Notizie desunte e rielaborate dal libro del gentile amico Cecarini don Giuseppe
Adolescenza e gioventù
Antonio Grassi, nato a Fermo il 13 novembre 1592 da famiglia nobiliare, ha affrontato problemi di salute. A tredici anni, adolescente, perdette il padre ed soffrì una grave malattia. In seguito scrisse che questa morte fu motivo del suo distacco dalle realtà materiali. Il Signore lo ricompensò facendolo incontrare con padre Flaminio Ricci che era stato a Roma, come diletto discepolo di san Filippo Neri. Antonio lo scelse come suo padre spirituale che lo guidò nella pratica delle virtù, con una vita di preghiera, di meditazione e di penitenza. Si accostava al sacramento della confessione e si comunicava ogni qualvolta glielo permetteva il suo direttore spirituale.
Affidava i suoi progressi alla Madonna che pregava e amava fin dalla più tenera età, sull’esempio di suo padre che andava pellegrino alla Santa Casa di Loreto, una volta all’anno. I suoi progressi spirituali erano evidenti per l’intervento dello Spirito Santo. Nel suo cuore cresceva sempre più il desiderio di diventare sacerdote. Egli cercò di attenuare sofferenza della mamma rimasta vedova, staccandosi gradatamente da lei.
Quando il padre Flaminio Ricci approvò la sua vocazione al sacerdozio, Antonio nell’ottobre 1609 entrò stabilmente nella Congregazione filippina. Fu talmente felice da ringraziarne la Provvidenza a cui chiedeva la grazia di farlo un giorno morire come figlio di san Filippo Nei. Incoraggiato a farsi prete dell’Oratorio, con una vita di intensa preghiera, di meditazione, di penitenza e di studio si preparava seriamente al sacerdozio.
Di salute cagionevole, accettò le varie sofferenze che gli derivavano dal suo corpo. Accettò di vivere in povertà, conforme alle regole della Congregazione filippina. Gli arredi della sua camera erano pochi e semplici: vesti povere ma sempre pulite. Amava il silenzio. Era puntualissimo negli atti comunitari.
Si alzava al mattino e diceva: «La mattina innanzi ogni cosa si deve fare orazione, ed allora succederanno prosperamente tutte le altre cose, e si godrà pace interna e si prova per esperienza che facendosi bene l’orazione la mattina, tutto il giorno si sta quieto: e per il contrario non si trova pace quando la mattina non si fa orazione». Al centro delle sue preghiere c’era Gesù Crocefisso.
Diceva: «Bisogna conferire i nostri travagli con Gesù Cristo Crocefisso, che non volle scendere dalla croce per insegnarci che ivi sta la salute, la vita e la resurrezione nostra». Egli divideva nei giorni della settimana i misteri della passione di Gesù, in questo modo: il lunedì meditava Gesù sofferente e in preghiera nell’orto degli ulivi; il martedì era consacrato a Gesù flagellato; il mercoledì considerava Gesù coronato di spine; il giovedì vedeva Gesù con la croce sulle spalle, in presenza della sua Madre santissima; il venerdì si soffermava su Gesù crocefisso, sofferente e morto in croce; il sabato contemplava Gesù schiodato dalla croce e posto nelle braccia della Madonna; nella domenica gioiva per Gesù risuscitato». Frequenti erano le meditazioni sulla morte a cui giornalmente si preparava e con questo pensiero chiudeva la giornata.
Molto tempo egli dedicava allo studio della Sacra Scrittura, tanto che arrivò a conoscerla in modo perfetto, cosicché i padri dell’Oratorio quando avevano qualche incertezza, si rivolgevano a lui e rimanevano meravigliati della citazione a memoria degli appropriati passi della Parola di Dio. Egli diceva: «Le Scritture lasciateci da Dio sono le più certe ed infallibili rivelazioni che possiamo avere: che se l’uomo non si quieta in esse, nemmeno con qualsiasi rivelazione si quieterà».
Grande gioia provava nello studio delle opere di san Tommaso e dei Padri della Chiesa. Lo studio gli serviva non «per diventare letterato, ma solo per sapere quanto serve per salvare l’anima». Prima di mettersi a studiare, pregava perché Dio gli concedesse di conoscerlo. Diceva: “Tutto quello che sappiamo serva per servire Cristo e non per cedere alla vanità».
«Osservava le regole della Congregazione senza concedersi alcun privilegio. La meditazione e la preghiera alla Madonna erano costanti e voleva che tutto passasse per le sue mani e a lei si rivolgeva ogni volta che usciva da casa, recitando questa breve preghiera: “Dirigi i miei passi nel tuo beneplacito”.
A quanti si rivolgevano a lui per qualche problema, era solito consigliare: «Siate devoti di Maria che è la Consolatrice degli afflitti, la Vergine prudentissima, la Madre purissima, il Rifugio dei peccatori, la Porta del cielo, l’Aiuto dei cristiani, la Causa della nostra gioia, la Salute degli infermi». Ogni giorno recitava il rosario, e la preghiera dei privilegi di Maria.
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