LA CITTA’ E LA DIOCESI DI FERMO in un profilo del docente PRETE Serafino 1962

Fermo: CITTA’ E DIOCESI – Profilo storico

Studio di PRETE Serafino docente di storia del Cristianesimo e della Chiesa

Città –

Fermo fu antica città del Picenum, prima ancora che Roma la conquistasse e facesse sua colonia al principio della prima guerra Punica (264 a.C.). Ne è conferma una vasta necropoli scoperta recentemente (1956) con numerose tombe a cremazione di tipo « villanoviano » riferibili al sec. VIII a.C. Il rinvenimento è considerato la prova indubbia di uno stanziamento nella zona di un grosso nucleo « villanoviano » ed è di importanza eccezionale per la storia del Picenum.

Divenuta Fermo colonia romana e mantenutasi fedele a Roma, Augusto ne rinnovellò la costituzione e per questo fu considerato padre della medesima (parens coloniae). La memoria del fatto, sempre viva nella storia cittadina, fu ricordata in una famosa epigrafe, che la tradizione dice antica, ma che la critica recente vorrebbe rinascimentale; essa si legge tuttora nella sede Comunale, sotto l’emblema di un’aquila scolpita, che si disse donata dall’imperatore alla città; si formò così la nota ‘legenda’ dello stemma della città : Firmum firma fides Romanorum colonia (A. CAMPANA, Giannozzo Manetti, Ciriaco e l’Arco di Traiano ad Ancona, « Italia Medioevale e Umanistica » II [1959] p. 498 n. 2).

Colla caduta di Roma e durante gli sconvolgimenti causati dalle invasioni barbariche, specialmente sotto i Goti e poi ancor più sotto i Longobardi, Fermo subì irreparabili rovine: furono distrutti gli edifici monumentali, il teatro, le terme e la cattedrale, dei quali oggi rimangono importanti resti. Col formarsi dello stato e del potere temporale della S. Sede, Fermo venne a trovarsi nel territorio a questa soggetto: Adriano I accolse gli abitanti del « ducatus firmanus » che giurarono fedeltà a S. Pietro (Liber Pont., ed. DUCHESNE, 1 496); seguì poi le vicende del ducato di Spoleto e della Marca d’Ancona, emergendo, spesso, con qualcuno dei suoi comites e con forme di governo autonomo (Marchia Firmana, sec. XI).

La funzione di Fermo come centro cittadino, dominante il contado e il vasto territorio dagli Appennini al mare Adriatico, dal fiume Tronto al Chienti riprese vigore nell’età dei liberi Comuni: alla fine del sec. XII risalgono le prime testimonianze del regime comunale a Fermo, il quale si andò consolidando, sotto l’alto dominio dei Papi, ponendo le basi duna legislazione statutaria cittadina. La prima compilazione degli Statuti di Fermo è assegnata al 1380, mentre la sua definitiva promulgazione è posteriore e la stampa è del 1507 (S. PRETE, I magistrati dell’«Officium Maleficiorum» a Fermo nel sec. XV (1447-1496) « Studia Picena » 28 [1960], p. 8). Nelle lotte tra Chiesa e Impero, che caratterizzarono il sec. XII e XIII e che divisero i Comuni delle Marche, Fermo fu, per lo più, dalla parte della Chiesa scegliendo i suoi alleati fra le più potenti città guelfe della regione. (Cfr. W. HAGEMANN, Fabriano im Kampf zwischen Kaisertum u. Papstum bis 1272 « Quellen u. Forschun- gen aus Italienischen Archiven u. Bibliotheken » 30 [1940] p. 88- 136; 32 [1942] p. 51-109; Iesi im Zeitalter Friedrich:s II « Quellen u. Forschungen » 36 [1956] p. 138-187; Studien u. Dokumente zur Geschichte der Marken im Zeitalter der Staufer, I, « Quellen u. Forschungen» 37 [1957] p. 103-135; 41 [1961] p. 48-136).

