DOCUMENTI FERMANI SU SAN GIACOMO DELLA MARCA NELLA CITTA’ dal 1442 al 1473 dall’archivio di Stato di Fermo. Traduzioni dal latino di Carlo Tomassini
=* 1442 febbraio 1. “Fra’ Giacomo da Monte Prandone, predicatore dell’ordine dei Frati Minori di san Francesco di Fermo ha predicato tutta la quaresima, poi per molti giorni ancora nella piazza comunale e predicava così bene da indurre alla massima devozione tutto il popolo Fermano, tanto da avere tremila e quattromila persone, di fronte, ogni giorno, nel mattino della sua predicazione”.( Antonio DI NICOLO’ (NICOLAI), in ‘Cronache della città di Fermo’ (in seguito = Nicolai) a cura di G. DE MINICIS. Firenze 1870 p. 75)
=* 1442 aprile e maggio. “Nel mese di maggio 1442 per opera della massima devozione e fede del detto Fra’ Giacomo, il comune di Fermo ottenne, insieme con i canonici Fermani, dal sommo pontefice Eugenio IV, che la chiesa di san Martino al Varano di Fermo fosse restaurata ed ivi fosse fatto con i beni dei frati Minori di San Francesco, tanto che molti cittadini, e quasi per mezzo del popolo, andarono a questa chiesa, cominciarono a demolirla e poi rifarla”. (Nicolai cit. p. 76, riedito tra l’altro: TOMASSINI, C. La città di Fermo e San Giacomo della Marca; in: Picenum Seraphicum, XIII a. 1976 p. 173 n.9) La bolla di papa Eugenio IV del 4 aprile 1442 in Archivio di Stato di Fermo (poi =A.S.F.) pergamena 891 edita da TALAMONTI, A. “Cronistoria dei Frati Minori della provincia Lauretana delle Marche”. Sassoferrato 1941 vol. III. p. 194 “Bolla del papa Eugenio diretta al comune e ai priori della città di Fermo con cui concede loro la facoltà di fabbricare l’abitazione e la chiesa per i frati e religiosi dell’ordine di san Francesco dell’Osservanza. Qui san Giacomo è detto ’vicario’)
=* 1446 maggio 22. Lettera “ I priori del popolo e della città di Fermo a tutti quanti leggeranno la presenta lettera, unione di carità e progressi felici, come si desiderano. Dato che conviene che le persone umane imitino le testimonianze degli uomini che per la vita e per i comportamenti sono da chiamarsi quasi divini e le istruzioni degli esempi santi, con animo tanto perfetto da poter tutelare proprio la patria e il corpo della repubblica con salutare cura e con umana ragione, e renderla salva, pertanto abbiamo deliberato di eseguire per volontaria disposizione e con una certa amorevole venerazione, gli ammonimenti e gli uffici del venerando padre, servo di Gesù Cristo, fra’ Giacomo della Marca Anconetana ad onore e gloria dell’onnipotente Dio, per la felicità della santa Romana Chiesa e per l’utile mantenimento e conservazione di tutta la provincia della Marca Anconetana, eseguendoli con sollecitudine. Speriamo infatti che, con breve procedere con la intermediazione dei moniti e delle virtù di fra’ Giacomo predetto, noi e tutta questa provincia siamo resi migliori e più ricchi. Quindi, dopo celebrato il Consiglio Generale, in base al consenso pubblico, con sincera intenzione e con disposizione liberale di animo, diamo, consegniamo e condoniamo gli stemmi e le insegne del comune e del popolo della città di Fermo a questo servo di Cristo fra’ Giacomo, in tutte le loro condizioni, con pienezza di ogni diritto e modo con cui sia possibile farlo. In questi stemmi e insegne si vede uno scudo di velame rosso insignito con scolpita la croce bianca, nello stesso scudo rosso. Li concediamo a dover essere dipinti a volontario suo arbitrio, dovunque gli piacerà, pubblicamente o privatamente in ogni luogo, tutte le volte che, a suo piacere, egli vorrà. Noi priori, con pubblica autorità dello stesso Consiglio Generale e nostra, diamo completamente ogni potestà e libera facoltà allo stesso servo di Cristo fra’ Giacomo, e gli concediamo che il detto scudo e le insegne e gli stemmi del comune e del popolo della città di Fermo, di per se stessi soli, oppure associandoli integri o dimezzati, introdotti o inseriti come gli piacerà, in qualsiasi luogo e sotto qualsiasi titolo e onore egli riterrà; possa dipingerli e farli dipingere, tutte le volte che gli piacerà, ad onore di Dio onnipotente, per lo Stato e per la felicità della santa Chiesa Romana, a forza e utilità della predetta provincia. In fede di queste cose, abbiamo fatto scrivere questa nostra lettera e abbiamo comandato di munirla con i segni impressi dei nostri sigilli quello grande e quello piccolo. Dato nella città di Fermo nel palazzo della pubblica residenza dell’ufficio del nostro priorato il 22 maggio 1446 anno del Signore, sedicesimo del pontificato del santo padre in Cristo, Eugenio papa quarto per divina provvidenza”. (A.S.F. Liber Litterarum, I, c. 73 edita: TOMASSINI, La città, pp. 183-184 )
=* 1446 maggio 29 “ giorno di domenica fu fatto il Consiglio Generale nel palazzo dei sigg. priori e molte cose furono messe a consulto, tra cui fu ottenuto che si facesse la pace generale con gli Ascolani ed una lega di volere una sola cosa e non volere una sola cosa, contro la malvagità tirannica degli Sforza e degli altri tiranni. In questo consiglio furono nominati i sindaci per fare pacificazioni e alleanze e patti con i detti Ascolani. Di ciò fu intercessore e causa il reverendo padre, fra’ Giacomo da Monteprandone, uno dei predicatori dell’Osservanza”. (NICOLAI. p. 95; edito: TOMASSINI, La città … p. 174 n. 10)
=* 1451 marzo 7 e aprile 7. “ Il venerabile fra’ Giacomo insieme con il rev. Vescovo e con il vicario del vescovo, vennero nella Cernita dove il ven. Giacomo, sempre amante della pace, dopo aver salutato tutti all’inizio, esortò tutti alla santa pace e pacificò . Poi fu stabilito di mandare oratori amicalmente ai Recanatesi che volevano deviare il fiume Potenza dal corso antico, e portarlo nella pianura vicino al territorio di Montesanto, e se non si rimuovessero , mandare al rev. Legato e al sommo Pontefice a favore del comune di Montesanto. Fu poi stabilito che per mezzo della mediazione dello stesso fra’ Giacomo siano portate a composizione le divergenze dei confini tra gli uomini della terra di Ripatransone e il castello di Acquaviva”. “ Il giorno 7 aprile insieme con fra’ Giacomo dell’ordine dei Minori furono eletti i pacificatori . (Sintesi da A.S.F. Consilia et Cernite; 6° cc. 33-35, in MARINI, I, cc. 186v-187r).
