LE ORIGINI DELLA CHIESA FERMANA
La Chiesa fermana, costituita in una comunità organizzata e con gerarchia non appare nei nostri documenti che nella metà del VI secolo (n1= Il Piceno allora contava 15 Diocesi tra le quali anche Fermo. L. DUCHESSE, Les évêchés d’Italie et l’invasion Lombarde, in: “Mélanges d’arch. et d’hist.” 1903, pp. 96-97)
Nel 580 all’incirca governava quella chiesa il Vescovo Fabio (n2= GREGORII M. Ep. IX, 52, (“Monumenta Germ. Hist.” Gregor. I. Reg. t. II, p. 77 (ed. Hartmann); PL. LXXVI, 960).
Il primo vescovo di cui abbiamo notizia, e che ebbe un episcopato funestato da terribili invasioni longobardiche (580-598?). (n3= La Chiesa fermana aveva subito dei gravi danni. Il Chierico Passivo con tutta la sua famiglia, fatti prigionieri, furono potuti riscattare con denaro preso dal tesoro della chiesa stessa (Greg. M. Ep. IX, 52, Hartmann, II, 77; PL. LXXVI, 960). Il Vescovo Fabio si vide costretto ad assicurare il patrimonio della chiesa, depositandone il tesoro presso la chiesa anconitana. ( Greg. M. Ep. IX, 51, Hartmann, II, 77; PL. LXXVI, 960). Cfr. DUCHESNE, Les évêchés d’Italie, in: Mélanges, 1903, p. 96.)
Nel 598 vi troviamo già il Vescovo Passivo e con lui i chierici Demetriano e Valeriano (n4= Sotto Fabio (c. 580) è ricordato chierico e padre di Demetriano e Valeriano, catturato dai longobardi e fatto prigioniero insieme ai suoi. (Ep. IX, 52. Hartmann, II, 77; PL. LXXVI, 960). Cfr. DUCHESNE, art. cit., Mélanges, 1903, p. 96.) Valeriano anche notarius della chiesa fermana. (n5= Ep. IX, 58, Hartmann, II, 81; PL. LXXVI, 1007. Sull’Officio del — notarius — nella chiesa cfr. MARTIGNY, Dictionnaire des Antiquités chrétiennes, Paris, 1899, pp. 516-17; e F. X. KRAUS, Real-encyclopadie der christl. alter- tümer, Freiburg in Br. 1886, p. 5024. Evidentemente qui non si tratta di un semplice — exceptor — o — amanuensis — ma d’un quasi — segretario — coll’Ufficio di — chartarius — (archivista) della chiesa, e amministratore dei suoi beni. (Vedi CATALANI, De Ecclesia Rirmana, Fermo, 1873, p. 101). Nell’epigrafia cristiana non è ignoto questo ufficio. Cfr. un’iscrizione cristiana del V sec. di un — notarius — della chiesa spoletina. (DE ROSSI, “Bullettino”, 1871, p. 113).
