MIOLA don Gabriele invita a meditare e pregare i SALMI
.III. – I salmi, preghiera d’Israele e della Chiesa, del popolo dell’antica e della nuova alleanza.
Toccheremo alcuni aspetti che dovrebbero aiutare a vedere i salmi in un piano spirituale, come preghiera che la Chiesa mette continuamente sulle nostre labbra. Tutta la preghiera liturgica infatti trova il suo perno nella salmodia. Nella liturgia della parola il salmo sottolinea il significato fondamentale della lettura mettendo su un piano di risposta di fide dinanzi alla proclamazione fatta con un atteggiamento di lode di ringraziamento, di meditazione o di supplica; i canti processionali d’introito [ingresso], di presentazione delle offerte e alla comunione sono presi quasi esclusivamente dal salterio perché proprio con i salmi si può sottolineare il significato dell’azione liturgica. La liturgia infatti non fa che celebrare il mistero della salvezza inserendoci in esso e i salmi sono proprio il canto della salvezza operata da Dio nella storia. La riscoperta del salterio porterà il popolo cristiano ad una visione di fede più profonda ed autentica e lo tirerà fuori da fante sovrastrutture pietiste fatte di devozioni e di pratiche, che hanno avuto magari il loro valore nel momento in cui son sorte, ma che non possono assolutamente assurgere a preghiera universale della Chiesa.
La Chiesa antica ci ha lasciato veramente un esempio straordinario facendo proprio il salterio e assumendolo come sua preghiera. Era stata la preghiera di Israele, fu la preghiera ai Gesù, divenne la preghiera della Chiesa. S. Giovanni Crisostomo, che ci ha lasciato un bel commentario ai salmi poteva scrivere: “Quando si veglia nelle Chiese non si fa che cantare all’inizio, nel mezzo e alla fine i canti di David. Allo spuntar del giorno nella riunione si salmeggia, all’inizio, nel mezzo e alla fine un canto ai David … Nei funerali s’inizia la preghiera, la si prosegue e la si- termina sempre con un -canto di David … Cosa magnifica è che coloro che non sanno di lettere conoscono a memoria tutto il salterio di-David, e lo si canta non solo nelle chiese e nella città, ma anche fuori nelle campagne e nelle piazze pubbliche. Nei monasteri tra coloro che si sforzano di condurre una vita angelica, semper et primus et medius et novissinus est David [= il salmo di David è sempre il primo, il medio e l’ultimo] (Homelia VI de Poenitentia in Patrologia Greca)
Non ci si può nascondere che oggi nonostante tutto il movimento liturgica, c’è .ancora una frattura tra la preghiera ufficiale della Chiesa, che come abbiado visto è sostanziata di salmi, e la preghiera dei fedeli, del clero e dei religiosi, perché i salmi tornino ad essere preghiera viva della Chiesa occorre che i cristiani entrino in una mentalità nuova riscoprano la parola di Dio come pane indispensabile per la vita cristiana a pari titolo dell’Eucaristia (cfr Dei Verbum 21); che tutta la Bibbia sia quel che essa vuol essere, storia dell’opera salvifica di Dio per noi e non un repertorio di verità da credere e dì precetti da praticare che la Chiesa sia vista, più come popolo di Dio e non baluardo di credenze e di istituzioni che la vita liturgica sia meno un incontro con Dio per accaparramento di favori e di grazie, quanto piuttosto la celebrazione dell’opus salvificum; che la fede sia espressione viva di vita e di speranza che non teoria astratti-. Allora anche i salmi acquisteranno una dimensione nuova. Fermiamoci ora su due aspetti più importanti: i salmi e la storia, i salmi e il culto per poi tentare una lettura cristiana di alcuni salmi.
.1.\\\ I salmi e la storia.
I salmi, come abbiamo visto, sono sorti all’interno della storia di Israele e sono in essa radicati. E’ impossibile comprendere i salmi prescindendo dalla storia di Israele. Non nel senso evidentemente di una conoscenza a carattere tecnico- scientifico, ma a quel livello che è capace di farci gettare uno sguardo d’insieme sul piano di Dio e sulla storia della rivelazione, fino al centro di tutto, Cristo, e di farci uscire dal guscio angusto del nostro angolo visuale per sentirci immersi in un piano d’amore che ci trascende, così come Paolo ce lo fa sentire nelle sue lettere (cfr Rom 5-8; Ef 1,3-14; 3, 1-13; Col 1, 9-23 e altro).
Nei salmi infatti non si tratta di-una preghiera che parta anzitutto dalle necessità dell’uomo, né dal suo sforzo, di elevazione a Dio; ma di una preghiera che ha come quadro il piano stesso di Dio che si svolge nella storia. Se dovessimo sintetizzare in poche linee la teologia dei salmi non potranno partire dall’uomo che si rivolge a Dio, ma da Dio che si rivolge all’uomo. Nei salmi non stanno prima le necessità e le miserie dell’uomo presentate ed esposte ad un Qualcuno perché questi aiuti e consoli, ma prima di tutto la parola di Jahweh, le sue promesse, la sua salvezza attraverso la storia: Abramo, Giacobbe, Mosè e il popolo, Giosuè e i Giudici, David e la sua casata, Sion e il tempio, i profeti e l’infedeltà del popolo, la promessa di Dio e la dimenticanza dei suoi eletti. Bisogna ben comprendere una verità fondamentale che tutti con conosciamo, ma che tanto spesso dimentichiamo: la Bibbia non è il risultato di un nobile sforzo dell’uomo per elevarsi fino a Dio, ma è la storia di Dio che viene incontro all’uomo di Dio che irrompe nella storia umana scegliendo come portatori del suo messaggio degli uomini e quindi per forza di cose un linguaggio, una cultura, una terra e un tempo determinato. Si potrebbe dire che questo è l’aspetto più sconcertante della Bibbia: il coartarsi di Dio entro termini angusti come sono sempre i limiti dell’uomo, e delle sue generazioni. Questi limiti sono trascesi solo dalla sua parola, che si apre verso l’infinito, e scompaiono quando la Parola, fattasi carne, rivelando la pienezza dell’amore e del piano di Dio, porta l’uomo ad un dialogo perfetto col Padre, L’incontro con la parola di Dio chiede una risposta, quella della fede, fede come atteggiamento di vita dinanzi a Dio che chiama “se non avrete fede non persisterete” (Is 7, 8). Torniamo ali salmi. Essi seno l’espressione orante dall’anima di Israele che contempla anzitutto la storia della sua salvezza. Nei salmi i richiami alla storia sono i pilastri della preghiera e come un ‘credo’ di Israele è un credo storico (Cfr Deut 26, 5-8; Gios 24, 1-28), così anzitutto la sua preghiera è una preghiera storica. Gesù che è venuto a compiere la legge e i profeti, cioè la storia di Israele, ha fatto sua questa preghiera dei salmi e li ha spiegati ai discepoli perché essi parlavano di lui, e noi dobbiamo farla nostra come preghiera della storia della nostra salvezza, rischiarata dalla luce di Cristo.
