MIOLA, Gabriele. L’uomo guarda l’apparenza, il Signore guarda il cuore” (1 Sam 16,17). David e l’attesa del re ideale nell’AT. In “Il politico e la politica nella Bibbia”, a cura di Bruno Tarantino; Todi: Tau, [2008- Atti del Convegno tenutosi a L’Aquila.] pp. 27- 43
–< Qui note al termine del testo>
L’UOMO GUARDA L’APPARENZA, IL SIGNORE GUARDA IL CUORE (1 Sam 16,7) DAVID E L’ATTESA DEL RE IDEALE NELL’AT.
Le parole citate nel titolo sono dette da Dio a Samuele quando questi viene inviato dal Signore alla casa di Jesse a Bethlehem per consacrare David, giovinetto, ma chiamato ad essere il re che dovrà sostituire Saul, ripudiato da Dio per la sua condotta.
Questa espressione coinvolge tre personaggi: Samuele al quale Dio da questo messaggio; Saul, il re ripudiato perché non risponde al piano di Dio; David, l’eletto, che è scelto perché è giovane che ha un cuore secondo il disegno del Signore. La storia di questi tre personaggi è contenuta nei due libri che portano il titolo del giudice-profeta, cioè 1-2 Samuele.
Dividerò questa relazione in tre momenti. Vedremo prima la frase nel contesto narrativo biblico, poi ci domanderemo qual è il valore storico di questi testi biblici, cioè dei libri che portano il nome di Samuele e quindi la base storica dei suoi tre personaggi, servendoci di alcuni studi recenti; infine cercheremo di coglierne il senso teologico e il messaggio per l’oggi.
.1. – II contesto biblico
La frase si trova nel quadro della storia di Saul e David nel momento in cui il profeta è stato inviato da Dio alla casa di Jesse in Bethlehem perché Dio ha ripudiato Saul e ha scelto il suo nuovo consacrato dalla casa di Jesse. Samuele, ultimo dei “giudici”, compie la missione affidatagli, va di nascosto di Saul a Bethlehem alla casa di Jesse e questi gli presenta i suoi figli a cominciare da Eliab, il maggiore, giovane robusto e aitante. Potrebbe essere lui il prescelto, ma Dio dice a Samuele: “Non guardare al suo aspetto né all’imponenza della sua statura. Io l’ho scartato, perché io non guardo ciò che guarda l’uomo. L’uomo guarda l’apparenza, il Signore guarda il cuore” (1 Sam 16,7).
.1.1. – II giudice-profeta Samuele.
Samuele, stando al testo biblico, gioca un grande ruolo nel passaggio dal tempo dei Giudici a quello della prima monarchia, un passaggio che si può porre intorno all’XI-X, verso il 1000 a. C. Samuele, ultimo dei Giudici, segna una svolta epocale e proprio perché è stato un grande personaggio, il racconto biblico ne narra le origini. Samuele è un figlio donato da JHWH ad una coppia sterile, Elkana ed Anna, quando questa donna aveva implorato tra le lacrime una maternità. Ottenutala, aveva consacrato il figlio al servizio di Dio sotto la guida del sacerdote Eli presso il santuario di Shilo, dove si trovava l’arca dell’alleanza. Per il comportamento irresponsabile di Eli, che non aveva condannato e punito la condotta immorale dei figli, il Signore rifiutò Eli, i suoi due figli e tutta la sua famiglia, che fu sterminata durante la guerra contro i Filistei. Samuele gli succedette come giudice: aveva la sua residenza a Mizpa, giudicava Israele e lo liberò dall’oppressione dei Filistei. Sono i capp. 1-7 del primo libro di Samuele.
Quando Samuele divenne vecchio e il potere dei Filistei si fece sempre più minaccioso e d’altra parte i suoi figli non si comportavano bene, come s’era comportato il padre, gli Israeliti intimiditi dalla pressione sempre più forte del nemico filisteo. chiesero a Samuele di costituire per loro un re, così come tutti gli altri popoli vicini ne avevano. Si svilupparono così in Israele due tendenze o due partiti: uno contrario all’istituzione monarchica e uno favorevole. Quello favorevole vedeva nella figura del re l’opportunità di una concentrazione di forze di fronte al nemico, unificando le tribù finora autonome e disperse; l’altro pensava che volere un re fosse un attentato alla sovranità di JHWH su Israele e che il monarca avrebbe diminuito la loro liberà imponendo tassazioni, facendo la coscrizione dei giovani per l’esercito ed esigendo il mantenimento della corte.
