. Notaio Angelo Guidiucci.
1380 aprile 30
Nel nome di Dio. Amen. Nell’anno del Signore 1380, indizione terza, a tempo del Papa Urbano VI, il giorno ultimo del mese di aprile, si fece questo atto a Matelica nella casa di ser Bindo Petri, casa della moglie, in contrada Piazza presso le vie e i beni di Turano Cagni, alla presenza dei testimoni richiesti Gentile Colucci Bartolucci, Benedetto Sonni, Bartolo Andioli ed Adriano di Giovanni da Matelica.
Donna Catarina figlia del fu Cotesino, moglie di ser Bindo Petri da Matelica, spontaneamente e liberamente, rinunciando ad ogni beneficio di legge, con il consenso del marito alla presenza del notaio fece una permuta di proprietà con Pacia Andreucci per un terreno sito a Matelica in contrada Serre. Riceveva (da Pacia) un terreno sito a Matelica in contrada Collicchi a confine con Angelo Nalli e con le terre della chiesa di S. Antonio.
Ciascuna delle contraenti cedeva usi e pertinenze con l’impegno di non muovere lite, sotto penalità del doppio, rimanendo valido per sempre il contratto, fecero giuramento sui Vangeli toccando le scritture. Era notaio Giovanni Guiducci Angeli da Matelica, d’autorità imperiale.
1383 agosto 28
Nel nome di Dio. Amen. Nell’anno del Signore 1383, indizione VII, al tempo del Papa Urbano VI, il giorno 28 agosto fu scritto il presente atto a Matelica nel monastero di S. Maria Maddalena, a confine con le vie ed il muro del comune alla presenza dei testimoni richiesti Andrea Salvetti, Massio Bartoli Salimbene e Pace Andreucci da Matelica. Donazione fatta spontaneamente da Bartolomeo Paoli Pucci Venturelli da Matelica, per i favori ricevuti, alla nobil donna Catarina Rainucci abbadessa del monastero di S. Maria Maddalena, per un terreno in territorio matelicese, in contrada Camoiano, a confine con Verlutio Vanni Mattei, con impegno di difendere questa donazione contro chiunque e di mantenerla stabile per sé ed eredi sotto penalità del doppio, con giuramento sul Vangelo. Notaio imperiale Nuccio Mattei Nucci.
1383 settembre 2
Nel nome di Dio. Amen. Testamento di Angelo Cicchi Levi, sano di mente per grazia di Cristo, benché malato nel corpo. Tra le altre cose lasciava due soldi per l’anima, secondo la norma canonica. Lasciava cinque soldi per eventuale maltolto. Altri lasciti non trascritti. Stabiliv come secutori testamentari Pietro e Coluccio Cicchi Levi, suoi fratelli e Vagnolo Mattioli Levi. Lasciava alla moglie Florutia, vitto, vestiti e abitazione fino a che restasse casta e onesta e volesse vivere con i figli e gli eredi in reciproca collaborazione. Alla stessa Florutia lasciava una clamide (mantello). Altri lasciti non trascritti. Eredi universali erano stabiliti i figli del testatore Leva e Giovanni, in parti eguali. Se essi fossero morti senza propri figli che fossero giunti all’eta di venticinque anni chi sopravviveva riceveva l’eredità dell’altro e morendo entrambi senza figli in età legale sopravvenivano in parti eguali Pietro Cicchi Levi e Coluccio Cicchi Levi predetti fratelli. Il testamento fu scritto dal notaio Nicola Muzi da Matelica in casa dello stesso Angelo testatore, in Matelica, alla presenza dei testimoni Vannuccio di Antonio Vannucci, Giovanni di Paoluccio Simoni, Giovanni Ciccarelli, Cristofano di Cola Canini, Paolo Cicchi e Luca di Masio Accurroli, in data 2 settembre 1383, indizione sesta, al tempo del Papa Urbano Vi. La casa del testatore era in contrada Perocconi a confine con la via e con i beni di Pietro Salimbeni.
1391 settembre 25
Nel nome di Dio. Amen. Nell’anno del Signore 1391, indizione XIV, al tempo del Papa Bonifacio IX, fu scritto il presente atto il giorno 25 settembre a Matelica alla presenza dei testimoni richiesti e convenuti davanti alla casa di Vagnarello Francuccio presso la casa dell’erede di Nigio Massi. Oltre al predetto Vagnarello Francuccio c’era Coluccio Paoli da Matelica. Donazione fatta liberamente da Venanzo Rofini da Matelica a favore di Angelo nalli da Matelica ricevente come amministratore, rappresentante e gestore degli affari del monastero di S. Maria Maddalena di Matelica e del suo capitolo e convento, di un terreno arativo sito nel territorio matelicese, in contrada serre, vicino alle proprietà di S. Margherita, di Cola Nastri, dei figli di Morichetto. Il terreno donato da Venanzo al monstero era stato tenuto da Cola Cagni da Matelica per contratto scritto dal notaio ser Nicola Muzi da Matelica. Nella presente donazione erano stati considerati anche i raccolti ricevuti per mezzo di Bitto Rosini erede del fratello morto che aveva lasciato la sua eredità allo stesso monastero. La donazione doveva valere, senza liti, sotto penalità di cento fiorini d’oro, con giuramento fatto sul Vangelo, toccando le scritture. Notaio Giovanni Peregrini da Gualdo.
