SANT’ANGELO IN PONTANO: la Prioria del SS. Salvatore nelle vicende storiche spiegate da CROCETTI d. Giuseppe

CROCETTI D.GIUSEPPE SPIEGA IL PRIORATO DEL SS.MO SALVATORE IN SANT’ANGELO IN PONTANO
CHIESA DEI NOBILI DI SANT’ANGELO – Nel Regesto di Farfa si legge il rapporto di Gisone, preposto farfense di S. Maria in Georgio (= Montegiorgio), in cui viene ricordata l’esistenza della «Curtis Sancti Angeli in Morgizano», comunemente detta «in Pontano». L’agionomo «Sant’Angelo», dato alla «curtis» (insediamento dell’azienda curtense), induce a supporre l’esistenza di una chiesa dedicata all’arcangelo principe delle milizie celesti. Intorno al 1070, detta chiesa con i suoi possessi era tenuta dai figli di Giberto; per tradizione costante, si ritiene per certo che fosse situata nell’area attualmente occupata dalla chiesa di S. Michele, lungo il corso principale del borgo. Chiesa di limitate proporzioni, ma aveva nel medioevo cura d’anime col titolo di Prioria.
Come luogo comune, si afferma che la dedica a Sant’Angelo sia di origine longobarda; ma, trattandosi di un antico possesso farfense, aggiungerei, come cosa più probabile, che fossero proprio i Farfensi in epoca longobarda a dare il titolo di Sant’Angelo alla «curtis» loro assegnata. C’è da tener presente che fra i possessi assegnati ai Farfensi dal Duca di Spoleto, Faroaldo II, c’era nella Sabina, sul monte Tancia, una grotta-santuario, che prima era usata come oracolo pagano, poi, dai Longobardi dedicata a San Michele, fin dal secolo VII, con commemorazione all’8 maggio, molto famosa nel medioevo e, per alcuni storici, antecedente alle apparizioni di S. Michele al Monte Gargano. Nell’elenco dei possessi farfensi chiese e “curtes” dedicate, sia a San Michele, sia a Sant’Angelo, sono molte. \\
Chiesa e “curtis” costituirono il nucleo fondamentale del futuro Comune di Sant’Angelo in Pontano.\\
Alla fine del secolo XIII, dalle ricevute delle «Rationes decimarum» del triennio 1290-92, si rileva l’esistenza della chiesa priorale del SS.mo Salvatore in Sant’Angelo. \\
Gli storici la definiscono «chiesa de’ Nobili» con cura d’anime; in essa fu battezzato San Nicola, circa l’anno 1245.\\ Su di essa, per più generazioni, fecero valere il diritto di giuspatronato i Signori di Sant’Angelo in Pontano, discendenti dal conte Gerardo da Vignole, come risulta da una pergamena del 1232, contenente un nutrito elenco di rivendicazioni di Fildesmido da Mogliano contro i figli ed i nipoti del conte Girardo di Geraldo «la terza parte di tutta la signoria e del gjus- patronato della chiesa di San Salvatore». \\
E’ una chiesa monumentale, ove si riscontrano successivi interventi costruttivi. Nella cripta è evidenziato un primo impianto del XII secolo, con tre navate ed absidi semicircolari colonne e pilastri partitori. In seguito, tra il XIII e il XIV secolo, probabilmente al tempo della graduale emancipazione di vassallaggio dagli antichi Signori ed assoggettamento allo Stato della Città di Fermo, venuto a completarsi nell’anno 1316,\\ venne così eretta la chiesa monumentale che oggi si ammira per aver conservato intatte le linee architettoniche originali. In mancanza di documenti storici espliciti, per la datazione sono state proposte diverse ipotesi, tutte basate sull’esame dello stile architettonico di pilastri, archi ed ornati eterogenei, con fusione di persistenti elementi dello stile romanico e l’inserimento di linee gotiche nella scelta dell’arco acuto, appoggiato sopra coppie di colonne e di pilastri lisci, scanalati, o polilobati. \\
Per alcuni la presenza nella navata centrale di semi- pilastri che interrompono il loro sviluppo all’altezza dell’imposta delle arcate è stata sufficiente per vederci un rapporto con moduli stilistici propri delle chiese cistercensi del secolo XII, come nella cisterciense Abbazia di santa Maria di Fiastra. \\ Ma ci sembra ben poca cosa, che non autorizza necessariamente proposte di contemporaneità, bensì di imitazione tardiva.
Il campanile, con funzione di torre di vedetta, è costruzione del Trecento avanzato. Gli unici dati storici conosciuti sono del secolo XV. L’affresco votivo «Madonna del latte» sulla quarta colonna destra, è da mettere in relazione con analoga raffigurazione datata 1412, che si conserva a Montelparo nella cripta della chiesa di Sant’Angelo in Castello, e la lapide commemorativa della consacrazione della chiesa, posta nella controfacciata, che reca la data 8 maggio 1435, festa votiva di San Michele, in ricordo della sua apparizione al Gargano. 171
SEDENTE SS.MO D.NO NOSTRO EUGENIO PAPA QUARTO / DIE OCTAVA MAII M.CCCC.XXXV CONSECRATUM FUIT / HOC TEMPLUM
ORIGINE DI QUESTO PRIORATO – La chiesa del SS.mo Salvatore non fu retta da un «abate», come scrive F. Capponi nelle notizie storiche su Sant’Angelo in Pontano, \\ ma costantemente da un «Priore», fino alla erezione della Collegiata nel secolo XIX, quando alla prima dignità capitolare fu dato il titolo di «Arciprete», che conserva tuttora.
