PICCIAFUOCO FRA UMBERTO dei Minori Francescani
CHIESA E CONVENTO DI SANTA MARIA DEL PIANO DI SERVIGLIANO
Servigliano, antico centro Piceno, deve il suo nome al romano Servilio Rufo della Gente Servilia, luogotenente di Pompeo Magno, che era incaricato dell’assegnazione delle terre ai soldati romani veterani. La sua villa era costruita nello spazio occupato attualmente da chiesa e convento dei Frati Minori, ove anticamente furono rinvenuti dei resti di epoca romana, risalenti al tempo di Augusto imperatore.
Sull’altura, circa 4 km a Sud alcune famiglie costruirono un villaggio grazie all’interessamento del vescovo fermano Azzo (1089-1119) il quale volle che la chiesa fosse chiamata “Pieve di San Marco”. Con il tempo l’incasato fu ampliato. Purtroppo dopo sette secoli e mezzo avvenne uno smottamento e slittamento del suolo a motivo delle infiltrazioni sotterranee di acque. Nella seconda metà del sec. XVIII, molte case franarono nonostante le riparazioni, sicché la gente fu costretta ad emigrare.
Le autorità locali, nel marzo 1769, per mezzo del compaesano Monti, si rivolsero al Conclave che elesse il Papa Clemente XIV (1769-1774) il quale fece fare un progetto all’ingegnere idraulico Virginio Bracci e diede inizio alla costruzione dell’attuale complesso edilizio che da lui venne denominato “Castel Clementino”. Le nuove costruzioni degli edifici procedevano con il computo metrico del frate Francesco Filonzi, presente nel convento serviglianese dei Minori Francescani.
Durante il pontificato di Pio VI (1775-1799) come dice una lapide di Castel Clementino fu realizzata la massima parte del Castello data la sua generosità eccezionale verso i Serviglianesi.
Quando venne il regno sabaudo nel 1863 fu ripreso il toponimo di Servigliano (1).
LA CHIESA DI SANTA MARIA DEL PIANO
La pianura serviglianese sita tra i monti Sibillini ed il mar Adriatico è la prima piana che si incontra nel percorso dalla zona montana verso la marina. Da questa conformazione è derivata la denominazione della chiesa qui costruita in prossimità del fiume Tenna: “Santa Maria del Piano”.
Si può pensare ad una preesistente antica chiesa benedettina. Di fatto i Benedettini dal secolo VII eressero in tutta Europa molte migliaia di edifici sacri: abbazie, priori e, grance (aziende rurali) e simili; tutto questo complesso organizzativo costituiva una rete economica, sociale e religiosa paragonabile soltanto all’impero romano. Non per nulla San Benedetto è stato proclamato patrono principale d’Europa dal papa Paolo VI che lo ha salutato “Pacis nunctius”, nunzio della pace.
In Italia oggi ben 395 chiese, portano il nome di Santa Maria con vari toponimi specificativi: “al Fiume”, “all’Isola”, “in Pantano”, “in Colle”, “in Strada”, “in Selva”, “in Piana”, “in Valle”, “inter Vineas” (in Ascoli), così pure “Santa Maria del Piano” a Servigliano.
In questa chiesa di Santa Maria del Piano è visibile, nella parete orientale, mura molto antiche alcune in pietra, altre in mattoni, assieme con un portale che ha dei resti di modanature, e sono tracce dell’antica chiesa del secolo XIII ampliata nel 1414. Si hanno anche affreschi rimasti del secolo XV all’interno, nel retrofacciata, e nei locali al lato della sacrestia. Mantengono tinte molto vivaci, andrebbero certamente valorizzati. Alcuni hanno tre strati di successivi rifacimenti. Si potrebbero mantenere il luogo sicuro e onorevole. Sono di pregevole fattura, nonostante l’acqua che da tempo vi si infiltra, ma sinora non li ha cancellati (2).
La primitiva chiesetta di Santa Maria del Piano fu poi incorporata nell’attuale perché ai Benedettini seguirono i Terziari Regolari di San Francesco (3).
