Vangelo Lc 24,35ss Seconda domenica dopo Pasqua B Blasi don Mario Parroco
III di PASQUA (Lc.24,13-35) “Stolti e lenti di cuore a credere”.
Il giorno della Risurrezione di Gesù due discepoli si allontanano da Gerusalemme, ma per mezzo di Gesù che si fa pellegrino con loro, passano dalla speranza perduta alla speranza ritrovata, dalla tristezza alla gioia, dalla croce alla risurrezione.
La condizione essenziale per riconoscere il Risorto è l’intelligenza delle scritture e la frazione del pane.
Due discepoli di Gesù sono in cammino e si allontanano da Gerusalemme, e discutono su quanto è accaduto in quei giorni: discutono perché qualche cosa sfugge alla loro comprensione. Hanno perduto la speranza in Gesù, ma nel medesimo tempo continuano a pensare, a parlare e a sperare.
“Certamente avevano l’impressione che il Crocifisso, che pur aveva fatto fallire la loro speranza, nascondesse qualcosa”. “La ricerca dell’uomo – anche se correttamente condotta – non riesce da sola a comprendere tutto quello che è accaduto”. “La ricerca dell’uomo non è sufficiente, ma è importante”.
Il Risorto allora si avvicina e si fa compagno di viaggio. “La comparsa del Risorto è un evento improvviso, senza premesse, del tutto gratuito”.
“Gli eventi di Dio sono indeducibili: semplicemente accadono”.
I due discepoli non lo riconoscono, “non perché Egli ha assunto un volto sconosciuto per apparire in incognito, ma perché i loro occhi non avevano la forza di riconoscerlo. Non tocca a Gesù cambiare volto, bensì ai discepoli cambiare lo sguardo”. “Il Risorto rimane necessariamente uno straniero, se non entra attraverso la comprensione delle scritture, nella verità del Crocifisso”.
“I due discepoli hanno visto e conosciuto quello che è accaduto in Gerusalemme, ma non hanno compreso il significato. Ora vedono il Risorto, ma non riescono a capire chi sia”. “Il Risorto rimane nascosto se non si comprende il Crocifisso”. “Gesù prende in mano la situazione. Ma non per cambiare la direzione del viaggio, bensì per mutare il significato: non più un semplice cammino verso Emmaus, ma verso l’incontro con Lui”.
“Lungo la strada i due discepoli hanno sottolineato la potenza del Suo insegnamento e delle Sue opere. Ora devono imparare a riconoscerlo diversamente; non più nel segno della potenza, ma nella dedizione”.
Nel condividere il pane, “i loro occhi furono aperti e lo riconobbero” (da B. Maggioni).
Il cristiano sperimenta la Risurrezione di Gesù nella misura che si fa pane per gli altri.
III DOMENICA DI PASQUA (Lc 24,35-48)
“Stupiti e spaventati credevano di vedere un fantasma”.
Mentre i discepoli di Emmaus parlano della loro esperienza, il Risorto è lì. Gesù non viene, “è già lì in mezzo ai Suoi discepoli. Deve soltanto rendersi visibile”. Gesù è sempre presente quando i Suoi sono riuniti nella preghiera e nell’ascolto della Parola.
I discepoli credono di vedere un fantasma ed hanno paura. Ma Gesù li rassicura: “Sono proprio io. Toccatemi, non sono un fantasma, ma una persona reale”. “Non si dice che i discepoli abbiano toccato Gesù risorto. Il verbo toccare è detto una sola volta come un imperativo di Gesù, ma poi Gesù stesso lo lascia cadere. Si insiste invece sul guardare”. “Mostrò loro le mani e i piedi. Gesù non insiste dunque sul fatto di toccare, ma sul fatto di vedere e comprendere”. “Mostra le sue mani e i piedi, si fa vedere come una persona in carne e ossa”. “Gesù agisce e parla: saluta, domanda e rimprovera, invita a rendersi conto della sua verità”.
I discepoli sono nel dubbio, sono turbati. “I loro sentimenti tradiscono la difficoltà a credere nella Risurrezione. Di fronte alla Risurrezione l’uomo resta dubbioso e incredulo, sia perché si trova davanti ad un fatto assolutamente insolito, sia perché si imbatte in una sorpresa troppo bella, desiderata, ma ritenuta impossibile”.
“La persona del Signore risorto è reale e concreta: il Risorto ha un vero corpo. Questa vita che viene da Dio afferra l’uomo in tutta la sua completezza e globalità. Nonostante la sua concretezza, la Risurrezione di Gesù è un mistero di Dio, fuori dell’esperienza consueta; ogni nostro linguaggio è sempre parziale” (B. Maggioni).
“Voi siete testimoni “.
“Le cose di cui gli undici sono testimoni sono gli eventi di Gesù, la Sua croce e la Sua Risurrezione. Sono cose che gli undici hanno personalmente visto e in grado di testimoniare. Non hanno testimoniato nel processo per paura, ma possono farlo ora nel processo fra Cristo e il mondo; è un processo che attraversa tutta la storia” (B. Maggioni).