Samuele consultò il Signore, che disse al giudice Samuele di accogliere le richieste di consacrare un re per Israele nonostante tutti i presagi negativi. Si giunse così alla scelta di Saul, figlio di Kish della tribù di Beniamino. Il racconto procede su due linee: da una parte JHWH sceglie direttamente il suo consacrato e indica a Samuele il giovane Saul mentre questi si avvicina alla sua casa per interrogarlo dove potesse ritrovare alcune asine, che si erano smarrire, dalla stalla di Kish suo padre. Allora il Signore rivela a Samuele che il giovane è l’eletto e Samuele all’insaputa di tutti nella sua casa lo unge re su Israele; dall’altra parte si narra come Saul aveva riportato una grande vittoria contro gli Ammoniti e come, guerriero provato e vittorioso, viene sorteggiato nell’assemblea delle tribù d’Israele a Gai- gala (cfr. 1 Sam 8-12).
Di fatto lo scontro fra le due correnti non è che la visione, come vedremo, dell’autore deuteronomista di questi libri, che ha un giudizio negativo sulla monarchia. Samuele ha avuto comunque un grande ruolo facendosi propugnatore di una visione potremo dire “laica” della monarchia, presentandola non come un assoluto e tanto meno come una realtà divina, tipica delle culture viciniori, ma relativizzando la figura del re in quanto legato ad un patto con Dio e col popolo, patto che lui stesso deve osservare per primo (cfr. 1 Sam 10,25)(n.1)
.1.2. – Il re Saul
I capp. 13-15 accennano appena alle vittorie di Saul sui Filistei, sugli Ammoniti, sugli Edomiti e sugli Amaleciti (1 Sam 14,47), sottolineano invece più fortemente gli errori di Saul: si arroga il diritto di offrire sacrifici prima di attaccar battaglia e poi non attua la legge del herem o dello sterminio nei confronti degli Amaleciti riservando per sé una parte del bottino invece di consacrarlo tutto alla divinità. Il racconto sembrerebbe sottintendere una divisione dei poteri, quello sacerdotale, quello militare, quello tribale; ma Saul, come primo re, ha dinanzi i modelli cananei, che conoscono un solo potere, quello assoluto del re. La condotta di Saul porta alla rottura con Samuele, che per ordine di Dio rifiuta Saul e viene mandato dal Signore a scegliere un altro re. È qui che Samuele, per ordine di JHWH, va a Bethlehem e tra i figli di Jesse, per elezione divina, viene scelto il più piccolo, il giovane David, che “era fulvo, con begli occhi e gentile di aspetto”; poteva sembrare poco atto alle armi e ad essere re, ma Dio dice a Samuele: “Io non guardo ciò che guarda l’uomo. L’uomo guarda l’apparenza, il Signore guarda il cuore” (1 Sam 16,7).
Il narratore commenta: “lo consacrò con l’unzione in mezzo ai suoi fratelli, e lo spirito del Signore si posò su David da quel giorno in poi” (v. 13).
.1.3. – Il re David
Troviamo poi la storia di David nel seguito di 1 Sam 16-31. Vi si narra l’insorgere dell’invidia di Saul nei confronti di David, dopo la sua vittoria sul gigante Golia, la persecuzione del re contro David. David, anche quando viene braccato da Saul, è presentato come uomo che confida nel Signore, pur perseguitato è rispettoso di Saul perché lui è il consacrato di JHWH e, pur avendo l’occasione di sbarazzarsi del persecutore uccidendolo, non lo elimina in attesa di un giudizio di Dio; è costretto a rifugiarsi presso il nemico filisteo, ma non partecipa alla guerra che costoro muovono contro Saul, che muore sui monti di Gilboa nella battaglia decisiva tra Israele e i Filistei.
Tutto il secondo libro di Samuele narra del regno di David, raccontando le lotte tra David e la famiglia di Saul (1-4), l’unificazione di tutte e dodici le tribù d’Israele nell’unico regno davidico e l’occupazione di Gerusalemme, che diventa la capitale e la città di David, dove il re porterà l’arca dell’alleanza (5-6); momento culminante è l’oracolo di Natan, che da una legittimazione religiosa alla casata di David con la promessa divina della stabilità della discendenza davidica sul trono di Gerusalemme, perché Dio stesso costruirà una casa a David (cap. 7). Seguono poi le vicende tragiche familiari con le lotte per la successione, come conseguenze del peccato di adulterio e di omicidio perpetrato da David (10-20). David però rimarrà per sempre il re ideale perché Dio, che “guarda il cuore’’, ha fatto di David il suo eletto, il suo servo, come di lui si canta nel salmo 89,4-5.20-38: “ho trovato David, mio servo, con il mio santo olio l’ho consacrato” (v. 20).
