Maria Eletta Sani lettera cc. 226- 227 Falerone monastero

SANI Suor Maria Eletta cc. 226-227
Falerone 4 dicembre <1752>
A gloria di voi, mio Dio, incomincio a scrivere e, per obbedienza del vostro Ministro. Mi ritrovo con tre spine al cuore che mi pungono e mi danno tormento: una è che mi trovo con la tentazione; la seconda è la cognizione di me stessa; la terza è che mi trovo senza spirito di fervore, dove questi giorni dovrebbero essere di gran fervore, ritrovandomi nel principio del noviziato. Più vivo e più cresce la cognizione di me stessa. Oh, come mai adesso scopro tanti e innumerabili difetti? dove mi apparivano virtù ora vi scopro i difetti. Come sono io vissuta? Forse ero matta e senza cervello che così mi ingannavo. Mi pareva di avere la cognizione di me stessa e di Dio e di avere la fede e la speranza e l’amore. Ora, ben mi avvedo che mi inganno, perché io sono peggio di un turco e un’infedele e una pessima creatura incapace di fede, di speranza e di amore. Temo che in me vi sia restata qualche radice di quei peccati. Non so come (io) fare. Mi trovo lontana dalla mortificazione. E sento nel P. Rodriguez che la mortificazione deve essere unita con l’orazione. Ohimè, come mi trovo! Non so più trovare Dio. Oh, che pena! Oh, che croce, tutta l’ho di me stessa. Temo che il mio sposo Gesù non mi abbia lasciato per le mie infedeltà. Mi viene in mente che accadde più volte che gli sposi e le spose terrene, dopo sposati, gli sposi vedendo che le spose sono brutte e infedeli verso gli sposi, lo sposo se ne va lontano paese e lascia la sposa. Temo che, per la mia infedeltà di difformità, l’amato mio sposo Gesù mi abbia lasciato e si sia allontanato da me sua infedele serva e sposa. Io scrivo per obbedire perché la mia Superiora vuole che scriva a V. R. perché è un lungo tempo che non ricevo più le sue lettere. Desidero per carità qualche risposta.
Sopra la nostra lite, se il Signore ha dato lume all’Angelina, perciò ci avvisa qualche cosa, ché la mia Superiora sta con gran desiderio (del)la sua risposta. Io poi gli scrissi una lettera in cui la data era (il) 18 del mese passato. Non so se l’abbia ricevuta. Temo che V(ostra) R(everenza) stia poco bene, oppure l’assistere alle anime buone che ha trovate costì gli fa scordare le anime scellerate come son io. Ma i santi in questo mondo andavano più dietro ai cattivi, per convertirli, che alle anime buone. Giorni fa subito che facevo la Via Crucis in coro, con tutte le altre religiose, rimirando un Crocifisso, mi sentii un tocco internamente, come se Gesù crocifisso mi avesse parlato, dicendomi queste stesse parole: che per amore mio stava in croce con il costato aperto, tutto grondante di sangue. Mi compunse di tale maniera che mi fece piangere. Temevo perciò che la mia ingratitudine e infedeltà fosse(ro) la cagione del grondare di sangue. Mi trovo in uno stato da far piangere le pietre, perciò dirà a questa Angelina da mia parte, per carità, che mi raccomandi al Signore, che giacché non lo amo mi dia la morte. Dico e desidero la morte; ma, ohimè, che spavento il comparire al tribunale di Dio. L’andare in coro o per dire l’Ufficio divino, oppure per fare la meditazione in comune, per me è un tormento di un tedio che ci sto come il cane alla catena. Io prego per tutti anche per V(ostra) R(everenza) ma non sono esaudita. Per fine richiedo la santa Benedizione.
/Ceralacca; indirizzo di grafia altrui/ Al molto rev.do Padre padrone colen.mo – Il Padre Giacinto Aloisi della Compagnia di Gesù – Perugia per Città San Sepolcro.

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