STUDI STORICI FERMANI E LA STORIOGRAFIA CHE SERVE. Orientamenti e dubbi

STUDI STORICI FERMANI. Ci si domanda a che cosa servirebbero gli Studi Storici Fermani. E’ come chiedersi a che cosa serve la storiografia o che cosa fa lo storico. La risposta più comprensibile è che la storia viene scritta per narrare la vita delle persone del tempo passato sulla base delle testimonianze d’oggetti e di scritti del loro tempo.
“Studi Storici Fermani” fondato da Gabriele Nepi nel 2009 presso l’Agenzia delle Entrate di Fermo tende a pubblicare i documenti scritti e le testimonianze per la storiografia. E’ utile la Guida di Fermo del Nepi stesso. Senza testimonianze materiali e documentali si crea soltanto la narrativa da romanzo. Ma vale o no questa insistenza sui documenti? Leggiamo alcuni pensieri scritti da Horst Fuhrmann che è stato presidente dei Monumenta Germaniae Historica (documenti di storia). Nel suo libro “Guida al Medioevo” 2004 p. 227 dice che esiste “il pericolo di sclerotizzarsi in un virtuosismo editoriale (che) era ed è consistente. Ogni fonte, al di là dell’edizione del suo testo, spinge a una presa di posizione ed è necessario per la sua retta comprensione considerare gli aspetti e i campi che esulano da esso: cioè quelli sociali, sociologici, teologici e altri ancora […] Più importante di un’indagine testuale, sempre rivolta ai particolari, è la consapevolezza generale che occorre prima di tutto penetrare nell’effettiva comprensione degli scritti e dei tempi. Le scoperte fondamentali non sono state fatte nell’apparato critico, ma riguardano l’individualità dei nostri antenati e dei tempi passati. Curarsi del testo corretto significa anche curarsi della giusta comprensione della tradizione studiata criticamente, e un editore di fonti deve tenere presenti e prendere in considerazione entrambi gli aspetti. Ma perché lo storico sia messo in grado di cercare la giusta interpretazione, ha bisogno della tolleranza liberale e del sostegno della società: un presupposto che non si è realizzato in tutti i tempi e in tutti i luoghi. In questo senso non c’è nessuna historia perennis determinata per così dire in modo antropologico […] nessuna eterna storia o filologia in grado di ricercare costantemente l’essenza dell’altrui umanità. Gli spazi liberi in cui queste scienze fioriscono possono andare perduti …”
Nell’esperienza del giornalista Gabriele Nepi e di alcuni storiografi Fermani possiamo notare il loro preoccuparsi dei presupposti che danno comprensione ai documenti, così Michele Catalani, Giuseppe Fracassetti, Gaetano e il fratello Raffaele De Minicis, Giuseppe Crocetti, Giovanni Settimi, Giuseppe Michetti, Giuseppe Santarelli e altri.
D’altra parte ci si può domandare se la storiografia che desideriamo veritiera ed oggettiva non venga ridotta ad un enorme groviglio di legittimazioni soggettive connesse tra di loro. E’ da rendersi conto del fatto che nel 1995 sono stati pubblicati i volumi 40, 41, 42 con titolo “Antichità Picene” di Giuseppe Colucci contenenti “Catalogus scripturarum omnium diplomatum aliarumque veterum chartarum quae in archivio (!) veteris civitatis Firmi asservantur a Michele Hubart leodiense Belga concinnatus et a Josepho Nicolao Herionio cronologico ordine digestus” : perché gli storiografi da vent’anni non lo citano? Se fosse per il latino cercheremo chi traduce questo repertorio di documenti Fermani in stragrande maggioranza sconosciuti agli storici.

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