.2. – Una lettura critico-storica
La lettura dei due libri di Samuele è affascinante, dominata da un alone di soprannaturalità in cui l’intervento dei profeti, di Samuele prima e poi di Gad e soprattutto di Natan, lascia trasparire una storia che si realizza secondo un disegno comunicato dall’alto, in cui la presenza di Dio è costante. Questi racconti lasciano l’impressione di una storia quasi fiabesca, in cui si muovono insieme gli uomini e Dio per realizzare un progetto straordinario, cioè il regno ideale d’Israele. Dinanzi a racconti siffatti, abituati come siamo ad una storia che si sviluppa secondo l’azione e i progetti degli uomini, attenti ad una lettura critica degli eventi e delle azioni dei diversi personaggi, si rimane sconcertati. Ad esempio, che significato ha, da un punto di vista storico, ungere re prima Saul e poi David in segreto all’insaputa di quel popolo su cui dovranno regnare?
Da quando la critica letteraria e storica da Noth in poi, cioè da metà del secolo scorso, si è concentrata sullo studio della corrente deuteronomistica, che sarebbe all’origine dell’opera che va dal libro di Giosuè al libro dei Re, si è detto che questi libri rappresentano la storia d’Israele e che è un’opera storiografica fondamentale, che rilegge unitariamente sulla base di fonti antiche, trasmesse ed acquisite, il disegno della storia d’Israele (n.2).
La storiografia deuteronomista sorge all’epoca del re riformatore Giosia alla fine del VII secolo, ma viene completata dopo l’esilio al ritorno da Babilonia nel V-IV secolo.
Gli studiosi di questo periodo storico avevano diviso la storia deuteronomista in due fasi: una leggendaria o prestorica, quella dei “giudici”, che sono figure di eroi tribali, trasmesse dalla fantasia popolare e circondate da un alone leggendario, e una fase storica, che ci trasmetterebbe la realizzazione del regno d’Israele incipiente con Saul e arrivato al suo fulgore con David. Si faceva così cominciare la possibilità di una lettura storica con gli inizi della monarchia al X secolo a. C.
La guerra con i Filistei, David e la capitale Gerusalemme, le conquiste di David al sud fino al Mar Rosso e al di là del Giordano fino a Damasco e a tutta la Siria e poi il regno di Salomone, la costruzione del tempio e delle fortezze, nonché la flotta e i commerci erano ritenuti dati storici accettabili.
Più recentemente, possiamo dire all’incirca negli ultimi trent’anni, la critica storica e letteraria ha rivisitato tutta la costruzione deuteronomista della storia d’Israele vedendola come proiezione giustificativa di periodi più tardivi. Facciamo riferimento ad alcuni studi recenti, fermandoci su quelli accessibili in lingua italiana.
Due archeologi israeliani, Finkelstein e Silberman, hanno recentemente pubblicato i risultati delle loro ricerche archeologiche (n.3) tirandone conseguenze per la datazione degli scritti biblici.
Due momenti sono particolarmente illustrati: il passaggio dall’età del tardo bronzo (sec. XV-XII) a quello del ferro I (sec XII-XI) e il periodo di David-Salomone (sec. X). Per quanto riguarda il primo passaggio i due autori dicono che sulla base dei reperti archeologici si può affermare che in terra di Canaan, dal periodo del bronzo antico (sec. XXX- XXIII) all’età del ferro I (sec XII-X) si susseguirono periodi alternati di sviluppo e di distruzione nei quali le popolazioni locali passavano da stanziali, caratterizzate da sviluppo urbano e commerciale, a gruppi se¬minomadi e di piccoli villaggi. Alla fine del periodo del tardo bronzo (sec. XVI-XII), l’archeologia attesta la ripresa di nuovi insediamenti con attività pastorizie ed agricole, che danno origine a quella continuità che crea la storia d’Israele (n.4).
I due archeologi concludono: “Il processo che qui descriviamo è in effetti l’opposto di quello che viene rappresentato nella Bibbia: l’apparizione dell’antico Israele fu il risultato e non la causa del collasso, della caduta cananea. La maggior parte degli israeliti non arrivò a Canaan da fuori, ma emerse al suo interno. Non ci fu un esodo di massa dall’Egitto, come non ci fu una conquista violenta di Canaan. Inizialmente Israele fu costituito per la maggior parte da popolazioni locali, le stesse che incontriamo nell’altopiano nell’età del bronzò e in quella del ferro: colmo dell’ironia, anche i primi israeliti erano originari di Canaan!”
(n.5).
Anche per il periodo di David e Salomone i due autori affermano che dell’epoca d’oro della dinastia davidica non ci sono tracce; le conquiste di David e il grande regno unito di tutte le tribù d’Israele al tempo di David e le grandi realizzazioni edilizie di Salomone non possono essere documentate. È documentabile invece il regno del nord a partire dalla dinastia di Omri (sec. IX) quando in Giudea invece risultano insediamenti rarefatti e Gerusalemme non era che poco più di un villaggio, il cui sviluppo comincia invece ad essere documentabile archeologicamente a partire dalla fine dell’VIII sec., cioè dopo la distruzione di Samaria nel 721 per opera degli Assiri, quando la popolazione del nord si sarebbe riversata nella Giudea dando sviluppo nuovo al regno del sud, che aveva piccole, lontane origini nella dinastia davidica (n.6).