Fu in questi anni che sorse, per opera di Valeriano, un oratorio in onore di S. Savino, dedicato poi dal Vescovo Passivo. (n6= Greg. M. Ep. IX, 58. Hartmann, II, 81 PL. LXXVI, 1007. Il papa scrisse anche al vescovo di Spoleto, Cristiano, perché inviasse — sanctuaria — da riporre nell’oratorio fermano. (Ep. IX, 59. Hartmann, II, 82; PL. LXXVI, p. 113)
La chiesa fermana non era certo fra le ultime del Piceno se Gregorio Magno affidò in quegli anni al Vescovo Passivo l’officio di visitatore della chiesa dì Teramo, allora vacante. (n7= Ep. IX, 71. Hartmann, II, 90; PL. LXXVI, 1225-6. La Chiesa di Aprutium di cui parla Gregorio M. era la chiesa di Teramo (Interamnia Praetutiorum) rimasta vacante per le invasioni longobarde (DUCHESNE, Les evéchés d’Italie... in: Mélanges, 1903, p. 96; vedi anche LANZONI, Le Diocesi d’Italia dalle origini al principio del sec. VII, Faenza, 1927, I, 396)
La vacanza si protrasse per qualche anno perché tre anni più tardi della lettera precedente, nel novembre del 601 Greg. M. invitava Passivo ad esaminare il monaco Oportuno per vedere se non fosse il caso di consacrarlo vescovo di Aprutìum (Ep. XII, 4. Hartmann, II, 350; PL. LXXVI, 1226-7) ed altri incarichi (n8= Nel 602 il Papa invitava Passivo a consacrare un monastero a S. Savino, nell’Ascolano (Ep. XIII, Hartmann, II, 385: PL. LXXVI, 1271). Più in là di questo anno, 602 non abbiamo notizie di Passivo. Gregorio ci dà notizia di un viaggio del vescovo fermano a Roma (Ep.IX, 51, Hartmann, II, 77; PL. LXXVI, 960)
sul finire del secolo VI essa era già compieta- mente stabilita e perfettamente organizzata. (n9= Su Fabio e Passivo (598-620;) vedi: UGHELLI, Italia Sacra, II, 683. CAPPELLETTI, Le Chiese d’Italia, III, 588 sq.; GAMS, Series episcoporum, p. 692; A. BORGIA, Omelie, Fermo, 1757, p. 346 sq. (omel. Natale 1756) p. 402 (omrl. Natale 1751); CATALANI, pp. 97-98)
Di questo periodo possediamo qualche memoria monumentale. La cattedrale fermana, distrutta nel 1176 (10= Fu incendiata e distrutta dalle truppe del Barbarossa nella festa di S. Matteo (21 sett.) di quell’anno. Ne ricordano l’avvenimento: la lettera di Alessandro III del 1177 (CATALANI, De Ecclesia Firmana. Appendice, doc. XXXII); la cronaca di Antonio di Nicolò (DE MINICIS, Cronache, p. 3); una nota del — Breviarium — al 15 agosto e poi tutti gli autori locali. (Cfr. CATALANI, p. 36))
e risorta poi nel secolo XIII (n11= Fu compiuta nel 1227, come ne fa testimonianza una iscrizione ancora conservata su un ingresso laterale, (cfr. DE MINICIS, Eletta di monumenti più illustri della città di Fermo, Roma, 1841, I, p. 48, 55, CATALANI, 36-38 etc.). Ma poi nel 1789 il Card. Arcivescovo Minucci la rinnovò completamente secondo il gusto dei tempi, conservando solo dell’antica l’artistica facciata)
fu edificata sulle rovine di una basilica anteriore la quale può essere riportata con tutta probabilità a questo periodo. (n12= Gli scavi recenti, ancora non ultimati, l’hanno per ora confermato. E’ arbitraria e priva di fondamento l’affermazione del Catalani (De Ecclesia Firmana, p. 36) secondo il quale essa si sarebbe cominciata ad edificare nel IV o V secolo. Il mosaico pavimentale rinvenuto sull’abside di questa primitiva basilica non può riportarsi a quest’epoca. Al contrario la tradizione che essa sorgesse su un antico tempio pagano (CATALANI, p. 36-7) pare confermata dai recenti scavi che hanno messo in luce un grande basamento di colonna, appartenente probabilmente ad un edificio pagano, o tempio, su cui poggia un muro dell’abside)
I predecessori dei Vescovi Fabio e Passivo ci sono ignoti. Un vescovo di nome Justus <Giusto>, dei primi del VI secolo, e intervenuto al Concilio Romano del 502, fu attribuito a Fermo (n13= UGHELLI, II, 682; GAMS, Series episcoporum, p. 692; CATALANI, p. 97 etc. )
ma quel vescovo era di Segni e non di Fermo (n14= Al Sinodo romano del 502 sotto p. Simmaco (498-514) si sottoscrisse — Justus episcopus ecclesiae Sieninae —- (“Monumenta Germ. Hist.” Auctores antiquiss. Auctores antiquiss. Cassiodori variae (ed. Mommsen) p. 455. Cfr. LANZONI, I, 936).
