Sani Maria Eletta cc. 248- 249 11 maggio 1753
(Viva) Gesù e Maria
A gloria di Voi, mio Dio, scrivo e per obbedienza al vostro Ministro.
1 di maggio: la mattina verso l’aurora mi accadde che stavo, né dormivo, senza pensare a nulla. Non so sia cosa di fantasia o del demonio, oppure di Dio. Mi trovavo come fuori di me. Vedevo Suora Crocifissa Satellico e pareva che mi conducesse per una strada larga e piana. Mi faceva come capire i suoi travagli e quanto aveva patito. A me pareva di dirgli: “E io che farò in questa strada sì bella e larga?” Però mi sentivo un non so che di timore. Intanto vidi come una statua che era circondata intorno di tutti strumenti della Passione: lancia, chiodi, flagelli. E pareva che mi dicesse: “Con questi flagelli ti batterà in ogni miglio di strada che verrai camminando per questa strada”. E intendevo che quei flagelli dovevano essere bagnati di sangue e che per quella strada doveva cadere il mio sangue. Mi pare che così dovessi fare per piacere a Dio. Ritornata in me, mi pareva di essere stata in altro luogo. E mi era restata tanto fissa nella mente quella statua che era circondata da quei strumenti della Passione e dissi: “Mio Dio, che voglia significare questo io non l’intendo, e nemmeno so che voglia significare. Ne sto all’oscuro”.
Perciò lo scrivo a V. R. e mi dica, se Dio gli dà lume, che possa significare per mia regola, acciò possa stare preparata, se è cosa di Dio. Se poi è cosa del demonio, non mi curo di pensarci. Più volte la notte mi sento come occupare il cuore e con quei battimenti mi sento di non poter respirare. Temo di morire affogata. E nel cuore ci sento come scorrere una calura di fuoco. Tra quest(a) paura di morire, subito desidero il confessore, che vorrei confessarmi. Mi sento come un timore di avere necessità di confessione prima di morire e temo di non stare bene di coscienza, perché un’anima quando si trova quieta, non si cura di morire, perché non ha che la inquieti.
Ma io non sono così, benché adesso con l’aiuto di Dio non mi trovo in (occasio)ne di peccare, solo i miei innumerevoli difetti. Con tutto ciò non mi trovo con qual(che) quiete e pace di coscienza, onde ne desidero qualche risposta: se questa sia cosa naturale, oppure che io non mi trovo quieta di coscienza. Mi sento come rimorso di tutto, anche di questo scrivere. E mi pare di tutto di dover rendere conto a (Dio e di) non fare nulla di gusto di Dio, anzi di dispiacere, di offesa di Dio. Insomma il tenore del mio vivere mi dà rimorso tanto del passato quanto del presente, mi inquieta. In questi giorni mi è parso che cresca la cognizione di me stessa.
Mi fa confusione lo stare tra queste religiose, perché la più iniqua sono io. Nel vedere me stessa, mi ci sento un peso sì greve che starei per dire che più volentieri sopporterei di sostenere la macchina del mondo, tutto, (fuor) che il peso di me stessa. Il nostro confessore si è ammalato. E questa mattina si iniziano gli Esercizi dallo straordinario il quale è un Filippino. Quel missionario che doveva venire non è venuto più. Perciò io non mi sentii (i)spirata di aprirmici. Se veniva quello che aveva detto, forse gli avrei detto qualche cosa. Perciò richiesi licenza. Ma (a) questo Filippino non posso dirgli nulla. Mi dispiace che non sto quieta d’animo.
Temo di stare in (il)lusione e di essere abbandonata da Dio perché in questo stato di tenebre, non ci conosco in me miglioramento nella via della perfezione, benché adesso mi corre obbligo di incamminarci. Gli dirò che io sospetto che questa inquietudine che provo in ogni opera e parlare che io fo, temo che sia del demonio, mentre (è) da domenica in qua che mi è venuta.
Si è dato che qui, in questo monastero, vi sono restituiti gli uffizi e due monache anziane il demonio le aveva prese bene, ché una non voleva la compagnia e l’altra voleva restituire l’officio alla Badessa e in modo che si era fissata pareva volesse impazzirsi. Insomma il Confessore non l(e) poté rimuovere. Andai io in ultimo come mi conviene. Mi ordinò che parlassi con queste monache acciò le persuadessi e cercassi di consolarle. Io con molta difficoltà accettai di fare simile cosa, dovendo parlare con chi doveva dare esortazione a me, essendo monache anziane. Affidata nell’obbedienza mi introdussi a parlare, ma non ci riuscì di persuaderla. Ci parlai due volte. Il lunedì mattina mentre facevo orazione mi intesi che io dovessi parlare chiaro e con chiare note che questa era la volontà di Dio e che se non accettavano l’ufficio datogli dalla Badessa, ne sarebbe venuto male per essa. Finito il coro la cercai e con l’aiuto di Dio (riuscì) bene: venne con me
La sua lettera non me la ritrovo più, onde non posso rispondere a ciò che mi richiedeva. Ne ricevei una al sei del corrente (mese) dove mi dice che vorrebbe sapere … quante volte mi è accaduta la purga del fuoco.
A me pare di averlo scritto, con tutto ciò le dico che è stato più volte ed in particolare la notte antecedente l’Assunta
Che io vado cercando Dio con lo spirito, questo è vero: negare non lo posso. Ma a che serve se il desiderio non si unisce con le opere? Anche l’inferno è pieno di desideri. Procuro di fare, con il cuore, atti di amore, atti di preghiera, richiedendo l’amore e la grazia di Dio. Ma le tenebre e la stoltezza mia mi fanno stare confusa e dissipata con lo spirito. Temo molto di me stessa e se dovessi morire non so come morirei. Perciò ho molto bisogno di orazioni acciò Dio dia lume a V. R. acciò possa dirigere l’anima mia sicura nella via di Dio.
La mia professione sarà difficile che la possa abbreviare, come avevo nella mente per molti capi. Il mio desiderio era di farla per la Natività di Maria SS.ma. Giorni fa parlai con il Prete dell’Arcivescovo e mi disse che (era) difficile, mentre lo nega e proibisce il sacro Concilio di Trento. E perciò bisognerà aspettare l’anno (cioè) in principio di ottobre. Il Confessore e la M. Badessa riveriscono V. R. e preghi il Signore per noi. Mi farà grazia di salutarmi la Angelina e se il Signore gli dà lume dello stato dell’anima mia, lo di(ca) con chiarezza, acciò possa emendarmi e che mi dia grazia di poter aiutare queste mie religiose e con salutarmela caramente, che io prego per tutti e per fine richiedo la sua Benedizione.
/Ceralacca e indirizzo/ Al molto Rev.do Padre Sig. padrone col.mo – Il Padre Giacinto Aloisi della Compagnia di Gesù – -Perugia per Città San Sepolcro.
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