Anno 971
Ottone sentenzia dichiara abate Giovanni, contro Ildeprando intruso.
(Regesto Farfa III p. 97 doc. 395; Chronicon Farfense I, pp.46-47 e 343-344)
Anno 971 dall’incarnazione del Signore. Ottone imperatore per la divina provvidente clemenza, mentre, nel nome di Dio, sedeva nell’aula regia, sita non lontano dalle mura di Ravenna, che lo stesso chiarissimo imperatore aveva fatto fondare in suo onore con nobili edifici, egli ordinava e disponeva molte cose del suo impero. Vennero alla su apresenza Giovanni abate del monastero di Santa Maria nel Contado Sabino, località Acutiano, ed Eldeprando, monaco di questo monastero. Con forti contese tra di loro, cominciarono essi ad altercare su chi di loro due dovesse essere legittimo abate dello stesso monastero. Eldeprando con più anni d età, era a capo della parte esistente nel Contado Fermano, dipendente dallo stesso monastero <Farfa> e pretendeva, per tale circostanza, di diventare abate con onore di tutto il monastero. Giovanni si diceva abate dello stesso monastero, avendo ricevuto l’elezione con le insegne da tutti i monaci della congregazione dell’intero collegio ed ancor più stabile per aveva avuto la benedizione del papa. Inoltre aveva la “prammatica” da parte dello stesso imperatore. Alla presenza di questo furono dichiarate vere le cose ben esposte dall’abate Giovanni, alla presenza del principe e marchese Pandolfo, del vescovo Furliense Uberto, del conte Pietro e di molti altri del clero e del laicato. Allora l’imperatore, esaminatore esperto, e santo, conoscendo la rettitudine dell’abate Giovanni e dando rimedio alle falsità ed alle ingiustizie di Eldeprando, diede ordine al principe e marchese Pandolfo, al conte Pietro ed al suo cancelliere Pietro che, tenendo alla loro presenza entrambi <i contendenti> definissero tra essi, in modo giusto, legale e definitivo, senza che ci fossero più liti, con ordine che fosse abate e pieno signore di tutto il monastero <Farfense> per tutti i giorni della sua vita, Giovanni.
<Sintesi>. In considerazione del fatto che Ildeprando era di età anziana più di Giovanni ed era a capo di una parte Farfense a lui soggetta nel Contado Fermano, mentre voleva rivendicare per sé l’onore abate, gli fu rifiutato (…) Per amore di Dio e per rimedio della sua anima, dato il fatto che Ildeprando era vecchio di età decrepita, gli concessero in usufrutto due aziende fondiarie o “curtes”, una di Mogliano e l’altra di S. Benedetto, per il sostentamento e i vestiti insieme con i suoi subalterni, purché non facesse altre querele contro Giovanni, pena il decadere dall’onore <fattogli>.
(Chr. Farf. I, 46)A sua moglie Inga (concessero) il fruttato di tre “mansus” fuori dalla chiesa di S. Ippolito. Il miserabile Ildeprando fu sepolto nell’oratorio di S. Benedetto. Restituì all’abate Giovanni tutte le “curtes” Farfensi da lui disperse e parimenti fece anche suo figlio.
(Nota: Cfr. Liber Floriger p.215 nota 405. Per l’anno 978. Beni a Novubiabo in Liber Largitoriua I p. 182 n.327)