Nel sec. XIV si formarono « signorie » locali, spesso degenerate in tirannie, come quella di Mercenario da Monteverde (1331- 1340) e di Gentile da Mogliano (1348-1355), fino a quando il card. Egidio De Albornoz, riconquistati i territori dell’Italia centrale alla S. Sede, sottomise anche Fermo, che affidò a Giovanni Visconti da Oleggio (1360-1366) e che fu temporaneamente sede del Governo Generale (Curia Generalis Marchiae) (S. PRETE, Documenti Albornoziani nell’Archivio Diplomatico di Fermo « Studia Picena » 27 [1959] p. 56-76).

Così fu sancita quella trasformazione del governo comunale in quella città-stato, sotto la dipendenza, almeno nominale, dalla Santa Sede: Fermo fu centro di un vasto dominio con giurisdizione sopra 48 comunità (castra), aventi a loro volta una certa autonomia amministrativa ma soggette al capoluogo.

Instaurazioni di « tirannie » di signorotti locali si ripeterono nel corso del sec. XIV e XV: tristemente famose rimasero quella di Rinaldo da Monteverde, figlio di Mercenario (1376-1379) cacciato a furore di popolo e poi decapitato; di Francesco Sforza (1433- 1445) contro cui un’altra ribellione popolare, in cui si demolì pietra su pietra la Rocca del Girfalco, riportò la città all’obbedienza della Chiesa Romana; di Oliverotto Euffreducci (1502) fatto uccidere da Cesare Borgia (duca Valentino) con cui Fermo pure fu incorporata al fortunoso stato creato per pochi anni dal nipote di Alessandro VI.

Nei secc. XVI e XVII la città si rivolse con preferenza al culto della scienza e dell’arte, abbellendosi di monumenti, di chiese e di edifici artistici; ed in questo stesso periodo ebbe grande sviluppo la Università, fondata da Bonifacio IX nel 1398 (H. DENIFLE, Die Universitäten des Mittelalters bis 1400, I [Berlin 1885] p. 630 sg.) ma che iniziò veramente la sua attività con Sisto V (1585) che la dotò ed arricchì di privilegi. Il governo e le magistrature cittadine furono modellati sulla falsariga degli Statuti e sull’ordinamento amministrativo dello Stato Pontificio (IVES- MARIE BERCÉ, Troubles frumentaires et pouvoir centralizateur: l’émeute de Fermo 1648, I « Mélanges d’Archéologie et d’hist. » 73 [1961] p. 471498).

Riordinata l’Amministrazione dello Stato, coll’istituzione della « Congregazione del Buon Governo fatta da Clemente VIII (1592), Fermo ebbe come governatore ordinariamente il Cardinal Nepote, prefetto del nuovo Dicastero; in seguito fu istituita una « Congregazione Fermana » a parte per la città, la quale, però, dopo il 1761 fu riassoggettata, come il resto dello Stato, alla Congregazione della Consulta e del Buon Governo. (Archivio di Stato di Roma, E. LODOLINI L’Archivio della S. Congregazione del Buon Governo 1592-1847. Inventario, Ministero degli Interni. Pubblicazioni degli Archivi di Stato, 20, Roma 1956).

Colle nuove circoscrizioni introdotte dalla Rivoluzione e dal regime Napoleonico in Italia, Fermo fu capoluogo del Dipartimento del Tronto. Nel riassetto delle province pontificie operato dalla restaurazione fu sede di « delegazione » riprendendo la sua funzione naturale di centro economico e culturale del territorio. Cessata la dominazione Pontificia, Fermo votò la sua annessione al nuovo Regno d’Italia (1860) (E. LODOLINI, L’amministrazione periferica e locale nello Stato pontificio dopo la Restaurazione, « Ferrara viva » 1 a.1959 p. 5-32).

