Il 18 gennaio per le scosse sismiche, il tormento al cuore è tornato con spavento, allarme, panico, sgomento, tremarella, ribrezzo per il batticuore. Il sindaco di Fermo raccomanda calma e responsabilità come sempre. Il terremoto è una deformazione del suolo terrestre imprevedibile, ma verificabile nelle conseguenze. Un soldato di fronte al suo paese bombardato disse: “E’ il mio cuore il paese più disastrato … Nel mio cuore nessuna croce manca”. Mercoledì 5 gennaio, papa Francesco, lieto e pensoso, nella sala Nervi, accoglieva i pellegrini terremotati, assieme con i loro sindaci e vescovi. Ha detto che la peggiore cosa che si può fare di fronte a tanto dolore, è un sermone. Ha ascoltato questo dolore, insieme ha proclamato la necessità di ricostruire i cuori prima delle case. L’esperienza paurosa del terremoto è drammatica perché rovescia inaspettatamente ogni pretesa di sicurezza della vita. Non muore la speranza nel futuro né la voglia di fare opere con gli altri e per gli altri, con la capacità di sognare e di ricostruire rapporti, piangendo, ma con coraggio, tenacia, pazienza. I disagiati vogliono vivere con gli altri, non emarginati, vogliono maturare capacità operative in uno scambio reciproco che fa crescere il bene comune.
Rimangono le macerie delle abitazioni. La gente è andata via, sparsa per le case trovate in affitto con il contributo statale o in strutture alberghiere della pianura costiera. Sono rimasti alcuni abitanti nei moduli abitativi, in attesa di altre case di legno. Per le proprie case è mancato a lungo l’allaccio dell’acqua e dell’energia, nelle Marche. Sburocratizzare vuol dire meno chiacchiere e meno procedure che rallentano la sistemazione di case e stalle. Papa Francesco, nella visita ad Amatrice, Borbona, Accumoli e Arquata ha privilegiato l’incontro con i bambini e gli anziani quasi a ricucire lo strappo tra le diverse età. I sentimenti di comprensione d di vicinanza danna valore alla vita coinvolta in relazioni umane.
Il vescovio di Ascoli, Giovanni D’Ercole di fronte alle bare delle vittime dichiara: “ Il terremoto può strapparci tutto, eccetto l’umile coraggio della fede”. In tempi di laica indifferenza, non muore la misericordia. La Caritas cerca in ogni modo di far vincere lo spirito di solidarietà contro il senso di solitudine. Tra Marche, Abruzzo, Lazio e Umbria sono pressoché 5000 gli sfollati. Il Governo ha detto che i soldi ci sono. La sistemazione autonoma in abitazioni di altri comuni trova sostegno con € 200 per ciascuna persona fino a euro 600 per nucleo familiare, quando la propria abitazione inagibile è sgomberata, inoltre le persone disabili ultrasessantacinquenni in un nucleo familiare ottengono altri € 200 di contributo. Vengono rimborsati i liberi professionisti che svolgono le verifiche geologiche e tecniche in collaborazione con il Comune. La zona rossa delle vittime del terremoto nell’Italia centrale riguarda ufficialmente 131 comuni schedati in un apposito decreto, in cui i comuni marchigiani elencati sono 86. Occorre che i comuni costruiscano proprie strutture. Anche la prevenzione per mezzo di esperti geologi serve a verificare se le fondazioni delle costruzioni sono aderenti o no al terreno, altrimenti gli effetti sismici devastano.
E’ stata seriamente compromessa la produttività delle aziende montane, insieme con le strutture turistiche, agricole e di allevatori, in una situazione insostenibile. Da fuori regione molti dicono di voler aiutare i marchigiani e alcuni lo fanno pubblicando le foto di opere d’arte e urbane con una pubblicità che non facilita le visite in luoghi pieni di detriti. Alcuni gruppi presentano i precedenti filmati turistici ed enogastronomici proprio dei luoghi disastrati, con manager che cercano soldi dalla regione Marche, fanno pranzi di beneficenza e sollecitano offerte in denaro. Altri reclamizzano prodotti enogastronomici “amici” che non provengono più dai questi luoghi.
L’azione di sostegno alla gente terremotata da parte del volontariato Caritas ha manifestato l’impegno di accompagnamento che riesce a far superare lo sconforto delle paure sofferte nelle scosse e ha caldeggiato la voglia di far rinascere la speranza. Una necessità primaria è la salvaguardia del tessuto comunitario perché è questo che può dare energia ad un futuro ricco di speranze. Quando si sgretolano le relazioni e quando scompaiono i punti di riferimento, scompare anche il senso di comunità. La vicinanza con i terremotati sta facendo maturare nuove relazioni di reciprocità, di prossimità, di pace – come dice il direttore della Caritas italiana D. Francesco Soddu. Certamente l’amicizia si fonda sull’idea di vivere insieme, sull’aiutarsi con fiducia reciproca. Un’ulteriore fiducia è profetizzata dal priore di Barbiana, don Lorenzo Milani: “Il mondo lo raddrizzeranno i poveri”.
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