Teodicio e Vittorino, che vari autori fanno vescovi fermani anteriori a Fabio e Passivo (n15 UGHELLI, Italia Sacra, II, 682; A. BORGIA, (Omelie, Fermo 1767) dice Teodicio vescovo del VI sec. (p. 238; Omelia Natale 1748) e Vittorino del V(pp. 190-2, Om. Natale, 1747)), a giudizio anche di autori locali sono da rigettarsi (n16= CATALANI, De Ecclesia Firmana, p. 81-2. LANZONI, I. 395).
Nel V secolo v’era a Fermo la cattedra episcopale? Non ci è dato saperlo ma ci è lecito supporlo. Il Piceno allora contava varie chiese episcopali (n17= Nei Sinodi Romani del 487 495 compaiono vari Vescovi Piceni, tra i quali: di Pausula (Corridonia), Numana,Tolentino e Urbisaglia, città vicine a Fermo, (Monumenta Germ. Hist. Auctores antiquis., XX, Cassiodori variae, ed. Mommsen, p. 505) Potentia (Picena) aveva per vescovo Faustino, legato papale nella questione Pelagiana (418-22) (L. DUCHESNE, Histoire ancienne de L’église, III, 243); Papa Gelasio I, (492-96) rimprovera — universis episcopis per Picenum constitutis — di esser ligi al Pelagianesimo. Cfr. P. JAFFÉ – S. LOEWENFÈLD, Regesta Pontificum Romanorum. Leipzig, 1885, 621)
talune delle quali di non maggiore importanza che Fermo (n18= Ciò è soltanto probabile. Papa Gelasio I scrive ai vescovi — Respecto et Leonino — per affari attinenti all’episcopus faleronensis di Falerone nel Piceno presso Fermo (a. 492-6, JAFFÉ – LOEWENFELD, 687). Il Catalani opina che l’uno dei due sia stato il vescovo di Fermo (CATALANI, p. 96-7). Ma con quale fondamento? Respectus probabilmente invece era di una diocesi dell’Abruzzo (cfr. JAFFÉ – LOEWENFELD, 648). In un negozio che riguardava il — vicus cluentensis — (presso l’odierna Portocivitanova) molto vicino a Fermo, p. Gelasio I affida la cosa ai vescovi Filippo e Geronzio (JAFFÉ – LOEWENFELD, 633; cfr. anche 705); l’uno era vescovo di Numana (LANZONI, I, 386; F. KEHR, Italia Pontificia, IV, 145) e l’altro di Valva! (S. Pelino nell’Abruzzo) – (JAFFÉ – LOEWENFELD, 648)).
Ma spingersi oltre il V secolo e affermare che nel IV secolo Fermo fosse già sede episcopale è una ipotesi che non pare sostenuta da sicure ragioni (n19= A parte gli autori locali, A. HARNACK ha supposto che la sede episcopale fermana già esistesse nel 325 all’incirca. (Die Mission und Ausbreitung des Christentums, Leipzig, 1924, II, 816) come anche quelle di Ancona, Ascoli etc. (ibid., p. 815) ma fondandosi sulla venerazione dei martiri in dette chiese. Ora questo criterio è tutt’altro che sicuro (LANZONI, II, 1072) e per Fermo di poco valore).
Se nel quarto secolo vi furono delle chiese episcopali nel Piceno, Fermo non è tra le più probabili (n20= Infatti nessuna diocesi picena può dimostrarsi esistente nel IV sec.; solo di alcune di esse può ritenersi con molta probabilità come Ancona, Osimo che vanta dei martiri, e Tolentino. (LANZONI, I, 1070)).
