ALL’AMBRO DI MONTEFORTINO L’ANTICHISSIMO SANTUARIO MARIANO
Studio di Fra’ Alfonso Schiaroli
Lo storico ascolano Mons. Giuseppe Fabiani ha definito il Santuario dell’Ambro:” Il più antico Santuario delle Marche”. La tradizione fa risalire le sue origini al Mille. “Nel mese di Maggio del Mille, la Vergine SS.ma, cinta di straordinario splendore, apparve all’umile pastorella Santina, muta fin dalla nascita. La fanciulla ottenne il dono della parola in premio delle preghiere ed offerte di fiori silvestri che ogni giorno faceva all’immagine della Madonna, posta nella cavità di un faggio”. Secondo questa tradizione, la Madonna avrebbe chiesto alla pastorella: “Dammi una pecorella”. Lei, come prime parole, avrebbe risposto: ”Vado a domandarlo al babbo”. Alla pastorella poi la celeste Madre avrebbe raccomandato di andare dai sacerdoti di Montefortino, esortandoli a costruire in quel luogo una chiesa.
L’apparizione della Madonna
L’apparizione mariana con da guarigione di Santina si intreccia con altre tradizioni. Una di esse narra che il Santuario sorse piccolo ad opera di una potente famiglia feudataria del luogo, quale ex-voto per una grazia ricevuta. Un’altra chiama in causa i monaci della vicina abbazia dei Santi Vincenzo e Anastasio, che avrebbero edificato la chiesetta di S. Maria in Amaro per comodità delle popolazioni della vallata … Sono forse tre momenti di una stessa tradizione.
Documento di grande interesse per il Santuario è una pergamena, un tempo esistente, ma letta e sunteggiata dallo storico fortinese Leopardo Leopardi, dove si parla di una cospicua donazione di terre, fatta nel 1073 in suo favore: 1042 modioli di terra (pari a 160 ettari) da parte dei signori di Castel Manardo. Il fatto ci suggerisce due considerazioni ben comprensibili: che il santuario doveva avere una certa notorietà e importanza e che doveva essere sorto qualche decennio prima per opera dei monaci farfensi, cioè proprio verso il Mille, come vuole la tradizione.
Il monaco Pietro rettore
Dopo un secolo dalla storica donazione, forse non effettuata, avvenne un altro episodio giuridico d’interesse locale storico. E’ detto che nell’anno 1185 i feudatari di Castel Vecchio, conti Bonifazi, col consenso del vescovo di Fermo, nominarono il monaco Pietro di S. Maria di Amaro, rettore di S. Maria in Staterano!
Tale concessione fu ratificata con nuovo atto il 10 ottobre 1195, dalle stesse persone. Vi si apprende che l’eremita Pietro doveva avere la sua residenza stabile all’Ambro, veniva beneficiato di alcune decime, ma si riservavano il diritto di un canone annuo “di due prosciutti” e l’ospitalità per tre giorni all’anno. Il duplice atto giuridico ci fa supporre con fondamento che il Santuario non era più una sperduta chiesa montana, ma assumeva la fisionomia di vero santuario con custode stabile.
I ladri pentiti
L a storia del Santuario riferisce che nel 1235 certi signorotti lo spogliarono dei suoi beni, ma poi si pentirono e restituirono tutto all’abate Giovanni dell’abbazia dei santi Vincenzo e Anastasio. Rettore e priore di quel tempo era un cappellano di nome Matteo, e ciò conferma che il Santuario godeva della presenza di una comunità di monaci alla dipendenza del sovrastante monastero. Detto monastero dei benedettini farfensi dei Santi Vincenzo e Anastasio si impegnò per lunghi anni a mantenere un rettore-priore al Santuario. Ne fa fede un documento del 1290 e 1299.
Il comune di Montefortino negli anni 1302 e 1318 comprò alcune terre di famiglie nobili di castel Manardo e di Castel Vetice e quindi si assicurò il giuspatronato sul santuario dell’Ambro, di cui i fortinesi si fecero custodi devoti e quasi gelosi fino ad ampliarne la chiesa e il romitorio.
