SALVATORE TRICARICO: DIPINTI AL SANTUARIO DELLA MADONNA DELL’AMBRO (Montefortino FM)
1999 – SAN SERAFINO DA MONTEGRANARO
San Serafino nacque nel 1540 a Montegranaro da genitori umili ma cristiani. Da ragazzo lavorò per un certo tempo come garzone.
A 18 anni si presentò al convento dei Cappuccini di Tolentino. Fu accolto qui e fu trasferito poi in quasi tutti i conventi delle Marche. I superiori apprezzavano in lui la bontà, la povertà, l’umiltà, la purezza e la mortificazione.
Fu incaricato agli uffici di portinaio e di questuante. Viveva a contatto con i più svariati ceti e sapeva trovare le parole più delicate per ciascuna persona in modo da condurla a Dio. Dal 1590 fu stabilito definitivamente ad Ascoli Piceno. La città si affezionò a lui che era un messaggero di pace e di bene. La sua parola riusciva a comporre situazioni contrastanti, ad estinguere odi inveterati e ad infervorare alla virtù: umiltà, penitenza, lavoro e tanta pazienza.
Pregava di continuo e Dio lo aiutava in cucina, alla porta, nell’orto, alla questua, concedendogli carismi per i miracoli, per l’introspezione dei cuori, per saper confortare gli altri cristianamente. Rimaneva contento unicamente di amare Dio e il prossimo. Era affezionato al Crocifisso e alla corona del rosario..
A 64 anni sorella morte lo colse il 12 ottobre 1604. La fama lo diceva santo. Fu canonizzato da Clemente XIII il 16 luglio 1767.
Dipinto di Salvatore Tricarico nel santuario della Madonna dell’Ambro
2001: SAN LIBERATO DA LORO
Nei Fioretti che raccolgono le memorie di primi frati francescani, al capitolo 37 si parla di un giovane nobile che san Francesco chiamò con sé, ma il suo nome non v’è scritto. Anche nei capitoli 46 e 47 si narra la vita di questo anonimo che gli studiosi riconoscono in Fra Liberato da Loro.
Nel secolo XIII le guerre tra i cittadini e tra i Comuni mietevano moltissime vittime in Italia, tra distruzioni, inganni, rapine, prepotenze. Voce di pace era il Vangelo proclamato ed accolto dalle persone umili che volevano sostituire l’amore all’odio con cuore pacifico. Ne diede l’esempio il ricco Francesco d’ Assisi, chiamato poi il poverello che fu seguito da schiere di religiosi, convertiti come lui dall’ardore del Cristo crocifisso e risorto.
Secondo i biografi san Liberato nacque in un anno attorno al 1215, dalla discendenza dei signori di Loro Piceno. Nella vita di san Francesco risulta che egli attorno al 1234 venne a Roccabruna, nei pressi di Sarnano, e accolse nel suo Ordine un ricco e gentile cavaliere che poi fu onorato come modello di perfezione. Per seguire il Vangelo, rinunciò alle comodità, studiò e fu ordinato sacerdote nel 1240 circa. Morì prima del 1258.
Si distinse per la contemplazione e la solitudine, nell’eremo di Soffiano, racchiuso dal verde montano. Nei Fioretti si narra che attorno a Fra Liberato in preghiera si soffermavano gli uccelli. Del santo si dice che professò in modo eroico la fede in Cristo fino al martirio bianco, conseguente alla vita penitente. Prima della sua morte ebbe la consolazione di visioni celesti della Madonna, degli angeli e di tre sante vergini.
Molti prodigi attirarono la venerazione popolare che ha considerato san Liberato nel cielo degli Eletti, e nel 1713 Clemente I papa lo riconobbe venerabile e fu canonizzato nel 1868 da Pio IX. Molto frequentata la sua tomba nella chiesa di San Liberato tra San Ginesio e Sarnano.
Dipinto di Salvatore Tricarico nel santuario della Madonna dell’Ambro
2006: BEATO ANTONIO DA AMANDOLA
Antonio Migliorati nacque ad Amandola il 17 gennaio 1355 da padre contadino. La fama dei santi agostiniani lo spinse ad entrare nel convento del paese nativo, dove fu ordinato sacerdote. Poi passò circa dodici anni nel convento di Tolentino, quindi a Bari, da dove ai primi del sec. XV fece ritorno ad Amandola, dove fu superiore del conventino, che fece ampliare e accanto al quale diede inizio alla costruzione di una nuova chiesa.
Era ammirato per l’umiltà, lo spirito d’obbedienza e di mortificazione e per lo zelo apostolico. La venerazione rimase dopo la morte la morte, sopravvenuta il 25 gennaio 1450. Nel 1453 il suo corpo fu sistemato in un’arca di legno sopra un altare che si intitolò al suo nome, mentre i prodigi (persino la resurrezione di morti) si moltiplicavano. Ogni anno è stato celebrato il “dies natalis”. Nel 1759 Clemente XIII ascrisse Antonio nel numero dei beati. Nel 1890 Leone XIII concesse l’indulgenza plenaria ai visitatori del suo santuario.
Il beato Antonio da Amandola si recava pellegrino al santuario della Madonna dell’Ambro ed il nuovo dipinto del 2006 fa notare la sua fiducia nel Vangelo di Gesù Cristo, il Figlio di Dio che ha vinto ogni male per mezzo della sua risurrezione dalla morte. “Chiamo Lui, speranza mia” pregava il beato Antonio.