Un documento parla anche della presenza qui, dei Frati Clareni (4). Nel 1414 il Comune fece ricostruire la chiesa, con le offerte dei fedeli.
Più tardi, per una concessione papale datata 11 febbraio 1579, subentrarono i Frati Minori. Un altro documento sfragistico aveva segnate le lettere “ S M P “ con una croce † sulla M (5) ed indicherebbe” S(ancta) M(aria) P(iano)”.
Bisogna notare che i frati non costruivano mai le loro abitazioni, se nelle immediate vicinanze non ci fosse un corso d’acqua con un po’ di terreno per l’orto, Servigliano non ne mancava, nella pianura presso il fiume Tenna.
Lo storico francescano Francesco Gonzaga (6) che descrisse nel 1586, con note essenziali, tutti conventi francescani del suo tempo, afferma che l’antica chiesa di Santa Maria del Piano esisteva prima del pontificato di Callisto III (1455-1458). Lo si desume dalla sua Bolla inviata alla comunità di Servigliano in data 29 novembre 1457 con cui concedeva l’indulgenza di sette anni e sette quarantene a quei fedeli che avessero visitato la cappella di Santa Maria del Piano nelle feste nell’assunzione (15 Agosto) della Natività di Maria (9 Settembre) ed il Venerdì Santo. Nella bolla si accenna alla moltitudine di fedeli che si affollavano per le predette occasioni quando si tenevano anche le fiere.
Intorno al pregio artistico di queste opere, degli affreschi, delle tempere del chiostro, del coro, del crocifisso nel 1600, dell’antica statua lignea della Madonna, di molte altre opere, tele di valore, sacrestia in noce, regolarmente fotografate, numerose sono le notizie del padre Talamonti.
Il padre francescano Carlo Gasparrini da Montecarotto, nel suo “Libro delle memorie“(7), oltre a ricordare che il convento fu abitato dai terziari regolari, aggiunge che la comunità di Servigliano, per non perdere i ricordi e le tracce permanenti del serafico padre San Francesco, fece richiesta al padre Ministro dei Minori Osservanti che si degnasse avere il sito per il suo Ordine.
Egli acconsentì e si rivolse al sommo pontefice Gregorio XIII che pubblicò la concessione con Bolla 11 febbraio 1579, quando era generale dell’Ordine padre Cristoforo da Cheffontaines in Francia e ministro della Provincia, padre Serafino Crisantini da Monte Barroccio. Grande era l’affetto dei Serviglianesi verso i Francescani e li aiutarono. I frati si adoperarono per trasformare il convento vecchio, piccolo e malridotto, creandone uno nuovo e dignitoso.
Descrivendone le emergenze del convento, l’autore Gasparrini precisa: “…… il convento si chiama di Santa Maria del Piano perché è situato in vasta e bellissima pianura bagnata da una parte dal fiume Tenna”. L’autore prosegue dicendo che i frati “edificarono un tempio lungo cento passi circa, ma non è capace di accogliere tutte le persone che vi accorrono”. In seguito questo fabbricato fu accresciuto.
Dallo stesso autore trascrivo altre notizie utili:
~Il vasto prato davanti alla chiesa aveva tre pilastri con croci in pietra, una per ciascun angolo.
~I frati vi piantarono numerosissimi alberi e vi tenevano a pascolo venti maiali.
~C’erano pavimenti stabili (tipo viali) elaborati con calce fine diventata durissima.
~Tra le macerie furono trovati i resti di murature attribuite ai Faleri di cui si avevano vestigia di mura fortificate.
~I frati avevano sistemato i terreni pietrosi di lato alla chiesa e vi avevano piantato
viti ed alberi.
~Nel mezzo c’erano un pozzo profondo e di lato un fosso.
~In varie parti sgorgavano limpidissime acque che venivano utilizzate per gli orti e per usi domestici.
~C’era una sorgente di acqua minerale frequentata da molte persone e intorno c’erano sedili.
~Il convogliamento di tutte queste acque era utilizzato per fare peschiere.
~Le molte piante offrivano legname per le costruzioni, per il fuoco ed per altro.