Diocesi

Le origini del Cristianesimo nella regione del Picenum, di cui Fermo era uno dei capoluoghi, rimangono tuttora oscure a causa della scarsezza delle testimonianze storiche e monumentali. L’ipotesi dello Harnack (Die Mission u. Ausbreitung d. Christentums in den drei ersten Jahrhunderten, Leipzig 1924, II 816) della esistenza nella regione di circa 15 comunità cristiane con vescovo, nel IV sec., tra le quali Fermo resta ancor valida. Una memoria cristiana pure del IV sec., a Fermo è il noto sarcofago conservato nella cripta della Cattedrale (G. WILPERT, I sarcofagi cristiani antichi, Roma 1929-1936, testo I 119, tav. I 116 n. 3). Non autentica <?> è da ritenere la epigrafe di Maxima fro(na) chri(stiana) (S. PRETE, Una iscrizione sepolcrale cristiana a Fermo « Studia Picena » 15 [1940] p. 188-190). Nulla di certo si può affermare sulla introduzione del Cristianesimo nel Picenum antecedentemente al sec. IV: ipotesi ed opinioni espresse da eruditi e storici locali circa l’apostolato di S. Apollinare nel I sec. o di S. Feliciano di Foligno e di S. Emidio di Ascoli nel III secolo non sono provate. Martire autentico dei Picenum è S. Marone (Mart. Hieron. 15 april.) il quale, quindi, potrebbe considerarsi un evangelizzatore della regione e, forse, del fermano; ma la cronologia del suo martirio non può riportarsi al T sec., come pretendono gli Atti leggendari (BHL 6063- 6065). La tradizione locale a Fermo venera S. Alessandro (Mart. Rom. 11 gennaio) e S. Filippo (22 ott.) quali protomartiri e protovescovi della città, vittime della persecuzione di Decio (249), ma non conosce altri vescovi fino al VI sec. Si tratta di una tradizione, nata probabilmente dalle reliquie dei due martiri, romano il primo e di Eraclea il secondo, venerati a Fermo e ritenuti in seguito, secondo un processo leggendario non raro nella storia delle Chiese, del luogo. Nel periodo infatti che va dal sec. XIII al XV i calendari locali non conoscono i predetti martiri come propri a Fermo: solo annotazioni, aggiunte in corsivo nei detti calendari, avvertono la presenza delle loro reliquie nella chiesa Cattedrale. Nel sec. XVI l’attribuzione dei due martiri a Fermo è già compiuta e se ne chiede ed ottiene il riconoscimento ufficiale dal Card. Baronio coll’inserzione nel Martirologio Romano, alla cui compilazione l’erudito Filippino attendeva intorno al 1580. In seguito, nei sec. XVII e XVIII si aggiunsero altri dati storici e cronologici alla leggenda, che fu diffusa e volgarizzata dall’Arciv. di Fermo, il Alessandro Borgia (1724-1764) (S. PRETE, I SS. martiri Fermarli nel Martirologio Romano. « Studia Picena » 14 [1939] p. 128; IDEM, La leggenda nell’agiografia fermana antica « Rivista di Arch. Cristiana » 18 [1942] p. 113-140).

I primi vescovi di Fermo, indicatici da documenti sicuri, appartengono al sec. VI: nel 580 circa il vescovo Fabio riscattò dai Longobardi i chierici Passivo (poi suo successore) Demetriano e Valeriano (M. G. H., Gregorii I, Ep., IX 52). Passivo (598 c.), il successore, spiegò una notevole attività anche nelle chiese limitrofe. Egli consacrò un oratorio a S. Savino a Fermo, un altro allo stesso Santo in Ascoli e l’oratorio di S. Pietro a Teramo. Dietro invito di papa Gregorio M. visitò la ecclesia, Aprutina (Teramo) e chiamò Oportunus, invitandolo ed ammonendolo a ricevere gli ordini sacri per divenire vescovo di quella chiesa, da tempo vacante (Greg. I, ep. XII 4). Intorno a questo tempo la Ecclesia Firmana comprendeva un vasto territorio; verso sud era limitato dalla ecclesia asculana, però aveva assorbito la vicina chiesa di Truentum, alle foci del Tronto; a nord aveva pure assorbito alcuni vescovati che erano in vita nel sec. V, quali la ecclesia Potentina (Potenza Picena), Falerionensis (Falerone) e Pausulae (Corridonia).

