SANI Suor Maria Eletta cc. 193-194 esperienze spirituali al Confessore monastero Falerone FM

SUOR MARIA ELETTA SANI Lettera cc. 193-194
A gloria di voi, mio Dio, scrivo e per obbedienza del vostro Ministro.
La notte del 3 del corrente mese prima delle (ore) sei, mi incominciò una pena, non potendo stare a letto, stetti un po’ inginocchioni e un po’ a sedere con dolori e giramenti di testa. Un pezzo godevo con Dio con il penare e di continuo amavo quel Bene che in lontananza vedevo. Seguitai fino alle sette ore. Dopo caddi in terra e mi sentii la mia maestra la quale dorme nella medesima camera. Due volte si alzò e mi venne a vedere che (pene avessi?). Mi vide che io penavo. Ritornai in me e offrivo le pene. E mi sentivo un accendimento di fuoco interno cagionatomi da una di quelle faville di fuoco. Mi sentivo ardere le viscere con l’arsura. Mi ricordai che il mio Gesù patì la sete per me. Tirai avanti e dopo un pezzo, ebbi qualche assalto del demonio, con mille tentazioni e angustie. Io non intendo (cosa) voglia dire, ché ora mi trovo in calma con Dio, e ora in tempesta di fiere tentazioni di ogni sorte, in particolare contro la Religione una somma afflizione e tristezza di anima. Molte volte temo che le cose le quali credo siano di Dio, ho paura che non siano del demonio o mia fantasia. Dico tra me stessa: ” Due cose unite assieme, credo non possano unirsi cose di Dio e poi del demonio!” Uno stato che mi fa tremare molto; ma più mi fa tremare quando sarò al capezzale, in quello spaventoso passo che ha fatto tremare i più santi che vi siano. Ohimè! che farò io? Più volte mi sento che il nemico vorrebbe accostarsi con tentazioni immodeste, ma io subito ricorro alla mia mamma, Maria Ss.ma, come ricorrono i bambini alle loro madri. E da lei mi trovo difesa. Altre tentazioni … così le credo: che io volevo tanto bene alla SS.ma Vergine e prima la visitavo, come V(ostra) R(everenza) sa; adesso non f(accio) più quelle visite di (peni)tenza; e che facevo più bene al secolo di consolare … gli infermi e sollevavo molti afflitti. A chiunque io parlavo, ne vedevo che restava sollevato. E questo come grazia di Dio che mi concedeva aiuto, siccome a lui ricorrevo. Conoscevo che se Dio non mi dava lume e grazia non avrei saputo che mi dire. Ora è tanta l’angustia, vedendomi in una vita non come la desideravo da penitente. Ma qui è di una somma comodità e che io l’ho fatto forse per fuggire la croce di entrare alla Religione, benché non mi pareva. Ma l’amor proprio mi ha ingannato … perciò adesso non mi ci trovo contenta e … sempre vivrò afflitta. Insomma io mi agito più che posso di reggere alle tentazioni … quando farò la volontà del mio Dio, sarò contenta se mi troverò afflitta. Ne son contenta: chi ha offeso Dio dovrebbe sempre piangere. Dal Confessore non ci trovo sollievo. Ci vado se lui mi richiede, se no io non ci andrei mai. Ma questo non mi dà fastidio perché ce lo contavo che dal Confessore non sarei stata soddisfatta. Mi creda che questo è il meno.
Martedì 4 del corrente mese (=luglio), non so se era alla metà di mezza mattina, feci la Comunione. Mi sentii ristorare l’anima e, stringendomi Gesù nel cuore, mi sentii come piccare da una spina nel cuore verso la cima del cuore con un dolore materiale; ma ne godeva lo spirito tenendomi risvegliata l’anima da una fede viva, come è che mi sentivo Gesù in petto, tenendolo stretto nel cuore più al vivo che se lo avessi tenuto fra le braccia. Dopo di essermi trattenuta con Gesù Sacramentato, feci una preghiera per tutte quelle creature le quali si raccomandano alle mie deboli orazioni. Mi venne un lume che la sua obbedienza mi comandava di pregare per V(ostra) R(everenza), io feci la preghiera. Ma prima che io facessi la preghiera, subito mi intesi … come Dio mi facesse dire a lei: ” Digli che mi am(i). Digli che mi am(i).” E intendevo in Dio che lei stava facendo orazione, ma senza fervore con tiepidezza e con timore. E Iddio pareva che si lamentasse del suo naturale troppo legato; ma che dovrebbe con un animo fervoroso amarlo perché Iddio molto la ama. Io però vorrei che dovrebbe con un animo fervoroso, amarlo perché Iddio molto la ama. Io però avrei (=vorrei) che con la stessa maniera che lo capivo io, glielo facesse sentire a lei medesimo. Allora credo (che) si staccherebbe ogni più attaccato e duro cuore a sentirsi dire e richiedere da Dio che mi ama: ama che ami. Perciò si faccia animo e sciolga il suo spirito e si dia ad un infuocato … amore: (a)l che ne prego il Signore che l’accenda di amore di Dio. … Rendo grazie della nuova e saluto del P. Puncelli … mi è piaciuto nel sentire che abbia memoria di una peccatrice. E ne ho da fare uno a lei: il p. Santoni la riverisce e lui sta poco bene, privo di denti, stenta di mangiare. Siccome dopo che io entrai, gli diedi nuova del mio ingresso al monastero da me tanto bramato e lui mi scrive che ne ha provata una somma consolazione. Da se stesso mi dice che avrebbe sommo piacere che lei seguitasse a farmi la carità di dirigermi con premura fino alla mia professione. Io non gli motivavo nulla su questo affare, perciò desidera di sapere e avrebbe piacere che lei non andasse lontano da questi nostri contorni. E (in) un’altra occasione che io gli scriverò, come lui mi richiede, gli darò questa nuova (di) dove V(ostra) R(everenza) sarà impiegato.
