POVERTA’ DI SPIRITO del beato Antonio Grassi religioso Filippino di Fermo. Dagli scritti di Cecarini Giuseppe
Il cuore del beato Antonio si è dimostrato, per tutta la vita, distaccato dai beni terreni. Il cardinale Domenico Maria Corsi, dichiarò che il beato visse in modo distaccato dalle passioni umane e dai beni terreni, per rimanere sempre unito a Dio. Egli inculcava questo metodo di vita ai suoi confratelli, dicendo loro che «dobbiamo riconoscerci come chiusi in un carcere in cui non è possibile attaccarci ad alcun bene terreno».
Considerando che molti uomini vivono in un modo ben diverso, Antonio soleva dire: «Chi mette tutta la sua cura e sollecitudine in accumulare la roba, come se gli dovesse mancare l’aria, mostra di non essere vero cristiano». Vista l’utilità di questo distacco per il progresso spirituale, egli cercava di dar opportuni consigli ai confratelli e ai laici per spingerli ad abbracciare questo metodo di vita.
Antonio non era attaccato neppure alle piccole cose che ordinariamente venivano date in uso a ogni membro della Congregazione. Per favorire l’animo pacifico tra i confratelli, egli si trasferì nella stanza più piccola della casa. Trattava i suoi parenti, appartenenti come lui al patriziato fermano col titolo di conte, con rispetto e affetto, ma senza un comportamento di dimestichezza.
Questo distacco dai beni e dagli onori, lo portava a considerare la morte come un felice passaggio verso l’eternità: «Non lascio nulla perché non ho nulla; mi avvicino a Dio che mi darà tutto». Da ammalato non chiedeva la guarigione, ma implorava da Dio che l’aiutasse ad andare avanti. «No! guarire no, ma bensì che mi istradi per la via dell’eternità».
Invocando l’intermediazione della Madonna e di san Filippo, chiedeva la grazia della buona morte e diceva di avere esperimentato, che l’anima nostra con la considerazione e l’affetto al costato di Cristo, si purifica dai peccati ed affetti terreni, convertendosi all’amore del Crocefisso. Nel distacco dall’avidità e dalle vanità, padre Antonio camminava, con grande giacere, sulla via seguita da San Francesco d’Assisi, di cui era grandemente devoto. Egli faceva sua la raccomandazione del santo poverello che diceva di essere “un uomo folgorato dalla scoperta della povertà di Cristo”, per cui nella Regola bollata scrisse: «I frati non si approprino di nulla, né casa, né luogo, né alcuna altra cosa. E come pellegrini e forestieri in questo mondo, servendo il Signore in povertà ed umiltà, vadano per l’elemosina con fiducia. Non devono vergognarsi, perché il Signore si è fatto povero per noi in questo mondo». E Antonio ripeteva che la scelta della povertà è fondata sul fatto che «il Signore si è fatto povero per noi». Il santo poteva dire: «Io, frate Francesco piccolo, voglio seguire la vita e le povertà dell’altissimo Signore nostro Gesù Cristo e perseverare in essa sino alla fine».
Padre Antonio teneva in evidenza una pagina francescana di san Bonaventura il quale diceva: «Tra gli altri doni e carismi che il generoso Datore concesse a Francesco, vi fu un privilegio singolare: quello di crescere nella ricchezza della semplicità attraverso l’amore per l’altissima povertà. Diceva Antonio: «E una testimonianza che interpella ciascuno di noi e ci fa sentire il profumo che emana dalla capanna di Betlemme». E diceva anche che ciascuno di noi deve sentirsi fiero e felice di avere scelto come Signore il Bambino di Betlemme. È veramente bella l’affermazione trovata fra i suoi scritti: «Niente ci turbi, niente ci spaventi poiché tutto passa, solo Dio resta. Chi ha Dio, non manca di nulla!».
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