Cronotassi dei vescovi

Liste dei vescovi di Fermo sono fornite da opere di storia generale (Ughelli, Cappelletti, Gams), di storia locale (Catalani, Trebbi) e da Annuari (Annuario dell’Archidiocesi di Fermo Statistica. Fermo 1935; L’Archidiocesi di Fermo Guida Ufficiale a. 1955. Fermo 1955), ma l’una deriva dall’altra e nessuna è senza lacune ed errori, in particolare nella cronologia. (Cfr. L. BARTOCCETTI, Serie dei vescovi delle diocesi marchigiane. « Studia Picena » 14 [1939] p. 129-135 pure fitta di errori). Per il periodo più antico, dal VII al XII sec., non è facile ricostituire la serie né correggere errori; ci limitiamo ad annotare che il vescovo Lupus, assegnato a Fermo, in base alle sottoscrizioni del Sinodo Romano dell’826 (episcopus firmensis: MANSI [Venetiis 1769] XIV, col. 1000), da altri è, invece, attribuito, in base alla diversa lezione, a Furconium (episcopus furconiensis, presso L’Aquila) (U. CAMELI, Note di storia Fermana : I. Il vescovo Lupo presente al Concilio Romano nell’anno 826 « Studia Picena » 12 [1936] p. 169 sg.).

Preminenti autorità ed influsso sembra avesse esercitato il vescovo di Fermo sopra la regione Aprutino-Picena fino al sec. IX: nell’879 al vescovo Eodicio è affidata, insieme con altri vescovi, la causa di Teoderona de Vivelata, costretta, in seguito alla vedovanza, a prender il velo di monaca (KEHR, It. Pont., IV 312 n. 5). Nel periodo della riforma Gregoriana debbono essere ricordati. Olderico (Ordericus 1057-1074) amico e corrispondente di S. Pier Damiani (Ep. 4, 9, PL 144, 311-318; cfr. S. PRETE, S. Pier Damiani, le Chiese marchigiane e la Riforma nel sec. XI « Studia Picena » 19 [1949] p. 119-128); Pietro (1075) e Wolfgang (Gualfarangus 1076-1078) che fu scomunicato e deposto da Gregorio VII con altri vescovi della regione (Reg. Gregorii VII, VI 17, KEHR, It. Pont., IV 137). Il successore è ignoto ma un partigiano dell’antipapa Clemente III, certo Ugo Candido, fu vescovo di Fermo in quegli anni. Figura di grande rilievo nel sec. XII fu il vescovo Presbitero, consacrato da Lucio III nel 1184; egli si adoperò per il ritorno alla S. Sede del patrimonio e delle terre contese tra Chiesa e Impero nella Marca d’Ancona. Celestino III gli indirizzò nel 1197 un invito a cooperare in tal senso con il vice legato e con l’abate di Farfa (KEHR, It. Pont., IV 138 n. 19).

Per la stessa ragione Presbitero si trovò a lottare con il mar¬chese imperiale Marcualdo, che gli rese difficile la permanenza nella sua sede e gli proibì di sostare nelle città della Marca (KEHR, IV 138, n. 17).

Per il periodo che va dal XIII al XV sec. la cronologia e la successione dei vescovi di Fermo possono essere ricostituite in base ai documenti dell’Archivio Vaticano e ne riproduciamo qui la cronotassi (Cfr. EUBEL, I 249) :

Adenulfus (1205-1213)

Hugo (1214-1216)

Petrus (1216-1223)

Rinaldus Monaldi (1223-1227)

Philippus de Monte dell’Olmo (1229-1250)

Gerardus (1250-1272)

Philippus (1273-1300 c.)

