Titolo originale ” Lu Curatu de lu Trocchià ” Fermo 2002
DON COSTANZO E IL PREFETTO
La vita scorreva lenta, inframezzata da gustosi episodi, che sarebbe lungo raccontare, così come sempre vivaci e salaci erano le battute del curato.
Un giorno capitò il Prefetto; era di passaggio nei dintorni, e così fece un’improvvisata a Don Costanzo. Lo aveva conosciuto nel famoso avvenimento del “soccorso per neve” e gli era rimasto piacevolmente impresso.
Il curato ne fu felicissimo; mobilitò subito le perpetue che, in un baleno, sparsero in paese la notizia e raccolsero un po’ di gente.
Il Prefetto visitò la chiesina, e con curiosità sostò presso la lapide ai Caduti, ai piedi della quale un cannoncino, più giocattolo che strumento bellico, faceva bella mostra di sé.
Chissà dove era stato ripescato? Ogni volta che si chiedeva la sua provenienza la risposta era evasiva…. e ciò rientrava nel carattere proprio di Don Costanzo, se decideva di nascondere qualcosa. Il Prefetto visitò l’edificio scolastico e si complimentò per l’impresa riuscita. In canonica accettò un semplice thè, servito questa volta in elegantissime e pulite tazzine, e sostò alquanto a conversare…
Don Costanzo gli mostrò subito la sua maxi fotografia con Gronchi e le pile dei giornali che ricordavano il fausto evento.
La conversazione fu piacevolissima; si toccarono molti temi anche quello del celibato ecclesiastico. Don Costanzo, senza scomporsi, se ne uscì con una pepata esclamazione e ripeté: “Se era una cosa ben fatta, far sposare i preti, crede lei, eccellenza, che la Santa Madre Chiesa non l’avrebbe permesso?”. Di rimbalzo il Prefetto, quasi per stuzzicarlo commentò: “Ma, caro Don Costanzo i preti sono in… estinzione.
Don Costanzo che stava fumando il solito sigaro fece una lunga tirata poi, lanciando in aria una nuvoletta di fumo, con tono scherzoso sentenziò: “Noi siamo come la gramigna…più la sradichi più quella cresce”. Poi: “La Chiesa è cosa divina! Noi preti in duemila anni di storia non siamo riusciti a distruggerla…”
In una battuta sottolineava genuinità, analisi e ciò che è l’intero universo ecclesiale, arieggiando la promessa divina: “Non prevarranno!”
Qualche volta gli si scopriva una cultura insospettata. Infatti il discorso col Prefetto scivolò su tematiche alimentari, sulla salute e sui cibi genuini ecc. Don Costanzo sciorinò in proposito una cultura eccezionale, citò, nell’originale, molti precetti della scuola salernitana. Li sapeva tutti a memoria in modo sorprendente: (Se tu incolume vuoi mantenerti sano, rendi estraneo il prendere ogni preoccupazioni e arrabbiature) Si vis incolumen si vis te reddere sanum / curas folle graves, irasci crede profanum… e andò avanti per un bel pezzo… Voleva fare, e fece, bella figura!
Verso la fine della conversazione il Prefetto disse: “Reverendo, ho saputo che ogni anno fate la rappresentazione della Passione e mi ha commosso il fatto di quel ragazzino che è schizzato sul palco a difendere Gesù dagli schiaffeggiatori. Mi ha commosso davvero! Buon sangue non mente.. Ma mi dica, capisco che per arruolare i personaggi della Passione non trova difficoltà, ma ciò per tutti? Ad esempio, per i due ladroni, quali i criteri di scelta?”
“Eccellenza, sono ladroni di casa… dilettanti, ma in fondo buoni, e poi nella nostra rappresentazione non si salva solo quello di destra; io faccio salvare anche quello di sinistra!”
Ribatté: “Ma come don Costanzo? Lei va contro quanto dice il Vangelo? Solo uno si salvò e quello di destra!”
“Ma Dio, Eccellenza, è misericordioso e quindi…. e poi il Vangelo non dice se era la destra guardando la croce o guardando dalla croce… Ora però è facile trovare i ladroni… pochi sono i dilettanti, oramai sono tutti professionisti… e come!!”.