Nel IV secolo tuttavia a Fermo era entrato il Cristianesimo. E’ precisamente del IV secolo un sarcofago cristiano (n21= L. SERRA, (L’arte nelle Marche, p. 12) lo dice della fine del III; ma è da ritenersi invece del — pieno — secolo IV. (G. WILPERT, I, Sarcofagi cristiani antichi, Roma, 1929-36. Testo I, p. 119; Tavole I, 116/3. Cfr. anche Testo II, p. 229; I, p. 162; così anche il TOESCA (Storia dell’Arte, Torino, 1927, I, 78)
probabilmente di arte locale (n22= G. WILPERT, Testo I, 118; vi si nota la rudezza e l’impaccio di un’arte provinciale. La fronte del Sarcofago ha 4 scene riferentisi a S. Pietro apostolo; le due a sinistra rappresentano la resurrezione di Tabita (Actus IX, 36-40) le due a destra la liberazione di Pietro)
che si conserva nella cripta della Cattedrale (n23= Cfr. DE MINICIS, Sarcofago cristiano nel tempio metropolitano di Fermo illustrato, Fermo, 1843. Il De Minicis (p. 15) afferma che ivi fossero riposte le spoglie dei martiri e vescovo Filippo! Ma dove ha preso la notizia? Quello che può dirsi di certo è che ivi nel sec. XVII si veneravano le reliquie dì un Philippus. m., creduto anche vescovo. Un caso simile a Lucca; in un sarcofago del secolo IV furono venerate e ancora si venerano le reliquie di un — Paolinus m. — creduto pure vescovo di Lucca. (LANZONI, I, 603, 605).
Ma ad eccezione di questo monumento non abbiamo altra memoria di questo periodo (24= Un’iscrizione sepolcrale cristiana, l’unica che si conosca a Fermo, fu rinvenuta nella metà del secolo scorso negli scavi della — Piscina — e oggi si conserva nella Biblioteca comunale. MAX(ima) BO(na) CRIS(tiana) KA(rissima) MU(lier) IN P(ace) ANTE (diem) SEP(timum) KA(lendas) JUNIAS QUE FECIT CUM MAR(ito) AN(nos) XV ET PERIT PLUS Ml(nus) AN(norum) XXX TANTUM. Ma è spspetta. (Corpus Inscr. Latin., IX, 5419). ).
Quando entrò il Cristianesimo a Fermo?
Secondo la Passio, S. Emidio, protovescovo di Ascoli (5 agosto) e, secondo la stessa narrazione, martire dell’ultima persecuzione (25= BHL, 2535-7. AA. SS. aug. II, 18-36, (ed. 1867))
sarebbe venuto nel territorio fermano e vi avrebbe operato conversioni e prodigi (26= Picenorum civitatem adiit … (Fermo ) e — iuxta fluvium Tennae — (territorio fermano) avrebbe distrutto un tempio d’Apollo (AA. SS. aug. II, 35). Cfr. COLUCCI, Antichità Picene, III, XXV-VII, CATALANI, pp. 63-4, G. PORTI, Tavole sinottiche, p. 17).
Ma questo documento è di valore dubbio (27= I Bollandisti lo dissero molto sospetto (AA. SS. aug. II, 19) e il Lanzoni, favoloso, fantastico e tardivo (I, 398). Da notare che il leggendista del sec. XI-XII non mette in relazione la venuta nel territorio fermano di S. Emidio con vescovi locali, come furono poi ritenuti Alessandro e Filippo!).
Anche di S. Feliciatìo, vescovo e martire del III secolo di Forum Flaminii presso Foligno (28= Della Passio (BHL 2846-51) si hanno varie redazioni: \ a) AA. SS. ian. III, 196-7 (ed. 1863).\ b) Cod. sec. XIV della Biblioteca d’Hannover; pubblicato da E. Bodemann in: Zeitschrift fuer Kirchengeschichte XII (1890) pp. 77-81.\ c) Cod. Vallicelliano del sec. XVI in: Anal. Boll. IX (1890) pp. 381-92; \ d) L. JACOBILLI, Vita di S. Feliciano m. v. et protettore della città di Foligno, in Fuligno, 1626. Cfr. Anal Boll. IX (1890) p. 380. Dello stesso, Vite dei Santi e Beati di Foligno, Foligno 1628, (trad. in latino in: AA. SS. ian. Ili, 198-202 (ed. 1863)), si narra che sia venuto nel Piceno e abbia evangelizzato varie città (29= Così a Fossombrone (cfr. anche VERNARECCI, Fossombrone dai tempi antichissimi ai nostri, Fossombrone 1907, I, 99), Ancona, Osimo etc. (Recensione c) Anal. Boll. IX, 1890 p. 387; L. JACOBILLI, Vite dei Santi e Beati di Foligno, in AA. SS. ian. III, p. 200. ) e tra queste anche Fermo (30= Cfr. anche CAPPELLETTI, (Le Chiese d’Italia, IV, 410-12); COLUCCI Antichità Picene, III, XXIII-V; Catalani p. 4).