Albericus Visconti (1301-1314)

Amelius de Lautrico (1317 Amministratore)

Franciscus de Mogliano (1318-1325)

<1325-1328:sede vacante – vicari capitolari>

Franciscus ep. Florent. (1328 Amministratore)

(Vitalis de Urbino, intruso dell’antipapa Niccolò V 1328)

Iacobus de Cingulo O. P. (1334-1348)

Bonjoannes ep. Bosnensis (Diacovar, 1349-1363)

Alfonsus de Tauro O. Min. (1363-1370)

Nicolaus Marciari de Pesaro (1370-1374)

Antonius de Vetulis (1374-1385)

Angelus Pierleoni (1386 sg. <1389>)

Antonius de Vetulis (1390-1405)

Leonardus Physici (1406 sg.-<1409>)

Joannes de Bertoldis de Serravalle O. Min. (1410)

Franciscus Rustici (1412)

Joannes ep. Ascul. (1412)

<Johannes de Firmonibus 1417sg.>

Jacobus de Melioratis (1418-1424 Amministratore)

Dominicus Capranica (1424-1458)

I Capranica tennero l’episcopato fermano per più di mezzo secolo, fino al 1485, e ordinariamente in administrationem: si susseguirono Domenico, che eletto cardinale, riprese poi la diocesi di Fermo definitivamente nel 1435 fino al 1458; Niccolò, Angelo card., Girolamo e Giovanni Battista; furono anche commendatari dell’abbazia di S. Bartolomeo della diocesi di Fermo (U. CAMELI, Il monastero di S. Bartolomeo de « Campo Fullonum » e i prelati di casa Capranica. «Studia Picena» 11 [1935] p. 81 sg.). Alla fine del secolo successero i Piccolomini, Francesco (1485), Agostino e Francesco, tutti a titolo in administrationem.

La cronotassi dell’ultimo periodo, dalla riforma Tridentina ad oggi, non presenta difficoltà né interesse storico particolari. Nel 1589 Fermo fu eretta in Metropolitana da Sisto V con bolla Universi Orbis del 24 maggio.

L’applicazione dei Decreti Tridentini di riforma ha lasciato a Fermo ragguardevoli testimonianze nelle relazioni di Visite Apostoliche, come in quella nota di G. B. Maremonti nel 1573 (S. PRETE, La visita Apostolica di G. B. Maremonti a Fermo nel 1573 « Rivista di storia della Chiesa in Italia » 7 [1953] p. 415-434); in quegli anni fu istituito il Seminario (1573 c.); fu continuata la serie dei Sinodi Diocesani, il primo dei quali era stato celebrato dal card. Angelo Capranica nel 1473 (l’ultimo fu tenuto nel 1900 sotto R. Papiri) <il nuovo 1995>; fu dato impulso al canto sacro nella Cattedrale, furono istituite nuove Confraternite e fatte rifiorire le vecchie: delle prime menzioniamo la Confrat. del SS. Sacramento (1546), l’arciconfraternita della Pietà (1564), della S. Spina (1573), di Maria SS. del Pianto (1585).

  •                        Monasteri ed Abbazie

La loro storia nella Chiesa fermana risale alla primitiva diffusione dei Benedettini, ma purtroppo, per la maggior parte dei monasteri, ci mancano i documenti sulla fondazione e sulla origine (S. PRETE, I monaci Benedettini nella Chiesa fermana. « Studia Picena » 18 [1948] p. 77-93). Tra i più antichi vanno ricordati:

+ S. Savino, sorto accanto all’antico oratorio omonimo del vescovo Passivo. Era fiorente nel sec. XI e S. Pier Damiani ne ricorda l’abate Firmus (Liber qui appellatur Gratissimus, 29). Nel 1488 fu unito al Capitolo Cattedrale, poi fu ceduto ai Cappuccini, successivamente ai PP. Gesuiti; oggi è completamente scomparso.