=* 1457 aprile 13 Il predicatore Giacomo da Santa Maria in Lapide chiese al comune e al collegio degli avvocati che istituiscano un tribunale con probi viri, giurisperito e notaio per le cause dei pupilli, delle vedove, dei minori, dei poveri e degli enti pii, da trattare con rito sommario. (Sintesi di A.S.F. Consilia et Cerniate, Bastardelli, 10°, cc. 7-10, in MARINI, I, c. 263)
=* 1457 maggio 20 “ I frati Minori dell’Osservanza chiesero di ottenere il monastero di santa Caterina, ma si stabilì che le monache non dovessero essere cacciate, ma da cercare un altro luogo < o convento> per i frati”.
(Sintesi di A.S.F. Consilia et Cerniate, cit. 10°, c. 11, di MARINI, I, c. 226)
=* 1457 maggio 29. “Si hanno alcune note aggiunte ai margini della carta, per delibere espunte, annullate, cancellate o sospese per l’anno corrente” (Sintesi di A.S.F. Concilia I, in MARINI, I, c. 284)
=* 1459 febbraio 26. “ E’ stata cancellato e non approvato il potere dato 10 febbraio ai priori e ai regolatori di dover pacificare e di fare concordie tra persone discordi nelle liti e di usar costrizione a chi non vuole fare pace e di dover condonare gli esuli che non hanno commesso omicidio. È stata registrata, peraltro, la legge di dover sindacare il podestà e il capitano per mezzo di una persona di fuori e poi sindacare la stessa persona di fuori per mezzo di cittadini riguardo al sindacato da lui fatto; parimenti la legge contro le meretrici che non stiano sulla strada o vicino alla strada dove si va a San Domenico . Le cause (processi) che non debbono essere viste dai priori, ma dal podestà soltanto e dal capitano e le suppliche dei cittadini devono essere rifiutate dai priori sotto pena di 25 ducati per loro e 10 per il cancelliere in caso di inadempienza: questa legge non era registrata perché esiste altra contraria.” Dopo sunteggiate le delibere suntuarie: “ tutte queste e le pene loro sono annullate fatta eccezione per la misurazione delle vesti da parte degli officiali”. Segue la sintesi delle delibere sui ‘capitoli degli ebrei’ e sui ‘matrimoni’ ed è aggiunta la riforma del non dover acquistare a prezzo stabilito privatamente per i frutti prima del tempo della maturazione”. (Sintesi di A.S.F. Concilia I, cc. 3-6 in MARINI, I, c. 285 edizione in parte in TOMASSINI, C. Atti del Convegno di Studi in onore di San Giacomo della Marca. Monteprandone 1991 p. 79, III. (In seguito: Atti, 1991 )
=* 1459 marzo 16. “ Il padre fra’ Giacomo della Marca, predicatore devoto, giusto, santo per le prediche, come è noto a tutti, ha predicato molte cose per la salute delle anime e per la preservazione della città e l’utilità dei cittadini, \ soprattutto contro la dissipazione dei beni in vestiti, ornamenti e strascichi delle donne; \ – contro le usure e gli atti notarili e contratti illeciti; \ – riguardo alle tasse del clero che non venga gravato ingiustamente; né esso rechi danno per le tasse alla comunità; \ – sopra i matrimoni da contrarre in modo che ci siano cittadini idonei per ciascuna contrada che li contrattino, li curino e li portino a compimento e questi siano fedelmente eletti; \ – riguardo al dovere fare le pacificazioni per mezzo di due cittadini per contrada; \ -riguardo alle azioni malefatte che non debbono essere rimesse con una multa pecuniaria; \ – riguardo al rifiutare l’introduzione delle suppliche in consiglio di Cernita, \ – sopra cose dei cittadini; \ – riguardo al provvedere contro i capitoli concessi agli ebrei sulle usure, affinché i cittadini non stiano nella scomunica; \ -riguardo al provvedere contro gli atti notarili fatti ingiustamente nelle licenze dei danni dati, affinché le anime non si dannino. È stato stabilito che i signori priori, i regolatori e due cittadini insieme con il vescovo e fra’ Giacomo abbiano piena autorità di fare riforme statutarie e ordini in tutte queste cose dette sopra” (…). “ Il 18 marzo 1459, in Consiglio Generale, su persuasione di fra’ Giacomo della Marca fu stabilito di fare ordini, leggi e riforme per la salvezza della Comunità Fermana e delle anime, da parte dei priori insieme con il vescovo Fermano e fra’ Giacomo. Sono state annullate le licenze dei ‘danni dati’ e le gabelle per l’esportazione dei pesci per l’anno 1469 (?!=1459). E’ stata approvata la gabella del 5% sui pesci salati“ ( …). ” Il 19 marzo 1459 il Consiglio Generale loda fra’ Giacomo ed i suoi ammonimenti” (Sintesi di A.S.F. Concilia I, cc. 4-5 in MARINI, II, c. 21 edizione in parte TOMASSINI, Atti, 1991, p. 78. Questa sintesi riguarda il testo qui di seguito)
LEGGI SUNTUARIE A FERMO: A.S.F. Consilia et Cernitae – Bastardelli, 12°, cc. 50-68; Consilia, I, cc. 3-6; MARINI, I, cc. 284-286; edizioni parziali: TOMASSINI, La città … pp. 186-193; IDEM, Atti, 1991, pp. 78-79