Stavano per salutarsi e si era già agli ultimi convenevoli, quando, ad un tratto, il Prefetto rivolto a Don Costanzo “Speriamo di rivederci, caro Don Costanzo”, disse: “speriamo di rincontrarci quanto prima”. “Venga presto Eccellenza”, sarà mio piacere ospitarla. “Verrò sicuramente, a meno che…” e, dopo una pausa, “a meno che non mi rapiscano… Viviamo in tempi di cattiverie. Mala tempora currunt, caro Don Costanzo, anche per i Prefetti! …”
“Ma chi vuole che la rapisca, Eccellenza; un uomo così bravo ed importante. Ed il Prefetto: “Non si sa mai”; poi con aria birichina… “In caso di rapimento, caro Reverendo, lei contribuirebbe alla spesa del mio riscatto?…”
Don Costanzo sorridendo “Come no, Eccellenza!”.
“Grazie della solidarietà, caro Don Costanzo! Potrei sapere la cifra?”
Don Costanzo rimase alquanto pensieroso e poi subito: “Vanno bene quattrocento lire?” (= 20 centesimi Euro).
“Don Costanzo ma così poco? Io mi aspettavo di più…”.
“Ma Eccellenza” ribatté Don Costanzo, e scandendo le parole “Nostro Signore Gesù Cristo è stato venduto per 33 denari… “Tenuto conto della svalutazione, della Divinità, dell’lVA, ecc. penso che 400 vadano bene…”
Un fragoroso scoppio di ilarità pose fine alla conversazione di saluto ed il Prefetto, sorridente e soddisfatto, salì in macchina che, rombando, si diresse verso il capoluogo di provincia…
BUONE SERVENTI
Una mattina sentii bussare alla porta: erano Pilluccu e Righetto: Mi portarono delle uova fresche, odorose fragole e formaggio pecorino.
Leggevo però nei loro occhi qualcosa di misterioso… Ad un tratto apparve il breviario di Don Costanzo, era ancora quello tutto in latino.
Si era sparsa – come accade spesso – qualche chiac-chieretta sul curato, anche se poi subito smentita e rientrata. Tuttavia Pilluccu e Righetto volevano vederci chiaro; ogni tanto facevano qualche scherzo a Don Costanzo; un giorno addirittura gli appesero grappoli d’uva sulle antenne del suo apparecchio televisivo, tanto che la gente guardava e rideva commentando “Don Costanzo è fortunato; anche le antenne gli fanno l’uva… bianca e nera contemporaneamente”. Stavolta gli avevano fatto fuori il Breviario ed ecco il perché: sfogliandolo, Pilluccu, il poeta, aveva letto questa frase: Euge, serve bone et fidelis… Le “serve bbone?” Allora era vero! Ed era pure… scritto…
Mi squadernarono davanti il “corpo del reato” raccomandandomi di tenere per me la faccenda… Spiegai che non si trattava di donne, né di “serve bbone”; il significato diceva: “vieni, o servo buono e fedele…”. Ci rimasero male; poi Righetto a Pilluccu: “Te l’avevo detto, tu sbagli sempre”. Pilluccu con quell’atto si era atteggiato “a difensore della morale, si scusò: “Tutti possiamo sbagliare, no? Vero maestro?” Miei simpatici amici, mi considerate vostro consulente, anche in … materia di fede!
*
Alla fine di maggio si preparava la solenne chiusura del mese mariano. Don Costanzo mi invitò alla cerimonia. Peppina e Pasqualina prepararono una buona cena. Per ricambiare, portai a Don Costanzo una scatola di sigari Avana, avuti in dono da un amico capitano di vascello. La chiusura del mese di maggio fu carica di buone ispirazioni e di profondi sentimenti. Era sì la festa della Madonna, ma anche della mamma, della donna…
La manifestazione ebbe luogo nell’aula magna del nuovo edificio scolastico. Don Costanzo, con arte raffinata, presentò la Vergine come donna vera, donna dell’accoglienza, del consenso totale, della fedeltà assoluta; la calò concretamente nelle situazioni, nelle occupazioni e preoccupazioni, nelle vicende di tutti i giorni, lasciando nell’animo di ogni partecipante presente, un’idea di bellezza, di trasparenza, di luminosità, di calore.
Ricordo ancora la conclusione: “Voi donne siete le creature predilette da Cristo… voi, quando gli apostoli ed i discepoli, timorosi, lo abbandonarono eravate con Lui ai piedi della Croce, lo avete seguito fino al Calvario… mai, ripeto mai, Gesù si è scagliato contro di voi, invece lo ha fatto con noi uomini… La stessa gioia della sua Resurrezione l’ha comunicata proprio ad una donna: la Maddalena: siate quindi orgogliose, gelose, della vostra femminilità”.