+ S. Claudio al Chienti, di origine antica, non però del VI sec, come scrive qualche autore; la documentazione storica risale ai sec. XI-XII e forse era di pertinenza dei monaci di Classe (Ravenna). Superstite è la chiesa (XII), esempio di romanico con evi-denti influssi di arte ravennate (L. SERRA, L’arte nelle Marche I [Pesaro 1929] p. 57).

+ SS. Rufino e Vitale (Amandola) con notevoli resti della chiesa antica (XII) e della precedente fondazione (<poi> cripta).

+ S. Maria al Chienti (SS. Maria Annunziata – Montecosaro), monastero farfense, non anteriore al sec. IX; decadde nel sec. XV e rimane la monumentale chiesa romanica (sec. XII).

+ S. Croce al Chienti, che si crede fondato dal vescovo Teodosio nel sec. IX; abbandonato nel sec. XV, ha notevoli avanzi della chiesa romanica (XII). Un gruppo di monasteri si ricollega alla storia dell’imperiale abbazia di Farfa, la quale, a partire dal sec. IX, estese una fitta rete di monasteri, di oratori e di possessi nel territorio fermano.

+ S. Ippolito e S. Giovanni. Si discute sulla identità, essendo tuttora incerto se si tratta di due o di un solo monastero (= SS. Ippolito e Giovanni) e sulla ubicazione, essendo scomparsa ogni traccia e documento relativo (U. CAMELI, Note di storia fermana II: I monasteri dei SS. Ippolito e Giovanni in Selva. « Studia Picena » 12 [1936] p. 174 sg.). Nel monastero di S. Ippolito in città si ritirarono gli abati di Farfa Fulcoaldo e Wandelperto; quest’ultimo ne divenne abate (IX). {

+ S. Vittoria in Matenano. In seguito all’invasione dei Saraceni nell’898, l’ab. Pietro di Farfa fu costretto ad abbandonare l’abbazia e si rifugiò con un gruppo di monaci sul colle « Matenano », dove più tardi l’ab. Ratfredo costruì un nuovo monastero e vi trasferì le reliquie della martire S. Vittoria (a. 934); la nuova fondazione, che prese il nome di S. Vittoria in Matenano, fu centro irradiatore nel territorio fermano del monachesimo farfense ed ebbe alle sue dipendenze monasteri filiali, cappelle e possessi fiorenti nel sec. XI-XII (U. BALZANI, Il Regesto di Farfa di Gregorio di Catino [Biblioteca della Società romana di Storia Patria I-V] Roma 1892-1914: vedi Indici).

–                                            <Le memorie di > Monasteri femminili appartengono, in genere, a età più recenti:

Nel sec. XIII si stabilì a Fermo una comunità di Francescani (Chiesa di S. Francesco 1240), di Domenicani (S. Domenico 1233) e di Agostiniani Eremitani (S. Agostino 1250 c.); nel periodo della riforma Tridentina vi si stabilirono i Filippini (S. Filippo 1594) i Gesuiti (S. Ignazio o Chiesa del Gesù sec. XVII) e i Cappuccini (sec. XVI).

Una menzione a parte merita la Chiesa Cattedrale. Gli scavi fatti negli anni 1934-1940 portarono alla luce la Basilica paleocristiana (m. 22,50X14,30), con notevoli avanzi di decorazioni e costruzioni ed il mosaico pavimentale dell’abside che raffigura un cantharus con due pavoni affrontati, che vi attingono (G. CICCONI, La Metropolitana di Fermo ed i recenti rinvenimenti archeologici sotto il suo pavimento, Fermo 1940). La basilica, danneggiata gravemente durante le invasioni dei Goti e Longobardi subì modifiche e restauri notevoli, dei quali fanno testimonianza avanzi di pilastri e di bassorilievi preromanici (sec. VIII-IX). Bruciata e distrutta dal Cancelliere Imperiale Cristiano di Magonza nel 1176, fu ricostruita nel sec. XIII dal magister Giorgio di Como, come ricorda l’epigrafe che si trova sul portale del lato sud, del 1227: di questa imponente costruzione romanico-gotica sono state messe in luce e ripristinate alcune colonne e l’atrio.

