Mario Blasi parroco evangelizza quarta domenica anno C Luca 15, 1 ss
“Padre ho peccato contro il cielo e contro di te”.
Che Padre! Tutti devono sperare nella Sua grande misericordia.
La parabola del padre misericordioso è conosciuta da tutti. E’ un padre molto ricco, ma sembra di una grande fragilità. Al figlio che chiede l’eredità, quale padre non si sarebbe opposto? Eppure quel padre non si oppone, divide i beni e lascia libero il figlio! Il padre consegna i beni senza dire una parola. In quel momento, una parola sarebbe inutile e incompresa. Il padre è muto nel suo dolore.
Il figlio, in pochi giorni, cambia i beni in denaro e va in un paese lontano. E’ libero.
La libertà umana è un dono di Dio, ma porta in sé il rischio: l’uomo può scegliere il bene o il male nella sua vita.
Il giovane, in terra straniera, sciupa tutto in poco tempo; si riduce a pascolare i porci e vive come un animale immondo. Desidera sfamarsi con le carrube, ma
“nessuno gliene dava”.
Le carrube erano in terra, le poteva prendere da sé, ma “nessuno gliene dava” sta ad indicare che Dio, con la Sua mano, impedisce all’uomo di umiliarsi fino in fondo. L’uomo è sempre immagine e somiglianza di Dio anche nel peccato!
Proprio nell’estrema umiliazione, riaffiora nel cuore del figlio la famiglia dove si viveva con tanto pane e calore umano. Questo ricordo, che aveva voluto cancellare, gli dà la forza di ritornare e lo mette in moto.
E’ il cammino della fede e della conversione!
Il padre, che da tanto tempo lo aspettava, lo vede da lontano, gli corre incontro per affrettare quell’abbraccio e quel bacio che sigillano un perdono pieno e una conversione rinnovata.
Il padre non permette al figlio di pronunciare quella frase in cui si afferma di essere disposto a vivere nella casa come un semplice servo. Per il padre il figlio è sempre figlio e mai schiavo anche se è stato spinto dalla fame a ritornare.
“Il figlio non trova un giudice che lo condanna, ma un padre che con il suo amore lo rigenera”.
“Al padre interessa il figlio, non il suo passato peccaminoso”. “Il padre vuole che il figlio non sia considerato né servo, né ospite, ma padrone nella sua casa”.
Fa festa perché il figlio minore è nato una seconda volta!
QUARESIMA : TEMPO DI RIFLESSIONE
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"Padre, ho peccato contro il cielo e contro di te ".
Gli scribi e i farisei si scandalizzano che Gesù sia in mezzo ai peccatori e ai pubblicani e mangia con loro.
Gesù risponde loro con la parabola della misericordia di Dio.
Un padre aveva due figli, il più piccolo gli chiede l’eredità. Il padre divide con i figli tutti i suoi averi. Sembra un debole, non reagisce alla richiesta del figlio minore. Dal suo volto non traspare nessun sentimento. Il suo è un dolore muto. Il padre rispetta la libertà e la volontà del figlio.
Il figlio minore se ne va, si sente libero e sciupa tutto. Crede di aver fatto una scelta di vita, invece si rivela una scelta di morte. E’ abbandonato da tutti. Muore di fame e va da un contadino a fare il garzone e a pascolare i porci. Vuol mangiare le carrube, cibo degli animali, "ma nessuno gliene dava".
L’uomo separato da Dio diventa simile agli animali. Dio veglia su tutti.
Dietro a quel giovane c’è la mano di Dio che gli impedisce di giungere in fondo al suo degrado.
Spinto dalla fame ritorna. Non vuol essere considerato figlio, ma schiavo. Non ritorna pentito. Non gli manca il padre, ma il pane. Torna il figlio, che non trova un giudice, ma un padre che accoglie con amore e rigenera.
Al padre interessa il figlio, non il suo passato colpevole; gli interessa ricostruire la vita e la dignità del figlio.
"Facciamo festa".
Il padre è felice, ritrova il figlio perduto. Non lo rimprovera, ma lo abbraccia e lo bacia.
Tutti devono sapere che il figlio è ritornato padrone. Non è trattato da schiavo, ma da uomo libero e gli dà pieni poteri nella famiglia: veste, anello e calzari ai piedi (simboli della piena libertà e dignità). Ma la felicità del padre è turbata dall’altro figlio, quello rimasto sempre in casa.
"Questa allegria non viene condivisa dal figlio maggiore, che, alla gioia del padre, contrappone la sua ira. Il padre non comanda al figlio di entrare, lo prega. Non fa leva sulla sua autorità di capo famiglia, ma sul convincimento. Il suo atteggiamento non è quello del padrone che ordina, bensì del servo che supplica. Il padre invita il figlio ad essere capace di rallegrarsi e di festeggiare, perché chi "era perduto ed è stato ritrovato" è suo fratello. La festa non è solo per il padre, ma anche per i fratelli" (A.Maggi).