MONTE DI PIETA’ nel 1469 a FERMO fra’ Domenico da Leonessa. Traduzione dal latino

testo edito in latino in  “Atti del Convegno di Studi in onore di San Giacomo della Marca” Monteprandone 1991, pp. 80-82 traduzione di Carlo Tomassini

Statuto del Monte di Pietà di Fermo

Archivio storico del Comune di Fermo presso l’archivio di Stato di Fermo (FM) – Statuto del Monte di Pietà di Fermo, anno 1469 nel registro Consilia 1 cc. 32-35. TRADUZIONE DAL LATINO

\\\   Nel nome di Dio. Amen. Nell’anno del Signore 1469, indizione seconda, al tempo del santo padre in Cristo per divina provvidenza Pio II e nel giorno ultimo di marzo: questi sono i capitoli e gli ordini fatti e istituiti del Monte di Pietà per delibera della solenne cernita a favore dei sussidi e per il sostentamento dei poveri e delle persone bisognose ad opera della persuasione e della predicazione del venerabile frate Domenico da Leonessa dell’Ordine dei Minori dell’Osservanza nella chiesa cattedrale del nostro episcopato fermano, predicatore ottimo nella quaresima passata recentemente, rivisti approvati dal reverendo vescovo e principe fermano e dal suo vicario Pietro Paolo da Santa Anatolia (Esanatolia).

Anzitutto i denari di questo Monte siano raccolti e posti in una cassa chiusa con tre chiavi. Le tre chiavi sono tenute da tre cittadini officiali del Monte, una chiave ciascuno. La sede di questa cassa sta nell’abitazione di uno di questi cittadini.

E i magnifici signori Priori ogni anno nel mese di aprile eleggano nella cernita tra i cittadini di tre contrade, uno per contrada, buoni e timorati di Dio, tra il numero di quelli dell’ufficio del priorato e gli eletti sono chiamati officiali del Monte con un notaio della città.

Questi cittadini ed il notaio tengano la contabilità del Monte in modo diligente e facciano i bollettini a quelli che ricevono il denaro e sistemino i pegni annotando la data, il nome e la quantità (somma) del mutuo e specificando i pegni e il dare. Questi cittadini e il notaio abbiano il loro salario da stabilire con altro denaro diverso da quello del Monte. Questi eletti dai magnifici Priori siano soggetti ad accettare la penalità di 10 ducati d’oro per ciascuno, da applicarsi per il Monte. Gli officiali e il notaio debbano fare mutuo dei denari del Monte a qualsiasi cittadino e abitante di Fermo e del suo contado, eccetto gli slavi e gli albanesi che non siano possidenti di beni immobili. La quantità del mutuo è cinque ducati senza alcun compenso nel prezzo solamente ad uno per ogni abitazione per il tempo di sei mesi, e questo con pegni giudicati sufficienti dai detti cittadini e dal notaio. I pegni debbono essere riscattati da parte del pignorante entro questi sei mesi e quando entro questo termine di sei mesi non siano riscattati i pegni, in tal caso gli officiali e il notaio siano obbligati nel settimo mese a fare quattro bandi in giorni di domenica riguardo ai pegni rimasti, nella piazza del Comune davanti al palazzo di residenza dei signori Priori, ogni otto giorni e nell’ultimo bando facciano transazione con chi più offre. Dal prezzo del pegno soddisferanno il prestito del Monte e la somma residuale sia restituita al patrono. Nel caso che questi officiali e il notaio agissero in modo contrario siano destituiti dal governo della città e da ogni suo ufficio e del beneficio. Il notaio in tal caso sia privato dell’esercizio di questa arte in modo tale che non sia più considerato legittimo notaio nella nostra città, e nel suo contado e distretto. Gli officiali e il notaio che tengono la contabilità siano attenti soprattutto che non decorra il tempo nei pagamenti oltre i sei mesi e qualora in ciò saranno negligenti perdano il salario dell’intero anno (che non si preleva dal denaro del Monte) e soggiacciono a questa pena. La negligenza nel predetto tempo del notaio che tiene la contabilità non sia di pregiudizio per i tre cittadini officiali. La negligenza dei cittadini non sia di pregiudizio per il notaio. Terminato il singolo anno <di durata> gli officiali e il notaio siano sottoposti a sindacato (controllo) ad opera del podestà e del collaterale della città di Fermo e tre cittadini dal governo delle tre contrade della città, cioè uno per contrada devono essere messi nel bussolo ad opera dei magnifici Priori nel mese di aprile per quattro anni. Il sindacato duri dieci giorni entro i quali il podestà, il collaterale dei sindaci rivedono i diritti e pegni. Qualora risultano colpe nelle cose dette o in qualcuna di esse condannino e puniscano nelle dette pene. Se non lo facessero il podestà e il collaterale perdano tutto il salario che venga dato al Monte stesso e i cittadini sindaci siano sottoposti alla pena dei detti ufficiali del Monte.

