SERVIGLIANO TORNEO CAVALLERESCO CASTEL CLEMENTINO commento poetico di uno scrittore serviglianese edito nell’anno 1985
Desunto da PROSPERI Ottorino, “I Fioretti di Castel Clementino” Fermo 1985 pp. 52-57
Lo scenario fantastico del Torneo cavalleresco rappresenta per Castel Clementino
Il torneo si è ormai imposto nella Marca Fermana e rappresenta il fiore all’occhiello del centro di Servigliano che in quella giornata memorabile, rivive momenti di grande splendore e di grande passione.
Dame e donzelle con i loro abiti di sera dalle tenui tinte color pastello, agili, belle e leggiadre, quasi simili alle figure della “Primavera” del Botticelli sfilano con grazia e grande dignità insieme ai messeri, nel portamento austero, nella persona dignitosi, riccamente paludati, da sembrare personaggi affrescati da Piero della Francesca, mentre i destrieri indomiti, imbrigliati da abili cavalieri, con le lance argentate e con le bardature finemente decorate, richiama le movenze di alcune celebri tele del Tintoretto con i “Due guerrieri colpiti a morte”.
Avanza poi la massa dei figuranti in rappresentanza dei quattro Rioni che si contenderanno il Palio, nel pomeriggio della prima domenica dopo Ferragosto, anch’essi paragonabili alle festose scene dal magico pennello di Paolo Veronese che ha reso memorabili e splendidi i “Palazzi dell’antica Venezia”.
Procedono ancora paggi graziosissimi, armigeri e scudieri, audaci e prestanti, con le vesti damascate, con stendardi e bandiere, segni di Rioni di appartenenza, accarezzati da una bellezza provvidenziale che mitiga la calura dell’agosto rovente il cui sole gagliardo illumina borghi e campagne rendendo luminosa la sagra popolare che, in questi anni ha reso più cosciente la convivenza cittadina sempre più nutrita da una grande ed umana solidarietà.
Alle categorie più elevate per censo e nobiltà, si aggiungono popolani, artigiani, tavernieri paragonabili alle truppe rivoluzionarie della Comune di Parigi, nonché le genti del contado, vestite di saio o di tele poco pregiate che tuttavia ostentano i prodotti di una terra generosa e provvida e gli animali da cortile che ostacolano i loro passi, uomini e donne del volgo che pur modesti e schivi, non disdegnano di convivere con gli altri perché ritengono elemento di unione la dignità dell’uomo sia esso aristocratico, artigiano o di estrazione contadina.
Non mancano i monaci cercatori, delizia e sollazzo del popolo festante che secondo la figurazione dantesca “come frati minori vanno per via” a ricordo delle lunghe teorie dei seguaci di San Francesco che in questi luoghi hanno eretto, nel corso dei secoli, eremi e conventi come quello stupendo di Montefalcone Appennino incastonato in mezzo ad un bosco fitto e rigoglioso, oppure quello di San Liberato che si affaccia sulle ombrose balze dei Monti Sibillini, nei pressi di Sarnano, e che si vuole fondati o certamente visitati dal serafico poverello di Assisi.
E dietro a questa folla in costume, come elementi di unità e di prestigio, procedono il sindaco e gli assessori, i dignitari di oggi, pari nel portamento a quelli delle Corti rinascimentali, autorevoli e provvidi nell’esercizio del loro potere.
È una apoteosi questa le cui celebrazioni iniziano nel corso della settimana che precede la festa con l’apertura di autentiche taverne dove si possono gustare cibi dagli antichi sapori, come la pasta alla carbonara, la trippa profumata, i legumi di ogni tipo, le piadine imbottite, gli arrosti profumatissimi, i salumi deliziosi, accompagnati all’ottimo Falerio e al Rosso Piceno di cui sono generose le nostre campagne e ai famosi vini cotti, prodotti con antica sapienza, dal colore dell’ambra, dal nobilissimo gusto e che si addicono anche alle ricche mense dei principi.
La sera della vigilia, dopo la celebrazione sul sagrato della bella chiesa collegiata, mentre s’ode il rullio di decine di tamburi, presenti in ogni angolo, si forma un corteo che nelle tenebre sciama lungo le vie cittadine, illuminate soltanto dai bagliori di centinaia di fiaccole, per trasferire le insegne della vicina chiesa di Santa Maria del Piano dove verranno temporaneamente custodite.
E la domenica successiva, verso il mezzogiorno, letto il Bando sul sagrato del tempio dedicato all’evangelista San Marco, di cui anche Venezia si adorna, inizia la sfilata dei 700 figuranti, pressati da una folla stipata e gioiosa, che accorre ad ammirare uno spettacolo pieno di suggestioni e di fascino, che nel tardo pomeriggio si conclude con la giostra dell’anello, banco di prova per gli abili cavalieri i quali al tramonto, sulla grande piazza dominata dal palazzo civico e tutelata da un fusto di cannone dalla cui bocca però sboccia il fiore della pace, vengono calorosamente applauditi, al suono delle squillanti chiarine, mentre il vincitore riceve il Palio della vittoria che verrà custodito con onore e letizia dal fortunato Rione i cui sbandieratori, in segno di esultanza, lanciano in alto i loro vessilli che, simili a saette, solcano il cielo per essere poi accolti con autentica perizia. Abbiamo rievocato un avvenimento che offre una sintesi esaltante della fioritura spirituale degli abitanti di Servigliano. <…> La notte infine scende come un sipario sulla fantastica rievocazione storica che trova la sua naturale conclusione in allegri conviti preparati per vinti e vincitori, mentre si espande lungo la valle, l’onda armoniosa del suono distesa del bronzeo campanone, simbolo di questo libero comune, che toccato dalla fortuna, si distingue per tante iniziative culturali e folkloristiche che lo onorano. \Prosperi Ottorino\
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