PETRUZZI PAOLO PRESENTA SUOR MARIA ELETTA SANI NELLA SPIRITUALITA’ DEL SECOLO XVIII

SUOR MARIA ELETTA SANI (1721-1754) SERVA DI DIO
Nella piccola chiesa del monastero di San Pietro in Falerone, accanto all’altare maggiore, un’umile pietra, in cui è inciso un semplice nome, indica il luogo dove sono riposti i resti mortali di Suor Maria Eletta Sani. Nella comunità monastica e nel paese il ricordo della giovane mistica, vissuta in odore di santità nel secolo XVIII, è ancora ben vivo e presente.
Maria Sani, prima di tre sorelle, nasce a San Severino nel 1721, figlia di Rosa e Sante Ranieri Sani, originario di Pisa. Le notizie sulla sua vita, e soprattutto sul suo itinerario spirituale, sono fomite dalle lettere e dagli scritti compilati in età matura (su invito dei suoi direttori spirituali) accuratamente conservati presso il monastero di Falerone.
Anche una rapida lettura dei suoi testi, consente di delineare una spiritualità pienamente coerente con gli orientamenti della mistica del settecento italiano, fortemente caratterizzato dalle figure di San Paolo della Croce, Veronica Giuliani e da Maria Maddalena Martinengo. Durante tutto il secolo XVII, la riforma tridentina aveva inciso profondamente nella vita monastica, attraverso il richiamo ad un severo rigore nella vita comunitaria e nelle pratiche di pietà. Ma rimane comunque singolare che pervengono ad una forte esperienza mistica religiosi e religiose di scarsa cultura, spesso analfabeti e quindi impossibilitati a conoscere da vicino la letteratura spirituale, assai ricca nel ‘600 e nel ‘700: fatto rimarchevole se si considera che i loro scritti documentano una indubbia appartenenza ad un clima spirituale comune, caratterizzato da una “mistica della riparazione” e da una “mistica della conformità a Cristo”.
Tra l’altro non va dimenticato che negli ambienti francescani, come nel caso di Maria Eletta Sani, permaneva inalterata una secolare tradizione incentrata sul riferimento alla umanità di Cristo. Inoltre, nonostante la scarsa cultura e l’isolamento della vita claustrale, è ben presente nelle mistiche del ‘700 il senso della fecondità spirituale della loro consacrazione, fino ad un’ansia di patimento e di oblazione per un rinnovamento universale delle anime. Anche la spiritualità mariana trova, in tale contesto, un nuovo vigore, particolarmente in riferimento al mistero della Immacolata Concezione.
Fin dai primi anni di vita Maria Eletta si trova a vivere una esperienza religiosa assai intensa. A tre anni, secondo quanto racconta, ebbe la prima visione mistica: «Vidi una nube luminosa in mezzo alla quale era Gesù bambino, che scese vicino a me, indegna creatura, ed ebbi così la sorte di conoscerlo per la prima volta. Avvicinatosi a me, l’amato mio Gesù, mi disse queste parole: ‘Maria, io vengo a te, ma dammi il cuore tuo e servimi con fedeltà, ché io sarò il tuo sposo e tu sarai la mia sposa. Figlia, amami con fedeltà e-verrai con me”. Fece atto di volermi accarezzare per darmi animo e mi disparve. Mi lasciò nel cuore tale smania di amore che nella mia semplicità volevo andare volando verso il Cielo dove vedevo che l’Amato s’era avviato».
La giovinezza di Maria trascorre in una intensa vita spirituale, nella quale si manifesta una particolare vocazione mistica. Le pratiche di pietà sono quelle caratteristiche del suo tempo: visite quotidiane al SS. Sacramento, adorazione del Sacro Cuore (in un periodo storico in cui questa devozione non si era ancora pienamente affermata), venerazione dei santi e della Madonna. Il gesuita Matteo Santoni, suo confessore fino al 1749, così ricorda: «Nel 1735 fece la confessione generale per la prima Comunione. Trovai essere sino a quel momento vissuta sempre lontano da colpa grave… La sua serietà, compostezza e maturità sembravami molto superiore in età, pure tale era la sua posatezza … Frequentava i Sacramenti conforme a quanto le era concesso dal confessore. Nei suoi atti portavasi in modo che mai potei in lei scorgere ombra di puerilità, di vanità, o pensare giovanile o mondano».
In effetti, seguendo gli scritti della Sani, fin dalla giovinezza la sua spiritualità Cristocentrica appare sempre con maggior chiarezza. Dopo aver ricevuto l’Eucaristia, Maria Eletta si sentiva: spesso accolta in una comunione mistica con Gesù crocifisso: “Mi scendeva un lume nella mente che mi faceva vedere Gesù tutto scorticato e pieno di sangue. Svenivo e perdevo tutti i sensi e restavo in profondo raccoglimento con Dio. Provavo atroce pena nello spirito, non tanto per gli oltraggi fatti alla sacrosanta Umanità di Gesù, quanto provavo una pena molto più profonda per vedere oltraggiata la Divinità di un Dio infinito. Allora sentivo il desiderio di patire, di fare penitenze che facevo secondo mi venivano accordate dal confessore. Facevo le penitenze i sangue tutte le notti e portavo strumenti di penitenza”.
La configurazione alla passione di Cristo maturava quasi necessariamente una spiritualità eucaristica particolarmente accentuata. Occorre tenere presente che, nella prima metà del ‘700, la Comunione frequente non costituiva ancora quella prassi che solo nel secolo successivo, e all’inizio del ‘900, sarebbe stata raccomandata ufficialmente dai Pontefici. Le dispute che dal giansenismo derivavano, non erano state del tutto risolte e pertanto i direttori spirituali sconsigliavano la Comunione quotidiana. La Sani ottenne dal suo confessore, il p. Santoni, di comunicarsi una volta alla settimana, cosa assai rara in quel tempo.