=* 1459 marzo 16- 19. “ 16 marzo (c. 50) convocata e riunita la Cernita dei magnifici priori del popolo, dei regolatori del Comune, dei Confalonieri delle contrade, dei 6 capi delle arti e dei 24 cittadini per ciascuna contrada, in numero sufficiente, nella stanza della nuova stanza maggiore del palazzo del Comune, residenza dei magnifici priori, riuniti in questa Cernita, Giovanni Leonardo di ser Antonio priore della contrada di San Bartolomeo, su commissione e consenso dei soci fece le seguenti proposte:- 1 – il rev. padre fra’ Giacomo della Marca, devoto predicatore, nelle sue prediche sante, ha predicato molte cose per la salvezza delle anime e per la preservazione di questa città e per l’utilità dei cittadini: riguardo ai vestiti e agli ornamenti delle donne per i quali si fanno massime spese e molti dissipano tutti i loro beni e pertanto, si provveda affinché la città sia preservata. -2 – sopra gli strascichi delle vesti femminili si provveda anche opportunamente in modo che non si facciano vestimenti con strascichi, e fu fatta una riforma. -3- provvedere sulle usure e sui contratti e sugli atti notarili illeciti che si fanno ogni giorno, affinché per il futuro non si facciano più, in questa città e nel suo contado, per la salvezza delle anime e per il progresso del popolo. – 4 – riguardo alla gabella del clero che si provveda giustamente affinché il clero non sia gravato ingiustamente nel pagare la gabella; e il clero stesso non usi frode per la comunità nelle gabelle. – 5 – provvedere per i matrimoni nei fidanzamenti e nei sponsali per contrarli: che siano stabiliti cittadini idonei per ciascuna contrada e siano persone rette fedeli ed abbiano cura, tra i cittadini e gli abitanti di questa città, di provvedere, trattare, e fare sponsali e matrimoni. – 6 – Al fine di dover fare le pacificazioni: siano deputati due cittadini idonei per ciascuna contrada e altro – 7 – sopra le azioni malvagie pecuniarie si provveda affinché non si facciano condoni se non nel rimettere i beni e togliendo la duplicazione. – 8 – Riguardo ai cittadini: non siano accettate le suppliche che non vanno introdotte nella Cernita.- 9 – riguardo agli capitoli fatti con gli ebrei sulle usure si provveda che i cittadini non stiano nella scomunica. 10 riguardo ai giuramenti che si fanno ingiustamente nel dare le licenze dei danni dati si provveda affinché le anime non si dannino. – 11 – sul fatto del signor Giosia di Acquaviva che vuole mandare gli animali del nostro distretto Fermano si provveda liberamente”. < carta 51 per due terzi in bianco> “Il ragguardevole cavaliere signor Nicola Falcone, uno della cernita, dopo aver giurato, diede consiglio sulle proposte fatte, dicendo essere ottime e necessarie per la salvezza di questa comunità, per la salvezza delle anime, anche per il progresso e la preservazione di questa città e per l’utilità dei cittadini e delle persone del contado; pertanto dice che con matura e grande prudenza si provveda e con costanza si ordini e si faccia, si riformi su ciò con le leggi, gli ordini, e le riforme da fare affinché si debba deliberare e riformare detti ordini: I magnifici priori e i regolatori con due cittadini da eleggersi dagli priori, insieme con il vescovo e fra’ Giacomo, con i consigli loro abbiano piena autorità, remissione e potere di provvedere, ordinare, fare, riformare e deliberare come ad essi piacerà e sembrerà utile, salutare ed opportuno. Tutti i decreti, le delibere, gli statuti, le riforme che si devono fare per mezzo di questi siano stabiliti e fermi con forza durevole, sempre, in perpetuo e vanno considerate e osservate acquistando autorità dalla presente Cernita”.
=* 1459 marzo 19 (c. 59) Nel pubblico Consiglio Generale, bandito ieri per oggi per mezzo dei pubblici trombettieri del comune, su commissione e mandato del ragguardevole milite signor Pietro de Tibaldischi da Norcia, podestà onorevole della città di Fermo, con il consenso e la delibera dei magnifici priori, radunato nella sala grande del palazzo, riunito in numero sufficiente, al modo solito, Giovanni Leonardo di ser Antonio, priore della contrada di san Bartolomeo, fece le seguenti proposte per volontà dei soci: – 1 -ciascun consigliere presente in Consiglio possa dire e deliberare per la conservazione dell’attuale Stato del popolo e della libertà ecclesiastica e contro ogni tirannica oppressione, secondo la forma degli statuti della città di Fermo. Per l’osservanza di ciò fece questa proposta. – 2 – In Cernita sono state fatte alcune delibere che occorre approvare nel presente Consiglio e saranno lette dal cancelliere. Anzitutto nella Cernita celebrata il 16 marzo fu deliberato e fatta riforma sulle proposte suggerite dalla persuasione del rev. padre fra’ Giacomo, cose ottime e necessarie per la salvezza di questa comunità, tanto per la salvezza delle anime, quanto anche per il progresso e la preservazione di questa città e per l’utilità dei cittadini e delle persone del contado < … qui ripete con le stesse parole quanto sopra scritto - 16 marzo; c. 50 - vedi nella Cernita>. La proposta è accolta con 106 voti favorevoli, e 2 contrari. < … Seguono proposte diverse>. (c. 63) Bongiovanne di Agostino, uno del numero dei consiglieri, dopo aver giurato, diede consiglio sulle proposte fatte per persuasione e monito di fra’ Giacomo riguardo agli strascichi dei vestiti delle donne e sulle altre cose celebrate in quella Cernita, trasmesse e anche in ogni altra delibera fatta nella Cernita, dicendo che siano approvate per autorità del presente Consiglio. Bongiovanne di ser Vanne, altro consultore, consigliò che siamo molto obbligati a Dio che ci ha resi degni della persona di fra’ Giacomo, e in queste solenni circostanze soprattutto si deve usare attenzione per l’utilità e per l’onore e così per la conservazione di questo comune.
