LE PIAGHE DEL FIGLIO IRRESPONSABILE SONO I SUOI CASTIGHI
Milioni di persone sono state coinvolte nell’anno giubilare della Misericordia, per interesse spontaneo, nella fiducia della liberazione dal male. Israele, con il salmista, prega: “ Pietà di me, o Dio, nel tuo amore […] Distogli lo sguardo dai miei peccati, cancella tutte le mie colpe [ … ] un cuore affranto e umiliato Tu non disprezzi.” Dalla Bibbia sappiamo che l’uomo, per castigo del peccato, era decaduto dal paradiso della libertà verso una più dura realtà materiala. Il suo anelito è conquistare la libera condizione, tornando a Dio. Il fedele che si riconosce peccatore con contrizione, chiede misericordia. Il battesimo è dato per la remissione dei peccati. Il credente che si riconosce bisognoso di essere riconciliato con Dio, con il prossimo, con se stesso, è pentito dei propri errori e riconosce Colui che è all’origine della propria vita. Così rimedia alla rottura dei rapporti con Lui. Al contrario avviene che, nei giudizi odierni, gli uomini non vengono riconosciuti peccatori. La Parola divina aiuta a capire l’insondabile sentire del cuore umano.
Quando mi volessi allontanare dal male soltanto per il timore servile dei castighi, manifesterei un animo di schiavo. E quando mi attendessi Grazia e perdono soltanto come beni di mia ricompensa che mi attrae e soddisfa, sarei un mercenario che aspetta il guadagno. Quando obbedisco alla volontà divina amorevole per onorarla, e ravvivarle la fiducia, avrei l’animo nella disposizione filiale.
L’attesa del dono divino è sollecitata dal timore di offendere la divina volontà e nello stesso tempo è una spinta verso la speranza. Quando il Creatore mi chiama nella coscienza ed io non riesco a corrispondere alla sua benevolenza con le mie semplici forze, da lui attendo la capacità di poterci riuscire e gliela chiedo. Altrimenti il danno che procuro è il mio castigo.
Chi facesse l’inventario dei limiti personali si crea ansia. Quando vado a confessarmi, trovo il sacerdote che infonde fiducia in Dio. Per l’assoluzione prego con l’Atto di dolore dicendo che io, peccando, “ho meritato i castighi” suoi. Questa frase mi è stata contestata da un amico, dicendo che Dio non infliggerà in terra alcun castigo e quel dire castighi divini va evitato perché non si debbono mettere gli animi nel timore e nell’ansia. La conversione non gradisce la paura delle pene, conta soltanto sull’impegno per una vita rinnovata. Nel Rito della Penitenza del 1974 sono scritte altre otto preghiere che sostituiscono questo “Atto di dolore” con la frase citata. Nel Vangelo, Gesù spiega il perdono con la parabola di un figlio prodigo che, partito da casa, aveva perso la sua dignità. Il suo castigo è quello di vedersi costretto a vivere come i maiali, a motivo dalla fuga dal padre. Il giovane soffre di questo suo peccato, ma il padre che vuole perdonare, attende che il figlio si converta dalla sua mala situazione e ritorni alla sua casa. Ecco allora che gli celebra la festa con lusso di vesti e di banchetto. Così il ritorno al Padre è goduto con infinita misericordia e gioia. Quali sono i castighi al colpevole? Dove sono le pene da infliggere? Al suo ritorno, il figlio spendaccione della parabola è accolto con gioia.
Con il cieco di Gerico, il figlio di Timeo, che confida nel salvatore, viene spontaneo pregare: “Abbia pietà di me, peccatore”. E dopo ricevuta la grazia che risana, ognuno vorrebbe mostrarsi riconoscente dell’aiuto e del perdono, e non vorrebbe offendere l’amore di chi ci salva. Questa capacità di gratitudine non è facilmente praticabile, anzi occorre l’aiuto dello Spirito divino persino per ringraziare la misericordia divina. Il dono della pace nell’abbraccio misericordioso mantiene accesa la fiducia costante del cristiano che in ogni momento in cui uno si senta peccatore possa ancora implorare il perdono divino in un incontro amorevole che lo faccia rinnovare con la guarigione interiore.