Ritrovandomi già di aver scritto queste foglio per non fare altre lettere, gli invio la medesima … Ho ricevuto la sua e mi trovavo con afflizione e nel sentir la sua, mi ha fatto dare pianto. Confesso la mia debolezza. Al che gli domando perdono dello scandalo che gli ho dato. Veramente non so come scrivessi perché stavo molto agitata e perciò non credo che io… che lei non vuole venire dal bel principio. Io dicevo che mi figuravo che non potesse venire a darmi gli Esercizi. Fui contenta a scriverl(e), benché io pensavo che, per i suoi affari, non fosse riuscito. Per me sarebbe stato di consolazione. Ben mi avvedo che Iddio adesso mi vuole … solo alla perfezione in tutto, e in cose minute. Ne sia mille volte benedetto e ne son sommamente contenta in tutto. Circa la signora contessa, lo feci ancora perché lei mi aveva scritto una lettera degna di compatirla e compita. Le monache mi dissero che la facessi venire presto. Circa il dover uscire, qua si usa che la giovane quando vuole vestire esce dalla porta della clausura e va in chiesa a fare la funzione e poi ritorna alla medesima porta e si va a vestire con gli abiti di Religione. Siccome subito che io entrai, dissi questo: “Se si potesse ottenere, di non uscire”, per non ricevere questa mortificazione che a me arreca, perciò mi dic(a) V(ostra) R(everenza) come posso contenermi. Io lo vorrei richiedere a mons. Arcivescovo.
Circa poi di quel giorno dei morti, mi ricordo bene che io mi trovai qui, prima in chiesa e poi alla porta della clausura. La vidi aprire dalla mia badessa, mi prese per la mano e mi portò in coro per (salutare) il SS.mo e vidi il coro come è tale. E avanti al SS.mo (vidi) due cappuccini: uno che stava a mano dritta, stava sollevato dalla terra più di un braccio; l’altro inginocchioni in terra. (A) quello che stava a mano dritta io dissi:” Siete voi, mio san Francesco che mi avete fatto la grazia di avermi portata alla santa Religione”. Poi richiesi alla Madre Badessa che mi facesse uscire dal coro per non dare ammirazione alle religiose che vi stavano, perché io mi sentivo morire dalla gran pena, parte dalla contentezza e parte non so che fosse. So bene che io mi sentivo svenire e morire. Tra questa pena e tra il contento mi ritrovai a casa. E dissi : “Ohimè ! mi credevo già di essere alla Religione, e al monastero” non sapendo come fosse stato; perciò dicevo che fosse un delirio. Ma sempre l’ebbi fisso in mente.
Circa poi che lei non può venire, ci confermeremo nel divino volere, ne resto capace. Del venire della contessa: verrà quando il Signore vorrà. Ben mi avvedo adesso Iddio mi vuole cento volte più penata di quando stavo al secolo, mille angustie e afflizioni e tra tentazioni e priva di ogni sollievo. Ne benedico la sua Ss.ma Volontà. Per carità mi raccomandi al Signore, che io lo fo per lei. Richiedo la sua santa benedizione.
Falerone 7 luglio – in San Pietro <=monastero>
/Ceralacca e indirizzo/ Al molto rev.do Padre e padrone colend.mo – Il P. Giacinto Aloisi della Compagnia di Gesù – Macerata
/Sintesi altrui/ -Educanda – Vari assalti del demonio e vari favori di Dio. Suoi timori di inganno. Le pare di essere meglio riuscita nel secolo. Comunione, estasi. Vede il suo Direttore in orazione. Racconta di nuovo la visione avuta del Monastero. Dispiacere di non avere da Esso gli Esercizi.

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