2003-2004
Sani Suor Mari Eletta cc. 203.204
Viva Gesù, e Maria.
A gloria di voi, mio Dio, incomincio a scrivere e per obbedienza del vostro Ministro. Di continuo le lettere le avrei inviate a V. R. se non mi diceva che qualche volta avessi fatto così: ora alla contessa e altre volte a lei. Di onesto potrà stare quieta, che oramai lo farò. Desidero per atto di carità che voglia dirmi con più sincerità la cosa in cui gli è stato detto che il santo Officio possa fare (per) caso, contro di lei e contro di me: vorrei capire perché contro di lei. Non è stata cosa visibile come era al tempo del P. Scaramelli, onde mi dica qualche cosa perché se viene contro di me, non mi dà fastidio, ma contro la sua persona, mi darebbe più pena, se dovesse passare disgusto. Per conto mio il mio desiderio è che lei mi facesse la carità di gettare al fuoco tutti i miei scritti. Questo mi dà pena, ché non vorrei si ritrovassero; tanto più che V. R. deve partire di costì. Mi creda che se il seguitare a dirigermi gli dovesse causare qualche pena, pure ne resterei priva. Mi faccia la carità di avvisarmi e di dirmi il (tenore ) in cui devo contenermi, se mai dovessi essere esaminata, tanto più che prima di vestirmi, vuole sentirmi Mons. Vicario di Fermo. Più desidero di- starmene nascosta e peggio si ciarla di Me. Prego il Signore che voglia far scordare a tutti di me, acciò non abbia a discorrere più nessuno dei miei mali andamenti, perché temo di non avere dato scandalo e motivo di ammirazione. Iddio mi vuole dare questa mortificazione che dappertutto si abbia a ciarlare di me perché anche qua si ciarla di me. Io non so che sia, mia so che vi (sono) state persone di Macerata le quali hanno scritto al nostro Confessore e gli dicevano varie cose di me e che P. Eusebio doveva fare prova del mio spirito. Io però non so che voglia dire la pena dello spirito perché non so, né sogno(?) niente, onde veda che da tutte le parti il Signore mi vuole dare mortificazione e mi creda che se vi fosse una grotta per nascondermi, ci vorrei andare. Io non scrivo a nessuno di costì, solo alla contessa e lei mi aveva fatto il voto di non parlare di me. Vero è che io avrò scritto qualche angustia, ma non credo che essa mi vada ciarlando. Sentii che Maria Elena Baldinucci si lamenta di me perché non gli scrivo! Io però gli volevo scrivere se V. R. mi dà licenza e volevo disingannarla perché (v’è chi) dice che io non mi voglio fare monaca; onde se vuole che gli scriva, mi dia licenza. Se lei si contenta, io con bella maniera vorrei dire alla mia Maestra di domandare a suo padre se per qual fine Monsignor Vescovo mi vuole fare stare sei mesi prima della vestizione, essendo cancelliere di Mons. Arcivescovo. So che il detto vescovo non fa e non dice se tutto non si confida con il padre della mia Maestra, (sentirlo sempre). E’ facile che lui ne possa sapere qualche cosa, senza che io mi spiego di far domandare; se vuole che io lo facci(a), lo farò. Mi dica il suo sentimento. L’altro giorno la mia Badessa parlò con un P. Francescano (che) è Vicario del santo Officio perché qua non vi- sono i Domenicani …(ci sono(?) Francescani …/ . foro . /…. che il P. Eusebio aveva detto, che era entrata un’educanda di lì Macerata e che aveva le estasi. La mia Badessa rispose: “Noi non ci siamo mai accorte di nulla.” Per prudenza disse: “La giovane si accomoda a tutte le regole della religione ma, per altro, noi non abbiamo veduto nulla.” Questo glielo dico, che bella mortificazione mi dà l’aver fatto sapere le cose dell’anima mia a P. Eusebio dove (=quando) son cose (di cui) io sto lontana e provo rossore al sentirle dire. Oh! veda se che provai. Per altro, non che le monache non mi stiano ad osservare ogni respiro. Veda che per me è una croce. Siccome dopo la Comunione mi trattenevo in coro dopo finita la Messa e già si dice che pare che stia come fuori dai sensi in profondo sonno. La mia Maestra mi ha avvisata che mi ritiri in camera per non esser veduta: così f(accio)). Circa (poi) all’inquietudine e all’afflizione, sto al solito, ma (con) più rassegnazione la porto imitando Gesù al (Calv)ario ora che prende la Croce, sì come io prendo la croce della Religione, per le fiere tentazioni contro la Religione, così mi aiuto. Provo una contrarietà che, per forza, io vado a dire l’uffizio in coro, mi serve di un tormento di non poter sentire le monache e io perdo la voce: mi viene agonia di morte. Il pensare di dover portare l’abito di monaca, mi pare di dover portare una veste di fuoco, con un odio grande: chi vorrà essere a portarlo indosso non lo posso vedere. Io però dico con Il mio Gesù: “A voi fu posta la veste bianca!” con qual pena dovevo portare alla sua immensa Bontà. Altre volte io considero nell’immersa Divinità abbassarsi a vestirsi di umana spoglia, umiliato per insegnare a me l’esercizio delle virtù. Ohimè, come mi sono mutata! Dove vanno a finire i miei accesi desideri che spasimavo della vita religiosa e ora che il Signore mi ha rinchiuso tra le sue spose, dove a ha giardino per rinchiudere i suoi fiori, che a sé le vuole tirare? Ora che io mi trovo in questo sacro luogo, riconoscendomi indegna, ma il mio rammarico e tormento <è> perché non f(acci)o nulla per corrispondere a tanto amore e a tanti bene(fici) …/ . foro . /.Tremo perché non corrispondo all’amore di Dio e alle grazie. Circa poi alla cognizione di me stessa, va come al solito. Solo la mattina, dopo la Comunione, mi trovai con lo spirito in due abissi di cognizione: uno di Dio e l’altro che io ero stata all’eterno Iddio. Di questo non posso parlare che subito mi sento andar via la testa: pare che mi rammenti e voglia(no) andarsene via le potenze. Il dolore del cuore è cresciuto a quel segno, la notte più che il giorno. Mi dispiace che il P. Procuratore stia male. Però lei mi faccia la carità di raccomandarmi al Signore, che io lo f(acci)o per lei. Richiedo la sua santa Benedizione.
\ Ceralacca ed indirizzo/ Al molto rev.do Padre pat. Colen.mo Il P. Giacinto Aloisi della Compagnia di. Gesù
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