Infatti, in un atto di vendita di beni del 1169, un certo Viviano di Gozone passò alcuni suoi beni a Bove, Trasmondo, Bonconte, Girardo e Uffreduccio che erano i Signori di Sant’Angelo. Chiese, come contropartita, il versamento di 40 soldi e l’assistenza in vitto e alloggio per tutta la sua vita, nonché per il proprio figlio Rinaldo il privilegio di essere accolto fra i Canonici della chiesa di San Salvatore in Sant’Angelo.\\
Chi erano questi Canonici? Il Pennotto al Libro II della «Tripartita Historia S. Ordinis Clericorum Canonicorum» afferma che la chiesa del SS.mo Salvatore di Sant’Angelo in Pontano era retta dai Canonici Regolari Lateranensi; \\ in essa San Nicola, giovanetto, avrebbe ascoltato la famosa predica di Fra’ Reginaldo da Monterubbiano che determinò la sua vocazione religiosa. Detta Congregazione gestiva anche altre realtà nella Diocesi di Fermo:
a) Il Priorato «Sancte Marie Jacobi» a Campiglione di Fermo, a nord del vecchio Ponte San Giacomo sul Tenna; \\
b) Il Priorato di San Marco in Rivocello, o alle Paludi, che ebbe un amplissimo privilegio dal papa Alessandro III (1159-1181); \\
c) Il Priorato di San Pietro Vecchio, nel suburbio ad est di Fermo; \\
d) Il Priorato di Santa Maria a Mare che documenti del sec. XII attestano essere stato fondato e gestito dai Canonici Regolari Agostiniani, detti di San Frediano, \\ i quali, in seguito, per maggiore sicurezza, si trasferirono dentro il castello di Torre di Palme, fondandovi la parrocchia di S. Maria a Mare, che tennero fino al 1395. Giovanni Diacono, che visse ai tempi di Alessandro III, nel suo «Liber de Ecclesia Lateranensi” \\ riferisce che nella seconda metà del sec. XI, cioè dopo il Sinodo Lateranense del 1059, Alessandro II (1061-73) «rinnovò la vita comune dei Canonici Regolari nella medesima Arcibasilica Lateranense».
Alessandro II di nome proprio Anselmo era stato vescovo di Lucca; nessuna meraviglia, perciò, che, in pieno clima della riforma gregoriana, abbia chiamato al Laterano i Canonici Regolari di San Frediano in Lucca. Era questo un centro di vita canonicale con varie case filiali, sul tipo di quello di Santa Maria in Porto, presso Ravenna, la cui Regola, detta, appunto, Portuense, fu seguita dai medesimi Canonici Regolari di San Frediano. Nel 1106, il papa Pasquale II concesse al Priore di San Frediano la parrocchia annessa alla Basilica Lateranense.
Il Priorato Regolare Lateranense col passar del tempo divenne autonomo e potente, sia per la protezione pontificia, sia per le eminenti qualità manageriali di due suoi Priori; Bernardo che nel 1145 fu elevato alla dignità cardinalizia ed inviato come messo speciale alla corte di Federico Barbarossa per sostenere la causa della Chiesa Romana; morì nel 1176; e Giovanni che governò la comunità Lateranense al tempo di Alessandro III (1159-81); egli fece costruire il meraviglioso chiostro annesso alla Basilica che reca, come iscrizione, questi esametri: “Nell’accogliere la forma di Canonici, imparate la norma/regola che avete promesso, quando siete venuti in questo chiostro. Imparate che tre sono le cose necessarie per voi da tener pesenti: nessuna cosa in proprietà; la castità nei costumi; trainare il Piore.” \\ «Canonicorum formam sumentes, discite normam \ quam promisistis, hoc claustrum quando petistis. \ Discite sic esse tria vobis adesse necesse: \ nihìl proprium, morem castum, portare Priorem». \\
Pertanto, fin dalla metà del sec. XII, la Congregazione dei Canonici Regolari del SS.mo Salvatore in Laterano diede vita a diverse comunità di religiosi che avevano adottato la Regola di Sant’Agostino, con obbligo dell’ufficio corale diurno e notturno, di dedicare parte della giornata allo studio e alla lettura, digiunare, osservare il silenzio nei tempi prescritti, svolgere altre attività nel ministero assistenziale e pastorale: ospedali, posti di ristoro, e parrocchie.
