Miola Gabriele biblista fa recensione in FIRMANA n. 27 a. 2001 pp. 190- 192
VIRGILI, Geremia, l’incendio e la speranza. La figura e il messaggio del profeta. (Quaderni di Camaldoli 13), EDB, Bologna, 1998, p. 123.
Rosanna Virgili insegna esegesi all’Istituto Teologico Marchigiano (ITM) nelle due sedi di Fermo e di Ancona e nell’Istituto Superiore di Scienze Religiose (ISSR) di Fermo, conosciuta e apprezzata non solo nel nostro ambiente, ma in tutta Italia, chiamata per seminari di studio, corsi, conferenze, tavole rotonde da un capo all’altro della nostra penisola. Legata alla comunità di Camaldoli, stimata dal p. abate Benedetto Calati, che di quel monastero è stato il grande animatore, ha pubblicato nella collana del monastero Quaderni di Camaldoli, questi due volumi sui profeti Geremia ed Ezechiele.
Sono due libretti che si leggono d’un fiato, tanto sono agili, chiari e accattivanti nel linguaggio. Alla fine il lettore potrà avere un quadro della figura, dell’attività e del messaggio dei due profeti. Non pretendono di offrire novità in campo esegetico, ma sono un’ottima sintesi dell’esegesi odierna più accreditata. L’autrice unisce una lettura sincronica, cioè globale del testo così come esso ci è dato dalla tradizione, con un approccio qua e là diacronico per avviare ad una lettura più approfondita dei libri esaminati. La Virgili si mostra attenta all’esegesi, e rivela anche una rara capacità di attualizzazione del messaggio e un animo che sa scandagliare con un occhio vivo e con l’ausilio di scrittori e poeti, opportunamente citati nei punti focali dell’esposizione, il cuore non solo dei profeti esaminati, ma anche dei lettori, che vengono stimolati a rientrare in se stessi per far propria la parola, che Dio ci dona attraverso il loro ministero.
Geremia è il profeta del periodo più tragico della storia di Israele, quello della fine di Gerusalemme e della deportazione a Babilonia; svolge la sua attività dall’anno 13° del re Giosia (il 627) fino alla distruzione di Gerusalemme (il 586), un lungo periodo nel quale il profeta ha visto prima fiorire la speranza durante la riforma religiosa voluta dal re Giosia e sostenuta dal profeta e poi, dopo la morte di Giosia (609), ha visto il crollo del suo popolo lacerato dalle divisioni dei partiti e dal degrado religioso e morale. Nabucodonosor aveva imposto un pesante giogo a Gerusalemme con tributi e balzelli, ma nonostante ciò il profeta si schiera chiedendo alla città la sottomissione a Babilonia contro le illusioni del partito filoegiziano. Geremia è stato anche un fine politico che ha capito la decadenza dell’Egitto e l’inutilità di appoggiarsi al faraone per togliersi di dosso il giogo di Nabucodonosor. Il profeta però fa una lettura religiosa del tempo predicando contro una pratica pervasa da elementi idolatrici, un culto puramente esteriore, un potere assoluto e depravato, contro la ricchezza sfacciata dei pochi, oppressori dei poveri. Geremia non fu ascoltato e il giudizio di Dio si abbatté su Gerusalemme. Il libro di Geremia è il testimone della predicazione del profeta e della tragica storia di questo periodo.
La Virgili divide l’esposizione in sette capitoli: nel 1° offre uno sguardo complessivo a colori che delinea l’attuale composizione unitaria del libro del profeta, una struttura concentrica in sette parti con al centro il giallo luminoso degli oracoli di speranza e poi concentricamente il marrone cupo con i brani narrativi e biografici su Geremia e il nero notte con le parole di giudizio e di morte sul suo popolo e i popoli pagani. Nel 2° cap. propone brevemente le problematiche sulla formazione del testo di Geremia, il confronto tra il testo ebraico e quello greco dei LXX e il rapporto dell’attuale stesura di Geremia con la corrente deuteronomista. Nei capp. 3-6 l’a. ci presenta alcuni momenti della predicazione di Geremia mettendo in evidenza con una ampia esegesi come il profeta “si misura con se stesso” (cap. 3°), “col suo compito” (cap. 4°), “col suo popolo” (cap. 5°), “col suo Dio” (cap. 6°); l’ultimo cap. rilegge in retrospettiva la vocazione del profeta e il suo dramma a confronto con la vocazione del popolo che JHWH ha scelto e che ora sottopone ad un riv, cioè ad un processo con cui tenta ancora di ridargli identità e dignità.