Si dichiara che qualora capitasse che la cartuccia estratta (dal bussolo) per questi sindaci avesse il nome di uno o di più morti, o assenti, o infermi, o un nome di detti ufficiali del Monte o dei notai oppure ci sia parentela di secondo grado di consanguineità o di affinità con gli officiali o con il notaio del Monte, in tal caso i magnifici Priori deputino altre persone idonee.

E vollero che tutte le eredità che legittimamente sono da dare al Comune di Fermo siano date a questo Monte. Il notaio dei sigg. regolatori del Comune di Fermo abbia un libro e un registro per le cose regolari in cui annoti ogni quantità di monete e di beni che sono depositati nel Monte tanto dal Comune, quanto da speciali persone. Gli officiali e il notaio del Monte non ricevano queste monete se non per mezzo di un bollettino scritto e sigillato per mano del notaio dei regolatori, sotto la detta penalità stabilita per loro.

E tutti gli officiali e i balivi del Comune di Fermo e del suo contado sotto pena di privazione del loro ufficio e di perdita del salario, siano obbligati ad obbedire agli officiali e al notaio del Monte nelle cose spettanti al Monte stesso e devono fare giustizia per loro con rito sommario senza strepito né figure di giudizio, dopo avere fatto ispezione solamente della verità dei fatti.

E due almeno degli officiali del Monte insieme con il notaio ogni giorno di sabato siano obbligati a sedere nel luogo dei banchieri del Comune per i mutui da fare ai poveri e bisognosi e in altri tempi su richiesta dei signori Priori, fino all’ora terza per riverenza della Vergine Maria.

I pegni siano riposti in una abitazione o magazzino nella strada dei fondachi e dei calzolai, e siano sistemati e chiusi bene. Questi pegni non siano rovinati e gli officiali del Monte li facciano scuotere a spese del Comune. Qualora, dopo praticata questa diligenza, i pegni si guastassero, il danno sia per il patrono, o per il Comune riguardo al prestito. Qualora si perdessero per altra casualità divina e umana, il governo pubblico fermano è obbligato per l’interesse. Si fa dichiarazione che i pegni che si ricevono nel tempo di un ufficio o nel tempo dei successori ricade sul Monte e non possono essere venduti a favore del capitale dello stesso Monte. Quelli che presero i pegni siano obbligati sempre all’interesse del Monte. Nel caso che questi pegni fossero rubati, il Monte non perda e il patrono abbia l’interesse e il regresso contro il pignorante. In ciò si pratichi la giustizia sommaria. Questi pegni siano tenuti nei detti luoghi e non altrove e sotto chiavi con la pena stabilita per i detti ufficiali.

E coloro che vogliono prendere <mutuo> di denaro siano tenuti a giurare che sono necessari al loro stessi e che li prendono, non per altri, ma per sé. Coloro che per un anno hanno avuto denaro una volta, non possono avere codesto ricorso per un <altro> anno.

E per le elemosine che ci fossero a favore dello stesso Monte, ogni anno, nel mese di aprile, si faccia riunione di tutto il clero e dei religiosi della città nella chiesa dell’episcopato e vi si celebri un solenne ufficio per le anime di coloro che hanno dato beni allo stesso Monte.