La storia deuteronomista ha invece descritto un unico grande regno al sec. X, al tempo di David e Salomone, per giustificare l’espansione di Gerusalemme verso le regioni del nord al tempo del re riformatore Giosia alla fine del VII sec., dal 622 in poi.
Concludono i due archeologi: “Lo storico deuteronomistico trasmette al lettore un messaggio duplice e in qualche modo contraddittorio. Da un lato raffigura Giuda e Israele come stati fratelli, dall’altro sviluppa un forte antagonismo fra loro. L’ambizione di Giosia era di espandersi a nord e di conquistare i territori dell’altopiano che una volta appartenevano al regno settentrionale. Così la Bibbia sostiene quell’ambizione spiegando che il regno settentrionale era stato fondato sui territori della mitica monarchia unita ed era stato governato da Gerusalemme, che era uno stato fratello israelita, che il suo popolo era composto da israeliti i quali avrebbero professato il culto a Gerusalemme, che gli israeliti ancora presenti in quei territori dovevano nuovamente volgere lo sguardo a Gerusalemme e che Giosia, l’erede del trono di David e della eterna promessa che JHWH aveva fatto a David, era l’unico legittimo erede dei territori dello sconfitto stato d’Israele” (n.7).
Questa lettura critica della storia deuteronomistica è accolta negli studi recenti e già J.L. Ska l’aveva esposta nel suo libretto: La parola di Dio nei racconti degli uomini e recensendo il volume di Finkelstein-Silberman si dice d’accordo nella ricostruzione fatta dai due autori su base archeologica, anche se pensa che non si possa attribuire a Giosia tutto il peso della formazione letteraria degli scritti deuteronomistici, che Ska abbassa al periodo postesilico (n.9).
Un’autorevole Storia di Israele, quella di A. Soggin, che nella prima edizione del 1983 presentava la monarchia di David e Salomone come sostanzialmente storica, nella seconda recente edizione del 2002 si allinea ad una lettura “mitica” di quell’epoca, come proiezione giustificativa di esigenze tardive, pone questo periodo nell’ambito delle «tradizioni sulla preistoria del popolo» e fa cominciare la storia d’Israele dal sec. IX con la dinastia di Omri (n.10).
L’orientalista M. Liverani ha pubblicato due anni fa il volume: Oltre la Bibbia. Storia antica di Israele (n.11). Anche per lui la storia documentabile d’Israele comincia solo con il IX sec., le epoche precedenti sono ricostruzioni ideologiche per giustificare situazioni posteriori. Significativa l’impostazione del volume, che intitola la parte seconda: Una storia inventata e vede nella storia deuteronomistica una costruzione sorta nel periodo tardo persiano, quando gli esuli che tornano da Babilonia debbono difendere le loro pretese di fronte agli israeliti che erano rimasti in Giudea o di fronte alle nuove popolazioni importate che avevano occupato i territori lasciati liberi dai deportati. Ecco i titoli dei capitoli della seconda parte che rivelano da soli la lettura che Liverani fa della storia degli inizi d’Israele: 13. Reduci e rimanenti: l’invenzione dei Patriarchi; 14. Reduci e alieni: l’invenzione della conquista; 15. Uno stato senza re: l’invenzione dei Giudici; 16. L’opzione monarchica: l’invenzione del regno unito; 17. L’opzione sacerdotale: l’invenzione del tempio salomonico; 18. L’auto-identificazione: l’invenzione della Legge. Questi titoli vanno presi con riserva perché hanno più il sapore di titoli giornalisti che di valore oggettivo. Del resto l’autore stesso ne è consapevole perché non nega che l’invenzione affondi le sue radici nelle tradizioni antiche d’Israele. Questa storia desta sorpresa, ma una sorpresa salutare, che invita ad una lettura più critica e quindi più storica d’Israele e delle sue istituzioni (n.12).
.3. – Prospettiva teologica
A quanto detto fin qui il regno di Saul fu ben piccola cosa. Liverani lo descrive così: “A giudicare dalle indirette connessioni cronologiche tra la figura di Saul e figure o eventi ad esso collegati siamo intorno al 1000… Lo scenario del regno – una volta eliminate tardive generalizzazioni del tipo e tutto Israele o da Dan a Bersabea e simili – è limitato al territorio di Efraim e Beniamino” (n.13). Per il regno di David, che dopo la morte di Saul unisce sud e nord nella sua persona, scrive: “Il regno di David si estende a questo punto a tutti gli altopiani centro-meridionali, ma resta pur sempre una modesta formazione politica sotto l’egemonia dei Filistei” (n.14).
