Racconto di Nepi Gabriele ricordando il parroco di Torchiaro
LE VOTAZIONI, LE ELEZIONI IN PARADISO
A proposito di elezioni Don Costanzo, con fine umorismo e carica di allegria, era solito narrare una storia-barzelletta che aveva la seguente trama.
San Pietro, visto che gli uomini avevano indetto le votazioni, pensò di fare la stessa cosa in Paradiso, per vedere se veramente tutti gli eletti del Signore, fossero concordi e coerenti con i principi che li governavano.
Fece gli avvisi, preparò le sedi con le varie sezioni, si diede un gran da fare, tanto che alla sera si sentì stanco morto. In un giorno votarono tutti quanti: Beati, Santi, Angeli, Arcangeli, tutta la gerarchia, la Madonna.
Lo spoglio incominciò subito; San Pietro, telefono alla mano, ascoltava attentamente i risultati, e se li appuntava con precisione su un grande foglio; ogni tanto faceva una piccola tirata di pipa.
La democrazia era padrona incontrastata: tutti i voti erano suoi! Per un giorno tutto filò liscio come l’olio; San Pietro orgogliosamente si sentiva onorato, quando ad un certo punto… (qui la voce del curato cambiava tono, divenendo sospesa, quasi a chiedere all’interlocutore una domanda) ad un certo punto, non esce fuori una scheda comunista? Inutile descrivere l’animo di San Pietro, che rischiava un infarto; non si sapeva capacitare come quel comunista fosse entrato, visto che alla porta del Paradiso c’era stato sempre lui. Diceva: “Ma da dove è passato questo impertinente?”.
La notte non chiuse occhio: preoccupazione, ansia, attanagliavano il suo animo. “Che sia entrato con falsi documenti?” Non vedeva l’ora che venisse il giorno per chiarire la situazione. (Qui, da parte di Don Costanzo, c’era la seconda pausa, che gli permetteva di intabaccare il naso, poi subito riprendeva con più vigore…).
Dopo l’alba, tutti i votanti del Paradiso furono chiamati a raccolta; San Pietro con voce chiara e vibrante lesse i risultati della Democrazia Cristiana, poi variando il tono della voce aggiunse: “Mi piacerebbe però conoscere chi ha votato comunista, come ha avuto il coraggio di farlo, deve avere anche il coraggio di confessarlo apertamente”.
Ma non fece in tempo neppure a terminare la frase, che avanzò San Giuseppe. San Pietro, quando lo vide rimase quasi ammutolito e poi, ripreso un po’ di fiato, chiese: “Ma proprio tu Giusè?”.
E San Giuseppe senza scomporsi gli rispose: “Sì, proprio io; chi difende i miei diritti, gli assegni, la pensione? Qui lavoro solo io, gli altri godono da signori, tutti benserviti”.
San Pietro intimò subito il silenzio al falegname, e poiché continuava a lamentarsi gli gridò: “Il Paradiso te lo sei bello che giocato”.
Di rimando Giuseppe esclamò: “Beh, vado via, non m’importa …” poi rivolto alla Madonna: “Maria, dove stai? Trova il bambino, raccogli i pochi stracci, perché andiamo via”. Maria obbedì subito, e mentre stavano sulla porta per uscire, Giuseppe riguardò San Pietro e puntando il dito verso i presenti, gridò con forza: “Voglio vedere un altr’anno sul presepio chi ci mettete!!”.
A conclusione della barzelletta c’erano sempre sonore risate, accresciute dalla conclusione del curato, che declamava “Padre nostro che sei nei cieli, resta pure lì, che quaggiù c’è la D. C.
LA PESCA E LE BIGOTTE
Un episodio che il curato evitava sempre di raccontare, ma che circolava in paese era una pesca “miracolosa”. Senza voler minimamente profanare il passo evangelico, il fatto assunse questo titolo, perché proprio con una pesca di beneficenza ha avuto origine.
Personalmente, don Costanzo me la raccontò un giorno che era in vena di confidenze. Quella volta si era recato nel capoluogo di provincia per sbrigare alcune pratiche di pensione; passando per una via secondaria notò la scritta “Pesca di Beneficenza”, un modo semplice per raccogliere offerte a favore di associazioni, enti, ecc..
Don Costanzo non si tirava mai indietro, quando c’era da dimostrare solidarietà, aiuto, comprensione. Entrò e giocò, o meglio pescò nella grande damigiana di vetro due biglietti.
Col primo ebbe una graziosa bambolina, col secondo un oggetto intimo femminile: ironia della sorte! !
