CINTIO.prof. Alberto scienziato docente 1974- 1982 TRENT’ANNI DEL LICEO “PAOLO VI”
Trent’anni sono passati dall’apertura dei liceo “Paolo VI” e trent’anni anche dalla mia laurea. Una generazione. L’impressione più grande e le riflessioni più profonde ti colpiscono quando entri in classe a metà settembre, dai un’occhiata ai cognomi dei nuovi alunni e scopri – ormai è un fenomeno che si ripete da qualche anno – che ci sono cognomi già …… “maneggiati”. Fai un primo appello, ti soffermi un po’ su quel cognome, scruti bene l’interessato/a, ritorni indietro con la memoria e in base al noto proverbio “qualis pater, talis filius”, (in senso fisico mendeliano s’intende!), ricostruisci volti già visti, episodi, storie e vicende di vita scolastica che erano in un cantuccio della memoria, completamente sommerse da volti, episodi, storie e vicende successive. E’ passata una generazione.
E che dire poi dei programmi che si svolgevano allora a confronto con quelli che si svolgono oggi? Qui è passata più di una generazione, perché nel campo scientifico le scoperte e le relative applicazioni sono state veramente tante. A malapena si riesce a star dietro a tutte le novità, le nuove problematiche, i nuovi ‘perché’ e i nuovi dubbi che le riviste scientifiche o i libri attuali ci presentano. Ricordo di aver letto che in questo secolo la ‘Vita media” di una teoria scientifica è di soli 6 mesi!
Nel primo capitolo del suo libro “Falsi Profeti: inganni ed errori nella scienza “ ( Ediz. Zanichelli 1991. Alexandel Kohn così si esprime: “Quando un certa scienza attraverso u periodo di sviluppo in cui le leggi e i concetti chiaramente definiti sono generalmente accettati è difficile ingannare. Quando invece una scienza entra in un periodo di sviluppo in cui i concetti si trasformano, i modelli vecchi vengono meno ed altri nuovi modelli tentano di affermarsi, questo settore della scienza diventa più vulnerabili alle falsificazioni. L’obiettività diventa difficile perfino per gli specialisti. Una scienza in fase di rivoluzione stimola nuove ipotesi. In queste fasi di transizione ci sono coloro che hanno il coraggio di proporre disinteressatamente ipotesi poco popolare, ma ci sono anche gli opportunisti che non esitano a inquinare il campo con dati inventati o con risultati di esperimenti che non sono mai stati effettuati. In un ‘atmosfera di cambiamento e di trasformazione come quello che abbiamo visto negli ultimi decenni, non sono sporadici i casi di falsificazione e di contraffazione”.
A cavallo del secolo fervevano gli esperimenti sulle nuove radiazioni più o meno deviate da campi magnetici e di conseguenza, si susseguivano le teorie sulla costituzione dell’atomo. ‘Nell’ansia di fare verifiche e controprove vennero “scoperte” anche nuove radiazioni inesistenti, come i raggi N e i raggi mitogenetici. In tempi più recenti tutti ricordiamo le vicende legate alla fusione fredda, le grandi illusioni di avere tanta energia pulita a buon mercato e le tante… delusioni e smentite successive.
A questa visione un po’ pessimista o per lo meno deludente, almeno per chi guarda alla scienza come al santuario della verità, fa eco Federico Di Trocchio in “Le bugie della scienza: perché e come gli scienziati imbrogliano” (Mondadori 1993): “I grandi difficilmente imbrogliano per interesse personale e anche quando lo fanno salvaguardano sempre l’interesse della scienza, anzi quasi sempre le loro ‘truffe” costituiscono un contributo essenziale alla verità scientifica. Esistono insomma delle falsificazioni innocenti e quasi obbligatorie. Da Popper in poi sappiamo che l’unica cosa veramente certa che si possa dire a proposito di una teoria è che essa prima o poi verrà dimostrata falsa”.
A proposito di Popper vale la pena di citare un brano preso dal suo libro “Scienza e filosofia: problemi e scopi della scienza ” (ed. CED, Milano, 1998, pag. 145): “Così non solo la scienza, ma anche il singolo scienziato, comincia e finisce con i problemi e progredisce lottando con problemi: anche lo scienziato singolo, infatti, dovrebbe cominciare e finire col suo problema e lottare con esso.