Salomone eredita il regno del padre David e viene descritto nella sua estensione, che va “dal fiume (l’Eufrate) alla regione dei Filistei e al confine dell’Egitto” (I Re 54). A proposito Liverani scrive: “l’estensione indicata … corrisponde alla satrapia persiana della Transeufratene” (n.15), cioè alle proiezioni utopiche territoriali del postesilio.
La fama di Salomone in 1 Re è legata soprattutto alla costruzione del tempio di JHWH e del palazzo reale, ma, scrive Liverani: “Questi edifici, nelle dimensioni riportate dal testo biblico, superano di molto lo spazio disponibile nella piccola Gerusalemme che l’archeologia consente di assegnare al X secolo … Si tratta di progetti di età persiana, proiettati indietro al tempo di Salomone per conferir loro un valore fondante” (n.16). Alla morte di Salomone, le due tribù di Beniamino e Efraim, che formavano il piccolo regno di Saul, poi unite da David, fecero scelte differenti: Beniamino confermò i suoi legami con Gerusalemme e quindi alla tribù e al regno di Giuda, Efraim invece si collegò con Manasse, che aveva ascendenza comune (entrambe si rifacevano all’antenato Giuseppe) costituendo una entità nuova, che assunse o gli fu dato il nome di Israele, come già risulta per quel territorio dalla stele di Meren-ptah (n.17).
I racconti della elezione di Saul e di David fanno parte della redazione deuteronomistica, che ci ha dato, oltre i libri di Giosuè e Giudici, 1-2 Samuele e 1-2 Re. Essa vuol mettere in evidenza che l’origine della monarchia risponde al volere di Dio. Raccontare delle due unzioni, fatte da Samuele per ordine del Signore, assolutamente all’insaputa del popolo (1 Sam 10,1-2 per Saul e 1 Sam 16,13 per David), consacrati già re prima di ogni rapporto con esso, significa affermare che il sorgere della monarchia in Israele risponde al disegno di Dio. Ma la corrente deuteronomista sa che i re di Samaria erano idolatri e che la maggior parte dei re della dinastia davidica si era allontanata dalla fedeltà jahwista. Per questo le Scritture di redazione deuteronomistica hanno una chiara intonazione antimonarchica.
La tonalità antiregalista risulta chiara fin dall’apparire delle prime tendenze di chi vuol affermare un potere regale assoluto tra le tribù d’Israele. La tradizione ce ne ha dato tracce evidenti nelle pagine del libro dei Giudici con la storia di Abimelek, figlio di Gedeone.
Questi aveva rifiutato l’offerta di diventare re e aveva risposto a chi lo sollecitava al regno: “Io non regnerò su di voi né mio figlio regnerà; il Signore regnerà su di voi” (Gs 8,23). Ma Abimelek, il figlio natogli da una concubina di Shekem, assetato di potere, dopo la morte del padre, sterminò tutti i fratelli, figli di Gedeone, per regnare sulla città, ne scampò solo uno, Jotam. Il deuteronomista raccoglie dalla bocca di Jotam una favola imperniata sugli alberi che vanno in cerca di un re: costoro domandano alle piante più nobili del territorio di accettare il regno e chiedono successivamente all’ulivo, al fico e alla vite di regnare su di loro, ma queste si scherniscono perché hanno da pensare ai loro frutti squisiti; lo chiedono infine ad un rovo, che accetta purché tutti si mettano sotto la sua ombra (Gdc 7,9-15). La favola ha un sapore sarcastico nei confronti della monarchia: questa è un potere che schiaccia e che inaridisce la vita, come tutto ciò che spunta all’ombra di un rovo. Anche al sorgere effettivo della monarchia con Saul, il deuteronomista evidenzia la sua tendenza antimonarchica. Samuele, l’ultimo dei giudici, ne è il portavoce, egli afferma che richiedendo un re il popolo commette un duplice peccato: peccato contro JHWH perché pretendendo un re rifiuta la signoria del Signore e non si fida del suo aiuto contro la forza dei Filistei, e peccato contro la propria indipendenza e libertà perché il re sottoporrà il popolo a tributi e ne requisirà le proprietà migliori (1 Sam 8,6-11).
Il giudizio critico del deuteronomista sulla monarchia si risolve però in una utopia monarchica, di un re cioè che risponderà totalmente al piano di Dio e che applicherà la legge di JHWH. Questo avviene con l’inizio della letteratura deuteronomista, secondo Finkelstein-Silberman, al tempo del re Giosia. Questi è il vero re, che approfittando della debolezza dell’impero assiro e della ancora non affermata potenza neobabilonese tra il 640 e li 609, occupa le terre del nord cioè dell’ex-regno d’Israele e unifica nord e sud, questi è il re che fa di Gerusalemme uno splendore, questi è il re giusto che distrugge l’idolatria e fa la grande riforma sulla base della nuova legge che prevede un monoteismo assoluto, la centralizzazione del culto jhawista nell’unico tempio di Gerusalemme e un unico sacerdozio levitico, come è descritto in 2 Re 22,3-23,28 e nel rotolo della legge di Dt 12-26.