1391 settembre 28
Nel nome di Dio. Amen. Nell’anno del Signore 1391, indizione XIV, al tempo del Santo Padre Papa Bonifacio IX, il giorno 28 settembre, si fece questo atto a Matelica nelle case della chiesa dei santi Bartolomeo e Adriano della pieve, case un tempo del defunto pievano don Antonio, nella loggia presso l’orto, in contrada S. Antonio, da tre lati a confine con la via e con la casa di Angelo De Branca, alla presenza degli onorevoli uomini, do Cataldo Giorgi, rettore della chiesa di S. Antonio, Florano Cicchi matelicese, e Frà Ventura Dani d’Arezzo, abate rettore della chiea di Santa Catarina di Sant’Anatolia, come testimoni richiesti. In esecuzione al testamento di Bitto Ruffini matelicese, rogato dal notaio ser Giovanni Guiducci, tra gli altri lasciti fatti risulta erede universale la chiesa, il monastero o luogo delle donne di S. Maria Maddalena di Matelica. Al vescovo Nutio di Camerino per antica consuetudine spetta come porzione canonica la quarta parte, per cui il dottore in legge Nicola di mastro Filippo di Sassoferrato, esecutore testamentario stabilito dal vescovo camerinese, con speciale mandato rogato da me notaio Paolo riceveva dall’amministratore del monastero la somma di sette fiorini d’oro dei quali quattro al peso d’uso a Matelica e tre fiorini di peso grave e con questo compenso ogni diritto sui beni dell’eredità del predetto Bitto, compresa la canonica porzione della quarta parte, restavano di proprieà del monastero predetto, senza differenze. Notaio Paolo Petrucci da Dignano notaio e ufficiale anche di parte vescovile.
1399 novembre 24
Nel nome di Dio. Testamento di Andrea Lippi Attucci da Matelica, sano di mente e di buona memori, benché malato di corpo. Lasciava le somme dovute per norma canonica e 10 soldi (di denari) per eventuale maltolto. Lasciava due cri del peso di una libra e mezzo ciascuno in occasione della sua sepoltura, uno alla chiesa della pieve ove aveva il sepolcro e l’altro alla chiesa di S. Andrea. Disponeva per le candele da dare ai sacerdoti ed inoltre un fiorino per ogni chierico (partecipante al funere). Lasciava da celebrare le sante messe gregoriane a don Francesco Lalli, con legato di un fiorino d’oro. Lasciava per decima alla chiesa di S. Andrea una coppa di grano. Lasciava due fiorini d’oro e sedici monete anconetane come sussidio a un messale per cantare nella chiesa di S. Andrea. Lasciava ad Angelo Massi tre (monete) anconetane, come gli doveva. Stabiliva come esecutori testamentari Matteo Marcelli e Stefano Attoni insieme con pari autorità nell’eseguire con ogni spesa necessaria i legati da lui disposti. A ciascuno degli esecutori testamentari lasciava quaranta soldi. Alla moglie Avvenente, in restituzione della dote, lasciava due fiorini d’oro ed i beni avuti, cioè tre sacconi di tela, un paio di lenzuola e tutti i panni di lana e di lino e un caldaretto di rame e anche, a suo piacere, una cassa. Come legato destinava a lei tre quarte di grano e frumento che sono in casa sua e sul raccolto futuro per lei una salma e mezza di grano. Come legato per le donne Coluccia, Santa e Vanna, figlie di Cola Venture, un terreno sito in territorio matelicese, contrada Rotundi, a confine con i beni dei figli di Vanne Bonaventure e con le vie. Lasciava inoltre alla chiesa della pieve un fiorino d’oro. Lasciava a Coluccia di Cola una cassa. Stabiliva per tutti gli altri suoi beni, come erede universale sua figlia Filippa. E questa era la sua ultima volontà da far valere. Il testamento fu scritto a Matelica nella casa del testatore, nel borgo S. Francesco, a confine con la via, con la proprietà di Cola Paolucci, e degli eredi di Antonio Mattioli, l’anno 1399, indizione settima, al tempo del Papa Bonifacio IX, il giorno 24 novembre alla presenza dei testimoni chiamati dal testatore: Massio e Marino Petri Attucci, Angelo Agnarelli Vannucci, Grazia Gentilini, Santa Vagnarelli Vannucci, Andrea Mattioli Marchi e Francesco Adriani Masi da Matelica. Rogava il testamento Giovanni Guiducci Angelini.