Inoltre, mentre lotta, non solo imparerà a comprendere il problema, ma in effetti lo cambierà. La teoria della conoscenza – e specialmente la teoria della conoscenza scientifica – deve costantemente fare i conti con la minaccia di un paradosso, che può capitarci addosso quando entrino in collisione le due tesi seguenti.
Prima tesi: la nostra conoscenza è vasta e imponente. Non solo conosciamo innumerevoli dettagli e fatti provvisti di significato pratico, ma anche molte teorie e molte spiegazioni che ci permettono di penetrare, con sorprendente chiarezza, negli oggetti vivi e morti, compresi noi stessi e le società umane.
Seconda tesi: la nostra ignoranza è illimitata e opprimente. Ogni, nuovo pezzettino di conoscenza che acquistiamo serve ad aprirci gli occhi, una volta di più, sulla vastità della nostra ignoranza.
Entrambe queste tesi sono vere e la loro collisione caratterizza la nostra situazione conoscitiva. La tensione tra la nostra conoscenza e la nostra ignoranza è decisiva per l’accrescimento della conoscenza: ispira il progresso della conoscenza e determina le frontiere, sempre avanzanti, della conoscenza La parola ‘‘problema” non è che un altro nome per questa tensione o, piuttosto, un nome che denota i diversi e svariati casi in cui questa, tensione si concreta. Un problema sorge, cresce e diventa significativo solo grazie al fallimento dei nostri tentativi di risolverlo: per metterla diversamente, il solo modo per arrivare a conoscere un problema è imparare dai nostri errori”. Non vorrei che queste brevissime citazioni in riflessioni portino gli ex alunni a dire: ma allora non è più vero quello che ci hanno insegnato, pure i nuovi a dire: non vale la pena di studiare così tanto perché tra 6 mesi queste teorie saranno tramontate! Voglio soltanto mettervi dinanzi a un scienza viva, come è vivo l’uomo nella sua curiosità e inventiva, capace di generare intuizioni e tecniche sempre nuove. Fin dai tempi preistorici la rondine appoggiato il suo nido sulla casa dell’uomo, ritornandovi ogni anno a primavera. Il nido è rimasto sempre lo stesso, mentre la casa dell’uomo è diventato un nido sempre più ampio ed accogliente. Mi sono divertito a confrontare i programmi di allora con quelli di oggi. Altro che l’evoluzione della casa dalla preistoria ad oggi! In alcune discipline sono duplicati o addirittura triplicati, ma le ore di lezione (guarda caso!) sono rimaste le stesse. Per cui oggi occorre fare in fretta e, nonostante il computer e le videocassette e libri a colori, alla fine… il programma rimane largamente incompiuto. Nemesi e gioia della nuova generazione!
I programmi che hanno subito un incremento maggiore sono quelli di biologia. Da una parte il microscopio elettronico, dall’altra lo sviluppo della biochimica, hanno permesso una conoscenza più approfondita dei processi metabolici, per cui il capitolo sulla cellula è diventato un trattato, senza parlare della glicofisi e della fotosintesi divise in tante fasi e catalizzate da una serie interminabile di enzimi dai nomi strani e complessi. Anche la genetica e la citogenetica, che allora erano quasi solo limitate alle leggi mendeliane, oggi si aprono a frontiere nuove e cariche di conseguenza, come la ingegneria genetica, il DNA ricombinante, le tecniche transgeniche, la clonazione con tutti i risvolti riguardanti la fecondazione assistita.
A coronamento di tutto questo oggi i testi scolastici parlano, ed è necessario, di bioetica perché questa “‘energia vitale” non sia lasciata alla mercé del primo sperimentatore o del primo politico. Che non succeda come per la energia, nucleare, ove la prima applicazione è stata una bomba atomica! Sempre valido a questo proposito il saggio “Evoluzione creatrice” (1907) di H. Bergson (1859-1941), in cui delinea una visione globale della realtà, raggiungibile solo attraverso l’intuizione.
Anche in fisica, astrofisica e chimica, raffermarsi della meccanica quantistica ha costituito un salto non solo quantitativo, ma soprattutto qualitativo e addirittura rivoluzionario.