Per giustificare l’espansione del regno e la riforma, la linea deuteronomistica ne proietta l’anticipazione agli inizi della casata davidica, al sec. X, al tempo del capostipite, il re David. Scrivono i due autori: «Nella Storia Deuteronomistica, si venne a creare un’unica epopea della conquista di Canaan … (n.11) potente e prospero regno settentrionale, alla cui ombra Giuda era vissuto per oltre duecento anni, fu condannato come aberrazione storica, scisma peccaminoso della vera eredità israelita. I soli governanti giusti di tutti i territori israeliti erano i re della stirpe di David. È chiaro che molti dei personaggi descritti nella Storia Deuteronomistica, come il pio Giosuè, David ed Ezechia e gli apostati Acaz e Manasse, sono ritratti speculari in positivo e in negativo di Giosia» (n.18). Liverani invece sposta l’ideologia monarchica e tutta la formazione della letteratura deuteronomistica nel post-esilio e scrive: «Che inizi con David a noi pare ovvio, poiché fu David a fare di Gerusalemme la sua capitale … È un segnale chiaro di come la storiografia filo-monarchica, da Giosia a Zerubbabel, abbia in mente non la semplice rivitalizzazione del regno di Giuda, ma la costituzione di un regno che comprenda “tutto Israele”, compreso il nord …S’immaginò (dovremmo dire si postulò), come dato inconfutabile, un regno unico sotto David e Salomone, esteso quanto l’intera satrapia della Transeufratene, accentrato attorno alla dinastia reale e al tempio di JHWH, invincibile in guerra, e interamente caratterizzato da giustizia e sapienza» (n.19).
La frase: l’uomo guarda l’apparenza, il Signore guarda il cuore (1 Sam 16,7), oggetto di questo contributo, fa parte della visione deuteronomista della regalità. Nel racconto biblico Samuele lo dice in rapporto a David, ma il deuteronomista la dice in rapporto a Giosia o ad un re che risponda al suo ideale. Solo JHWH conosce il cuore dell’uomo (leb o lebab), cioè cuore, nel linguaggio biblico indica il luogo delle decisioni, quindi dell’intelIetto e della volontà (n.20), perciò dire che il Signore conosce il cuore dell’uomo significa dire che ne conosce le direttive decisionali della vita , la vita della persona nei suoi aspetti relazionali con Dio, con la sua Legge, con il prossimo. Il cuore dell’uomo è profondo (‘amoq) dice il Sal 64,7, è come un abisso o un baratro, perché impenetrabile all’occhio dell’estraneo e del soggetto stesso, ma Dio, che scruta gli abissi, penetra al fondo del cuore dell’uomo e lo scruta. Il Signore conosce l’intimo del cuore perché tutto l’uomo è sua opera, liricamente canta il salmo 139,13: “Sei tu che hai creato le mie viscere e mi hai tessuto (sakak, tessere, intrecciare) nel seno di mia madre”.
JHWH può intervenire nel cuore dell’uomo, può renderlo buono, retto, fermo, puro, tenero, anche quando l’uomo, che si è traviato e indurito nel male, invoca il Signore perché lo converta e gli cambi il cuore, ma può anche indurire il cuore quando l’uomo non vuol aprirsi alla comprensione del suo piano e della sua volontà (n.21).
Il deutronomista sa che anche David ha peccato e ha portato le conseguenze del suo adulterio e del suo omicidio con le lotte fratricide all’interno della sua famiglia per la successione al trono (2 Sam 13-20) e Salomone, che aveva costruito il primo tempio, viene biasimato per aver introdotto culti ido-. latrici a Gerusalemme in favore delle donne straniere che aveva sposate e accolte nel suo harem (1 Re 11,1-13), ma nonostante tutto l’ideologia regalista al tempo di Giosia (Finkelstein-Silberman) o nel postesilio (Liverani) esaltano David e Salomone per avallare la riforma e le istanze di Giosia o i tentativi di una possibile restaurazione della monarchia al tempo di Zerubbabel.