~Questo luogo si trovava nel mezzo di due famose terre; il vecchio castello di Servigliano e Falerone, patria di due illustri Francescani della prima generazione, i beati Pellegrino e Giacomo (8).
FATTI SALIENTI DAL 1650 ALLA SOPPRESSIONE NAPOLEONICA
Nel periodo dal 1650 al 1810 ci fu un rinnovamento dei locali del convento e della Chiesa di Santa Maria del Piano. I religiosi incrementarono il preesistente Terzo Ordine francescano con i fedeli. Fondarono anche la Confraternita di Sant’Antonio di Padova. Diedero un assetto più conveniente all’intero edificio costruendo un nuovo braccio abitativo sul lato Nord facendo un sostegno di cinta muraria. Nella chiesa rifecero il pavimento, l’altare maggiore, il coro, la sacrestia, l’organo, i banchi della chiesa e la facciata. stabilirono una Cappella (altare laterale) per le anime Sante del Purgatorio ed un’altra in onore di San Francesco.
Fu ammoderno in stile neoclassico l’interno della chiesa Il 37 del 1739 fu costruito il campanile che costò 80 scudi e vi furono impiegati 20.000 mattoni. Poi fu rialzato nel 1788. La facciata venne rifatta più elevata nel 1747, nel tempo in cui era Guardiano padre Giuseppe Bernardino Mancinelli, serviglianese, il quale era spesso chiamato dai parroci dei paesi vicini per predicare.
Nel 1852 la statua quattrocentesca della Madonna fu riposta sopra la porta della sacrestia, sotto il Crocifisso, al suo antico posto. Fu acquistato un nuovo baldacchino indorato d’oro zecchino con sei candelieri e croce d’altare cesellati e argentati.
I frati prestavano servizi religiosi nelle parrocchie del circondario e con le offerte ricevute acquistarono statue, croci, reliquiari, rifecero i finestroni, restaurarono i confessionali e i banchi, fecero confezionare nuove vesti liturgiche. Tutto ciò che riguardava il culto era tenuto nel massimo decoro.
All’entrata del convento c’era una stanza per i pellegrini e per gli ospiti occasionali, ai quali non si negava mai il vitto e, in determinati casi, l’alloggio.
ALCUNE CONTROVERSIE
Il comune di Servigliano aveva la sua sede sull’altura meridionale a tre chilometri da questo convento. Il castello fu distrutto dalle frane. Dopo ripetuti interventi anche presso i cardinali in conclave nel 1769, il nuovo papa Clemente XIV decise la costruzione di un nuovo centro abitativo adiacente a questo convento. Nel 1771 il Vicario Foraneo di Servigliano, don Filippo Celestino Monti, constatava le pretese dei frati sull’esclusiva proprietà sul prato, sulla selva e su alcuni fabbricati. La loro area fu considerata abbondante per un convento sia pure composto da 12 persone.
Il Comune era solito richiedere a questi alcuni locali per ospitare la milizia al tempo delle tre fiere del 26 marzo, del 9 settembre e del 15 agosto. Di quest’ultima fu più tardi cambiata la data. Inoltre il parroco esigeva locali per assicurare uno spazio per le Confraternite e insieme con il clero solevano andarci sei volte l’anno. Il Governatore di Fermo e il suo Luogotenente intervenivano a dette fiere ed esigevano ospitalità per il giorno nonché alloggio per la notte. Tutto questo movimento di gente arrecava un lavoro non indifferente ai frati.
Non fece piacere ai frati quando dovettero cedere tutto il prato e la selva per la costruzione del nuovo paese chiamato Castel Clementino. Il Papa Clemente XIV, francescano, fece intervenire un superiore dei francescani per pacificare gli animi e fu stabilito come architetto un frate che risiedeva nel convento serviglianese, fra’ Francesco Filonzi.
Il Padre Talamonti nella sua Cronistoria ricorda inoltre i nomi di alcuni religiosi nativi di Servigliano che furono studiosi, scrittori, oratori, confessori, teologi e filosofi. Riferisce anche brevi notizie sulla giovane serviglianese Fernardina Pierangelini, morta santamente il 26 luglio 1758, e sepolta nella chiesa di S. Maria del Piano (9).
