Nepi Gabriele stiografia fermana. 22 settembre 1355.
Fermo viene assolta…
Il 22 settembre 1355 è una data memoranda per Fermo e il Fermano. Da questa città, il cardinale Egidio Albornoz, mandato dal Papa che stava in Avignone, convoca i sessanta Comuni che facevano parte dello Stato di Fermo. Vi erano a sud anche comuni dell’Ascolano come San Benedetto, Acquaviva, e altri del Maceratese come Mogliano, Gualdo, Petriolo, Sant’Angelo in Pontano, a nord.
Dopo superate le esperienze di Gentile da Mogliano signore di Fermo ribelle al governo pontificio, il giorno precedente, 21 si era attuata la sottomissione di Fermo e del suo Stato, per mezzo di Spinuccio di Francesco, delegato dal Comune, e l’Albornoz assolve Fermo da tutte le censure in cui era incorsa per la sua ribellione alla Chiesa..
Interessantissimo il documento della sottomissione conservato nell’Archivio Vaticano, ma non meno interessante l’altro dell’assoluzione.
Il Cardinale Albornoz, come vediamo, prediligeva Fermo e trasferì qui da Macerata la Curia Generale della Marca, nonostante le rimostranze dei Maceratesi.
La ribellione di Fermo e dei castelli era causata dal fatto che volevano essere indipendenti, ciascuno per proprio conto.
Il Papa era lontano, in Avignone, e loro non volevano soggiacere ad alcune autorità. Fermo e il suo Stato furono definiti dall’Albornoz volubilis ut rota et labilis ut anguilla facile latino che indica Fermo “volubile come ruota e labile come anguilla”.
Leggendo i documenti di quel 22 settembre, si rileva che essi impongono ai 60 Comuni di prestare giuramento alla Sede Apostolica ed al Comune di Fermo; di obbedire alle sue leggi; di pagare le tasse dovute. Da quello di assoluzione si evince che l’autorità romana non voleva scherzare.
Contro la città e il contado erano state attuate sanzioni economiche e giuridiche. Fermo era stata privata del dominio delle rocche e castelli dipendenti, dei diritti e privilegi; addirittura colpita dall’interdetto.
Ma l’Albornoz, lieto del ritorno di Fermo e del suo contado alla Sede Apostolica, restituisce rocche, castelli, privilegi, diritti, esenzioni, beni, e loda la “pecorella che ritorna all’ovile” ma precisa a tutte lettere che se dovesse nuovamente ribellarsi, ricadrebbe ipso facto cioè immediatamente nelle sanzioni precedenti (compreso l’interdetto) da cui era stata assolta il 22 settembre 1355.