I salmi ei richiedono anzitutto uno spirito di contemplazione che penetra nel piano di Dio, per mezzo di Cristo e lo vede realizzato in lui e nella sua Chiesa. Allora acquistano sapore e significato i salmi storici, quelli regali e quelli di Sion, allora diventa preghiera nostra il travaglio dell’animo d’Israele e ci sentiremo immersi nella vita del povero di Jahweh che implora con fede l’intervento di Dio e uniremo il nostro canto a quello del salmista che celebra le meraviglie che Dio ha profuso nella creazione.
.2. \\\ I salmi e il culto.
Una volta capito il carattere storico della preghiera salmodica non è difficile capire il rapporto tra i salmi e il culto. Se uno prescinde dalla Bibbia e rifletta sul culto in genere come relazione dell’uomo a Dio, si metterà su una linea, puramente, razionale e coglierà il culto come doveroso atto di omaggio dell’uomo, sua creatura, come atto di adorazione e di ringraziamento, di impetrazione e di espiazione. Il culto in Israele è visto anzitutto sotto un’altra prospettiva. Esso è celebrazione dell’opera salvifica di Dio e quindi anzitutto “memoriale”, memoria celebrativa della storia salvifica.
Parlando dell’origine e del contenuto dei salmi abbiamo detto che Israele incontra mio prima di tutto nella storia e poi, se si parlare in questo campo con categorie temporali, scopre Dio come signore del creato, si può dire che prima sperimenta l’aziona salvifica di Dio e poi coglie la propria dipendenza come creatura. Quando l’Israelita pensa a Dio quindi pensa anzitutto alla sua storia e scopre la grandezza, l’onnipotenza, la trascendenza di Dio nella sua storia. Questo fatto del ricordare, della ‘memoria’ è importante. E’ Dio stesso che ordina a Israele: “Non dimenticare quello che io ho fatto per te” (cfr Es 12, 14; 13, 3; Deut 7, 18 e altri), come d’altra parte Israele dice a Dio: “Non dimenticare le tue opere” (cfr Es 32, 13; Deut 9, 27;salmo 74 e altri). Il culto in Israele incorpora tutti quegli elementi di adorazione, di lode e di ringraziamento, di impetrazione e di espiazione, ma sempre in quel rapporto peculiare che è il rapporto creatosi nella storia tra Dio e il suo popolo. Il culto quindi non è anzitutto movimento dell’uomo verso Dio, ma riattualizzazione dell’opera salvifica di Dio. Non per nulla le feste principali di Israele, soprattutto la Pasqua, come abbiano visto, erano commemorative di eventi storici. Questo aspetto storico del culto è una novità assoluta. Il culto in genere infatti è un movimento dell’uomo verso Dio, tentativo di penetrare i cieli a di svelare il mistero o è proiezione del mito nel tempo e quindi momento di iniziazione all’arcano e al divino e forza magica per entrare in una sfera preclusa all’uomo. Il culto nella Bibbia, proprio per il suo aspetto storico, invece è atto di fede, risposta dell’uomo alla salvezza operata da Dio, incontro personale con lui, momento culminante di una tensione che abbraccia tutta la vita, fonte dell’etica intesa come rapporto personale impegnativo con Colui che si propone come salvezza, li culto è qualcosa di oggettivo che ci viene offerto e noi non dobbiamo fare altro che accettare l’offerta del piano divino di salvezza, aprirci a questa proposta, confrontarci e continuamente con essa e trasformare quindi in liturgia tutta la vita, come Cristo. Egli infatti è il grande liturgo del Padre (cfr Eb 8, 2), come Figlio che attua il suo piano e noi in lui siano chiamati, come figli, a riattualizzarlo nella nostra vita.