Le addette, due suore laiche, prontamente avrebbero potuto e voluto sostituire i premi, ma il curato senza molto scomporsi disse: “Perché? Troverò a chi regalarli, non dubitate. A qualcuno dovete pur darli!!”. Mise il tutto in borsa e ripartì per il paese. Il giorno seguente, vedendo sulla piazzetta giocare Alice, figlia dei vicini di casa, si ricordò della bambolina e volendo regalargliela pregò una delle perpetue di aprire la borsa e di prendere il giocattolo. Ma insieme alla bambolina venne fuori anche il reggiseno vinto, ancora nel suo elegante sacchettino di nylon; Scoppiò lo scandalo per la cosa orribile per chi la vede e per chi l’ascolta. Inutilmente il povero Don Costanzo cercò di chiarire, spiegare ogni dettaglio… la cosa da Peppina passò a Pasqualina, da questa a qualche altra bigotta, dal paese ai paesi vicini…
Per fortuna, dopo un paio di mesi, mentre tirava fuori dalla borsa tutte le sue cianfrusaglie, uscirono i due biglietti della pesca, ancora fermati dagli anellini di pasta, e che si era tenuti per ricordo.
Li mise in un piattino ed il giorno seguente, alla prima messa, li posò sulla balaustra, poi rifacendosi all’episodio evangelico di Tommaso l’incredulo, chiamò le presenti ad una ad una, fece toccare e vedere i biglietti che portavano il numero e il timbro dell’associazione, che aveva organizzato la pesca.
Questo fatto ispirò una composizione dialettale che Don Costanzo amava spesso declamare, o ascoltare e che ha avuto un enorme successo, è la seguente, tradotta dal dialetto in italiano:
LE FALSE BIGOTTE
Ci sono alcune santocchie in questo paese \ che occorre vederle in tutti i momenti \ a battersi il petto nelle chiese \ ed a ricevere i santi sacramenti. \ Ma non finiscono a far la penitenza, \ e subito iniziano la maldicenza!
Se le senti a dir male della gente \ non c’è persona che non tocchino; \ le sparano grosse, senza badare a nulla \ ed hanno ancora il caro Dio in bocca. \ Però a loro non importa se ciò è peccato; \ le raccontano al prete e tutto è perdonato.
. Se ci sta da appiccicare qualche calunnia \ a qualche donna sposata o a qualche ragazza, \ inventano cose ripugnanti \ da far venire il sudore. \ Si divertono a calunniare la gente, \ dato che al caro Iddio non importa nulla.
Le senti bisbigliare dentro la chiesa: \ “Giovanna fa l’amore di nascosto, \ Checco s’è innamorato di Teresa, \ si dice che la sposa entro agosto; \ Maria invece, poveretta, non ha fortuna, \ eppure è bella e non la vuole nessuno!”
Ave Maria, gratia piena, Christus Jesus, \ Dominus tecum, benedicta tu …. \ “Si dice che Ninetta sposa adesso \ e Filomena non si sposa più; \ perché ha fatto baruffa con Nicola; \ poveretta!… quella ha faticato a ufo!”
Gloria al Padre, al Figlio e allo Spirito Santo… \ “Sai?… ha fatto ricamare la biancheria, \ ha il corredo che le costa molto, \ adesso che ne fa?… lo butta via?…” \ Su un po’… Requiem aetemam dona eis Domine … \ Va a capire un po’ come sono fatti gli uomini!
“Oh comare, lo sai il fatto di Rita? \ Pacifico le fece perdere la pazienza!… \ Ma te lo acchiappa tutta inviperita \ e si fece sposare di prepotenza. \ La vedi? Va un po’ a toccarla adesso?… \ ” Ave Maria grazia piena Cristo Gesù.
Annunziata?… Che ne dici di Annunziata!… \ Pure lei ne ha fatto quattro per un paolo (soldo)… \ “Sì le fa pure adesso che è sposata, e ne combina più lei che il diavolo! \ Si tinge gli occhi, si dà il rossetto alla bocca, e, al marito, guai a chi gliela tocca!”
“La moglie di Giovanni, quella sfacciata?… \ ma quante gliene ha fatte al marito. \ Una volta dice che l’ha sorpresa \ a fare “l’erba” là nel canneto… \ Beh, che le ha detto?… Niente, comare mia; \ un fascio più, uno meno, che vuoi che sia?’
Il nome di Gesù sia benedetto, \ lodata sia la Vergine Maria… \ Nena, sta sempre sola con Luigetto; \ quelli commettono qualche corbelleria, \ capisci tu, la gioventù di oggi \ te la fa sotto gli occhi, e non te n’accorgi!
