Maria Eletta Sani c. 121 Falerone

Maria Eletta Sani lettera c. 121
Viva Gesù
Ieri non ebbi tempo di scrivere, bensì mi disse il sig. P. Gaetano che avessi scritto, benché era tardi: lui venne da me verso il tardi. Ma siccome mi assali più la turbazione non potei in verun conto. Già i soliti assalti non mancano di molestarmi. Ieri notte fui molto molestata sopra l’impurità. Mi aiuto più che posso. Ripresi un po’ di quiete e subito mi portai da quella povera ammalata e lì mi trattenni un po’. Non potevo andare alla Madonna, ma tanto mi forzai. Ci andai con una gran smania. Nel ritorno incominciai l’orazione e voltai lo spolverino. Non potei seguitarla, ma tanto la rifeci e ci riprovai di nuovo. Già dicevo come lei mi ha insegnato: con stento e odio e smania mentre ebbi una certa cognizione di quattro virtù impresse nella mente. Poi mi fulminava nell’anima. Oh Dio! come mi deformava la misera anima mia: l’obbedienza rivoltata a una grande ostinazione a tutto, anche alla disobbedienza ai comandamenti di Dio ed al Confessore, la speranza rivoltata, la disperazione radicata nell’anima, l’amore e la carità rivolta(ta) con un odio e ingratitudine verso Dio, il vizio del piacere impuro radicato: senza fede con una superbia infinita. Appresi che fosse lume di Dio acciò vedessi il misero stato dell’anima mia. Restai sbigottita vedendomi così lontana dalle virtù da me intraprese (ad) esercita(re ). Incominciai a dire esclama(ndo ) verso il mio Gesù : “E come fo io? Mi esercito in tali virtù, se altro non trovo nell’anima nera che vizi?” Mi gettai in un fondo di umiliazione riconoscendomi per tale. Dicevo: “ E’ vero, mio Dio, che tale sono” ma poi mi venne in mente che Gesù mi ha proposto la parabola del Figliol prodigo nel santo Vangelo dicendo che, dopo aver mangiato le ghiande dei porci, eppure lo riabbracciò! Così mi forzai a superare una tale oppressione. Mi credevo che fosse lume di Dio. Mi ha lascia(to) tanto oppressa per tutto il giorno che ieri mi sentivo crepare il petto dalla grande oppressione: credo che fosse cosa di illusione del nemico. Basta, ne riparleremo domani a voce. Il discorso di domenica molto mi ha fatto giovamento e presi fede alle sue parole. Non manca al nemico di molestarmi per cento versi. Mi si fece avanti con umiltà e pietoso, con una maschera in faccia, riprovando(=ripetendo) il modo come io vengo da lei tutta umile e pronta a fare la sua obbedienza: se tale fosse cosa degna di levarmi la vita, a tale finzione, lo scacciai e mi voltai verso la Ss.ma Vergine. Supplicai di aiuto dicendo che nulla credo a lui che è un bugiardo. Oh, quanto disturbo! Fa prova di levar(mi) la fede al Ministro di Dio e di farmi toccare con mano l’essere io una diavolessa in carne. Poi mi supplica e mi mette in un’angustia e mi prega che dica a lei che mi faccia la carità di lasciarmi perché tanto adesso mi posso aiutare, mentre mi dice che abbia carità a lei di non fare che mi assista perché a lei è di gran pregiudizio. Gli converrà di stare nel fuoco all’altra vita se seguita (ad) assistere me: si aggrava l’anima sua, ed altre suggestioni. Mi rivolto verso Dio dicendo: “Nulla ti credo, a te che sei una peste d’inferno; ma voi, mio Dio, non permettete mai che nessuno, per avermi assistito, abbia ad aggravarsi l’anima (sua). Piuttosto io mi legherei di stare in Purgatorio, che questo vostro Ministro! Anzi vorrei che, Dio mio, gli mandasse mille benedizioni per ogni momento che lui si trattiene a sentire me!”. E sempre più mi riconfermo sotto la sua direzione e obbedienza. Questa notte poi mi ha fatto stare con un dolore nei ‘colli’ dei piedi e spasimo da non credere. Non son potuta andare a visitare la Madonna; ma domenica spero forse di stare meglio. Le tirature dei nervi mi seguitano anche presentemente. Le gambe e piedi mi tormentano. Oggi poi mi sono trovata sola a casa essendo usciti tutti. Subito volevo ricorrere a fare un po’ di orazione ed esercitarmi nell’esercizio di portare la croce alle spalle. Finora non posso muovermi. A pena l’ho scritto e come una storpia e tutta ritirata da mezza vita in giù. Credo di non poter far altro. Oggi poi ho ricevuto la sua lettera e sento che domandi perdono di questa mancanza di non avergli scritto ieri, ma oggi tanto scrivevo. Già ho domandato perdono a Dio. Lei avrà la bontà di compatirmi perché non potei scrivere. Per non attediarla di più, mi raccomando alla sua s(anta) orazione e resto domandando la sua s. Benedizione.
Già sento che mi vuol far pagare la pena perché ho scritto a lei le suggestioni e tentazioni che lui mi mette; non vorrebbe che io dicessi che è il nemico, ma sono (certa).
/Ceralacca e indirizzo/ Al P. Scaramelli.

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