Questi brevi accenni, che dovrebbero essere sviluppati, ci debbono aiutare a comprendere meglio i salmi. Essi nell’azione liturgica sono la parola stessa di Dio messa nella nostra bocca come risposta al suo piano. E’ la Chiesa intera, è tutto il popolo ai Dio che celebra la storia dell’amore del Padre, da Abramo a Cristo in un unico sguardo,
.3. \\\ La lettura cristiana nei salmi
Il senso della storia della salvezza e il senso storico della preghiera dei salmi ci danno la chiave per una lettura di essi. Certamente questi canti sono sorti nel Vecchio Testamento e ne sono come la sintesi; ma come tutto il V. T. è aperto verso Cristo, così i salmi trovano il loro compimento in lui e acquistano in lui una luce nuova. La storia della salvezza è unica e abbraccia il Vecchio e il Nuovo Testamento, il popolo dell’antica e della nuova alleanza, si apre sulle realtà presenti e-si protende verso le future: Cristo ne è al centro e da lui irradia la luce che dà senso a tutta la storia. I salmi dobbiamo leggerli in questa. prospettiva e allora acquistano livelli diversi di senso, che si completano vicendevolmente. Possiamo leggerli in chiave puramente storica e scoprirne il primo senso, ma possiamo vederli anche illuminati da Cristo e leggerli in chiave cristologica, riferito alla comunità e al popolo del Vecchio Testamento, ma anche, alla comunità dei tempi nuovi in attesa delle ultime realtà e leggerli in chiave ecclesiologica, sentirli riferiti alle realtà terrestri, ma anche alla vita spirituale dei fedeli e del popolo e sentirne tutta la portata spirituale. I salmi così acquistano un’ampiezza straordinaria, ma basta assumere il linguaggio e le prospettive bibliche par rendersi conto della profonda unità della storia salvifica e di tutta la realtà. Del resto chi legittima una tale lettura è la Bibbia stessa che nel Nuovo Testamento riprende i salmi leggendoli in una visione più. profonda che sfuggiva all’autore originario a agli oranti del V. T., ma che si rivelava vera ad una lettura fatta alla luce degli eventi salvifici del N. T. e nella nuova realtà realizzatasi in Cristo (15).
Per non perderci in problemi difficili di esegesi e di teologia prendiamo alcuni salmi e vediamone una lettura a livelli diversi, diamo i salmi: 8 tra gli inni, 22tra le lamentazioni, 2 tra i salmi regali, 122 tra quelli di Sion, lasciando da parte altri generi letterari.
.a.\ Salmo. 8. Il salmo è un inno che canta la gloria del nome di Dio, gloria che si rivela in tutto il creato (v. 2), soprattutto nell’uomo, che Egli ha fatto di poco inferiore a sé (vv. 4-6) facendolo signore di tutta la creazione animata e inanimata (vv.7-9). Tutti son capaci di contemplare la gloria di Dio, soltanto i suoi nemici vogliono chiudere gli occhi, ma sono smascherati dall’esultanza innocente dei bambini che ammirano estasiati le meraviglie del creato, divenendo così strumenti di vittoria di Dio sull’ipocrisia dei violenti suoi nemici (v.3). Il poeta sembra, si sia reso estraneo dalla vita, che non conosca le piccolezze e le miserie dell’uomo, che si sia arrestato ai primi due capitoli del Genesi e non conosca il terzo capitolo ove sono descritti il peccato e la miseria dall’uomo: il suo occhio va al di là dell’uomo attuale per guardare l’opera di Dio come è uscita pura dalle sue mani o per vedere l’uomo nuovo nella pienezza della redenzione. Su questo piano possiamo dare una lettura cristologica del salmo mettendoci sul parallelismo tra il primo uomo (Adamo) e il secondo uomo (Cristo), Cristo è l’uomo rivestito di gloria e di splendore, al di sopra di tutto il creato, innalzato fino a Dio, immagine della sua gloria, a cui tutto è stato sottoposto. A questo ci invita la lettura che del salmo fa l’autore della lettera agli Ebrei (2, 5-10) e gli inni cristologici nelle lettere paoline (cfr.Ef 8, 22; Col 1, 15; Fil. 2,9s).
Il fatto che Mt 21,16 citi questo salmo per dire che i bambini innocenti hanno glorificato Cristo quando entrò a Gerusalemme, mentre i suoi nemici non l’accolsero, ci invita ad una lettura a sfondo ecclesiologico; coloro che sono rinati nell’acqua e nello Spirito hanno occhi nuovi per vedere e cantare la gloria di Cristo, gli altri sono ciechi che non vogliono vedere. E, in fine, possiamo cogliere in questo salmo delle linee di antropologia soprannaturale e farne una lettura spirituale e vedere nel salmo il canto dell’uomo che nella sua libertà si avvicina a Dio per arricchirsi e perfezionarsi mentre con la sua superbia si fa nemico di Dio e si distrugge.
.b.\ Il salmo 22 è una lamentazione individuale tra le più belle e uno dai salmi più citati nel Nuovo T. Ha la struttura tipica dalle lamentazioni: presenta la preghiera accorata di un pio fedele che si rivolge con tutta fiducia a Jahweh il Dio dei padri, in una situazione disperata, nella certezza che anche la sua preghiera sarà ascoltata promette di narrare a tutti, ai vivi e ai morti, l’intervento salvifico di Dio. Fin qui la lettura a livello storico.
Ma questo salmo che rispecchia la teologia dal servo sofferente (Is 52, 13; 53, 12) che ci pone dinanzi lo stato dell’umiliazione più profonda, e dell’esultanza più gloriosa. Gesù lo fece proprio e sulla croce innalzò al Padre la sua preghiera con le stesse parole del salmo: “Dio mio, perché mi hai abbandonato? ’ (Mt 27, 46) , e gli evangelisti hanno più volte citato questo salmo nel racconto della passione di Gesù (cfr Mt 27,35s; Gv 19,24). Gli evangelisti cioè hanno fatto una lettura cristologica del salmo: nel giusto sofferente di questo salmo e nella sua preghiera hanno visto Gesù, il “ servo di Jahweh” e la sua preghiera: Gesù il giusto nella sua profonda umiliazione, nella morte sulla croce, ma anche colui che è stato ascoltato ed esaltato alla destra del Padre per annunziare all’assemblea la salvezza di Dio.
Per il passaggio stupendo e ricco di speranza che c’è tra la prima e la seconda parte del salmo è stato preso dalla Chiesa nella liturgia per cantare il passaggio dalla morte alla vita, dalla tenebra alla luce, dal peccato alla grazia. La Chiesa primitiva lo lesse in chiave ecclesiologia e spirituale: i battezzandi sono chiamati dalla morte alla vita ad annunziare la mirabile gloria di Dio nell’assemblea dei santi. Il canto è divenuto il canto dei catecumeni e il salmo dell’iniziazione cristiana che culmina nella liturgia pasquale (17).