Deliberarono anche che qualora ci fossero persone che vogliono fare deposito nello stesso Monte di qualche quantità di monete, soltanto per comodità dei poveri per un tempo determinato, i magnifici Priori regolatori e gli officiali del Monte, quando il depositante chiedesse di riavere le monete, siano tenuti a restituirle sotto pena di privazione dell’amministrazione, consegnandole immediatamente a chi ha fatto il deposito, quand’anche dovessero farne prelievo da qualsiasi introito della comunità, anche non avessero alcuna altra tutela che il Consiglio generale in modo che sia fatta la riconsegna al depositante, in qualsiasi modo siano (denari) nel Comune.

I venditori delle cose del Monte e spettanti al Monte agiscano con azione a incanto e concedano a chi fa l’offerta maggiore.

E per un quinquennio di detti ufficiali non possano mutuare se non la somma di dieci ducati e non più, ma possono mutuare minore somma.

Qualora qualcuno volesse donare a questo Monte un bene mobile o immobile a titolo di donazione, irrevocabilmente tra i vivi e quando questa donazione fosse fatta con un rogito notarile e con due testimoni abbia validità si può fare nonostante disposizioni contrarie di statuti ed altro.

Qualora poi qualcuno, per evitare scandali volesse donare in modo segreto qualche cosa mobile o immobile a questo Monte con rogito di un notaio e con due testimoni almeno, e ciò fino alla somma di trecento ducati può farlo e c’è validità di questa donazione nonostante qualsiasi cosa ci fosse in contrario. Qualora tale donazione superasse la somma di trecento ducati e chi fa donazione entro un mese dal giorno della donazione volesse ritirare la stessa donazione, ne ha facoltà e la donazione non ha validità.

Qualora la revoca di tale donazione avvenisse dopo trascorso un mese, la prima donazione è valida, nonostante la revoca <tardiva>. Ogni notaio può far rogito della stessa donazione con due testimoni. La donazione va tenuta nella credenza con penalità di segreto rivelato e sotto privazione dell’esercizio. Inoltre la pena sia per falsità e nonostante tutto chi rivela il segreto è obbligato a rifondere la stessa quantità donata al Monte. Di queste donazioni si facciano due registi che siano posti nella detta cassa delle monete del Monte. In uno dei registri si scrivano donazioni e lasciti fatti pubblicamente. Nell’altro si scrivano le donazioni segrete che hanno valore sostanziale ed effettivo, avendo tutte le clausole e la carta annotata con il sigillo impresso dal Comune. Nel tergo si annoti soltanto il nome del donante. I sigilli siano posti dopo la morte dello stesso donante.

L’orefice che è chiamato a saggiare gli argenti, lo faccia gratuitamente e qualora facesse male la verifica, in tal caso deve rifondere dal suo proprio.

I magnifici sigg. Priori eleggano ogni tre mesi un calzolaio della città (di Fermo) che faccia la stima dei panni gratis e con il giuramento.

Infine deliberarono che ogni anno nel mese di aprile sia fatta la proposta del consiglio Generale su cosa si ritiene opportuno aggiungere a questi capitoli del Monte per la conservazione e per il miglioramento di questo Monte e non in altro modo.

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Per quanto riguarda i precedenti interventi di San Giacomo della Marca contro l’usura nei prestiti ad esempio nel 1459, si vedano gli studi di TASSI Emilio, tra cui IDEM, La predicazione antiusura di S. Giacomo della Marca e dei frati dell’Osservanza. In “Quaderni dell’Archivio storico arcivescovile di Fermo n. 12 (1991) pp. 55-76.

Nel predetto archivio di Fermo si conserva il registro n. 12 “Consilia et cernite” Bastardelli 1458-1459, di cui ha scritto una sintesi V. MARINI, Rubrica eorum omnium que continentur in libris Conciliorum et Cernitarum ill.me civitatis Firmi. Nel suo vol. 2° c. 21 il 16, 18 e 19 marzo 1459 vengono approvati i moniti di Fra’ Iacobo della Marca contro le usure, contro i patti concessi per le usure agli ebrei e vari rimedi per il bene dei cittadini.

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