Tra le quali, certamente non ultime, vanno ricordate quelle istituite in San Caterbo di Tolentino \\ e presso la chiesa del SS.mo Salvatore in Sant’Angelo in Pontano. Non si è in grado di precisare se furono questi Canonici ad imporre il proprio titolo alla chiesa santangiolese, oppure furono i Signori Nobili del posto a scegliere quella Congregazione religiosa, detta del SS.mo Salvatore, per la loro chiesa, già dedicata al SS.mo Salvatore.\\
Qui si recò, S. Nicola durante la sua permanenza nel convento di Fermo: andò a far visita a suo cugino, Priore del monastero; questo, vedendolo macilento nella persona e povero nei vestiti, lo invitò a lasciare l’austerità della vita eremitica ed abbracciare il suo monastico istituto , che ivi possedeva molti beni. S. Nicola, però, che riponeva tutta la sua fiducia in Dio, andò per lumi e conforto a pregare nella chiesa di questo monastero e dagli angeli che, visibili, gli apparvero, fu animato a perseverare nella religione eremitica agostiniana, poiché ivi avrebbe trovato la sua salute e la sua salvezza.
I Canonici Regolari rimasero nell’Arcibasilica Lateranense fino al settembre del 1299, quando per volontà di Bonifacio VIII, vennero sostituiti con quindici canonici del clero romano secolare; come motivo addotto si disse che i canonici secolari, appartenenti alle prime famiglie di Roma, potevano difendere meglio i beni della Basilica e rivendicarne i diritti.
Nel corso del secolo XIII in Sant’Angelo in Pontano dovette avvenire il cambio di guardia nella gestione della chiesa priorale, promosso dai patroni stessi, per affidarla ai monaci Avellaniti, con i quali da tempo erano stato contratti vincoli di reciproco interesse e di compartecipazione nella tutela di chiese e comunità monastiche. Basta ricordare l’assegnazione alla figlia di Trasmondo, Cecilia, della chiesa di Sant’Angelo in Montiliano, sita nelle Piane di Montegiorgio, caldeggiata ed attuata dal cognato, Gerardo, signore di Sant’Angelo in Pontano; \\ la donazione di Cecilia della parte a lei spettante in favore del Monastero di S. Croce di Fonte Avellana, fatta il 26 aprile 1193; \\ la cessione dei diritti di giuspatronato su metà di detta chiesa, fatta due anni dopo, il 1 giugno 1195, dal Priore di Fonte Avellana col consenso dei suoi monaci in favore dei figli di Gerardo, Signori di Sant’Angelo: Bove, Trasmondo e loro eredi, affinché essi in persona si adoperassero alla difesa di tutti i beni, mobili ed immobili; \\ l’altra metà, probabilmente, spettava ai figli di Falerone che, nel contempo, esercitarono il diritto di presentare al vescovo di Fermo, Presbitero, come Rettore di Sant’Angelo in Montiliano, Don Baroncello, per la investitura canonica, di comune accordo con la Badessa Cecilia. \\
In un documento del 3 luglio, 1432, relativo ad una riunione di monaci Avellaniti, svoltasi in Montefortino presso la canonica della chiesa di Santa Maria de Marte, in cui il Priore di San Leonardo de Volubrio confermò la nomina di D. Bartolomeo Domenicucci da Gubbio a Priore di San Quirico in Platea de Firmo, risulta presente come teste D. Giacomo Francisci, Priore della chiesa del SS.mo Salvatore di Sant’Angelo in Pontano. \\
Al Mittarelli ed al Prof. Serafino Prete fu sufficiente questo accenno per includere la detta chiesa del SS.mo Salvatore tra i possessi Avellaniti nel Fermano; \\ però, essa non figura mai negli elenchi ufficiali dei possessi dell’Abbazia di Santa Croce di Fonte Avellana; per cui si rafforza l’ipotesi che la presenza di detti monaci venisse a cessare nel corso del secolo XIV, quando venne a vanificarsi il diritto di giuspatronato dei Signori Nobili del luogo, trasferitisi altrove.
Nel corso dei secoli XV e XVI vi figurano, come parroci col titolo di Priore, sacerdoti di nomina vescovile, appartenenti al clero diocesano, come risulta da varie bolle di nomina del Quattrocento e del Cinquecento, nonché dalle relazioni di Sacra Visita, fatte prima e dopo il Concilio di Trento. \\
Per la emblematica figura del Priore, D. Giacomo Francisci, nativo di Amandola, presente come teste in un atto stipulato tra monaci Avellaniti, per altri documenti recentemente consultati nell’Archivio Storico Arcivevoscovile di Fermo, \\ sorge il dubbio se possa più considerarsi monaco avellanita, poiché appare essere un influente soggetto del clero diocesano, titolare di molti benefici, compresi gli altari dei Santi Andrea e Antonio, e di S. Stefano, eretti nella chiesa avellanita di San Giacomo in Lapedona, \\ nonché dell’Ospedale di Sant’Antonio in Amandola.
Forse il legame con gli Avellaniti non era originato da legami religiosi, ma, piuttosto, da amicizia personale, perché amandolese e altarista in chiese avellanite.

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