Tre libri di Vinicio Albanesi sulla fiducia nella vita. Recensione di Gabriele Miola

 

GABRIELE MIOLA fa la recensione in FIRMANA  Quaderni di teologia e pastorale N. 27 – anno 2001 dicembrepp. 192- 194

ALBANESI, Il Dio della compagnia. Per una spiritualità della condivisione, San Paolo, Cinisello Balsamo (MI) 1998.

ALBANESI, Le tribù dell’antico mondo. Lettera ai nipoti sulla fine del millennio, San Paolo, Cinisello Balsamo (MI) 1999.

ALBANESI, La dolcezza di Dio, EDB, Bologna 2000

Don Vinicio, così lo chiamiamo noi familiarmente, è da moltissimi anni professore di Diritto Canonico nella sede di Fermo dell’Istituto Teologico Marchigiano; è Officiale del Tribunale Ecclesiastico Regionale, animatore della Comunità di Capodarco e presidente del C.N.C.A. Don Vinicio è noto in tutta Italia per i suoi frequenti interventi in campo sociale in TV, sulle riviste e sui giornali.

Quando a Capodarco ci fu la presentazione del primo libro, Il Dio della compagnia, fui invitato a dire alcune parole. Ricordo che di questo libro dissi che nella lettura vi avevo colto questi due aspetti: un libro apologetico e sapienziale. Mi spiegai così: apologetico perché difende una spiritualità, quella caratteristica della comunità di Capodarco; sapienziale perché lo stile e il contenuto si avvicinano a quello dei libri sapienziali della bibbia, come il libro dei Proverbi e ancor più a quello del Siracide.

La comunità di Capodarco, fondata da un prete, don Franco Monterubbianesi, guidata attualmente da don Vinicio, formata da portatori di handicap e da persone sane, non si propone tanto di fare assistenza quanto di valorizzare tutte le persone in un reciproco sostegno e secondo le capacità di ognuna di esse. La comunità per la sua impostazione “laica”, che accoglie tra i suoi membri praticanti e non, credenti e non, che è frequentata più da persone che non si rifanno ad esperienze ecclesiali che da persone di Chiesa, che non chiede ai presenti ritmi di preghiera e di culto, che pure sono offerti nella struttura della comunità, si è fatta la nomea di comunità outsider, fuori dai contesti ecclesiali e per questo quasi rifuggita da preti e gruppi diocesani. Con questo primo libro mi è parso che don Vinicio volesse dire: questa è la spiritualità della comunità di Capodarco. Il prefatore del libro, il giornalista Michele Serra, che si definisce ‘non uomo di Chiesa’, di questo libro dice proprio all’inizio: E’ un libro di uomo di Chiesa e ne mette in risalto i valori trasmessi e il coinvolgimento che provoca nel lettore.

Il libro rivela l’esperienza meditata di don Vinicio nella comunità, che alle spalle ha una grossa sorgente di fede, ma propone giudizi, atteggiamenti, consigli in maniera ferma senza dire apertamente della sorgente che li alimenta, la lascia intuire, vi annuisce costantemente, ma vi fa raramente aperto riferimento, come nel capitolo intitolato individualità (p.76ss). Il suo riferimento, e non poteva essere altrimenti, è Gesù e il suo vangelo, il Vaticano II e particolarmente la Gaudium et Spes. Il suo stile è uno stile sapienziale Con questo intendo uno stile asciutto, immediato, che riassume una realtà vissuta, consiglia, esorta, ammonisce, ma non offre argomentazioni, ti mette dinanzi alla tua responsabilità e ti chiede una decisione. Don Vinicio sceglie 11 temi, che espone in altrettanti capitoli. Sono parole astratte: memoria, male, condivisione, giustizia, comunità, mondialità, povertà, affettività, politica, individualità, preghiera, che diventano concrete nell’esperienza della vita di don Vinicio e nella proposta che ne emerge. Sono quadri che non si lasciano riassumere e in uno stile irrepetibile; per questo bisogna leggere queste pagine per gustarle.