=* 1459 marzo 19. (c. 64) Decreti. “ I magnifici priori del popolo, riuniti collegialmente, volendo compiere le elezioni di due cittadini per ciascuna contrada, in vigore dell’incarico ricevuto dalla Cernita fatta, elessero e misero all’unanimità i seguenti cittadini incaricati sopra gli ordini e le riforme che debbono essere fatte: il signor Andrea del signor Pietro e Nicola di Vagnozio della contrade Castello; Giacomo Paccaroni e Matteo di Sante della contrada Pila; Giovanni di Angelo e Giacomo di Savino della contrada San Martino; il signor Ludovico Ufreducci e Antonio di Luca della contrada Fiorenza; Antonio di ser Giannino e Piermarino di Romidio della contrada San Bartolomeo; il signor Nicola Falcone e Vagnozio di Cola della contrada Campoleggi. I magnifici priori: Piervenanzo di Nicola della contrada Castello, Antolino di Domenico della contrada Pila; ser Ludovico Matteucci della contrada San Martino; maestro Giovanni di Lorenzo della contrada Fiorenza; Giovanni Leonardo di ser Antonio della contrada San Bartolomeo, e Antonuccio di Benvenuto della Contrada Campoleggi; e i regolatori: Antonuccio di maestro Giacomo della contrada Castello; ser Giampiero di ser Giacomo della contrada Pila, e Piernicola di Nicola della contrada San Martino; inoltre i cittadini sopra nominati, due per contrada, riformatori per le riforme, per gli ordinamenti e per i decreti, in quanto deputati solennemente e legittimamente per opera della cernita e del Consiglio della città di Fermo, come risulta scritto di mano di me Pocuzio cancelliere e notaio del Comune e del popolo di questa città, in vigore, per autorità ed arbitrio concessi per opera della Cernita e del Consiglio fecero, ordinarono, decretarono e stabilirono le riforme, i decreti, gli ordinamenti e gli statuti che seguano a lode e reverenza dell’onnipotente Dio e di sua madre Maria Vergine e dei beati apostoli Pietro e Paolo e del glorioso evangelista apostolo martire San Giovanni e di san Savino protettori e difensori del popolo della città di Fermo e di tutta la celeste curia e ad onore della sacrosanta Chiesa romana e del santo padre il Papa signore nostro e dei signori cardinali Romani e ad esaltazione e progresso del Comune e del popolo della città di Fermo e del presente libero, pacifico e popolare Stato della città di Fermo e a perpetua distruzione di chiunque volesse attentare contro gli ordini seguenti. Anzitutto per lo statuto riguardante gli ornamenti e i vestiti delle signore, con aggiunte correzioni e dichiarazioni, fecero riforma, ordinarono e stabilirono riguardo a questi vestiti e ornamenti delle donne che nessuno ( c. 65) della citta, del contado, della forza, del distretto e in essi abitante, di qualsivoglia grado e condizione, osi né presuma, né deve, né può spendere, avere, né tenere oltre la metà della dote e del conto della moglie per i vestiti e gli ornamenti. Penalità da pagare sul fatto, per ogni infrazione, cinquanta libbre di denari, per ciascuna volta, senza alcun processo, omessa ogni formalità solenne giuridica, solamente dopo aver riscontrato la verità. Inoltre fecero delibera, ordini, statuti e riforme che le signore e le donne di dovunque siano, o vengano e, di qualsiasi condizione, non possono né debbono avere strascichi, camminando in questa città e suo contato; né trascinare questi loro vestiti per terra oltre un terzo di braccio di panno, portando le pianelle, sotto penalità, per ciascuna donna, di 10 libbre di denari per ogni volta; penalità sul fatto e senza alcun processo per i mariti di queste donne. I mariti per effetto della presente riforma e decreto, e di quanto scritto nel seguito, siano costretti sul fatto, a pagare liberamente e possano essere costretti alle penalità dette sul fatto, come qui è stabilito. Questa riforma sia compresa e sia eseguita nella città e nel contado verso qualsiasi donna, di dovunque sia, che porti tali vestiti nella città e comitato. . Inoltre fecero statuti e delibere che gli uomini di famiglia delle donne o i mariti delle signore che hanno vestiti fatti in passato più lunghi e protesi oltre la misura sopra indicata, siano tenuti a renderli più corti e tagliarli o farli tagliare nella detta misura, in modo che non siano più lunghi, sotto la detta pena. Inoltre non debbano avere, né tenere per oltre la metà della dote e del conto ad uso delle donne, questi vestiti e ornamenti muliebri fatti in passato, sotto penalità per essi di 50 libbre di denari in caso di infrazione; da esigere sul fatto. . Questi mariti che vogliono tenere i vestiti e gli ornati fatti in passato ad uso delle mogli, debbono fare notifica e segnare per mezzo del notaio dei regolatori e far scrivere in registro la dote e il conto promessi a loro, o che hanno ricevuto per la moglie; per mezzo di un atto notarile e rendere noto a questo notaio del regolatori il giuramento, dichiarando che i vestiti e gli ornamenti non superano la metà della detta dote e del conto, sotto penalità di 50 libbre di denari e debbono fare ciò nel termine comunicato per mezzo di bando pubblico su ciò. Inoltre fecero delibera, ordini e riforme che i notai che sono stati richiesti o saranno richiesti per i matrimoni, per gli sponsali e per le promesse delle doti e dei conti, (c. 66) siano obbligati e tenuti entro i successivi quattro giorni dopo il rogito, a riferire e notificare al notaio dei regolatori il matrimonio contratto e la quantità della dote e del conto promessi, con loro giuramento; e penalità per i notai, da esigersi per ogni volta che facessero infrazione in ciò. . Inoltre fecero ordine, statuto e riforma che i mariti di queste donne siano obbligati e debbono, due giorni prima di prendere le loro mogli, rendere noto e segnalare al detto notaio dei regolatori la quantità della dote e del conto che è stata promessa e la spesa fatta nei vestiti e negli ornamenti delle donne, mettendo per iscritto particolarmente tutti i vestiti e ornamenti e la stima di essi e la quantità di denari delle spese per essi, prestando giuramento per mezzo del notaio e con notifica che non superino la metà della dote e del conto, sotto penalità di 50 libbre di denari sul fatto da esigere da chi fa facesse infrazione. . Inoltre fecero delibera, ordine e riforma che gli officiali che fanno inquisizione contro le donne che portano vestiti più lunghi della misura sopra ordinata, debbono ordinare a un cittadino che si trovasse sulla strada, mentre incontrano queste donne, che egli debba misurare i vestiti se sono più lunghi della misura ordinata; e gli officiali debbono imporre la pena di 10 libbre di denaro da esigersi sul fatto se il cittadino non volesse obbedire o ritardasse di misurare i vestiti. Ciascuna donna che porta questi vestiti sia obbligata