Anni 928-933 circa
L’abate farfense Raffredo provvede per i beni recuperabili
(Destructio Chronicon Farfense I p.35-36 e 303)
(Ratfredo) cercò di radunare i fratelli ed i beni del monastero che erano dispersi. Ma quella parte dei monaci e del tesoro che il detto abate Pietro aveva lasciato nella città di Rieti andò perduta, perché i Saraceni, dopo occupata la città, uccisero i monaci e portarono via il loro tesoro. Però (Raffredo) recuperò le altre due parti che stavano a Roma e nel Fermano; e per quanto poté, restaurò i luoghi vicini e lontani appartenenti al monastero. Riunì, pertanto, cento ‘famigli’ <persone sue ausiliarie> di uomini liberi e di servi e li portò con sé dal Contado Fermano in Sabina, nel luogo rimasto abbandonato per quarantotto anni, secondo un’opinione tramandata e fece i restauri (p. 303: con loro cominciò a ricostruire qui il ‘capo’ di questo monastero <Farfa>) . Acquistò di nuovo la “curte” di Monte Falcone, nel Contado Fermano, sborsando moneta sonante. E questa ha recato grande utilità al monastero.