.c.\ Il salmo 2
La lettura storica di questo salmo in onore del re è piana e semplice. Lo si può intendere come omaggio al re di discendenza davidica sul trono di Gerusalemme, cantato nel giorno della sua intronizzazione e come canto augurale nell’imminenza di intraprendere una campagna militare per reprimere vassalli ribelli o re di popoli vicini. La conclusione ha l’andamento di un dramma: la prima scena si svolge sulla terra: popoli e nazioni, re e principi si ribellano e complottano contro il re di Gerusalemme l’’’Unto di Jahweh ” (18).
La seconda parte è impostata in cielo: è Jahweh stesso che interviene e riafferma il suo decreto: “Io ho posto il mio unto sul mio monte santo e gli ho dato in mano i cardini della terra “. Nella terza scena è il salmista che interviene, quasi scosso dalla voce di Dio e dalla irreversibilità del suo decreto, per ammonire sovrani e popoli a sottomettersi al disegno di Dio e ad accettare il dominio del suo “ messia ”
Questo salmo era interpretato in chiave messianica già nel mondo giudaico e non stupisce affatto che gli apostoli ne abbiano fatto una lettura cristologica riferendolo a Gesù di Nazaret: i nemici che si ribellano sono le potenze del male che hanno messo a morte Gesù per mezzo di coloro che non hanno voluto accogliere il suo regno, ma il Padre ha glorificato Gesù, Figlio suo, liberandolo dalia morte, costituendolo re e dandogli in eredità i popoli. Questa interpretazione la leggiamo in bocca a Pietro nel discorso dinanzi al sinedrio (Mt, 4, 25-27), in bocca a Paolo (At 13, 33), nella lettera agli Ebrei (1,5; 5,5), nell’Apocalisse
(12, 5; 19, 15 e altrove) anzi il salmo doveva far parte di quella raccolta di ‘dicta probantia’ , desunti dal V. T. che formavano come il tessuto di un discorso teologico nell’evangelizzazione e nella catechesi dalla Chiesa primitiva.
Il regno di Dio dato in mano al suo Figlio è il regno sul popolo della nuova alleanza, sulla Chiesa di Dio, che si raccoglie convocata dai quattro venti, purificata dall’acqua e dallo Spirito, per celebrare l’inno di ringraziamento, l’Eucaristia, al Padre per mezzo del suo Cristo. La lettura ecclesiologica e spirituale di questo salmo è trasparente e la liturgia più volte nel corso dell’anno ci invita a questo approfondimento, sapendo che la tempesta che infuria intorno a Cristo scuote la Chiesa intera e i suoi figli ma invitando a fidarsi dalla sua Parola e proclamando ‘beati’ quelli che confidano in lui (2, 12).
.d.\ Il salmo 122
E’ un piccolo idillio che canta la gioia dal pio israelita nel contemplare il tempio e la città santa, la casa e la dimora di Dio, David e la sua discendenza. Basta conoscere un po’ di teologia biblica, sapere che cosa significhino queste realtà, Gerusalemme, il tempio, la casa davidica e come queste realtà siano legate alla presenza di Dio nella storia dal suo popolo e subito si intuisce la ricchezza straordinaria di questo salmo.
Passare poi dalla Gerusalemme terrestre a cucila celeste, dal tempio materiale a quello spirituale, dal tempio di pietre al corpo di Cristo, dalla presenza ai Dio nel tempio, a Gerusalemme, in Israele, alla presenza di Dio in Cristo, nell’Eucaristia, nella Chiesa e nel popolo della nuova alleanza, passare dalla prima Gerusalemme alla Gerusalemme ultima quella dell’Apocalisse (cfr capp. 21s), non è difficile. Fare questo passaggio significa vedere in unità tutte le realtà più profonde della rivelazione e cogliere nell’insieme tutto il piano salvifico di Dio. Significa anche fare la vera lettura, l’unica lettura unitaria e profonda dei salmi in cui gli aspetti storici, cristologici, ecclesiologici, spirituali e escatologici sono fusi in una visione d’insieme che è quella stessa di Dio, quella che agli ci ha dato di sé e del suo amore attraverso la rivelazione.
<conclusione> Sono queste solo dei cenni per alcuni salcigna è chiaro che, senza forzature e con criterio, una tale lettura si può fare par tutto il salterio. Quando ai propone una lettura simile del salterio non si vuol dire che gli autori dai salmi volessero esprimere tutti i diversi aspetti, ma si vuol affermare che noi oggi abbiano diritto di vedere in guaste preghiere una realtà più ricca e più profonda alla luce dell’unità del disegno salvifico di Dio, che la sua Parola ci ha rivelato. Un paragone: una vera poesia va al di là, dell’intento immediato del poeta, ma possiede in sé tutte quelle virtualità che i commentatori vi scoprono man mano che riescono ad entrare più profondamente nella realtà e nell’uomo. Per la Bibbia ci è guida a questa lettura più ampia e più profonda la stessa Parola di Dio e lo Spirito che lui ci ha dato.
Prima condizione a questo tipo di lettura è la meditazione di tutta la Bibbia poiché i salmi sono nati dall’anima orante di Israele in tutta quella storia che Dio ha operato per in suo popolo; inoltre è aiuto efficacissimo l’uso intelligente di commenti ai salmi dei Padri della Chiesa, specialmente delle “Enarrationes in psalmos” di sant’Agostino, poiché questi commenti ci dànno il gusto di una preghiera di ampio respiro che va col ritmo della liturgia mentre questa nell’arco dell’anno ritesse, rivive e riattua con animo contemplativo l’opera salvifica del Padre, del Figlio e dello Spirito.