Ora l’apostolato di questo santo nel Piceno non è troppo sicuro e molto meno il suo apostolato a Fermo (31= La Passio, compilata circa il VI o VII sec., ricca di soverchi particolari, ispirata a quelle sorelle dell’Umbria e a quella non meno sospetta dei SS. Abdon e Sennen (BHL, 6-7) non è certo attendibile, (LANZONI, I, 452) ma non da rigettarsi del tutto. Con tutta probabilità è da ritenersi quanto dice sull’episcopato del Santo a Forum Flaminii (S. Giovanni Profiamma presso Foligno) di cui fu protovescovo, non di Foligno, sebbene ivi sepolto e venerato protettore (LANZONI, I, 450, 452 etc.) né di Spoleto (LANZONI, I, 433). Ma della cronologia non è da fidarsi; la Passio lo fa contemporaneo di p. Vittore (189-99) e da lui ordinato vescovo, e poi martire sotto Decio (249-51). Che dovrà dunque concludersi per il suo apostolato nel Piceno? Forse si volle estendere anche al vicino Piceno quello che il Santo, con più probabilità, fu per l’Umbria; uno dei primi e più grandi apostoli. (Cfr. LANZONI, I, 453). ).
Nel martirologio di Beda (32= QUENTIN, Les Martyrologes historiques, p. 96; così poi in Adone. (QUENTIN, p. 482); in autori locali come il COLUCCI, (III, XXIX) la notizia è stata accettata)
si dice che Anatolia martire della Sabina (33= P. PASCHINI, La Passio delie martiri sabine Vittoria e Anatolia, Roma 1919, (Lateranum I) pp. 8 sq.)
sia stata nel Piceno e ivi abbia operato prodigi; ma la notizia non è che un errore di topografia (34= Beda non conoscendo precisamente il teatro delle gesta della santa e del suo martirio, lo designò con l’indicazione di una regione vicina Pi cenum (P. PASCHINI, o. C. p. 70))
. Anche di S. Apollinare, protovescovo Ravennate, si affermò che avesse evangelizzato il Piceno, ma senza fondamento sicuro (35= Infatti la Passio (BHL. 623) per quanto leggendaria non ne parla. La notizia è dovuta a scrittori del sec. XVI che vollero riattaccare le origini delle loro diocesi a questo famoso apostolo dei tempi apostolici (LANZONI, I, 747; I primordi della Chiesa faentina, Faenza, 1906, pp. 8-14). Per Fermo vedi CATALANI, pp. 34).
Un autentico apostolo del Piceno è invece S. Marone.
La Passio di questo martire (36= BHL. 6063-5: AA. SS. mai, III, 11-12 (ed. 1866). Cfr. anche BHL. 2789) fa parte di quella, dei celebri martiri romani Nereo e Achilleo e compagni (37= BHL. 6058-66. H. ACHELIS, Acta SS. Nerei et Achillei, Leipzig, 1893)
tutti, secondo la detta Passio, del 1° secolo. S. Marone avrebbe precisamente subito il martirio al 130° miglio da Roma sulla via Salaria sotto l’Imperatore Nerva (96-98) (38= Tutti gli autori fermani parlano di S. Marone accettandone integralmente la storia della Passio. (Cfr. A. BORGIA, Omelie, Fermo, 1749, p. 257. (Om. Natale 1741). CATALANI, De ecclesia firmana, pp. 1-3 p. 54; COLUCCI, Antichità Picene, III, XIIT-XX. G. PORTI, Tavole sinottiche, p. 17.
Ma questo documento non merita troppa fede a giudizio di alcuni critici, in modo particolare per la cronologia (39= LANZONI, I, 54. Il MASSETANI tentò di rivendicarne l’autenticità (S. Marone primo apostolo del Piceno. Civitanova Marche 1898); ma vedi Anal. Boll. XVIII (1899) 185).