La frase “l’uomo guarda le apparenze, Dio guarda li cuore” nel contesto deuteronomista è messa in bocca a JHWH per dire quali debbono essere il cuore, cioè la mente, le intenzioni e i progetti del re secondo l’ideale monarchico. Il rotolo della legge del tempo di Giosia (2 Re 22,3-23,27), tramandatoci in Dt 12-26 mette la proclamazione della legge in bocca a Mosè per dare ad essa un’autorevolezza assoluta e stabilisce la natura della monarchia e i compiti propri del re. Evidentemente parla al futuro perché è Mosè che legifera. Si stabilisce che il re dev’essere un israelita, deve ricordare che è stato JHWH a stabilire Israele come popolo quando lo ha liberato dall’Egitto e che quindi ne è il vero Signore, non dovrà avere molte mogli, né molte ricchezze o eserciti e soprattutto deve conoscere, leggere ogni giorno la legge scritta e attenervisi, di essa deve avere copia presso di sé. Gli esegeti dicono che questa figura di re, delineata in Dt 17,14-20 più che la figura di David, di Giosia o di un qualsiasi altro re storico, è il re ideale, che somiglia più a un rabbino studioso e osservante della legge che a un monarca, tanto più che in tale testo legislativo si prevede che il re non abbia poteri giudiziali perché ci sono i giudici (16,18-20) e i leviti (17,8-13) che amministrano la giustizia e ci sono i sacerdoti per il culto (18,1-8) (n.22).
Dai libri postesilici di Esdra-Neemia e dai profeti Aggeo e Zaccaria si può intuire un qualche tentativo di restaurare la monarchia con i discendenti diretti della linea davidica Sheshbassar e Zerubbabel, ma poi o per l’opposizione della potenza persiana, che aveva facilitato la ricostruzione di un piccolo Israele in Gerusalemme e nella Giudea, o per le lotte interne alle fazioni dei sionisti tornati a Gerusalemme, il sogno di una restaurazione monarchica con un re che rispondesse all’ideale coltivato dagli esuli a Babilonia ed espresso nella corrente deuteronomistica, tramontò e si instaurò invece una teocrazia sotto l’egida del sommo sacerdote, una struttura che durò fino a metà del II sec. a.C. Così la figura del re diventò durante questo periodo solo una figura ideale messianico del discendente davidico.
Nell’ultimo periodo dell’AT, quello greco (301-67 a.C.), quando la Palestina dal dominio dei Tolomei d’Egitto (301- 199) a. C.) passò sotto il dominio dei Seleucidi di Siria (199- 67 a. C.) e Israele subì la persecuzione di Antioco IV Epifane, che voleva imporre anche religiosamente l’ellenismo, scoppiò la ribellione di Matatia e del figlio Giuda, che dette come esito politico una monarchia. I due fratelli di Giuda infatti, Gionata e Simone, riuscirono a concentrare nelle proprie mani ogni potere. Fu loro riconosciuto dalla Siria il titolo di etnarca, cioè capo del popolo con poteri civili-amministrativi, il titolo di stratega cioè capo dell’esercito e il titolo di archiereus cioè di sommo sacerdote (n.23). I discendenti di Simone costituirono una vera e propria monarchia, quella degli Asmonei per passare poi, al tempo di Gesù, ad Erode e alla sua famiglia. Furono tutti re che garantirono l’indipendenza e particolarmente la libertà religiosa d’Israele, ma furono tutti monarchi di tipo ellenista, di vita pagana e miscredenti, ben lontani da quell’ideale sognato dalla teologia deuteronomistica.
Dove stava ormai il David ideale? Per questo in Israele sorsero diversi movimenti religiosi che si rifugiarono nell’apocalittica cioè sull’attesa del giudizio escatologico di Dio che avrebbe distrutto il male e inviato il vero re-messia, il sacerdote che avrebbe riformato il culto, il profeta che avrebbe portato la parola definitiva di Dio (n.24).
Potremmo concludere dicendo che Dio guardò il cuore del Figlio, il quale rispose: “Ecco io vengo. Sul rotolo del libro di me è scritto che io faccia il tuo volere (Sal 40,8; Eb 10,5-7) e solo in Gesù si sono realizzate definitivamente le attese dell’AT perché lui è per noi e per tutti il vero re-messia, cioè il Cristo, il profeta e il sommo sacerdote.
N O T E
.1. – Sugli aspetti religiosi della monarchia in Israele e sul confronto con le monarchie di altri popoli cfr. H. GAZELLES, II Messia della Bibbia, Boria, Roma 1981; ID., Royauté sacrale, in DBS, vol 10 col. 1056-1077; ID., Sacral Kingship, in ABD, vol 5 pp. 863-866.
.2. – M. NOTH, Storia d’Israele, Paideia, Brescia 1975, p. 221. Nella traduzione sulla seconda edizione tedesca del 1954 scriveva: ”La tradizione davidica deve essere in gran parte considerata una storiografia, quindi come «un’opera dotta», mentre per il periodo storiografico fino a Saul possediamo quasi solo racconti popolari … Per la storia di David disponiamo infatti di un insieme di fonti, grazie alle quali possiamo comprendere gli avvenimenti storici, e soprattutto le loro concatenazioni …”
.3. – I. FlNKELSTEIN – N.A. SILBERMAN, Le tracce di Mose. La Bibbia tra storia e mito, Carocci edit., Roma 2003. Il titolo originale in inglese esprime meglio il contenuto del libro: The Bible Unearthed. Archeology’s New Vision of Israel and the Origin of Its Sacred Texts (Jemsalem 2002).