SALMI BIBLICI preghiera d’Israele popolo di Dio, del Cristo, della Chiesa, del credente. Studio di MIOLA Gabriele
MIOLA don Gabriele invita a meditare e pregare i SALMI
.III. – I salmi, preghiera d’Israele e della Chiesa, del popolo dell’antica e della nuova alleanza.
Toccheremo alcuni aspetti che dovrebbero aiutare a vedere i salmi in un piano spirituale, come preghiera che la Chiesa mette continuamente sulle nostre labbra. Tutta la preghiera liturgica infatti trova il suo perno nella salmodia. Nella liturgia della parola il salmo sottolinea il significato fondamentale della lettura mettendo su un piano di risposta di fide dinanzi alla proclamazione fatta con un atteggiamento di lode di ringraziamento, di meditazione o di supplica; i canti processionali d’introito [ingresso], di presentazione delle offerte e alla comunione sono presi quasi esclusivamente dal salterio perché proprio con i salmi si può sottolineare il significato dell’azione liturgica. La liturgia infatti non fa che celebrare il mistero della salvezza inserendoci in esso e i salmi sono proprio il canto della salvezza operata da Dio nella storia. La riscoperta del salterio porterà il popolo cristiano ad una visione di fede più profonda ed autentica e lo tirerà fuori da fante sovrastrutture pietiste fatte di devozioni e di pratiche, che hanno avuto magari il loro valore nel momento in cui son sorte, ma che non possono assolutamente assurgere a preghiera universale della Chiesa.
La Chiesa antica ci ha lasciato veramente un esempio straordinario facendo proprio il salterio e assumendolo come sua preghiera. Era stata la preghiera di Israele, fu la preghiera ai Gesù, divenne la preghiera della Chiesa. S. Giovanni Crisostomo, che ci ha lasciato un bel commentario ai salmi poteva scrivere: “Quando si veglia nelle Chiese non si fa che cantare all’inizio, nel mezzo e alla fine i canti di David. Allo spuntar del giorno nella riunione si salmeggia, all’inizio, nel mezzo e alla fine un canto ai David … Nei funerali s’inizia la preghiera, la si prosegue e la si- termina sempre con un -canto di David … Cosa magnifica è che coloro che non sanno di lettere conoscono a memoria tutto il salterio di-David, e lo si canta non solo nelle chiese e nella città, ma anche fuori nelle campagne e nelle piazze pubbliche. Nei monasteri tra coloro che si sforzano di condurre una vita angelica, semper et primus et medius et novissinus est David [= il salmo di David è sempre il primo, il medio e l’ultimo] (Homelia VI de Poenitentia in Patrologia Greca)
Non ci si può nascondere che oggi nonostante tutto il movimento liturgica, c’è .ancora una frattura tra la preghiera ufficiale della Chiesa, che come abbiado visto è sostanziata di salmi, e la preghiera dei fedeli, del clero e dei religiosi, perché i salmi tornino ad essere preghiera viva della Chiesa occorre che i cristiani entrino in una mentalità nuova riscoprano la parola di Dio come pane indispensabile per la vita cristiana a pari titolo dell’Eucaristia (cfr Dei Verbum 21); che tutta la Bibbia sia quel che essa vuol essere, storia dell’opera salvifica di Dio per noi e non un repertorio di verità da credere e dì precetti da praticare che la Chiesa sia vista, più come popolo di Dio e non baluardo di credenze e di istituzioni che la vita liturgica sia meno un incontro con Dio per accaparramento di favori e di grazie, quanto piuttosto la celebrazione dell’opus salvificum; che la fede sia espressione viva di vita e di speranza che non teoria astratti-. Allora anche i salmi acquisteranno una dimensione nuova. Fermiamoci ora su due aspetti più importanti: i salmi e la storia, i salmi e il culto per poi tentare una lettura cristiana di alcuni salmi.
.1.\\\ I salmi e la storia.
I salmi, come abbiamo visto, sono sorti all’interno della storia di Israele e sono in essa radicati. E’ impossibile comprendere i salmi prescindendo dalla storia di Israele. Non nel senso evidentemente di una conoscenza a carattere tecnico- scientifico, ma a quel livello che è capace di farci gettare uno sguardo d’insieme sul piano di Dio e sulla storia della rivelazione, fino al centro di tutto, Cristo, e di farci uscire dal guscio angusto del nostro angolo visuale per sentirci immersi in un piano d’amore che ci trascende, così come Paolo ce lo fa sentire nelle sue lettere (cfr Rom 5-8; Ef 1,3-14; 3, 1-13; Col 1, 9-23 e altro).
Nei salmi infatti non si tratta di-una preghiera che parta anzitutto dalle necessità dell’uomo, né dal suo sforzo, di elevazione a Dio; ma di una preghiera che ha come quadro il piano stesso di Dio che si svolge nella storia. Se dovessimo sintetizzare in poche linee la teologia dei salmi non potranno partire dall’uomo che si rivolge a Dio, ma da Dio che si rivolge all’uomo. Nei salmi non stanno prima le necessità e le miserie dell’uomo presentate ed esposte ad un Qualcuno perché questi aiuti e consoli, ma prima di tutto la parola di Jahweh, le sue promesse, la sua salvezza attraverso la storia: Abramo, Giacobbe, Mosè e il popolo, Giosuè e i Giudici, David e la sua casata, Sion e il tempio, i profeti e l’infedeltà del popolo, la promessa di Dio e la dimenticanza dei suoi eletti. Bisogna ben comprendere una verità fondamentale che tutti con conosciamo, ma che tanto spesso dimentichiamo: la Bibbia non è il risultato di un nobile sforzo dell’uomo per elevarsi fino a Dio, ma è la storia di Dio che viene incontro all’uomo di Dio che irrompe nella storia umana scegliendo come portatori del suo messaggio degli uomini e quindi per forza di cose un linguaggio, una cultura, una terra e un tempo determinato. Si potrebbe dire che questo è l’aspetto più sconcertante della Bibbia: il coartarsi di Dio entro termini angusti come sono sempre i limiti dell’uomo, e delle sue generazioni. Questi limiti sono trascesi solo dalla sua parola, che si apre verso l’infinito, e scompaiono quando la Parola, fattasi carne, rivelando la pienezza dell’amore e del piano di Dio, porta l’uomo ad un dialogo perfetto col Padre, L’incontro con la parola di Dio chiede una risposta, quella della fede, fede come atteggiamento di vita dinanzi a Dio che chiama “se non avrete fede non persisterete” (Is 7, 8). Torniamo ali salmi. Essi seno l’espressione orante dall’anima di Israele che contempla anzitutto la storia della sua salvezza. Nei salmi i richiami alla storia sono i pilastri della preghiera e come un ‘credo’ di Israele è un credo storico (Cfr Deut 26, 5-8; Gios 24, 1-28), così anzitutto la sua preghiera è una preghiera storica. Gesù che è venuto a compiere la legge e i profeti, cioè la storia di Israele, ha fatto sua questa preghiera dei salmi e li ha spiegati ai discepoli perché essi parlavano di lui, e noi dobbiamo farla nostra come preghiera della storia della nostra salvezza, rischiarata dalla luce di Cristo.
