Maria Eletta Sani lettera c. 112
Viva Gesù
Ieri lo passai pure quieta di anima, ma il corpo male, in particolare la gamba mi ha fatto una piaga tutta infiammata rossa come un fuoco che chi la vedesse potrebbe negare che non fossi scottata con il fuoco materiale. Il dolore solo Dio lo sa ché ogni volta che devo forzarla per camminare provo dolore acerbo. Questi di casa mi dicono se che ho e mi usano carità più che possono di non farmi alzare. Io però non dico nulla, la passo con disinvoltura. Bensì non son potuta uscire nemmeno a sentir Messa. La farina di san Luigi già l’io messa e (anche) l’immagine della Ss. Vergine. Ma ci vuole pazienza: spero che guarirà. Non manca il nemico di dirmi che io sono una matta e che più matta di me non si trova, per fare l’obbedienza di un frate il quale non mi (dà) sollievo in nulla: “E perché fare tale pazzia, uscire di casa sana e libera e ritornare con la ferita e quasi storpia? Cosi a che ti serve l’obbedire? Pentisciti e non fare più a suo modo. Non vedi quanto ti fa penare più che prima?” e altro che tralascio di dirgli per non tediarla. Ma io rispondo al nemico che dovessi morire, la s. obbedienza la voglio fare. Se resto con il corpo piagato non m’importa, anzi mi consola perché ‘invito’ Gesù piagato il quale era tutta una piaga. Oh, che bella sorte! invitare Gesù, piagato: il suo SS.mo Corpo era innocentissimo: è ben di dovere se il mio corpo è piagato, il quale è un ridotto, di immondizie e laidezze. Cosa più (orrida) di me non si trova sopra la terra. Mi creda che più e più volte mi chiudo la bocca e vado dicendo:”0 mio Dio, temo d’impestare l’aria di peste e di fetore”.
I soliti assalti, non mancano e l’orazione ieri sera non so come la facessi per i grandi dolori che sentivo per ogni parte del corpo. Questa notte poi mi tormentava questa gamba che non trovavo riposo. Questa mattina poi incominciavo la meditazione e mi (ha) assalito un affanno di petto e sbigottimento di testa che non sapevo né che mi dire, né che fare. Di leggere la meditazione non mi riesce di leggere perché perdo il lume dagli occhi. Si pena e non si muore. Ieri ebbi certe cose, non so come fossero. Vidi certe anime le quali si trovano in acerbe pene le quali pareva che la Giustizia divina così, le avesse condannate in quelle atroci pene. Ritornata in me restai sbigottita se come si pena! E a che pena si (arriva) io non so capirlo, resto sbigottita. Altro non fui capace, neanche di aver(ne) compassione e di pregare Dio per chi si trova in tali pene. Poi una sola volta mi è accaduto lo svenimento come a lei dissi. L’afflizione già era arrivata al colmo: un affilamento di spirito che non so spiegarlo. Il motivo che mi ha mosso l’afflizione e stata la cognizione di Gesù Sacramentato. Come è poco venerato e senza fede! Anzi riceve delle offese (innanzi) alla sua reale presenza. Ma io non so capirlo: avendo la fede e poi si perde. Oh, che stoltezza è la miseria umana! Io di questo non posso più scrivere, mentre il disturbo mi agita, non posso più scrivere.
Domando la sua santa Benedizione.
/ Ceralacca e indirizzo\ Al P. Scaramelli
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