Torna la riflessione su quali siano i castighi divini, nella vita terrena. Castigare o condonare e dimenticare? Secondo la preghiera del Maestro, diciamo al Padre: “Rimetti a noi i nostri debiti, come noi li rimettiamo ai nostri debitori”. Le colpe e le pene vengono pagate e vengono dimenticate ad opera del sangue del Cristo, insieme con i talenti di grazia e di natura che ogni persona riceve e con tutto ciò che siamo e possediamo, a patto, tuttavia, che vogliamo dimenticare le offese che le altre persone avessero fatte a noi. Per essere perdonati perdoniamo e cancelliamo le pene meritate. L’apostolo Paolo scrive ai Corinzi: “ Vi supplichiamo in nome di Cristo: lasciatevi riconciliare con Dio.”
Conversazione e riconciliazione sono i doni che il credente chiede e attende dallo Spirito divino. Di fronte a Colui che è tre volte santo e misericordioso, egli riconosce il suo peccare e confida nell’amore rigeneratore della divina misericordia. Il Vangelo dichiara che se qualcuno bestemmia contro lo Spirito non gli sarà perdonato, né in questo secolo, né in quello futuro (Mt 12,31). Così si comprende che ci sono colpe che saranno perdonate nel tempo sulla terra ed anche nel tempo dopo la morte. Il Messia, che ha dato la sua vita per liberare l’uomo dal peccato, concede la misericordia e la Grazia e concede ai vivi ed ai defunti la remissione di tutte le colpe e pene insieme con la vita eterna. Per questo motivo si pratica la preghiera di suffragio a vantaggio dei defunti, in particolare nel mese di novembre.
Debbo riconoscere che il Signore non mi lascia cadere in occasione della tentazione. Egli permette la tentazione, soltanto per il mio bene. Egli permette la mia debolezza per vincerla; dona la fortezza divina per la mia vittoria, perché Egli non nega la sua grazia quando faccio il necessario da parte mia.
L’ascolto della Parola divina spinge la persona verso il rinnovamento della propria vita. La conversione rischiara, illumina lo spirito umano e lo rende conforme al Cristo. Il penitente si sente mosso al pentimento dalla certezza di poter risorgere a vita nuova, in modo che l’umanità peccatrice rimasta ferita, viene sanata dalle sue colpe con il perdono.
Nel cristianesimo è diritto umano l’incontro tra il confessore ed il penitente perché così incontra il Cristo, crocifisso e risuscitato, che perdona e dona il nuovo stile di vita. Il confessore dice: “ Il Signore ha perdonato i tuoi peccati. Va in pace!”. La gratitudine sgorga nel cuore del penitente. E’ Gesù Cristo la mano tesa ai peccatori, la Parola che ci salva, la via che ci guida alla pace, dopo che, addolorati per esserci allontanati, con il peccato, dalla sua grazia, abbiamo chiesto di ricondurci al suo amore, affinché anche noi ci doniamo ai fratelli, come segno di unità e strumento di pace.
Il sacerdote nella Penitenza è maestro, giudice, padre, medico, è testimone della divina Misericordia nell’assolvere dai castighi dei peccati, essendo ministro del corpo mistico della Chiesa per l’intera comunità. La promessa divina: “ Darò loro un cuore nuovo, uno spirito nuovo metterò dentro di loro. Toglierò dal loro petto il cuore di pietra e darò loro un cuore di carne” (Ez 11,19-20) riguarda la conversione del penitente a cui sono le rimesse le colpe nell’opera del Cristo immolato e risorto che fa sempre risorgere il penitente.
NON BASTA CANCELLARE LA PAROLA CASTIGO DALLE PREGHIERE SENZA SEGUIRE IL DIVINO AMORE.
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