I salmi ei richiedono anzitutto uno spirito di contemplazione che penetra nel piano di Dio, per mezzo di Cristo e lo vede realizzato in lui e nella sua Chiesa. Allora acquistano sapore e significato i salmi storici, quelli regali e quelli di Sion, allora diventa preghiera nostra il travaglio dell’animo d’Israele e ci sentiremo immersi nella vita del povero di Jahweh che implora con fede l’intervento di Dio e uniremo il nostro canto a quello del salmista che celebra le meraviglie che Dio ha profuso nella creazione.
.2. \\\ I salmi e il culto.
Una volta capito il carattere storico della preghiera salmodica non è difficile capire il rapporto tra i salmi e il culto. Se uno prescinde dalla Bibbia e rifletta sul culto in genere come relazione dell’uomo a Dio, si metterà su una linea, puramente, razionale e coglierà il culto come doveroso atto di omaggio dell’uomo, sua creatura, come atto di adorazione e di ringraziamento, di impetrazione e di espiazione. Il culto in Israele è visto anzitutto sotto un’altra prospettiva. Esso è celebrazione dell’opera salvifica di Dio e quindi anzitutto “memoriale”, memoria celebrativa della storia salvifica.
Parlando dell’origine e del contenuto dei salmi abbiamo detto che Israele incontra mio prima di tutto nella storia e poi, se si parlare in questo campo con categorie temporali, scopre Dio come signore del creato, si può dire che prima sperimenta l’aziona salvifica di Dio e poi coglie la propria dipendenza come creatura. Quando l’Israelita pensa a Dio quindi pensa anzitutto alla sua storia e scopre la grandezza, l’onnipotenza, la trascendenza di Dio nella sua storia. Questo fatto del ricordare, della ‘memoria’ è importante. E’ Dio stesso che ordina a Israele: “Non dimenticare quello che io ho fatto per te” (cfr Es 12, 14; 13, 3; Deut 7, 18 e altri), come d’altra parte Israele dice a Dio: “Non dimenticare le tue opere” (cfr Es 32, 13; Deut 9, 27;salmo 74 e altri). Il culto in Israele incorpora tutti quegli elementi di adorazione, di lode e di ringraziamento, di impetrazione e di espiazione, ma sempre in quel rapporto peculiare che è il rapporto creatosi nella storia tra Dio e il suo popolo. Il culto quindi non è anzitutto movimento dell’uomo verso Dio, ma riattualizzazione dell’opera salvifica di Dio. Non per nulla le feste principali di Israele, soprattutto la Pasqua, come abbiano visto, erano commemorative di eventi storici. Questo aspetto storico del culto è una novità assoluta. Il culto in genere infatti è un movimento dell’uomo verso Dio, tentativo di penetrare i cieli a di svelare il mistero o è proiezione del mito nel tempo e quindi momento di iniziazione all’arcano e al divino e forza magica per entrare in una sfera preclusa all’uomo. Il culto nella Bibbia, proprio per il suo aspetto storico, invece è atto di fede, risposta dell’uomo alla salvezza operata da Dio, incontro personale con lui, momento culminante di una tensione che abbraccia tutta la vita, fonte dell’etica intesa come rapporto personale impegnativo con Colui che si propone come salvezza, li culto è qualcosa di oggettivo che ci viene offerto e noi non dobbiamo fare altro che accettare l’offerta del piano divino di salvezza, aprirci a questa proposta, confrontarci e continuamente con essa e trasformare quindi in liturgia tutta la vita, come Cristo. Egli infatti è il grande liturgo del Padre (cfr Eb 8, 2), come Figlio che attua il suo piano e noi in lui siano chiamati, come figli, a riattualizzarlo nella nostra vita.
