LA CASA IN CONTRADA BASCIONE OVE ABITAVO FANCIULLO
Colle in cui abitavo un tempo,
nostalgico il mio cuor di rivederti,
ripenso, guardo e osservo in ogni luogo,
ma ohimè, che pena, che dolor io sento!
Veder la casa abbandonata e sola,
le soglie erbose, il selciato coperto di rovi;
le ortiche hanno preso il posto delle rose.
Or tutto è desolato, tutto incolto!
Odo il lamento della madre terra
che accorata rimprovera i suoi
figli di oggi; rimpiange gli avi,
il grano bello biondeggiante al sole
il granoturco nell’aia, i buoi, le pecore,
lo svolazzar dei polli nel cortile:
sono i ricordi della fanciullezza.
Amata terra, attendi, sperando
qualcun che ti riporti a nuova vita.
Se i miei settantadue anni fosser venti
in questo colle ritornerei a rivoltar le zolle
a ridarti l’antica giovinezza,
per rigodermi ancor il venticello
e, da sopra il monte, i bei tramonti estivi!
++++
LA CHIESA DI PIANE DI FALERONE
Nobile, maestosa
sopra l’altre case,
con la facciata che dà sulla strada:
ben attira l’occhio del passante,
la bellezza angelica, divina
della chiesa parrocchiale
ove si possono osservare
vetrate artistiche moderne,
riscaldamento, altoparlante.
La casa del Signore, quanto è bella!
Qui si ravviva la fede del credente,
del peccator pentito e penitente
cui il Signor cancella ogni peccato.
Dentro al cuore, quando si prega
si sente una gioia
che esprimer non si può:
il pensier s’innalza verso il cielo
e la luce riflette dall’alto.
Un altro luogo più splendido ancora
di riflesso vedi
con gli occhi della fede.
Benedici Signor il nostro curato
che tanto zelo ha per la Tua casa:
è ricco di sapere e di bontà.
Fa che seguiam la via
che lui ci addita.
Premialo ancor di bene e lunga vita
perché dall’opera sua,
così feconda,
nessuna pecorella sia smarrita!
Qui si conforta chi soffre un dolore,
chi l’ingiustizia umana or rattrista.
Chi dal retto sentiero si è smarrito
ritrova la via
che al ciel conduce.
In questa chiesa
mi piace pregare,
mi par più accetta a Dio la preghiera.
E quando l’anima dal corpo
si dischiude,
per l’ultima volta,
qui mi porteranno
col bagaglio di colpe:
allor, Signore,
infinitamente buono,
sii indulgente con me con il perdono
e fammi degno
di salire in cielo!
POESIA PER PIANE DI FALERONE
A duemila anni dalla nascita
Sono duemila anni che nascesti, o Piane;
Falerio Picenus fu il tuo antico nome.
Nascesti al centro, tra mare e montagne,
tra i pittoreschi monti e il fiume Tenna:
tra il bello artificiale e naturale.
T’amo e t’ammiro, mia piccola patria,
e sento per te piacevole attrattiva.
Quando all’ombra seduto
spingo lo sguardo intorno,
gusto una panoramica bellezza,
un non so che di dolcezza
e di poesia che mi rallegra,
ma non lo so spiegare.
Sei bella Piane, bella in ogni tempo!
O che annunci il giorno l’aurora mattutina
col venticello che vien giù dai monti;
o nelle notti estive al ciel sereno
col canto degli uccelli;
o che il sol si nasconda dietro i monti
e gli ultimi raggi a noi danno l’addio:
allor splendono le luci lungo i bei viali,
ornati da giardinetti e da palazzi,
da aiuole fiorite e cipresseti.
Amo i tuoi declivi, e i tuoi vigneti
Le piante ed i pregiati ulivi,
i tuoi abitanti ricchi di iniziative,
i tuoi giovani che amore nutrono
allo studio e al lavoro
e le persone che si adoperano
perché tu sempre più grande sia,
come lo fosti un tempo, Falerio Picenus!
SERVIGLIANO ANTICO
Attento sto guardando un monticello
dove era un tempo Servigliano antico!
E’ proprio pittoresco e tanto bello,
circondato di verde e di arboscelli.
Il primo raggio del sol qui si rispecchia
e l’ultimo al tramontar dà il suo saluto!
E’ bello qui guardar da tutti i lati …
È luogo panoramico davvero!
Qui l’amico Rinaldi le sue ottave
con la sua bella voce fa echeggiare,
qui di poeti è una canora schiera
che più belli ancor fan questi luoghi
e li descrivon con tanta maestria
ed io ne rimango meravigliato.
Perché la natura non mi ha fornito
di tanta intelligenza e bravura
per cantar le bellezze del sito
e poter descriver la storia vera
di un antico e rustico paesello?
