Servigliano la chiesa rurale di S. Lucia
Un culto e una chiesetta rurale sono occasione e motivo di celebrazioni cristiane e di festeggiamenti conviviali. La chiesa rurale di Santa Lucia a Servigliano (FM) è un luogo della diocesi Fermana. La martire siracusana Santa Lucia (+304) che volle vivere e morire nella donazione totale a Gesù Cristo della sua vita virginale, nonostante tutte le contrarietà da parte di altre persone, ha avuto un culto che si è diffuso dalla Sicilia in Europa e oltre, e rimane onorata come patrona dei cecuzienti e della gioventù.
Tuttora è assiduamente frequentato dai pellegrini il santuario siracusano dov’è il suo sarcofago. la festa in suo onore a Roma è documentata dal secolo sesto e da qui il suo culto giunse nelle Marche. Per altri aspetti, il giorno 13 dicembre, nell’opinione comune, segna la fine dei giorni della maggiore oscurità giornaliera nel ciclo annuale delle stagioni.
In Italia la popolare devozione ha diffuso un bel canto “Sul mare luccica l’astro d’argento … Venite all’agile barchetta mia, Santa Lucia … Venite …”, armonioso anche nei cori dei bambini per il delicato lirismo.
A Servigliano è tradizione di antichità immemorabile il recarsi il 13 dicembre in questa chiesa rurale della santa per le pratiche devote. Trilla gioiosa la campanella dal tetto della chiesina sul ripido pendio della collina, segno della festa e richiamo per tanta gente che vi giunge serena nella fiducia e nella speranza cristiana. I pellegrini desiderosi della luce soprannaturale manifestano insieme una schietta comprensione umana.
L’edificio si trova attualmente vicino ad una strada che fu provinciale, perché anticamente sita lungo il percorso della importante strada chiamata Fermana che da Fermo arrivava a Santa Vittoria in Matenano e proseguiva nel territorio ascolano. La novità intervenne nel 1773 quando è sorto il nuovo centro urbano Castel Clementino che sostituì l’incasato del vecchio Servigliano.
La strada scende da Curetta verso il fiume Ete e a metà percorso questa chiesa si presenta con tutta la sua antichità e con la semplicità della struttura di muratura a sacco del secolo XVIII e con sezione ad aula. Nella continuità di molti secoli di permanenza è stata più volta riparata per i danni delle intemperie.
Le prime notizie del luogo si riferiscono al “vico” romano serviglianese del secolo terzo. In questo villaggio fatto di alcune abitazioni, ben presto si diffuse il cristianesimo che fece costruire nella contrada adiacente, a nord, una chiesa in onore di san Filippo che fa pensare al santo vescovo Fermano martire del terzo secolo. Il luogo ricevette fama alla fine del secolo XIII per la venuta di Gualtiero partito da Roma assieme con un sacerdote Armeno (o Armando). Si stabilirono ad abitare e lavorare nella Valle Marana, nome derivato dal fossato in dialetto “Marà”. Qui stabilirono una comunità con il programma: “Prega e lavora” dei Benedettini.
In seguito questi due religiosi venuti da Roma si trasferirono nella pianura presso il fiume Tenna denominata “Piani di San Gualtiero”. La vita di s. Gualtiero è stata trovata scritta in una pergamena del secolo XV nel suo sarcofago ed è stata pubblicata negli Atti dei Santi (Acta Sanctorum 4 giugno, I). Riferisce i contenuti della predicazione per favorire una devozione verso questo “Abate” di religiosi consacrati a Dio nel servizio fraterno: era ammirato come modello di vita e invocato come patrono.
Il simbolo che caratterizza san Gualtiero di Servigliano è una stella che si prolunga nella forma di una croce, proprio come la croce a stella caudata dei monaci del Monte Carmelo in Terra Santa, da dove questi furono cacciati di mussulmani nel secolo XIII.
Tornando ad osservare la chiesetta di santa Lucia, notiamo che permangono nella facciata un portale e una finestra sopra a questo. Ci sono cornici che riquadrano il portale e la finestra superiore, inoltre ci sono due finestrine ad altezza di uomo ai lati dell’ingresso, usate dai pellegrini che si fermavano per le devozioni mentre guardavano all’interno l’altare e l’immagine della santa.