Questi brevi accenni, che dovrebbero essere sviluppati, ci debbono aiutare a comprendere meglio i salmi. Essi nell’azione liturgica sono la parola stessa di Dio messa nella nostra bocca come risposta al suo piano. E’ la Chiesa intera, è tutto il popolo ai Dio che celebra la storia dell’amore del Padre, da Abramo a Cristo in un unico sguardo,
.3. \\\ La lettura cristiana nei salmi
Il senso della storia della salvezza e il senso storico della preghiera dei salmi ci danno la chiave per una lettura di essi. Certamente questi canti sono sorti nel Vecchio Testamento e ne sono come la sintesi; ma come tutto il V. T. è aperto verso Cristo, così i salmi trovano il loro compimento in lui e acquistano in lui una luce nuova. La storia della salvezza è unica e abbraccia il Vecchio e il Nuovo Testamento, il popolo dell’antica e della nuova alleanza, si apre sulle realtà presenti e-si protende verso le future: Cristo ne è al centro e da lui irradia la luce che dà senso a tutta la storia. I salmi dobbiamo leggerli in questa. prospettiva e allora acquistano livelli diversi di senso, che si completano vicendevolmente. Possiamo leggerli in chiave puramente storica e scoprirne il primo senso, ma possiamo vederli anche illuminati da Cristo e leggerli in chiave cristologica, riferito alla comunità e al popolo del Vecchio Testamento, ma anche, alla comunità dei tempi nuovi in attesa delle ultime realtà e leggerli in chiave ecclesiologica, sentirli riferiti alle realtà terrestri, ma anche alla vita spirituale dei fedeli e del popolo e sentirne tutta la portata spirituale. I salmi così acquistano un’ampiezza straordinaria, ma basta assumere il linguaggio e le prospettive bibliche par rendersi conto della profonda unità della storia salvifica e di tutta la realtà. Del resto chi legittima una tale lettura è la Bibbia stessa che nel Nuovo Testamento riprende i salmi leggendoli in una visione più. profonda che sfuggiva all’autore originario a agli oranti del V. T., ma che si rivelava vera ad una lettura fatta alla luce degli eventi salvifici del N. T. e nella nuova realtà realizzatasi in Cristo (15).
Per non perderci in problemi difficili di esegesi e di teologia prendiamo alcuni salmi e vediamone una lettura a livelli diversi, diamo i salmi: 8 tra gli inni, 22tra le lamentazioni, 2 tra i salmi regali, 122 tra quelli di Sion, lasciando da parte altri generi letterari.
.a.\ Salmo. 8. Il salmo è un inno che canta la gloria del nome di Dio, gloria che si rivela in tutto il creato (v. 2), soprattutto nell’uomo, che Egli ha fatto di poco inferiore a sé (vv. 4-6) facendolo signore di tutta la creazione animata e inanimata (vv.7-9). Tutti son capaci di contemplare la gloria di Dio, soltanto i suoi nemici vogliono chiudere gli occhi, ma sono smascherati dall’esultanza innocente dei bambini che ammirano estasiati le meraviglie del creato, divenendo così strumenti di vittoria di Dio sull’ipocrisia dei violenti suoi nemici (v.3). Il poeta sembra, si sia reso estraneo dalla vita, che non conosca le piccolezze e le miserie dell’uomo, che si sia arrestato ai primi due capitoli del Genesi e non conosca il terzo capitolo ove sono descritti il peccato e la miseria dall’uomo: il suo occhio va al di là dell’uomo attuale per guardare l’opera di Dio come è uscita pura dalle sue mani o per vedere l’uomo nuovo nella pienezza della redenzione. Su questo piano possiamo dare una lettura cristologica del salmo mettendoci sul parallelismo tra il primo uomo (Adamo) e il secondo uomo (Cristo), Cristo è l’uomo rivestito di gloria e di splendore, al di sopra di tutto il creato, innalzato fino a Dio, immagine della sua gloria, a cui tutto è stato sottoposto. A questo ci invita la lettura che del salmo fa l’autore della lettera agli Ebrei (2, 5-10) e gli inni cristologici nelle lettere paoline (cfr.Ef 8, 22; Col 1, 15; Fil. 2,9s).
Il fatto che Mt 21,16 citi questo salmo per dire che i bambini innocenti hanno glorificato Cristo quando entrò a Gerusalemme, mentre i suoi nemici non l’accolsero, ci invita ad una lettura a sfondo ecclesiologico; coloro che sono rinati nell’acqua e nello Spirito hanno occhi nuovi per vedere e cantare la gloria di Cristo, gli altri sono ciechi che non vogliono vedere. E, in fine, possiamo cogliere in questo salmo delle linee di antropologia soprannaturale e farne una lettura spirituale e vedere nel salmo il canto dell’uomo che nella sua libertà si avvicina a Dio per arricchirsi e perfezionarsi mentre con la sua superbia si fa nemico di Dio e si distrugge.
.b.\ Il salmo 22 è una lamentazione individuale tra le più belle e uno dai salmi più citati nel Nuovo T. Ha la struttura tipica dalle lamentazioni: presenta la preghiera accorata di un pio fedele che si rivolge con tutta fiducia a Jahweh il Dio dei padri, in una situazione disperata, nella certezza che anche la sua preghiera sarà ascoltata promette di narrare a tutti, ai vivi e ai morti, l’intervento salvifico di Dio. Fin qui la lettura a livello storico.
Ma questo salmo che rispecchia la teologia dal servo sofferente (Is 52, 13; 53, 12) che ci pone dinanzi lo stato dell’umiliazione più profonda, e dell’esultanza più gloriosa. Gesù lo fece proprio e sulla croce innalzò al Padre la sua preghiera con le stesse parole del salmo: “Dio mio, perché mi hai abbandonato? ’ (Mt 27, 46) , e gli evangelisti hanno più volte citato questo salmo nel racconto della passione di Gesù (cfr Mt 27,35s; Gv 19,24). Gli evangelisti cioè hanno fatto una lettura cristologica del salmo: nel giusto sofferente di questo salmo e nella sua preghiera hanno visto Gesù, il “ servo di Jahweh” e la sua preghiera: Gesù il giusto nella sua profonda umiliazione, nella morte sulla croce, ma anche colui che è stato ascoltato ed esaltato alla destra del Padre per annunziare all’assemblea la salvezza di Dio.
Per il passaggio stupendo e ricco di speranza che c’è tra la prima e la seconda parte del salmo è stato preso dalla Chiesa nella liturgia per cantare il passaggio dalla morte alla vita, dalla tenebra alla luce, dal peccato alla grazia. La Chiesa primitiva lo lesse in chiave ecclesiologia e spirituale: i battezzandi sono chiamati dalla morte alla vita ad annunziare la mirabile gloria di Dio nell’assemblea dei santi. Il canto è divenuto il canto dei catecumeni e il salmo dell’iniziazione cristiana che culmina nella liturgia pasquale (17).