e debba, su richiesta del notaio che fa investigazione, far guadare e misurare i suoi vestiti, stando ferma sino a che il cittadino compia la misura del vestito. Qualora lei sia contraria e non permetta di misurare il suo vestito, incorrerà nella penalità di 10 libbre di denari da esigere sul fatto dal marito della donna. Il notaio o l’ufficiale che fa inquisizione, non rechi alcuna noia alla donna, non faccia minaccia, né ingiuria, o altro di offesa; ma si limiti a scrivere e riferire l’infrazione. Per una donna non sposata che facesse l’infrazione, sia obbligato e costretto il padre per la figlia, il fratello per la sorella, o la persona consanguinea più vicina o congiunta, con cui abitasse, per colei che trasgredisce, in modo efficace da far pagare la pena stabilita. Podestà e capitano, giudice della giustizia della città che sono in servizio nel tempo e ogni ufficiale loro, soprattutto l’officiale degli straordinari del podestà, debbono fare esecuzione su quanto scritto sopra. E tutto ciò avvenga in modo tale che facciano pervenire in comune le dette multe (c. 67) con vincolo di giuramento e nell’inadempienza, penalità di 50 libbre di denari da ridurre dalla loro salario e da trattenere dalle loro specifico ufficio riguardo alle cose sopra dette. E su ciascuna di esse siano tenuti, debbano solennemente investigare e fare inchiesta su chi delinque nelle sopra dette penalità, punire come è stato qui stabilito, e ricevano la quarta parte delle dette penalità che avranno fatto giungere in comune, nel tempo in cui il banchiere del Comune riceverà queste penalità. Ogni donna o moglie che fa infrazione nelle dette cose, può essere accusata da chiunque e denunziata con un testimone. Questo accusatore sia tenuto segreto, e riceva la quarta parte della penalità per la sua accusa o denunzia giunta in comune. Ciascun officiale debba procedere di fatto su queste accuse e denunce e fare multa a chi fa infrazione ed esigere le penalità senza alcun processo, solamente dopo aver riscontrato la verità. Riguardo a questa infrazioni, per le grazie che si dovessero fare e per i termini di scadenza e le dilazioni da concedere sulle penalità, i priori del popolo in servizio nel tempo, e il cancelliere del Comune, non possano né debbano accettare suppliche, né leggere o far leggere petizioni né fare proposte, né deliberare in alcun modo, sotto penalità di 10 libbre di denaro da esigersi sul fatto trattenendole dal loro salario, per ciascuno di essi e per ciascuna volta che facessero infrazione. Inoltre fecero delibera, ordine e statuto riguardo alle cause civili. I priori del popolo, in servizio nel tempo, non si intromettano ne agiscano, né vengano a conoscere le suppliche, né le accettino, né le leggano nella Cernita, né le facciano leggere, né facciano proposta al riguardo in altri modi; sotto la penalità di 10 libbre da esigere sul fatto da ciascun priore, trattenendole dal salario per ciascuna volta che facesse infrazione. La stessa pena ci sia per il cancelliere del Comune se leggesse queste suppliche nella Cernita e se scrivesse qualche delibera sopra queste cause civili. Inoltre fecero delibera, ordine e decreto riguardo alle pene o condanne pecuniarie delle azioni malvagie, dei delitti e degli eccessi nel tempo futuro e restante dopo che questa legge e riforma è stata fatta; stabilendo che i priori del popolo in servizio nel tempo non possano né debbano ricevere o accettare suppliche da chi ha fatto del male se costui prima non avesse la pace dalle persone che ha offeso. In caso di infrazione, la penalità è di 10 libbre di denari per ciascun priore e cancelliere del Comune e per ciascuna volta. Qualora colui che ha agito male abbia ricevuto la pace, allora i priori possano ricevere e accettare queste suppliche e proporle nella cernita e abbiano potere di farle leggere. Riguardo alle pene pecuniarie delle azioni malvagie che debbono essere lette e proposte nella Cernita e nel Consiglio non si possa né si debba deliberare né fare alcuna grazia di concedere termine né ritardare, né fare altra riforma o delibera, se non solamente e per lo meno che i benefici siano lasciati cadere e per le penalità sia tolta la duplicazione. I priori, e i loro civili, il cancelliere del Comune, i regolatori e ogni consultore, ogni volta che facessero in ciò infrazione, per ciascuno di essi la penalità è di 25 libbre di denari da esigersi sul fatto. Il podestà di questa città e i suoi officiali siano obbligati e debbano esigere queste penalità e farle esigere senza alcun processo, e ricevano la quarta parte di esse penalità fatte pervenire nel comune nel tempo in cui il banchiere del Comune le riceverà. Inoltre fecero delibera, ordine e decreto che quei capitoli degli ebrei fatti da questa comunità e concessi ad essi, per tutto quello che contengono contro il diritto divino e canonico e che non può essere concesso, fin da ora, per autorità della presente legge e decreto, siano aboliti, siano revocati e annullati e considerati nulli, di nessun valore né efficacia. Per la parte restante siano e permangano, ma al fine di sgravare le anime e le coscienze dei priori del popolo e di degli altri cittadini del regime e di tutti il popolo della città di Fermo, questi capitoli siano corretti, emendati ad opera del reverendo vescovo nostro Fermano. Sia eseguito, secondo le correzioni, riduzioni e consigli di costui, peropera di questa comunità e siano osservate le cose predette. Inoltre hanno fatto delibera, ordine e riforma allo scopo che i matrimoni, in questa città e nel suo contado, avvengano più facilmente e meglio, inoltre si facciano trattative, in modo che portati a perfezionare le nozze, per tale scopo, siano deputati stabiliti ed eletti sei buoni cittadini per ciascuna contrada, con commissione e autorità di dover trattare, fare procura, far celebrare questi matrimoni, con ogni fedeltà, amore, rettitudine e carità possibile e necessaria tra le parti. Questi cittadini hanno da ricevere un compenso per il lavoro e possono chiedere ed averlo effettivamente e così ad essi sia pagato un ducato per ciascun centenario di ducati o delle doti tra coloro che contraggono il matrimonio nella fase delle promesse, cioè per ogni matrimonio si deve coinvolgere e rafforzare l’opera, la licenza e l’iniziativa, la operosità di questi cittadini. Le persone che dovranno essere elette riguardo allo stabilire matrimoni, abbiano piena autorità, potere e remissione di trattare fare e ordinare le pacificazioni tra i cittadini e tra gli abitanti di questa città e del contado e abitanti del Fermano, di comandare e ordinare a tutti i singoli cittadini e abitanti del contado che fossero in discordia, imponendo penalità, affinché facciano le pacificazioni.