.4. – Ibidem, pp. 127-131.
.5. – Ibidem, p. 133.
.6. – Per una sintesi differente cfr. il volume, tradotto da poco in italiano, di R. Albertz, Storia della religione nll’Israele antico .1. Dalle origini alla fine dell’età monarchica, Paideia, Brescia 2005, & 3.1 (orig. 1996). La formazione di uno stato territoriale monarchico (pp. 166-178), che, pur partendo dai dati dell’analisi archeologica di Finkelstein, riconosce un vero stato unitario con David e Salomone.
.7. – I. FILNKELSTEIN, op. cit., p. 181.
.8. – J. L. SKA, La parola di Dio nei racconti degli uomini, Cittadella, Assisi 2000, pp. 90- 92.
.9. – Cfr. RdT 2003/1, pp. 133-139; sulla stessa linea si esprimono G. NIKAN- D. NOC- QUETN, Introduction à l’Ancien Testament, Labor et Fides, Genève 2004, pp. 291-295; più critico invece J.-M. Van Cangh, « La Bible dévoilée» de Finkelstein et Silberman, NRT 2004, pp 446-457.
.10. – SOGGIN, Storia d’Israele. Seconda edizione interamente rifatta, e aggiornata., Paideia, Brescia 2002. Cfr. prefazione alla seconda edizione.
.11. – M. LIVERANI, Oltre la Bibbia. Storia antica di Israele, Edit. Laterza, Bari 2003.
.12. – Una recensione molto positiva del volume fa il prof. J.L. Ska, che, dopo alcuni rilievi, conclude: « Il est certain que parmi les nombreuses histoires d’Israel sur le marché toutes ne son pas de meme valeur, mais celle de Mario Liverani est certainement à classer parmi les meilleures et les plus à jour » in Biblica 2005/2 p.179-283. Molto critica invece, più nei particolari che nell’insieme, quella di A. ROFÉ in Henoch, 2003/3, pp. 361-371. A Rofé non piace la titolazione della seconda parte dell’opera come “storia inventata” e richiama i possibili agganci della storia deuteronomistica alle tradizioni del passato.
.13. – M. LIVERANI, op. cit. p. 100.
.14. – Ibidem, p. 107.
.15. – Ibidem, p. 109.
.16. – Ibidem, p. 113. Per una discussione sui regni di David e Salomone su base archeologica si può vedere l’ampia appendice in B. HAUPERN, I demoni segreti di David, Paideia, Brescia 2004, pp. 423-475.
.17. – Cfr. M. LIVERANI, op. cit p. 117.
.18. – Ibidem, pp. 297-298, ma cfr. tutto il cap 11 pp. 289-309.
.19. – Ibidem, pp. 346-347, ma cfr. intero cap 16 intitolato: L’opzione monarchica: l’invenzione del regno unito.
.20. – Cfr. H.-J. FABRY, Leb- Lebab in GLAT, Paideia, Brescia 2004 (vol. IV. coll. 636-682, specialmente & IV, 4-5).
.21. – Cfr. per il rinnovamento del cuore Sai 51,12; Ez 36,26 e altro.; per rindurimento Es 4,21 ecc. Vedi H.-J. FABRY, op. cit.
.22. – Su questa tematica si possono consultare diversi articoli in «Parola Spirito Vita. Quaderni di lettura biblica», n° 51, 2005, su Il Potere con contributi di: A. VENIN, Gli inizi della monarchia in Israele: racconti per riflettere sul potere, pp 33-50; D. SCAIOLA, Il modello del re giusto: Giosia, Giosuè e la tradizione deuteronomista (p. 51-62); J.L. SKA, Divisione e condivisione dei poteri secondo il Deuteronomio (Dt 1.6,18-18,22). Cfr anche AA.VV., Davide: modelli biblici e prospettive messianiche, numero monografico di «Ricerche Storico Bibliche», 1995/1; B.M. LEVISON, The reconceptualization of Kingship in Deuteronomy and thè Deuteronomistic History’s Trasformation of Torah, VT 2001/4, pp. 511-534; R. VlGNOLO, Il Libro e la Terra. La torah mosaica nella storia deuteronomistica, Teologia 2001/2, pp. 185-212.
.23. – Cfr. 1 Mc 10,20.65
.24. – Questo tema, vasto e importante, esula dal nostro compito. Rimandiamo ad al tri studi.