.c.\ Il salmo 2
La lettura storica di questo salmo in onore del re è piana e semplice. Lo si può intendere come omaggio al re di discendenza davidica sul trono di Gerusalemme, cantato nel giorno della sua intronizzazione e come canto augurale nell’imminenza di intraprendere una campagna militare per reprimere vassalli ribelli o re di popoli vicini. La conclusione ha l’andamento di un dramma: la prima scena si svolge sulla terra: popoli e nazioni, re e principi si ribellano e complottano contro il re di Gerusalemme l’’’Unto di Jahweh ” (18).
La seconda parte è impostata in cielo: è Jahweh stesso che interviene e riafferma il suo decreto: “Io ho posto il mio unto sul mio monte santo e gli ho dato in mano i cardini della terra “. Nella terza scena è il salmista che interviene, quasi scosso dalla voce di Dio e dalla irreversibilità del suo decreto, per ammonire sovrani e popoli a sottomettersi al disegno di Dio e ad accettare il dominio del suo “ messia ”
Questo salmo era interpretato in chiave messianica già nel mondo giudaico e non stupisce affatto che gli apostoli ne abbiano fatto una lettura cristologica riferendolo a Gesù di Nazaret: i nemici che si ribellano sono le potenze del male che hanno messo a morte Gesù per mezzo di coloro che non hanno voluto accogliere il suo regno, ma il Padre ha glorificato Gesù, Figlio suo, liberandolo dalia morte, costituendolo re e dandogli in eredità i popoli. Questa interpretazione la leggiamo in bocca a Pietro nel discorso dinanzi al sinedrio (Mt, 4, 25-27), in bocca a Paolo (At 13, 33), nella lettera agli Ebrei (1,5; 5,5), nell’Apocalisse
(12, 5; 19, 15 e altrove) anzi il salmo doveva far parte di quella raccolta di ‘dicta probantia’ , desunti dal V. T. che formavano come il tessuto di un discorso teologico nell’evangelizzazione e nella catechesi dalla Chiesa primitiva.
Il regno di Dio dato in mano al suo Figlio è il regno sul popolo della nuova alleanza, sulla Chiesa di Dio, che si raccoglie convocata dai quattro venti, purificata dall’acqua e dallo Spirito, per celebrare l’inno di ringraziamento, l’Eucaristia, al Padre per mezzo del suo Cristo. La lettura ecclesiologica e spirituale di questo salmo è trasparente e la liturgia più volte nel corso dell’anno ci invita a questo approfondimento, sapendo che la tempesta che infuria intorno a Cristo scuote la Chiesa intera e i suoi figli ma invitando a fidarsi dalla sua Parola e proclamando ‘beati’ quelli che confidano in lui (2, 12).
.d.\ Il salmo 122
E’ un piccolo idillio che canta la gioia dal pio israelita nel contemplare il tempio e la città santa, la casa e la dimora di Dio, David e la sua discendenza. Basta conoscere un po’ di teologia biblica, sapere che cosa significhino queste realtà, Gerusalemme, il tempio, la casa davidica e come queste realtà siano legate alla presenza di Dio nella storia dal suo popolo e subito si intuisce la ricchezza straordinaria di questo salmo.
Passare poi dalla Gerusalemme terrestre a cucila celeste, dal tempio materiale a quello spirituale, dal tempio di pietre al corpo di Cristo, dalla presenza ai Dio nel tempio, a Gerusalemme, in Israele, alla presenza di Dio in Cristo, nell’Eucaristia, nella Chiesa e nel popolo della nuova alleanza, passare dalla prima Gerusalemme alla Gerusalemme ultima quella dell’Apocalisse (cfr capp. 21s), non è difficile. Fare questo passaggio significa vedere in unità tutte le realtà più profonde della rivelazione e cogliere nell’insieme tutto il piano salvifico di Dio. Significa anche fare la vera lettura, l’unica lettura unitaria e profonda dei salmi in cui gli aspetti storici, cristologici, ecclesiologici, spirituali e escatologici sono fusi in una visione d’insieme che è quella stessa di Dio, quella che agli ci ha dato di sé e del suo amore attraverso la rivelazione.
<conclusione> Sono queste solo dei cenni per alcuni salcigna è chiaro che, senza forzature e con criterio, una tale lettura si può fare par tutto il salterio. Quando ai propone una lettura simile del salterio non si vuol dire che gli autori dai salmi volessero esprimere tutti i diversi aspetti, ma si vuol affermare che noi oggi abbiano diritto di vedere in guaste preghiere una realtà più ricca e più profonda alla luce dell’unità del disegno salvifico di Dio, che la sua Parola ci ha rivelato. Un paragone: una vera poesia va al di là, dell’intento immediato del poeta, ma possiede in sé tutte quelle virtualità che i commentatori vi scoprono man mano che riescono ad entrare più profondamente nella realtà e nell’uomo. Per la Bibbia ci è guida a questa lettura più ampia e più profonda la stessa Parola di Dio e lo Spirito che lui ci ha dato.
Prima condizione a questo tipo di lettura è la meditazione di tutta la Bibbia poiché i salmi sono nati dall’anima orante di Israele in tutta quella storia che Dio ha operato per in suo popolo; inoltre è aiuto efficacissimo l’uso intelligente di commenti ai salmi dei Padri della Chiesa, specialmente delle “Enarrationes in psalmos” di sant’Agostino, poiché questi commenti ci dànno il gusto di una preghiera di ampio respiro che va col ritmo della liturgia mentre questa nell’arco dell’anno ritesse, rivive e riattua con animo contemplativo l’opera salvifica del Padre, del Figlio e dello Spirito.