=* 1459 marzo 19. Decisioni sui prezzi dei prodotti rurali prima della raccolta (A.S.F. Consilia et Cernitae – Bastardelli, n. 12, seguito di c. 68; MARINI, I, c.285; editi TOMASSINI, Atti, 1991 pp. 76-78). “ Sono annullate e rifiutate le riforme riguardanti l’ornato delle donne, su decisione dei priori (6 nomi), dei regolatori (3 nomi), dei cittadini riformatori (12 nomi). (Sintesi di A.S.F. Concilia I, cc. 4 da MARINI, II, c. 21). VENDITA DEI FRUTTI SUL CAMPO < i prezzi debbono essere stabiliti da estimatori ufficiali dei frutti da raccogliere, su elezione del consiglio di Cernita. Il prezzo da calmierare riguarda olio, grano, biada, vino, lino, noci, fichi, seme di lino. Vietati i prezzi concordati per proprio conto. Traduzione dal latino>.
“ Deliberarono, ordinarono, stabilirono e fecero riforme sui frutti acquistati e da acquistare, a prezzo o patto stabilito e dichiarato, in questo modo, cioè che nessuna persona della città di Fermo, del suo comitato, che vi abiti o dimori, o forestiero di qualsivoglia condizione, dignità e stato, possa né debba, né in alcun modo gli sia lecito, nella detta città e ducato, forza e distretto, acquistare o far acquistare da uomini e persone di questa città e contado o altro abitante, alcun genere di frutti prima del tempo, a patto e prezzo stabilito e concordato, sotto penalità di 10 ducati all’acquirente e 10 ducati al venditore dei detti frutti e 10 ducati al notaio che faccia rogito di essi. Le multe vanno riscosse sul fatto. Questa penalità di 10 ducati va riferita ad ogni ‘migliaia’ di olio acquistato prima del tempo, a patto stabilito e concordato, per ciascuna volta, per ciascuna quantità di esso olio e dei frutti qui elencati: penalità per ciascuna salma di grano, o di biada e per ciascuna salma di vino e per ciascun ‘rubbo’ di lino, per ciascuna salma di noci, per ciascuna salma di fichi e ciascuna salma di me di lino. La penalità di quattro soldi per ciascun acquirente, venditore notaio che facesse rogito, penalità da esigere di fatto e pagare. Tuttavia sia lecito e possono acquistare e far acquistare, prima del tempo, per i prezzi che saranno in vigore nei tempi adatti a frutti, secondo l’estimo che deve esser fatto per mezzo di estimatori che misurano e questi debbono essere scelti da parte della Cernita, su olio, grano, spelta, ciascun genere di biada per tutto il mese di agosto; sul seme di lino per tutto il mese di ottobre; su noci, fichi per tutto il mese di novembre; sull’oliva per tutto il mese di gennaio; sull’olio per tutto il mese di marzo, nei mesi futuri. Chiunque con un testimone possa essere accusatore e guadagni la quarta parte di dette penalità e sia tenuto segreto; anche ciascun ufficiale della città di Fermo e suo contado, il quale per suo riscontro o per l’accusa presentata a lui da un accusatore, esigerà, farà esigere e farà giungere in comune le penalità predette e ci guadagnerà dovendo ricevere la quarta parte di esse multe. Parimenti gli acquirenti dei detti frutti, acquistate prima del tempo, nel caso che in città e contado generalmente non potessero raccolti detti frutti, né si trovassero tutti in altra maniera, siano tenuti a riavere indietro soltanto e solo nel quanto, i denari pagati e presi a mutuo per i detti frutti e cose, e in nessun modo si faccia nuovo estimo di essi. Similmente i venditori dei frutti siano tenuti e debbano essere costretti a pagare, rendere i denari ai detti acquirenti. Parimenti i venditori dei frutti non possano né debbano dare i detti frutti ad un altro o ad altri uomini e persone se non a colui o coloro ai quali li vendettero al prezzo o prezzi secondo l’estimo, nei detti tempi, sotto le dette penalità da parte dei venditori. La riscossione dovrà essere fatta, per ciascuna volta che essi venditori hanno fatto infrazione.
Inoltre ciascun notaio che facesse rogito dell’acquisto di detti frutti prima del tempo, a prezzo stabilito e concordato, incorra nella penalità di 10 ducati, da esigere e pagare di fatto per ciascuna volta. Similmente nessun notaio possa, né debba far rogito di alcun contratto di deposito di olio o di altri frutti, sotto penalità di 10 ducati, salvo che siano i prezzi congrui quali debbono essere fatti su estimo dagli estimatori nei detti tempi. Qualora il notaio avesse dubbi sul contratto di deposito che fosse fittizio o ‘illiato’ o usuraio egli è tenuto e debba dare alle parti contraenti il giuramento di dover dire e tenere la verità. Anche le parti di acquirenti e di venditori dei frutti debbono prestare giuramento e dire la verità sotto penalità di 10 ducati, tanto al notaio quanto all’acquirente e venditore, se facessero infrazione. Infine simili contratti siano null sul fatto stesso, senza alcuna esecuzione, che non meritino ma siano considerati nulli e non fatti. Il podestà della città di Fermo e i suoi ufficiali siano tenuti e debbano inquisire e investigare con buona diligenza e sollecitudine su tutte le dette cose. Dopo scoperta la verità sono tenuti e debbano esigere e fare esigere le dette penalità, per ciascuna infrazione in ciascuna delle parti e capitoli detti, e ricevano e guadagnino la quarta parte delle dette penalità che avranno fatto pervenire in comune, o tramite accusa di altri, o per investigazione o riscontro proprio, procedendo sempre di fatto con fare esecuzione, omettendo ogni solenne formalità giuridica, senza alcun processo, dopo riscontrata la verità del fatto. Qualora nelle dette cose il podestà e i suoi ufficiali fosse negligenti, per tale fatto incorrano nella penalità di 50 libbre di denari, da parte di ciascuno dei negligenti, e debbano essere riscosse le multe, di fatto con ritenute dal loro salario.