Lo sviluppo del santuario
Così il piccolo Santuario ha registrato uno sviluppo lento, ma costante. Questo è dovuto all’immagine miracolosa della Madonna che vi era venerata. Secondo una memoria del secolo XVI, all’Ambro accorrevano devoti “dall’intera Marca Fermana e dai limitrofi paesi dell’Umbria”. Nel 1562 i fortinesi presero l’importante decisione di sostituire la vecchia immagine della Madonna, forse consunta, con una statua policroma, raffigurante la Vergine seduta in trono col Bambino sulle ginocchia, come è ora venerata. Al suo arrivo ebbe un’accoglienza molto festosa.
Fin dai primi anni del secolo XVI fu ventilato il progetto di un nuovo e più vasto tempio per accogliere i pellegrini che arrivavano sempre più numerosi. Il progetto non fu eseguito perché le offerte venivano rivolte ad altri scopi “non pii”. Ci fu anche un periodo di quasi abbandono del Santuario nel 1439, per la partenza sia dall’abbazia che dal Santuario dei monaci benedettini, che erano stati assidui custodi fin dalle origini.
Nei 50 anni di permanenza dal 1521 al 1572 all’eremo di S. Leonardo e al vicino Palazzetto di Vetice dei Camaldolesi, fu assistito da loro.
Chi risanò la situazione di stasi fu il cardinal Felice Peretti, vescovo di Fermo e poi papa Sisto V. Egli visitò il santuario, constatando gli abusi, e nel 1775 emanò una Bolla con la quale disponeva il passaggio di questo Santuario al capitolo della cattedrale di Fermo con l’obbligo di curarne la decorosa ufficiatura per mezzo di un sacerdote cappellano stabile.
La premura degli arcivescovi di Fermo verso il Santuario, si espresse in vari modi. L’arcivescovo Zanettini in visita nel santuario, resosi conto della entità delle offerte, stabilì che fossero raccolte e ben custodite e si procedesse alla fabbrica del nuovo tempio. Si iniziò col costruire la parte absidale quale cappella della Madonna.
Terminata nel 1602, vi fu trasferitala venerata immagine dalla vecchia cappella che era situata quasi al centro della chiesa. Agli inizi del 1600 i fortinesi, per avere una bella nuova chiesa, si rivolsero al celebre architetto della S. Casa di Loreto, l’urbinate Ventura Venturi di Lattanzio e i lavori iniziarono nel 1603.
Superate molte difficoltà, nel 1610 era compiuta la parte principale che costò sei mila scudi. Negli anni 1610-11 il pittore Martino Bonfini decorò la cappella della Madonna. Il pittore ginesino Domenico Malpiedi curò invece la decorazione delle cappelle. L’afflusso dei pellegrini continuò con ritmo costante. Lo storico Colucci attesta che allo scadere del secolo custodivano il “ bel tempio della Beata Vergine dell’Ambro due eremiti “stanziati” nel Santuario.
Lo stesso autore definisce il luogo: “Asilo ove la Marca e l’Umbria non cessano di recare i loro voti alla divina Signora”
Nel secolo XIX il flusso dei devoti si intensificò. Il cappellano don Domenico Viceré, che vi fu rettore dal 1837 al 1897, nel 1875 scriveva al capitolo metropolitano di Fermo:” È un fatto che la devozione verso questa S. Immagine di Maria SS.ma dell’Ambro abbia aumentato tanto da formare la meraviglia comune, tanto che nei mesi primaverili è tanta la copia dei devoti che accorrono che bene spesso insufficiente se ne rende la chiesa”.
In una sbiadita foto degli ultimi anni del XIX secolo si vede la chiesa dell’Ambro, robusta nelle sue mura intonacate di bianco, con la porta e il sovrastante finestrone, quasi vigilata a dieci metri dal rustico romitorio, in attesa di migliori eventi.