Diceva Einstein che “il problema quantistico è così straordinariamente importante, e difficile, che dovrebbe essere al centro dell’attenzione di tutti”. E qui mi affido alla penna del prof. G. C. Ghirardi, ordinario di Istituzioni di Fisica teorica presso I’Università di Trieste, che ha scritto un affascinante quanto completo, chiaro ed esauriente libro sull’argomento: “Un’occhiata alle carte di Dio: gli interrogativi che la scienza moderna pone all’uomo” (Ed. Saggiatore, Milano, 1997’ pagg. 420). Riporto qui la prima pagina della introduzione.
“Il grande fisico e premio Nobel Isidor Isaac Rabi ha scritto una frase, a mio parere, estremamente significativa: “E’ un vero peccato che il grande pubblico non abbia alcuna possibilità di farsi un’idea della grande eccitazione, intellettuale ed emotiva, che accompagna le ricerche nei campi più avanzati detta fisica”. Questa asserzione risulta particolarmente appropriata allorché la si intenda riferita, alla teoria che sta alla base della moderna concezione scientifica del mondo, la meccanica quantistica, per almeno due motivi.
Innanzi tutto questa teoria, per varie ragioni che illustrerò ripetutamente in questo libro, non è riuscita a superare in modo significativo la stretta cerchia degli addetti ai lavori. Questo fatto risulta in una qualche misura stupefacente ove si tenga presente che la stragrande maggioranza delle più rilevanti innovazioni tecnologiche (nel bene e nel male) dei tempi recenti sono basate su effetti specificamente quantistici e che nuovi incredibili sviluppi si stanno già delineando. Un elenco anche parziale risulterebbe interminabile; basterà menzionare l’energia atomica e nucleare, i semiconduttori e molti altri recenti ritrovati. I nostri orologi digitali, il computer con cui sto scrivendo questo testo, e tanti altri strumenti che tutti usiamo ogni giorno sono stati resi possibili solo dalla più profonda conoscenza del reale che è nata dalla elaborazione di questa splendida teoria. Come vedremo, siamo alla soglia di nuovi sbalorditivi sviluppi: per la prima volta, utilizzando genuini effetti quantistica, disponiamo di un metodo assolutamente inviolabile per inviare messaggi cifrati e sembra sia imminente la realizzazione di un sogno ipotizzato alcuni anni fa dal premio Nobel Richard Phillips Feynman, cioè la costruzione di computers quantomeccanici, che dovrebbero consentire un salto qualitativo nella tecnologia di questi strumenti, un salto oggi non ancora esattamente valutabile, ma certamente rivoluzionario. Il secondo motivo che rende auspicabile una più diffusa conoscenza degli elementi di base del nuovo formalismo deriva dalla estrema rilevanza concettuale e filosofica di questa grande conquista del pensiero contemporaneo.
Ciò rende ancor più sorprendente il fatto che mentre varie costruzioni teoriche siano filtrate e in una qualche misura siano diventate parte integrante del patrimonio culturale comune (basterà ricordare l’evoluzionismo darwiniano, la teoria dell’ereditarietà, la genetica e la teoria della relatività sia ristretta che generale), nulla di simile sia avvenuto per questa rivoluzione concettuale che caratterizza ormai da tre quarti di secolo la scienza moderna. Questa mancata assimilazione di un evento culturalmente straordinario risulta particolarmente seria e viene ad aggravare la tragica frattura, tipica dei tempi moderni, tra le cosiddette due culture, quella umanistica e quella scientifica. Infatti, uno degli aspetti più specifici della teoria consiste nel fatto che essa, più di ogni altro schema scientifico elaborato dall’uomo nel suo lungo cammino verso la comprensione del reale, pone dei problemi di notevole rilevanza e assolutamente peculiari sul pigino concettuale ed epistemologico e suscita degli interrogativi che non possono non interessare ogni persona che abbia curiosità, intellettuale, e che rendono assai appropriata una riflessione critica da parte di umanisti e filosofi”.
Prof. Alberto Cintio scienziato sacerdote
Liceo Classico Paolo VI Fermo Docente di Scienze Naturali dall’anno scolastico 1974/75 al 1981/82
\\\\digitazione Albino Vesprini \\\\\