Inoltre tutti i contratti e gli acquisti fatti fino al presente giorno riguardo all’olio e ai frutti da raccogliere nel presente anno e ne tempo futuro, facendo il prezzo stabilito e concordato, sono considerati sin da ora come prezzo che sarà valido e stimato per mezzo degli estimatori nei tempi sopra dichiarati e riguardo al patto o prezzo fatto prima del tempo di esso contratto non abbiano valore, sono nulli e senza effetto e non abbiano né meritino alcuna esecuzione. Così hanno deliberato che tutti gli ordini e riforme debbono essere notificati per mezzo di lettere patenti in tutti i castelli del con tanto di Fermo e dare un ordine di registrare le lettere patenti e i detti ordini negli statuti o nei libri dei castelli, sotto penalità di 10 libbre di denari, per ciascuno di essi ufficiali che non abbiano scritto e registrato i detti ordini nei loro libri e statuti.
=* 1459 aprile 25. “E’ proibito agli ebrei di avere stazioni (=posti o banchi) nella strada maestra” (Sintesi di A.S.F. Concilia I, c. 7, di MARINI, I, c. 286)
=* 1463 “ giugno 23. – al n. 3. “Per la differenza di confini vertente tra i castelli di San Benedetto e Monteprandone, < in Consiglio> fra’ Giacomo si propone ad essere autorizzato dal governo di Fermo. (c. 178v) Si esegua l’ammaestramento di sua paternità (fra’ Giacomo) a cui questa vertenza è rimessa in modo che la cosa stia in pace e che gli uomini di questi castelli pascolino e posseggano come nel passato hanno pascolato e posseduto in serena pace e buona carità; (c. 180) secondo i nostri diritti se sono opportuni e insistiamo in questi diritti e facciamoli vedere. Approvato = 66 voti neri e 2 bianchi contrari. (A.S.F. Consilia et Cernitae – Bastardelli, n. 14, cc. 175v. 178v-180; MARINI, II, c. 47). Fra’ Giacomo chiede che siano mostrati i diritti Fermani riguardanti quel territorio e liberamente questa causa è rimessa nelle sue mani. (MARINI, II, c. 49); “Sia messa questa vertenza nelle mani di fra’ Giacomo e seguiamo i suoi consigli facendo sì che si stia in pace: gli uomini dei due Castelli pascolino e posseggano come hanno fatto per il passato in pace e carità” (A.S.F. Consilia et Cernitae – Bastardelli, n. 14, c.178v; TOMASSINI, La città … pp. 193-194)
=* 1463 “ luglio 2 – “ Dopo convocata e riunita la Cernita ( … ). Il priore dei priori fece proposta che il reverendo fra’ Giacomo ci mandò a sapere, e chiese che volessimo convocare la Cernita nella quale egli voleva intervenire allo scopo di parlare ed esporre alcune cose per la comune pace e per il buon stato della città. E di fatto venne fra’ Giacomo per arringare e all’inizio propose e disse cose sulla giustizia con cui ogni Repubblica viene maturamente governata e fece notare molte cose da definire, distinguere e far conoscere. Disse con quali cose la repubblica è ben governata e altre cose che debbono essere evitate nel governo. Riguardo all’obbedienza verso i superiori egli vietava le mormorazioni; inoltre che bisogna usare serietà e maturità di consiglio nella Repubblica. Riguardo alle delibere fatte frettolosamente che non debbano essere seguiti i consigli dei giovani. Parlò riguardo alla pace e alla concordia e alla carità civile. Inoltre che va mantenuta la confederazione pacifica con gli Ascolani. In ultimo riguardo alla differenza che esiste con il vescovo egli fece molta riprensione, esortando i cittadini, ammonendoli e comandando che si deve essere riverenti e obbedienti verso il reverendo vescovo, e si faccia alfine un’ottima riconciliazione in modo che lui sia il buon padre di tutti i cittadini e tutti questi siano i suoi buoni figli. Infine chiese ed esortò affinché due priori e altri cittadini andassero, insieme con lui, dal vescovo per fare la riconciliazione con lui padre, e chiese questo con ogni istanza e carità. (c. 185v) Il ragguardevole signor Ludovico De Uffreducci si alzò e nell’arengo, ringraziò molto fra’ Giacomo per le buone ammonizioni e per la carità da lui usata, infine consigliò che ogni cosa che questo fra’ Giacomo ha chiesto, ha ammonito, richiesto e vuole, noi la facciamo, la eseguiamo e andiamo dal signor vescovo considerandolo come padre. Dopo queste cose il signor Andrea, priore dei priori, esortò che tutti andassimo al seguito di fra’ Giacomo e così andarono tutti e fu fatta la riconciliazione con questo vescovo. (A.S.F. Consilia et Cernitae – Bastardelli, n. 14, cc. 184v; MARINI, II, c. 49; TOMASSINI, La città … pp. 194-195).
=*1467 marzo 20 e 31. Aggiunte e precisazioni ai regolamenti suntuari (A.S.F. Consilia, I, cc. 27v- 28; MARINI, I, cc. 290v-291 e, al 20 maggio, c. 191, cfr. TOMASSINI, Atti, 1991, p.79-80) riguardo a stoffe di velluto, broccato, “bracamo”, seta, perle, collane, ricami: data 10 aprile.