VERSO IL TRAMONTO
Ormai mi avvio verso il tramonto
come foglia ingiallita esposta al vento
nel denudato autunno,
appesa ancora al ramo della vita
ed il primo venticel la spinge a terra.
Indietreggiando il pensier nel mio passato
mi rivedo allo specchio.
Or non sono quel giovanetto di un tempo
vestito di tessuto al telaio,
me ne vestivo nel dì di festa.
Giorni sereni, pieni di vita spensierata:
veglie serali ed amorosi incontri.
Il mondo è bello ancor come allora:
sempre torna a rifiorire la primavera,
e torna maggio con l’odor dei fieni,
col festeggiar degli uccelletti in coro,
nei boschi profumati e campi verdi.
Lungo le strade, nelle città e paesi
passeggiano ancora le coppie innamorate.
Il sole riscalda nei meriggi estivi,
l’alba e i tramonti sono come allora,
nell’ordine natural nulla è cambiato.
. . .
A che ha giovato affaticarmi tanto?
A che tanto sgomento? Cosa val la mia vita?
Cosa sono io al paragon di Dio, all’infinito,
al creato, all’immenso mondo?
Un briciolin di sabbia in riva al mare,
un moscerin invisibile.
Io sono creatura e nell’eterno
alfin sarà mia sorte,
non per mio vanto,
né per doti naturali
onde lenir le sofferenze altrui.
Nel silenzio dei campi ho lavorato,
dimenticato nel più semplice lavoro!
Gli uccelli mi cantavan le canzoni.
Bei versi recitava l’usignolo
e serenate mi facean le rane.
Così mia vita in un balen vissuta
or che il mio partir più si avvicina
ripenso, ricordo e chiedo venia
delle mie mancanze e che mi accolga
Dio lassù nel cielo!
O DIO, TI VEDO
O Dio, Ti vedo nei limpidi mattini d’estate,
ogni volta che sorge l’aurora,
e quando il sole splende nel cielo.
Ti vedo quando i miei occhi guardano lontano
tra i campi verdi,
o al di sopra dei monti, al di sopra delle nubi.
Ti vedo quando gli alberi fioriti,
col venticello primaverile,
gettano via i petali profumati
e gli uccelletti festeggiano tra le novelle foglie.
Ti vedo nelle brezze mattutine d’autunno,
quando le foglie ingiallite si staccano dal ramo
e danzano a terra col vento,
Ti vedo nelle immense pianure
di messi ondulate dal vento,
nell’umile fiorellino sperduto nei boschi,
nell’acqua che scorre limpida
lungo i fossati profumati di viole;
nella pioggia che cade;
nel bianco lenzuolo di nevi;
nelle brine notturne che spazzano via
le lordure del nostro pianeta.
Ti vedo e Ti prego
per tutta l’umanità sofferente,
per gli scienziati e per gli uomini
che detengono le sorti del mondo:
i talenti che ad essi hai donato
siano spesi per il bene comune
e siano promotori di pace
e di benessere per tutti i popoli.
Ancora Ti prego
per tutti quelli che lavorano:
gli operai delle industrie,
le giovani donne dei calzaturifici,
gli agricoltori e gli artigiani,
gli insegnanti, gli educatori
ed i religiosi.
Per tutti ed in tutti i luoghi
penetri il raggio della tua luce
vivificatrice
e i loro occhi, nel proprio cammino,
vedano solo bellezza.
O DIO, TI PREGO!
Quando vedo i bei prati
di verde tappezzati,
la violetta nata nei fossati
e ogni albero che emana grato odore,
odo il fischiettar del merlo
lungo le siepi, o tra le novelle foglie,
il gorgheggiar dell’uccellin
sul far del giorno
mentre l’oriente s’irradia di splendore,
col mio pensiero vado a Dio vicino!
Quando, stanco e sudato dal lavoro,
un attimo mi siedo,
volgo lo sguardo al cielo,
o Dio, Ti vedo!
Quando sboccia un fiorellino,
si dischiude poi
e nasce il frutticino,
cresce e matura
sotto gli occhi dell’agricoltore,
o Dio, Ti penso!
Quando un delizioso venticello
dall’albero i petali trasporta,
come fiocchi di neve, nel pioppeto,
o Dio, Ti prego!
E quando guardo alle stellate sere,
il mio pensier su in alto sale:
o Dio, sei grande!
Quando nel mio campo arato
tra fresche zolle
mi par vedere l’ondeggiar di messi,
verso il cielo innalzo la preghiera!
Viene la pioggia, mitiga l’arsura,
crescon le piante e i seminati:
Iddio provvede!
Quante cose ci insegni
o madre terra!
Maestra di bontà!
Chi in te rimane e in te spera
gode delle bellezze naturali,
Dio lo premierà con la sua grazia
perché al silenzio dei campi ancor
lavora e prega!