L’altro libretto Le tribù dell’antico mondo, scritto sul volgere del millennio, come dice il sottotitolo (Lettera ai nipoti sulla fine del millennio), è uno scritto che ha intento pedagogico: vuol aiutare i nipoti, i ragazzi e i giovani di oggi, a leggere con occhi aperti il mondo in cui vivono, a vederne gli aspetti positivi, ma soprattutto quelli negativi. Don Vinicio ha maturato la sua esperienza accanto ai portatori di handicap, accanto agli emarginati dell’emisfero nord, il nostro mondo dell’opulenza, e dell’emisfero sud, quello della povertà, e il suo occhio è distaccato, può leggere senza veli il mondo odierno del benessere. Con una grossa dose di humor e una illuminata ironia fa passare davanti ai nipotini i diversi aspetti del quotidiano creato dal mondo degli adulti, di cui costoro godono senza vederne i limiti, anzi invitando a immersivisi quasi fosse il mondo della perfezione e della gioia. Scegliendo ben 24 verbi: nascere, crescere, giocare, studiare… fino a soffrire, invecchiare, morire fa scorrere quadri in cui scorgi la condivisione per i benefici e i vantaggi apportati dal progresso tecnologico, ma anche il bisturi che squarcia veli che coprono il vuoto di una vita assorbita dalle cose, lo stordimento degli animi da una parte tutti presi dal gioco dell’economico e dall’altra intorpiditi nel molle adagiarsi nei piaceri, estranei al mondo dei più perché chiusi in quello dei pochi. Lo stile di don Vinicio non cambia, rimane secco, però più descrittivo sorridendo con una fine ironia del mondo del millennio che volge al tramonto. Il nuovo sarà diverso? No, dice don Vinicio. Il tempo scorre sempre uguale, tocca ai nipotini accorgersi della realtà che li circonda e don Vinicio li aiuta a leggerla nella speranza che i nipoti non vi rimangano invischiati o addirittura che la possano cambiare. Per questo offre qualche consiglio scandagliando cinque parole vecchie e nuove nello stesso tempo, che hanno un sapore “laico” e “religioso” insieme: il dubbio, la lezione, l’idolo, il dono, la lode. Dubitando su quanto ti viene offerto, cioè interrogandoti su quanto ti circonda, imparando sempre la lezione dall’esperienza della vita, rifiutando gli idoli e aprendoti al dono di te verso l’altro e con l’animo grato e pieno di lode per il mistero della vita che ti è data di vivere, dice don Vinicio all’ipotetico nipote, potrai non cambiare il mondo, ma dargli un soffio nuovo di vita vera.

La dolcezza di Dio è il volume più recente, pubblicato anno scorso e in qualche modo è il più impegnativo. Nell’introduzione don Vinicio dice come è nato questo libro; scrive in apertura: “Questa riflessione nasce dall’impegno di aver dovuto commentare per una rivista cattolica (Famiglia cristiana), i vangeli della domenica”.

E’ quindi una riflessione già nota a chi, settimana dopo settimana, segue Famiglia cristiana e ha approfittato delle suggestioni, che don Vinicio ha offerto per un approfondimento dei brani evangelici della liturgia, che in questo caso erano quelli di Matteo, cioè quelli proposti nel ciclo A. In un anno, di domenica in domenica, si legge quasi per intero, un vangelo e don Vinicio ha ripreso quelle riflessioni, le ha rielaborate e le ripropone non come omelie domenicali, ma per tematiche che seguono i blocchi narrativi del vangelo di Matteo, senza trascurare riferimenti agli altri vangeli; è come se avesse meditato di nuovo sull’intero vangelo. Basta vedere lo sviluppo dei capitoli: 1. Nato da donna (Mt 1-2) ; 2. La tentazione (Mt 4,1-11); seguono tre capitoli sul discorso della montagna: 3. Beati voi tutti (Mt 5,3-12); 4. Pregate (Mt 6,5-15: commento al “Padre nostro”); 5. La vita dei discepoli (insegnamenti di Gesù da Mt 5-7); 6. Miracoli (Mt 8-9); 7. La missione (Mt 10); 8. Dubbi e calunnie (Mt 11- 12); 9. Le parabole (Mt 13); 9. La comunità (da Mt 14-18); 10. L’ora della prova (Mt 19-23); 10. Il momento finale, cioè la prospettiva escatologica (Mt 24-25); 11. La morte (Mt 26-27); 12. Risurrezione (Mt 28). Don Vinicio, seguendo il vangelo di Matteo, come afferma lui stesso, non fa esegesi, per così dire scientifica, ma sottolinea il percorso con riflessioni profonde e un’attualizzazione penetrante, con un linguaggio asciutto e immediato, che scuote il lettore e gli trasmette quel fascino della persona di Gesù che ha afferrato prima don Vinicio. Mi piacerebbe riportare tante suggestioni che don Vinicio ci offre, ma non è qui possibile, voglio sottolineare invece l’impressione globale che mi ha lasciato la lettura: un circolo ermeneutico che parte da don Vinicio e dalla sua larga esperienza va al vangelo e alla sua comunità e riparte dalla comunità per approdare di nuovo attraverso don Vinicio al confronto col vangelo In questo circolo, dice don Vinicio stesso, ha assaporato la dolcezza di Dio, che si manifesta nell’umanità di Gesù, che ci rivela il Dio della vita, della felicità, un Dio generoso, coraggioso, onesto (dall’epilogo), il Dio della compagnia.

GABRIELE MIOLA

 

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