Nel 1781, sotto l’Arciv. Andrea Minucci il tempio fu compieta- mente modificato nella struttura e decorazione, secondo la maniera neo-classica, su disegno di Cosimo Morelli imolese, lasciando intatta dell’antica la sola facciata ed in questo stato si è conservata fino a noi.

Chiese Parrocchiali.

Chiudiamo con l’elenco delle Parrocchie della città, segnando con asterisco quelle scomparse.

. S. Gregorio

. S. Angelo in Pila (oggi S. Michele Arcang.)

. SS. Cosma e Damiano (dal 1868 trasferita nella Chiesa di S. Caterina V. M.)

. S. Maria delle Vergini (oggi S. Francesco)

. S. Leone (* 1576)

. S. Salvatore (* 1609)

. S. Martino (trasferita dal 1808 nella Chiesa di S. Ignazio)

. S. Giuliano (* 1586)

. S. Lucia

. S. Zenone (sec. XII)

:S. Pietro ( sec. XIII)

.S. Bartolomeo (Chiesa d. Pietà)

.S. Spirito

.S. Matteo

Queste tre ultime furono fuse nel sec. XVI nell’unica di S. Matteo: distrutta la chiesa omonima, la Parrocchia fu trasferita nella Chiesa del Carmine e poi a S. Filippo; attualmente, di nuovo, nella Chiesa del Carmine.

BIBLIOGRAFIA

N.B. – Per la storia più recente della Diocesi di Fermo esiste un ricco materiale negli Archivi: della Curia (sec. XV-XX), Capitolare e nell’Archivio Parrocchiale di S. Vittoria in Matenano (sec. XII-XVI); per altri Archivi cfr. E. LODOLINI, Gli Archivi storici dei Comuni delle Marche (Quaderni della « Rassegna degli Archivi di Stato » 6) Roma 1961.

–                                                                    Opere Generali

  1. LUBIN, Abbatiarum Italiae brevis notitia, Roma 1651; UGHELLI, II 670- 729; CAPPELLETTI, III 586 sg.; GAMS, p. 692; L. DUCHESNE, Les évechés d’Italie et l’invasion lombarde « Mélanges d’Archéologie et d’hist. » 1903, p. 83, 116; KEHR, It. Pont. IV 134-146; LANZONI, I 395-397; EUBEL, I 249.

–                                                                     Opere di storici locali

Fermo ADAMI, De rebus in civitate firmana gestis fragmentorum libri duo, Romae 1591; C. OTTINELLI, De Firmio Piceni urbe nobilissima elogium ad Sixtum V P.M., Roma 1589; A. BORGIA, Omelie… dette in varie funzioni pontificali, Fermo 1739; 1749; 1757; 1759; M. CATALANI, De Ecclesia Firmana eiusque episcopis et archiepiscopis commentarius, Fermo 1783; G. COLUCCI, Delle Antichità Picene, tomi 32, Fermo 1786-1796 (per Fermo v. III Diss. preliminare); A. AMATORI, Le Abazie e monasteri piceni, Camerino 1870; G. DE MINICIS, Cronache della città di Fermo (Documenti di Storia italiana. R. Deputazione di Storia patria per la Toscana etc. IV) Firenze 1870; G. Fermo TREBBI-G. FILONI, Erezione della chiesa Cattedrale di Fermo a Metropolitana. Nel III Centenario. Fermo 1890; S. PRETE, I SS. Martiri Alessandro e Filippo nella Chiesa Fermana. Contributo alla storia delle origini (Studi di Antichità cristiana 16) Città del Vaticano 1941; Fermo MARANESI, Fermo. Guida turistica. Fermo 1957; <nuova: G. NEPI, Guida di Fermo e dintorni, Fermo 1983>.

 

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