La persona pellegrinante gusta la dolcezza di affidare ogni speranza a lui, in attesa della visione beatifica. Il risorto farà risorgere chi in lui confida e lo rende partecipe della sua gioia attraverso la Madre Maria. L’esempio del beato amandolese attira i pellegrini a recarsi dalla stessa Madonna, anche per recuperare le radici storiche della nostra tradizione culturale cristiana.
Dipinto di Salvatore Tricarico nel santuario della Madonna dell’Ambro
2008: S. GIACOMO DELLA MARCA
San Giacomo da Monteprandone soprannominato ‘della Marca’ nacque nel 1394 e si occupò di giurisprudenza. A 22 anni, in Santa Maria degli Angeli, ricevette il saio francescano da San Bernardino da Siena. Si diede alla predicazione, con grande successo, non solo in Italia, anche in Bosnia, in Boemia, in Polonia e in l’Ungheria, per sincera e umile obbedienza.
Era esemplare nel condurre una vita penitente. Era casto, in ogni aspetto e, tormentato da tentazioni, si disciplinava. Malato, ebbe sei volte l’Estrema Unzione, resistette fino agli ottanta anni, nella faticosa vita dei predicatore itinerante. Tra i temi della sua predicazione san Giacomo insisteva sulla pacificazione e sulla correzione dei vizi degli avari, e degli usurai che erano chiamati da San Bernardino ” succhiatori del sangue di Cristo “.
Per sconfiggere l’usura, San Giacomo della Marca ideò i Monti di Pietà, dove i miseri potevano impegnare le proprie cose, ad un interesse minimo. Colto da terribili coliche, questo magro predicatore temeva soltanto che il dolore fisico lo distraesse dalla preghiera. Nelle ultime ore della sua vita chiedeva perdono per i cattivi esempi che avesse dato.
Morì a Napoli, nel 1476, dicendo: ” Gesù, Maria. Benedetta la Passione di Gesù “.
Dipinto di Salvatore Tricarico nel santuario della Madonna dell’Ambro
2010: BEATA M. ASSUNTA PALLOTTA
La Beata Maria Assunta Pallotta, nata a Force nel 1878, da ragazza intraprese l’umile vita lavorativa, per aiutare la sua famiglia e si dimostrava assidua nella preghiera. Quando poteva andare in chiesa restava dinanzi al SS. Sacramento. Indossava anche il cilicio. Prestava aiuto agli anziani, in particolare alla sua povera vicina. Amava leggere le vite dei santi, e recitava il rosario, suo inseparabile amico.
Nella serata di carnevale del 1897, ricevette la chiamata divina nel partecipare al ballo nel palazzo comunale, dove fu avvicinata da un giovane che le chiese se poteva darle un bacio. Rifiutò. Da quel momento la piccola Assunta pensò di dedicarsi ad una vita monastica a servizio dei bisognosi. A venti anni, ammessa tra le Francescane Missionarie di Maria, divenne novizia presso i monasteri di Firenze Roma e Grottaferrata.
Nel 1904 si unì alle suore che andavano in missione nella Cina dove fu infermiera e cuoca presso la missione, con tanta bontà d’animo e semplicità, tali che molte persone erano ammirate dal suo operare ispirato all’amore divino. Nel 1905, malata di tifo, serenamente morì il 7 aprile. Il funerale fu accompagnato da un grande pellegrinaggio di gente.
Molti miracoli avvennero per intercessione di suora Assunta, per cui fu avviata la causa di canonizzazione e nel 1913 riesumandosi il corpo di Assunta, venne trovato incorrotto. Nel 1954 venne proclamata Beata.
Dipinto di Salvatore Tricarico nel santuario della Madonna dell’Ambro
2012: SAN BENEDETTO GIUSEPPE LABRE
San Benedetto Giuseppe nacque in Francia nel 1748 ed è conosciuto come Il vagabondo di Dio, per il suo esempio di povertà praticata pellegrinando in Fede, Speranza, Carità, Umiltà, Orazione, Pazienza e Mortificazione cristiana, per giungere alla patria del Paradiso. Respinto da vari monasteri, visse la vocazione del pellegrino penitente e si calcola che in 13 anni ha visitato i santuari di Germania, Francia, Spagna e Italia.
Giunse a Roma nel 1777, e visse sotto un’arcata del Colosseo; predicava il Vangelo con l’esemplare umiltà. Morì qui il 16 aprile del 1783, a 35 anni. Venne sepolto, con grande partecipazione di popolo, nella chiesa di Santa Maria ai Monti. Beatificato da Pio IX, venne canonizzato nel 1881. Questo santo vagabondo di Dio è il patrono dei barboni, dei mendicanti e senzatetto.
I pellegrinaggi di San Benedetto Giuseppe Labre in Italia sono ricordati in particolare per i santuari di Loreto, Assisi e Bari (San Nicola) ed hanno il doppio valore: devozionale e penitenziale. L’immagine pittorica di Salvatore Tricarico realizza la figura del santo, nel paradosso cristiano di presentare la forza nella debolezza.
La povertà lo arricchisce avvicinandolo a Dio. Dallo sguardo traspare l’indicibile “beatitudine” nell’unione spirituale intima con il Signore vivendo i valori evangelici come pellegrino in cammino verso la “patria del Paradiso”. San Benedetto Giuseppe ha creduto alla gloria della croce nella donazione di sé mettendosi alla sequela di Gesù immolato e risorto.
GRAZIE