LIBERATI MONS. GERMANO (1939-2010) parroco docenti Direttore Beni Culturali arcidiocesi Fermo Liceo Paolo VI preside professore arte letteratura storia musica
Dal Parroco di san Paolo a Montegiorgio Rastelli don Silvio – Omaggio a don Germano
Davanti alle spoglie mortali di Don Germano (per rispetto al suo stile silenzioso di sé) sarebbe più logico meditare in silenzio la sua rapida dipartita da noi, meditarla nel raccoglimento orante per rivivere i preziosi insegnamenti che il suo spessore esistenziale e operativo ci lascia, (come del resto ci ha fatto capire l’alta omelia dell’Arcivescovo Luigi Conti nonché l’affettuosa e profonda parola di Mons. Cleto). Ma l’uomo non è soltanto pensiero, riflessione ma pure è sentimento, sensibilità, affettività e tende ad esprimersi in tutto il suo essere; perciò mi si perdoni la testimonianza come confratello nella unità pastorale di Montegiorgio e per il pluriennale rapporto con Don Germano, di cui sono ammirato.
La vita di Don Germano la vedo paolinamente vissuta nascosta con Cristo in Dio sotto il manto soffice di una normalità battesimale e crismale arricchita della vocazione presbiterale.
Tale vita la vedo svolta senza pose inopportune, mettendo a servizio con competenza e Fede le doti gratuite di mente, di cuore, di cultura, di accattivante comunicativa, di voce… …e si è conclusa nel silenzio di una cameretta in atteggiamento soave di offerta immolativa “ad salutem animarum”, così come Cristo.
E’ la vita del prete invocata da Cristo la sera dei Giovedì Santo ed esemplarizzata sulla croce redentiva il Venerdì (così l’ha interpretata magistralmente e caldamente l’Arcivescovo Mons. Conti).
Grazie, Don Germano, sei stato sempre profondo e discreto sotto il manto della normalità (senza pose inopportune): così come Gesù è profondo sotto i fragili veli dell’ostia consacrata e come lo è stato sotto l’apparente fallimento della croce.
Hai servito la Chiesa, la Diocesi e la Tua cara parrocchia di Montegiorgio con slncio di generosità e agilità di competenza. (Così io ti ho sperimentato e mi sei stato di edificazione). L’azione apostolica si è svolta in particolare fra le aule del Liceo Ginnasio Paolo Vi come insegnante di Lettere e di Storia dell’Arte. I semi di Vero, di Bene, di Bello, da te gettati nell’insegnamento (come anche nel tuo specifico pastorato) in quante creature germoglieranno al momento di Dio opportuno! Dio non ha fretta: è al di fuori del tempo, e tu hai seminato a larga mano sicuro dei lavorio di Dio. Non hai contato i giorni dei lavoro, sapendo che Dio li scriveva nel Suo Cuore.
Un fatto particolare mi ha colpito di te Pastore (che è altamente edificante rilevare): la tua silenziosa attività di confessore e di padre spirituale ricercato. Con appassionato impegno hai saputo trovare i! tempo da dedicare al Confessionale, Grazie a nome di quanti ne hanno usufruito. Quanto detto è lungi da un usuale panegirico: siamo tutti limitati e fallibili. Del resto la religione cristiana non è dei perfetti, ma di coloro che diuturnamente camminano verso la perfezione proposta da Gesù: il giusto nell’Antico Testamento è chiamato “vir desideriorum”; in Giuseppe Mazzini, pur nel suo vaporoso senso religioso, troviamo una perla raggiante: “Dio non misura le forze, ma le intenzioni” (da I doveri degli uomini): concetto consolante, questo, che si riscontra nella mistica e in espressioni di diversi esemplari di santità. Frase che io amo considerare come uno dei Semi del Verbo circolanti nell’intimo dellio umano come dice il simpaticissimo Sant’Agostino.
Anche Don Germano si è cimentato nel diuturno lavorio dell’ascesi cristiana battesimale in una natura vulnerata, ferita.
Cera sì, in lui una scorza esteriore che a volte poteva pungere e soggiogare, uno stile categorico, ma sotto la scorza c’era un succo di intelligente umanità che mutava la sentenza in educata divergenza.
Nel chiudere non posso tacere un particolare, forse ingenuo, ma simpatico e perdonabile: un giorno (ancora lontano dalla sua crisi di salute) gli dissi: Don Germa’ tu avresti tutti i crismi culturali, biblici, dogmatici, letterari, artistici per lanciare da un articolo l’idea di una possibile inserzione nella Liturgia delle Ore di versi scelti dal Canto alla Vergine del Petrarca..
Nella invocazione del paradiso dantesco è il mistico contemplativo Bernardo che intercede presso l’Altissima la mediazione che permetta a Dante purificato di vedere direttamente viso a viso Dio, invece in Petrarca è il peccatore che sta sperimentando la propria fragilità; ma, pur brancolando, vuole cimentarsi nell’ascesa battesimale e crismale della sua assimilazione a Cristo, che lo abiliti al paradiso, e chiede aiuto. (Lo chiede all’Altissima Madre di Dio e pur vicinissima Madre dei cristi).
Io personalmente mi ritrovo in questa supplica petrarchesca e mi piace invocare Maria come Madre vicina ai cristi battesimali. Ciascun uomo è chiamato ad essere figlio nel Figlio. Le vie del Redentore per arrivare ai cuori sono infinite, quanto infinito è l’amore del Verbo Incarnato. Non ci fu un rifiuto categorico, da parte di Don Germano, ma rimase in un atteggiamento pensoso.
Amerei pensare che dall’eletta equipe dottrinale del Seminario sorgesse un altro Don Germano che con competenza ed autorevolezza realizzasse quella pensosità del confratello defunto.
Don Silvio Rastelli