Nel terreno adiacente a questo edificio sono stati rinvenuti alcuni resti di ossa umane che fanno pensare a vecchie sepolture. Dietro la tribuna della Chiesa, nel secolo XIX è stata costruita una sagrestia che nel secolo scorso è servita anche come aula scolastica rurale per i fanciulli della contrada.
Alcune notizie antiche su questa chiesa si trovano nei registri diocesani delle Visite Pastorali che gli arcivescovi Fermani compivano periodicamente. Il registro della Visita più antica a Servigliano è nell’archivio arcivescovile di Fermo con la data dell’anno 1573. Allora la Chiesa aveva un lascito beneficiario che serviva a sostentare l’officiatura del sacerdote che qui celebrava i sacri misteri nei giorni festivi e si intratteneva con gli abitanti in dialogo formativo e caritatevole.
Questa vita ha avuto un improvviso cambiamento quando, nel 1866, il re di Savoia, divenuto re d’Italia, ha destinato al suo demanio e svenduto le proprietà dei benefici ecclesiastici. Questa chiesa, allora, come migliaia di altre in altri comuni, fu ridotta abbandonata. Fu recuperata dal parroco di Curetta per celebrarvi annualmente la santa Messa il 13 dicembre, in memoria della santa. Vi partecipavano famiglie di Servigliano e di Santa Vittoria in Matenano, dato che nelle adiacenze, il fossato è confine con Santa Vittoria in Matenano.
Nel secolo scorso, l’esodo rurale e la diminuzione delle coltivazioni agricole ridussero la contrada a pochissimi abitanti. A riprendere la tradizione sopravvennero a fine secolo due famiglie, prima quella di Pancrazio, poi quella di Paolino, nell’abitazione ove era nata e vissuta ventenne Marisa Galli, fondatrice con don Franco Monterubbianesi della Comunità di Capodarco, diffusa ora in otto regioni Italiane ed anche in America Latina.
La festa della santa è tornata a fiorire perché si invitavano i sacerdoti per le celebrazioni liturgiche ed i fedeli, si faceva l’addobbo e si offriva la colazione ai partecipanti. Nel 2016 è intervenuto il Vicario generale della diocesi Fermana, don Pietro Orazi, nato nell’adiacente contrada santavittoriese. Il 13 dicembre 2017 il nuovo arcivescovo mons. Rocco Pennacchio vi ha celebrato la santa Messa nella ricorrenza liturgica, con una stragrande partecipazione di fedeli.
Nel passato sono stati praticati, per più anni, alcuni spettacoli di divertimento, come quelli del prestigiatore Frate Mago, p. Gianfranco Priori francescano ora rettore della chiesa Madonna dell’Ambro, sempre brillante nei giochi di prestigio adatti a suscitare gioiose risate. La contrada è stata ravvivata nelle attività di olivicoltura e di allevamento.
Per chi ama ricordare la storia antica, si può argomentare sul fatto che presso l’abitazione dei fornaciari Galli c’era una villa romana che sulla collina aveva una edicola, sede delle ceneri dei famigliari defunti e delle divinità loro. Con l’avvento del cristianesimo l’edicola, fu sostituita con questa chiesetta con adiacenti sepolture cristiane. Essa permane mentre è andata distrutta la chiesa intitolata al santo martire vescovo Fermano. S. Filippo, nella contrada adiacente, a nord-est, presso la strada dell’Ete.
Al “vico” romano fece seguito l’insediamento sparso, con nuove case, soprattutto da quando san Gualtiero ebbe a ravvivare la cultura locale con un conventino ove i monaci praticavano l’infermeria, la scuola, il piccolo artigianato degli arnesi agricoli, nei pressi di questa chiesa. Tra l’altro resti l’edificio diruto di un antico molino sul fiume Ete.
Se la chiesa è un piccolo edificio grande è la spiritualità che ha suscitato e gli abitanti la onorano.
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