Ma il cristocentrismo della Sani si esprime anche attraverso la devozione al sacro Cuore, sulla quale vi era nel ‘700 una disputa serrata tra giansenisti e gesuiti. A vent’anni, si legge nelle lettere della mistica, nella Domenica delle Palme, una visione si impone nella sua mente: «Miravo Dio non già con gli occhi del corpo, ma con quelli dello spirito e vidi un cuore grande, per due volte più grande di un cuore umano e vedevo dentro questo cuore una copiosità di croci, tutte traversate e una catena le teneva intrecciate insieme. Restai come insensata e richiedevo al mio Dio cosa volesse significare questo cuore pieno di croci, ed anche desideravo di avere quel cuore pieno di croci, acciò mi desse a patire nel cuore, giacché non potevo avere il martirio. E Dio così mi disse: “Se veramente mi vuoi amare, apriti il petto, e ricevi questo mio Cuore pieno di croci e vedrò se mi sarai fedele, sperimenterò i tuoi desideri e se sarà veramente amore il tuo”. Queste parole mi disse Dio, e io nel sentirle m’intesi come perdere lo spirito e cominciala dire: “Ah! Mio Signore. Voi sapete quanto amo di patire e di amarvi. Apritemi il petto per ricevere questo Cuore pieno di croci che Voi mi mostrate, apritelo Voi che potete, acciò possa entrarvi questo Cuore pieno di croci. Pensavo che la divina misericordia volesse darmi quello che sempre chiedevo e bramavo, cioè i dolori della Passione, intendendo sempre i dolori materiali».
Gli scritti della Sani su queste esperienze mistiche sono numerosissimi e concordano nel manifestare una forma di spiritualità cristocentrico-eucaristica condivisa da tanti altri mistici italiani del ‘700. Ma una vita interiore così profonda si esprimeva anche nella dimensione della Carità? I ricordi dei suoi confessori sono unanimi nel segnalare una intensa attività assistenziale a vantaggio dei poveri e dei sofferenti del suo paese.
Con la partenza da Macerata del suo direttore spirituale, il p. Santoni, inizia per Maria Eletta un periodo di desolazione e di solitudine non comune. Da varie parti vengono avanzate accuse e calunnie, ritenute per vere, almeno parzialmente, dal nuovo padre spirituale, don Gaetano Pinelli, che gli proibisce di accostarsi alla Comunione. Inizia così una vera e propria “notte oscura”. «Le dicevo dello stato miserabile del mio travaglio – scrive allo stesso – quando restai priva d’ogni confessore, che andavo a fare lamenti ai piè di qualche Crocifisso, dove più volte Dio mi dava lume ch’io dovessi stare abbracciata ad una croce che mi faceva vedere oscura e senza Crocifisso, cioè priva di ogni conforto e lontana dal godere dell’amato mio bene, giacché mi avrebbe potuto dare qualche sollievo che dovevo stare priva di tutto, sola, desolata, nella croce senza Crocifisso».
Nel 1750 arrivano a Macerata due padri gesuiti: il p. Francesco Bianchi, noto predicatore, e il p. Giambattista Scaramelli, famoso studioso di ascetica e mistica, autore del ‘Direttorio spirituale’, più volte ristampato fino ai nostri giorni. L’incontro con i due gesuiti consente a Maria Sani di avere dei riferimenti sicuri, esperti e prudenti. Proprio il p. Scaramelli invita la giovane a mettere per iscritto le sue esperienze spirituali; da qui una intensa corrispondenza tra il 1750 e il 1752.
In una delle sue lettere la Sani racconta con molta semplicità una visione in cui le viene comunicato il prossimo ingresso nel monastero di Falerone. E, infatti, la mattina del 3 giugno 1752, accompagnata dalla madre e dal fratello, entrava nel monastero di San Pietro, nella cittadina picena. E 14 settembre il capitolo approva la sua ammissione al noviziato e il 4 ottobre 1753, festa di San Francesco, Maria Eletta Sani compie la professione solenne.
…Gli anni della vita claustrale misero a dura prova spiritualmente e fisicamente Suor Maria Eletta. I suoi anni di clausura le attirarono la simpatia e la venerazione delle consorelle, che, nelle testimonianze rilasciate dopo la sua morte ne ricordavano la santità di vita e il fervore mistico. Il 23 giugno 1754; a trenta tre anni di età, Maria Eletta moriva, dopo alcuni mesi di grave malattia.
Le esequie videro la partecipazione di molta gente che aveva avuto la possibilità di conoscerla nei pochi anni di permanenza al monastero di Falerone. Pochi mesi dopo l’arcivescovo di Fermo, mons. Alessandro Borgia disponeva l’avvio del processo diocesano di beatificazione e ordinava la raccolta di testimonianze giurate sulle virtù e vita della giovane clarissa.
Purtroppo la soppressione del convento. nel 1809, in seguito alle leggi eversive di Napoleone, interrompevano la procedura, di cui rimangono alcune testimonianze. A due secoli di distanza è forse giunto il momento opportuno per intraprendere uno studio scientifico sugli scritti di Maria Eletta Sani, uno studio che consenta di comprendere la sua esperienza mistica nell’ampio contesto della spiritualità italiana del ‘700.
Del resto la venerazione verso la giovane religiosa potrebbe costituire un motivo significativo per la ripresa del processo di beatificazione, certamente auspicabile, se si pensa al valore che una esperienza mistica può rappresentare per la Chiesa dei nostri tempi.
Paolo Petruzzi

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