Gabriele Miola fa la recensione
- VIRGILI, Ezechiele. Il giorno dopo l’ultimo. (Quaderni di Camaldoli 16), EDB, Bologna, 2000, p. 168
Il libro su Ezechiele presenta la figura del profeta nel suo periodo storico, l’insieme del libro e l’esegesi di alcuni brani. Il 1° e il 2° capitolo presentano il profeta e le problematiche della composizione del libro. L’autrice inclina a pensare che gli oracoli che riguardano Gerusalemme e l’annunzio della sua fine (capp. 4-24) il profeta li abbia pronunziati a Gerusalemme e non in terra d’esilio a Babilonia, tanta è la conoscenza che il profeta dimostra di avere delle realtà politica e religiosa della sua città. Penso che il profeta non mancasse di notizie sulla situazione di Gerusalemme attraverso i corrieri che dalla Giudea andavano a Babilonia (se non altro per il pagamento dei tributi alla corte babilonese) e che i suoi oracoli si rivolgessero agli esiliati per dir loro che il futuro nel piano di Dio stava nelle loro mani, nella loro conversione, nella riacquisizione della propria identità. Proprio per questo Ezechiele è il costruttore del futuro di Israele attraverso gli esiliati della prima e della seconda deportazione: egli rimane muto (3, 26s) perché parlano gli eventi e Dio gli ridarà la parola con la distruzione di Gerusalemme (24, 27) per prospettare, pur nell’esilio, un futuro quando sembrava invece che ogni orizzonte fosse chiuso.
Il libro di Ezechiele è ampio e la Virgili non può seguirne lo sviluppo parte per parte e tanto meno capitolo per capitolo, ma nella presentazione dei primi 11 ci dà la profondità e le linee portanti della lettura che il profeta fa della storia del suo popolo: così possiamo leggere una bella analisi della celebre visione della gloria di Dio (cap. 3°: Ez 1,4-28), della vocazione e missione del profeta (cap. 4°: Ez 2,1-3,7), del giudizio su Gerusalemme (cap. 5°: Ez 4-5) e su tutto Israele (cap. 6°: Ez 6-7), del resto dei giusti segnati col tau a Gerusalemme e della gloria di Dio che esce dal tempio e va verso oriente dove si trovano gli esiliati (cap. 7°: Ez. 8-11).
Gli ultimi tre capitoli ci immergono nelle speranze e nel futuro di Israele che il profeta designa per il suo popolo e con le quali costruisce l’identità rinnovata del popolo di Dio che ritroverà in Gerusalemme ricostruita la presenza del suo Signore, poiché la città porterà un nome nuovo che esprimerà la realtà escatologica: JHWH shammah: là c’è il Signore. Così si sviluppano gli ultimi tre capitoli: Israele convertito dalla parola del profeta e guidato ormai da David servo del Signore (cap. 8°: Ez 33-34), Israele cui è stato cambiato il cuore di pietra e donato un cuore di carne, rivivificato dal soffio dello spirito e fatto risorgere dai sepolcri (cap. 9°: Ez 36-37), Israele nella terra e nella città santa, che vive per la torah e l’acqua che sgorga dal tempio (cap. 10°: Ez 47 nel contesto dei capp. 40-48).
I diversi capitoli sono costellati da attualizzazioni, approfondimenti, messaggi che sono perle che brillano e danno raggi di luce per sensi inesplorati e nuovi sulla profezia e sulla realtà di oggi.
La lettura di questi due libretti è gradevole, il commento scorre veloce e gli orizzonti della parola di Dio si aprono; i riferimenti all’intera bibbia sono infiniti e proprio per questo il testo dischiude i suoi tesori. Mi permetto di esprimere due mie impressioni. La prima: la lettura mi sembra più adatta per chi conosce già il testo biblico ed ha una buona conoscenza della storia di Israele e del periodo dei due profeti che ad un principiante, che corre il rischio di perdersi tra i tanti richiami a testi biblici ed extrabiblici. La seconda: la preferenza accordata ad una lettura sincronica e all’analisi retorica (specialmente nel libretto su Geremia) lascia qualcosa di indeterminato, va più al cuore che alla mente (ma forse è vero che il cuore legge più in profondità che non l’intelletto). Forse non sarebbe dispiaciuta una più accurata contestualizzazione storica nella lettura dei brani dei due profeti.