‘Per il padre e la madre è sempre un peso”. \ “Quelli si fidano troppo, comare mia!” \ Ave Maria grazia piena, Cristo Gesù… \ Lodato Gesù Cristo e così sia! \ “Me ne vado, Ci rivediamo, comare Rosa”. \ “Arrivederci, non abbiamo detto nulla!”
Non han detto nulla, e hanno detto peste e coma. \ Che potevano dire di più queste malcreate? \ Volevano attaccare i Santi e la Madonna \ oppure chi le ha generate? \ E poi il giorno dopo vanno a messa \ fanno altre maldicenze e si confessano!
CONFIDENZA: L’OLIO E I PROSCIUTTI
Fu proprio durante questa confidenza, che vidi negli occhi di Don Costanzo amarezza, delusione, sconforto. “Il prete, mi disse, è poco capito, spesso schernito, spesso calunniato. Il nostro è un destino meraviglioso e tremendo; non riesci ad accontentare tutti, né a convertire tutti.
Se fai l’omelia lunga dicono che sei ricco di parole e non di fatti; se ti muovi per necessità parrocchiali con l’auto, ti accusano di essere un capitalista; se nella liturgia penitenziale ti attardi, sei curioso, interminabile, noioso; se sei giovane non hai esperienza, quindi ti ascoltano poco; se sei vecchio, sei rimbambito, quindi sei fuori dalla realtà, ti ascoltano ancora meno.
Se vai nelle famiglie, sei l’amico di qualcuno, o girovago; se stai in canonica sei misantropo, asociale, distaccato; se chiedi qualche offerta pensi solo ai soldi; insomma sei sempre criticato, caro maestro e…” ricordo batteva con calore la sua mano sulla mia spalla, per aggiungere poi…
“Non sanno però che, nonostante il sacramento, restiamo anche noi uomini, che spesso la solitudine ci rode il cuore, così come i fardelli logorano le nostre ossa”.
Ricordo vivissime queste parole, perché una lacrima, che gli bagnò il viso, mi scrisse “la segreta pena del suo cuore”.
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Un altro fatto su cui Don Costanzo era molto abbottonato, ma non con me, era quello del lume ad olio. In una contrada del paese si ergeva una cappellina di pochi metri quadrati; qui c’era una sacra immagine del Cuor di Gesù e dinanzi ad essa una signora aveva dato disposizione che sempre, giorno e notte, ardesse un lumino ad olio.
L’impegno Don Costanzo l’aveva passato ad un contadino tutto fare, che svolgeva di solito le mansioni più varie. Una sera però, la signora, passando in auto, notò la cappella al buio. Riferì immediatamente il fatto al curato, che a sua volta chiamò il contadino, ma questo naturalmente subito negò.
Don Costanzo, non soddisfatto ed alquanto dubbioso, la sera seguente si diresse verso la cappellina, ma tutto era regolare. Ci tornò il secondo, terzo giorno, poi sospese il sopralluogo, per ritornarci dopo una settimana.
Era rimbrunire: il lumino era regolarmente acceso, mandava il suo chiarore all’immagine. Sentì un rumore, allora si nascose dietro l’altare: era il contadino che avvicinatosi al lume, prima fece una genuflessione, poi soffiò sulla fiamma dicendo: “Gesù l’olio è caro! Tu ce vedi bene lo stesso, i figli miei no”.
Da quella volta però il contadino ogni mese si vide arrivare un bottiglione d’olio: ne’ Don Costanzo lo rimproverò mai, perché la miseria, diceva, è una brutta bestia ed aggiungeva anche che, chi dà riceve e che ci sfamerà solo il pane che avremo dato, così come ci vestirà solo il vestito che avremo donato.
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Un altro ricordo ricorrente era la burla alle guardie daziarie. Durante la guerra c’era il calmiere ed era proibito trasportare alimentari soggetti a dazio, senza pagare la relativa imposta. Don Costanzo con il suo calesse, trainato dalla cavalluccia, quella sera trasportava due prosciutti e tre lonze. Si avvicinò al corpo di guardia, disse ai “doganieri” che l’indomani sarebbe passato con alquanti salumi e prosciutti. Chiudessero un occhio e poi, … ci avrebbe pensato lui. Puntualmente, l’indomani, alla stessa ora, troneggiando, a bordo del calessino, Don Costanzo ripassa! “Alt!” Intimarono i dazieri: “Stavolta te l’abbiamo fatta: fuori i prosciutti, sei in contravvenzione”! “Chi? Io?” “Si, lei”.
“Pupi! i prosciutti ed i salumi li trasportavo ieri sera”.
Così anche quella volta riuscì a farla franca.
TITOLO ORIGINARIO “LU CURATU DE LU TROCCHIà”