Di più Nereo ed Achilleo molto difficilmente possono riferirsi al 1° secolo (40= Il De Rossi lo credette (Bullettino 1874, pp. 19-26) fondandosi sul noto carme Damasiano (Inscriptiones Christianae, II, 31 (74), vedi anche II, 67 (28), 101 (20) etc.; IHM, Damasi epigrammata, Leipzig, 1900, p. 12) ove vedeva nel — tyrannus — indicato da Damaso l’Imperatore Nerone (54-68). Ma la supposizione non regge. (P. FRANCHI dei Cavalieri, I SS.. Nereo ed Achilleo, Note agiografiche, III, (1909) (Studi e Testi 22) pp. 43-55)
mentre non pochi argomenti li fanno ritenere martiri dell’ultima persecuzione (41= Pio FRANCHI, Note agiografiche, 1. c. p. 45, 55. Il ch.mo autore ricorda che ad eccezione di Pietro e Paolo, i martiri della persecuzione neroniana sono anonimi; osserva che se il Carme Damasiano li fa martiri di Nerone perché non così la Passio? E ancora: perché Damaso avrebbe taciuto dell’età apostolica del loro martirio? Trova infine una conferma della sua ipotesi nel fatto che i 2 Milites Nereo ed Achilleo, supposti martiri dell’ultima persecuzione ben si inquadrano su quanto ci enee il carme Damasiano).
Potrà dunque ritenersi che l’intero gruppo, compreso il nostro S. Marone, sia del 1° secolo? (42= Il MASSETANI lo ritiene (Ricerche sull’epoca del martirio di S. Marone, primo apostolo del Piceno, Civitanova Marche 1926, p. 12-14). Ma se non lo sono i martiri più celebri del gruppo, si potrà affermarlo degli altri? e se la Passio ha errato per gli uni, dirà il vero per gli altri? (LANZONI, I, 394))
. Quello che invece può concludersi con sicurezza è che S Marone sia un martire del Piceno (n43= DELEHAYE, Origines, p. 314; LANZONI, 393; il Martirologio Geronimiano lo conferma: (al 15 aprile. DELEHAYE, Commentarius perpetuus in Mart. Hieron. AA. SS. nov. II, p. post. Bruxelles 1931 191/1). Così anche il culto del Santo diffuso in varie località del Piceno. (LANZONI, I, 393-4)) di località non ben precisata ancora (n44= La indicazione topografica del Martirologio — in Monte aureo — (Comm, 191/1) pare trovi riscontro in più d’una località del Piceno. (N. MASSETANI, Ricerche sul luogo del martirio di S. Marone, Alba 1927, p. 6). Se le buone ragioni addotte dal MASSETANI per Civitanova (Marche) (DELEHAYE, Origines, p. 314) fossero decisive, ciò sarebbe di grande importanza per la vicina Fermo e suo territorio che potrebbero vantare giustamente S. Marone come loro apostolo).
In conclusione: l’introduzione del Cristianesimo nella Chiesa fermana, è, per così dire, anonima, e non avendo nessuna memoria particolare, può ricevere un po’ di luce solo dall’introduzione del Cristianesimo nel Piceno.
Agli inizi del IV secolo il Piceno conosceva il Cristianesimo perché contava perfino dei martiri (n45= Abbiamo ricordato S. Marone; sono da aggiungere i martiri Fiorenzo e Diocleziano, (16 maggio) di Osimo, ricordati nel Mart. Geronimiano {Comm. 257/15; LANZONI, I, 387-8); Fossombrone (propriamente non dell’antico Piceno) ne vanta di martiri secondo la tradizione (VERNARECCI, Fossombrone dai tempi antichissimi… I, 101-5) ma non sono locali {Comm. 77/2; LANZONI, I, 496). Per Ancona, cfr. sotto); ma era esso già entrato nel III secolo?
