Maria Eletta Sani lettera c. 155
Viva Gesù e Maria
A gloria di Dio incomincio (a) scrivere e per obbedienza al vostro Ministro. Dopo la Confessione e partita da lei, mi assalirono tentazioni grandi di disonestà e questa notte ho travagliato più del solito. All’alba, prima del giorno, sono andata a visitare la Madonna con smania ed angustia. Ma lì alla porta della chiesa mi sono intesa ravvivare una speranza, che Maria Ss.ma mi solleverà da questo travaglio di miserie con una certezza e speranza viva che in una sua festa resterò libera. Sì come il mio spirito la supplicava per quella visita che lei ebbe di ricevere lo Spirito Santo, in questo stesso tempo il mio spirito si è innalzato, senza sapere come, al mistero della ss.ma Assunzione di Maria in Cielo e mi sentivo an(che) io come piena di gaudio e di giubilo e di rallegrarmi con Maria in Cielo. Ritornato il mio spirito, quasi sbigottito senza accorgermi, ringraziavo e mi rallegravo con la Ss.ma Vergine senza sapere altro. Ben sì mi ha data speranza che forse il giorno dell’Assunta, di Maria Ss.ma, per sua misericordia mi voglia fare la grazia di liberarmi; ma questo è mio solo pensiero. Desidererei però che lei ancora è <=sia> di questo sentimento e se passa (nel) Ministro di Dio, questo Lume mi darà più forte speranza. Già ho fatto la Comunione come il solito penando, ma dopo ritornata in casa ho fatto un po’ di ringraziamento con smanie e dolori negli ossi dei fianchi che solo Dio lo sa. Ho fatto l’esercizio della croce sulle spalle e la corona di spine con quiete e dopo ho ‘invitato’ Gesù alla colonna desiderando di numerare i flagelli e le battiture. Mi sono inteso un desiderio, odio contro questo mio vile corpo e l’ho portata più alla lunga, pensando che il mio Gesù ne ebbe tante senza numero, essendo i miei peccati innumerabili. Mi ha lasciato un desiderio di sempre patire giacché io non so amare Gesù, lo amerò con il patire: o patire o morire; patire e non morire. Mi sento un’accesa brama di arrivare a possedere il mio Dio. Nel ritrovarsi il mio spirito con Dio, nel vederlo sì amabile, sì bello, sì grande, in un certo modo che (at)tira lo spirito in Dio ad amarlo, io in questo spasimo di spirito non so spiegarmi. Ben sì dico: “Mio Dio, questo è un tormento il più acerbo che dirsi possa”. Non posso più spiegarmi perché il mio spirito si perde e quasi se ne ritorna al mio Dio. Richiedo la sua s. Benedizione.
/ Ceralacca ed indirizzo/ Al P. Scaramelli
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