Maria Eletta Sani lettera c. 122
Viva Gesù e Maria
Questa mattina ho fatta la Comunione, ma molto penando: non potevo inghiottire la santa Particola. Tremavo per la gran forza. Essendo solito da che ebbi la grazia con nome di Maria di (al)lontanarsi da me il nemico, la ingoio più (bene), il sig. D. Gaetano mi lasciava per un po’. Questa mattina se lui non mi dava aiuto con mezzo della s(acra) Reliquia della Ss.ma Vergine ché me l’ha accostata alla gola, con questo mi ha fatto inghiottire la santa Particola, altrimenti non potevo. Bensì ha fatto sfogo sopra il mio corpo con tormentarmi per ogni parte che oggi non mi posso muovere. Son tutta attaccata d(a) dolori. Già l’umanità è stracca(=stanca); ma lo spirito sarebbe più contento se potessi penare di più per fare qualche cosa che fosse di gusto di Dio perché a me … pare di far nulla per quello che (E)gli merita. Tutto è poco per Gesù giacché il patire è per l’amato e il penare così mi ha dimostrato il mio Gesù che ci ha amato senza termine e senza fine e perciò lui (ha) voluto dimostrarci l’amore suo con il patire, quanto sia stato grande, con patire pene e sudori e agonia e morte sì penata, ché non vi sarà mai chi potrà patire simili pene. Tutto è stato l’impeto dell’amore suo per noi misere creature. O amore senza termine! Così desidera il mio povero spirito giacché non lo so amare, vorrei almeno patire per amarlo. L’impeto di un rapimento che mi ha preso questa mattina è stato grande e mi ha indebolito tanto la testa che dopo ritornata in me neppure vedevo il lume dall’occhio: mi mancava la vista. E la testa l’ho tanto debole che oggi non posso uscire: non mi regge. Nell’essersi trovato lo spirito tutto in Dio, in quel gran mare e immenso di Divinità, mi faceva intendere la pienezza e la vast(ità) della sua Divinità e Beatitudine ricchissima dove si perdeva il mio spirito. Mi faceva intendere nella sua Divinità col (il solo) vederlo: avevo avanti con la Luce divina, con chiara notizia intendevo come l’essere la sua Divinità tanto limpida e grande che ricolma tutto il Paradiso dei suoi raggi divini. E poi se lui volesse, potrebbe arricchire cento Paradisi e mille mondi arricchirli con la sua Divinità, eppure tanto nell’essere della Divinità in Dio non scemerebbe un minimo della sua Divinità. 0 Divinità da noi non conosciuta? In se stesso sempre riconosce l’Essere divino e beato si come ab eterno è stato in se stesso prima della creazione dagli angeli e del mondo e degli uomini. In se stesso era riconosciuto e in se stesso si amava e riconosceva (l’)Essere suo infinito. Io non so spiegarmi quello che lo spirito intendeva, bensì lei mi intenderà perché lo sapeva anche per dottrina. Intendevo la vastità della sua Beatitudine, come fa beato tutto il Paradiso, arricchisce tutti quei beati spiriti a schiera a schiera di anime, beati e beate, e santi e sante; come la sua divina Presenza spande la beatitudine. E questo lo vedevo tutto in Dio. In Dio medesimo vedevo come tutto il Paradiso arricchito di gaudio di amore e di beatitudine di giubilo, e di limpida chiara luce. O beatitudine, o santità senza fine, o amore senza fine. In che brama si è acceso il mio spirito non so dichiararlo. Mi ha fatto intendere che tra il cristianesimo non vi è la fede e nei cuori degli uomini non v’è l’amore verso Dio; insomma non vi è fede né amore. Così si lamenta Dio delle sue creature ingrate. Quanto s’è acceso questo mio cuore che se mi fosse permesso di andare per le città e piazze e per il mondo tutto, vorrei spandere e far che la fede viva in noi tutti e i cuori tutti amassero il vero amore. O(r ) rivolgendomi verso Dio: ”O mio Gesù, perché non mi date una voce che si senta per tutto il mondo? Ché vorrei in alta voce dire ’O santa fede, dove sei, o fede, o amore, fede, amore dove sei che non ami il vero amato’; o amore da noi non conosciuto e non corrisposto!” Richiedo la sua santa Benedizione. Domattina verrò (in) chiesa (verso) il tardi.
/ Ceralacca e indirizzo\ Al F. Scaramelli
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