Per quanto sappiamo il Cristianesimo venne al Piceno da due centri: da Roma attraverso l’Umbria e dall’Oriente attraverso Ancona (n46= E’ noto che in Occidente il centro di diffusione fu Roma, in specie per l’ltalia. Roma comunicava col Piceno per la Via Salariale Flaminia, che attraversavano l’Umbria e venivano nei Piceno conducendo, con vari diverticoli, alle principali città della regione. (K. MILLER, Itineraria romana, Stuttgart, 1916, c. 302, 315, 318, etc.). Per queste vie romane penetrò il Cristianesimo nell’Umbria (LANZONI, I, 433-4) e nel Piceno (I, 381). Cfr. anche LANZONI, Le origini del Cristianesimo e dell’episcopato nell’Umbria Romana. Estr. “Rivista storico-critica delle scienze teologiche, a. III”, Roma, 1907, p. 5).
L’Umbria contava già Cristiani nel II secolo e nel III le prime comunità cristiane organizzate (n47= LANZONI, Le origini del Cristianesimo e dell’episcopato nell’Umbria Romana. (Estr. Riv. Storico-critica di Scienze Teol. a. Ili), Roma 1907, p. 33; DE ROSSI, Spicilegio d’Archeologia cristiana nell’Umbria, Bullettino 1871, p. 92. Nel primo secolo, l’Umbria non conosceva il Cristianesimo (LANZONI, Le Diocesi d’Italia, I, 333)); non più tardi quindi del III secolo; si diffuse il Cristianesimo nel vicino Piceno (n48= Per tutte le notizie a proposito vedi: LANZONI, La prima introduzione del Cristianesimo e dell’episcopato nel Piceno, in: «Scuola Cattolica» 1919, luglio-agosto. Cfr. anche dello stesso autore: Le diocesi d’Italia, II, 1076-1092).
Ancona poi, la principale città del Piceno e centro importante di commercio coll’Oriente (n49= LANZONI, I, 381. In modo particolare da vedere: M. NATALUCCI, Antichità cristiane d’Ancona «Collana di studi anconitani, I», Ancona 1934, pp. 7-12) molto verosimilmente da quest’ultimo dovette ricevere il cristianesimo (n50= NATALUCCI, o. c. p. 12, 17. LANZONI, I, 383. La memoria di S. Stefano esistente in Ancona, di cui parla S. Agostino (Sermo 322, 323, 324. PL. XXXVIII, 1444-5-6 ed. 1841 e S. Gregorio M. (Dial. 1, 5, PL. LXXVII, 1778) e in cui, secondo la tradizione si venerava una pietra della lapidazione di S. Stefano, portatavi nel primo secolo, da un navigante, lo conferma chiaramente.), e in epoca abbastanza remota (n51= Non è dato precisarle Ma se non nel primo secolo, in un’epoca poco posteriore (LANZONI, I, 382); NATALUCCI, Antichità Cristiane a Ancona, p. 17) a sua volta ne fu un centro diffusore nel Piceno (n52= ll nucleo primitivo cristiano nel Piceno infatti si formò intorno ad Ancona (Ancona – Osimo) (LANZONI, I, 383). E’ molto probabile che l’influsso si sia esteso anche a Fermo. Le relazioni tra la Chiesa Anconitana e la Fermana lo fanno supporre. Due sante, ritenute martiri locali, Palazia e Laurenzia (8 ott.) secondo la leggenda (BHL. 6414. Vedi AA. SS. ott. IV, 47-9 ed. 1866) molto sospetta (LANZONI, I, 382-3) avrebbero subito il martirio a Fermo e a Fermo sarebbero state molto in venerazione (CATALANI, PP.53-55). Altri santi venerati nella Chiesa anconitana come S.Pellegrino, S. Liberio, sono venerati anche nella Chiesa fermana. Fabio, vescovo fermano fu in relazione con la Chiesa Anconitana).
Insomma nel III secolo il Cristianesimo a Fermo pare fuori dubbio (n53=Vedi Lanzoni, Introduzione del cristianesimo … nel Piceno l. c., e Le diocesi d’Italia, II, 1076, e sq.), mentre prima di quell’epoca non abbiamo finora documenti pienamente sicuri per dimostrarne l’esistenza (54= F. SAVIO, Alcune considerazioni sulla prima diffusione del Cristianesimo. «Rivista di Scienze storiche», Pavia 1904, fasc. III, pp. 200-204 ).
Da «Studia Picena» 13 (1938) 131-138