Non mancarono frecciatine alle fumatrici, ai vestiti corti, scollati, che lasciavano veder troppo… facendo ribollire il sangue nelle vene a coloro che guardavano.
DON COSTANZO STA MALE.
Col passare del tempo Don Costanzo cominciava un po’ ad incurvarsi; ogni cosa, anche semplice lo preoccupava….
Io intanto, superato il concorso di Direttore Didattico, ero stato nominato dirigente della scuola elementare di una zona poco lontana da Torchiaro. “Corsi e ricorsi storici” della vita direbbe qualcuno! Già La vita spesso lega passato e futuro, persone, mondi, cose…
Un triste giorno però, verso le 11 fui raggiunto da una brutta telefonata: Don Costanzo stava male, molto male… Già dal mattino un forte vento di scirocco, accompagnato da intervallati rovesci di acqua mi aveva agitato e innervosito, quasi a profetizzare un evento nefasto; così fu…
Quando entrai nella canonica, il parlottare sommesso dei presenti mi convinse subito che la situazione era grave; il curato infatti era entrato in agonia… Un ictus, in un baleno, aveva paralizzato il suo corpo; mi avvicinai; gli presi la mano e lui quasi avvertendo la mia presenza, aprì per un attimo gli occhi e mi guardò… il tempo di abbozzare un sorriso poi… sospirò fievolmente e reclinò il capo da una parte…
Dal profondo salirono ai miei occhi copiose lacrime; in quell’istante come in un film rividi i momenti e gli avvenimenti vissuti accanto a quel vecchio, caro amico! Ricordando i manifesti “didattici” di Giulio Cesare e di Napoleone, mi chiesero di prepararli per Don Costanzo… Mai avrei pensato che fosse toccata a me tale dolorosa mansione. Ma, per Torchiaro, per noi tutti Don Costanzo era più importante di quei condottieri.
*
I funerali furono solenni; mai vista tanta gente. Vennero molti confratelli; il paese era inondato di fiori. La folla convenuta era raccolta, silenziosa, commossa. Tanti si avvicinarono; si chinarono sulla bara, chi per lasciare un fiore, chi una carezza, chi un arrivederci. Nonostante la presenza di tanti preti, il vescovo invitò me a commemorare Don Costanzo.
Accettai. Non ricordo cosa il mio cuore mi dettò. Tutti piangevano ed io ero “come colui che piange e dice” per dirla con una reminiscenza dantesca. Ricordo però un episodio significativo; quando il vescovo, ricordando Don Costanzo ripeté le parole in latino del Vangelo “Vieni servo buono e fedele: Euge serve bone et fidelis”, si udì un forte singhiozzare…era Righetto che aveva letto già quelle parole. Nessuno sapeva la ragione profonda di quelle lacrime… io sì. Ci guardammo un istante e tacitamente incrociammo lo sguardo di Pilluccu, che abbassò gli occhi e pianse.
Le campane continuavano con i loro tristi rintocchi; davano tristezza ed insieme speranza in Cristo. “Chi crede in me, vivrà in eterno”. Quel giorno fu dichiarato lutto cittadino. Molti i telegrammi, fra essi, uno, commoventissimo, del Prefetto.
*
Ad un mese dalla morte, nel trigesimo, proprio nel luogo che più era appartenuto a Don Costanzo, la chiesa, trovammo una sorpresa. Il “madonnaro”, ripassando da queste parti, seppe la notizia e volle contraccambiare la generosità ricevuta. Sul pavimento della chiesa, lavorando alacremente per l’intera nottata con i gessetti colorati, aveva disegnato l’immagine di Don Costanzo.
Il volto aveva un’espressione quasi celestiale… come se la morte l’avesse divinizzato. Il gioco dei colori, reso ancor più efficace dai raggi che filtravano da una finestra, conferiva a quell’effigie fascino e mistero; sotto di essa in caratteri cubitali spiccava una scritta: Don Costanzo!
Intorno ad essa, si addensarono care memorie! La folla si dispose intorno; ebbe luogo la Messa di suffragio. Forse da quel momento Torchiaro, oltre ai due protettori, ne aveva un terzo: San Costanzo.
Durante la celebrazione dall’organo si levò un coro di voci: ‘Jubilate Deo’, inneggiate al Signore.
L’effigie, immagine vivente di Lui, rimase a lungo sul pavimento della Chiesa.
In paese e nelle vicinanze si parlò per tanto tempo di Don Costanzo; quel canto solenne e maestoso, è rimasto nell’archivio di ogni cuore presente: ‘Jubilate Deo!’ Gioia nel Signore.
Gabriele Nepi