DALLA SOPPRESSIONE NAPOLEONICA AI GIORNI NOSTRI
Nel 1805, Napoleone, dietro suggerimento della massoneria internazionale, emanò da Compiègne, il decreto di soppressione di tutti gli enti ecclesiastici e religiosi e di confisca dei loro beni. Dal totale sfacelo si salvarono soltanto le curie vescovili e le parrocchie, ma tutto il mondo ecclesiastico subì un forte scossone.
Nel 1860 e nel 1866, Vittorio Emanuele II, manovrato, da atei e massoni insieme, ripeté l’espropriazione di Napoleone in Italia e confiscò conventi, chiese, santuari e i loro beni mobili ed immobili.
È una triste storia che va conosciuta nella sua cruda verità. La Chiesa cattolica ancora vive e certamente vivrà. Nel 1929 ci fu la conciliazione tra il Vaticano e l’Italia. Nessun ordine religioso riebbe i conventi. Chi poteva, se li dovette ricomprare o ricostruire. In alcuni luoghi si comprò solo il convento, lasciando al Comune la chiesa e il campanile. In altri luoghi, l’orto divenne cimitero locale. Moltissimi conventi divennero caserme, scuole, depositi di fieno, stalle e quant’altro. Qui a Servigliano la comunità francescana rimase soppressa.
In tutte queste situazioni, il convento e chiesa di Santa Maria del Piano sono in possesso del Comune, che può valorizzarli secondo il desiderio di tanti buoni serviglianesi. Restano gli edifici come valido documento di storia. Ci auguriamo che questi siano utilizzati per fini nobili, come, altrove, è stato fatto. E anche se (come penso) i frati frsncescani non potranno più tornare ad abitarvi, sapete che essi vivono in altri luoghi nelle vicinanze: a San Liberato, ad Amandola, al santuario dell’Ambro, a Fermo, a Macerata. E, se vedete qualche frate passare per la strada, siate voi a dire per primi quello che hanno sempre detto loro: “Pace e Bene!”
Con questo saluto di pace bene chiudo questa mia relazione sul “passato” di questo convento, sperando di aver fatto una cosa gradita!
Padre Umberto Picciafuoco
NOTE
(1) C. BARUCCI, Servigliano, Roma 1992; M. CATALINI, De Ecclesia Firmana. Fermo 1783, traduzione in italiano Fermo 2012 p. 379
(2) G. CROCETTI, La pittura di Fra’ Marino Angeli ….. Urbino 1985 descrive p. 115, alcuni affreschi serviglianesi, li data intorno al 1457 e afferma che l’autore di un dipinto è mastro Cola da Santa Vittoria. Anche le tempere secentesche del chiostro andrebbero salvate ed è sperabile che la Soprintendenza possa fare il restauro.
(3) L. WADDING, Annales Minorum, XXI, 515.
(4) Seguaci di fra Angelo Clareno, personaggio molto discusso, per alcuni forse eretico, per altri persino santo. E’ abbondante la bibliografia.
(5) A. TALAMONTI, Cronistoria ….. della Provincia Lauretana, volume VI. p.180; M. SENSI, Santuari politici contra pestem…… in Miscellanea di studi marchigiani in onore di Febo Allevi, Assisi 1987, pp. 639-641.
(6) F. GONZAGA, De origine seraphicae religionis ……., Roma 1587, p. 203.
(7) Ms presso la Biblioteca francescana di Falconara Marittima, “Miscellanea, I” cc. 218-220.
(8) Una panoramica sui protagonisti e sui luoghi dei primi francescani nel Piceno: U. PICCIAFUOCO, San Liberato, centro vitale della Terra dei Fioretti….. Ancona 1986.
(9) A. TALAMONTI, Op. cit. pag. 171 per la Pierangelini, p. 180 per i religiosi Serviglianesi.
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Digitazione di Albino Vesprini
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