=*1469 marzo 31. Statuti del Monte di Pietà dettati da fra’ Domenico da Leonessa in A.S.F. Consilia, I, cc. 34-35 editi: TOMASSINI, Atti, 1991, pp. 80 -82) FERMO: STATUTI DEL MONTE DI PIETA’ 31 marzo 1469 traduzione dal latino.
Nel nome di Dio. Amen. Nell’anno del Signore 1469, indizione seconda, al tempo del santo padre in Cristo Papa Paolo secondo per divina provvidenza; giorno ultimo del mese di marzo: gli infrascritti sono i capitoli e gli ordini fatti e fondati riguardanti il Monte di Pietà, con delibera della solenne Cernita per sussidio e sostentamento delle persone povere e bisognose, su persuasione e predicazione del venerabile frate Domenico da Leonessa dell’ordine dei Minori dell’Osservanza, nella chiesa cattedrale del nostro episcopato Fermano, predicatore ottimo della passata recente quaresima, inoltre rivisti e approvati ad opera del reverendo signor vescovo e principe Fermano e del suo vicario don Paolo da Esanatoglia.
Primo: i denari di questo Monte siano riuniti e posti in una cassa chiusa con tre chiavi; le chiavi siano presso tre cittadini officinali del Monte, cioè una chiave per ciascuno di questi cittadini. E questa cassa sia messa nella casa di uno dei predetti di cittadini. Inoltre che i magnifici signori priori, ogni anno, eleggano nel mese di aprile, nella Cernita, tre cittadini di tre contrade, uno per contrada, persone buone e timorate di Dio dal numero dell’ufficio del priorato, e siano chiamati officiali del Monte e un notaio della città. Questi cittadini e notaio tengono i conti di questo Monte con diligenza e fanno le bollette a quelli che ricevano denari e depongono pegni, scrivendo il giorno, il nome e la quantità del mutuo e i pegni specificamente e il dare. Questi cittadini e notaio abbiano il loro salario da stabilire dalle altre monete del detto Monte. Quelli che sono eletti dai magnifici priori sono tenuti ad accettare sotto pena di 10 ducati d’oro per ciascuno, da applicare al Monte. Gli officinali e il notaio debbano fare mutuo di queste monete del Monte a ciascun cittadino e abitatore di Fermo e del suo contado, eccettuati gli slavi e gli albanesi che non possedessero loro beni stabili, fino alla quantità di cinque ducati; senza merito, né prezzo alcuno: un mutuo soltanto per ciascuna casa e per il tempo di sei mesi e questo con pegni che siano sufficienti a giudizio dei predetti cittadini e del notaio. I pegni debbono essere riscattati, ad opera del pignorante, entro il termine dei sei mesi; e se, entro questo termine di sei mesi, non vengano riscattati, allora gli ufficiali e il notaio sono tenuti a fare nel settimo mese, quattro bandi, nei giorni di domenica, riguardo ai pegni sopra ricaduti, nella piazza del Comune, davanti al palazzo della residenza dei magnifici priori, di otto giorni in otto giorni, e nell’ultimo bando fare transazione a chi più offre; e dal prezzo del pegno si darà soddisfazione al Monte riguardo al prestito e il residuo viene restituito al padrone. Qualora i detti officiali e notaio avessero infranto queste norme contenute in questo capitolo, siano deprivati del governo della città e da ogni suo ufficio e beneficio, e il notaio sia privato della sua predetta arte, in modo che nella nostra città e suo contado e distretto non sia considerato legittimo il notaio dopo che fosse caduto in tale errore. Ma siano attenti, soprattutto il notaio e i cittadini che tengono i conti, a che non decorra il tempo di oltre sei mesi per i pegni; e se fossero stati negligenti perdano il salario dell’intero anno, da non prendere dalle monete del Monte, e siano sottoposti a questa pena. Questa negligenza nel tempo predetto, da parte del notaio e di quelli che tengono i conti, non arrechi altro pregiudizio agli officiali. La negligenza dei detti cittadini non sia di pregiudizio al notaio. Al termine del tempo di un anno, questi officiali e notaio sono sottoposti a sindacato per mezzo del podestà e del collaterale della città e distretto di Fermo e di tre cittadini del governo, da tre contrade della città, cioè uno per contrada, da mettere in bussolo ad opera dei priori, nel mese di aprile, per la durata di quattro anni. Il sindacato dura 10 giorni, entro i quali il potestà e collaterale e i sindaci rivedano i loro diritti e pegni. Se sono ritrovati colpevoli nelle cose dette o in una di esse facciano condanna e puniscono nelle dette pene. Qualora il podestà e collaterale agiscano diversamente, perdano tutto il loro salario che viene applicato a questo Monte, e i detti sindaci cittadini subiscano le pene degli ufficiali del Monte. Sia chiaro che qualora avvenisse che nell’estrarre una carta di questi sindaci e uno o più sono morti, o siano legati da consanguineità o affinità fino al secondo grado con questi officiali del Monte o con il notaio, allora i magnifici priori diano incarico ad altre persone idonee. Inoltre vollero che tutte le eredità che arrivino in diritto da dover essere applicate al Comune di Fermo, siano applicate a questo Monte. Il notaio dei regolatori del Comune di Fermo tenga un libro e registro di cose regolari, in cui annota ogni quantità di denaro che viene messa in questo Monte tanto ad opera del Comune quanto delle persone speciali. Officiali e notaio del Monte non ricevano queste monete diversamente se non per mezzo di bolletta scritta e sigillata di mano del notaio predetto dei regolatori, sotto le penalità già stabilite. Inoltre tutti gli officiali e balivi del Comune di Fermo e suo contado, siano tenuti ad obbedire ai detti officiali e al notaio del Monte nelle cose riguardanti questo Monte e fare diritto sommario senza strepito né figura di giudizio, solo di fatto, dopo accertata la verità; sotto pena di privazione del loro ufficio e perdita del salario. Due almeno degli officiali del Monte con il notaio, in ogni giorno di sabato, fino all’ora terza, in riverenza della Vergine Maria, sono obbligati a sedere nel luogo della Banca del Comune per dover dare i mutui ai poveri e ai bisognosi, e in altre circostanze su richiesta dei priori. I pegni poi siano posti in una casa o magazzino nella strada dei fondachi e dei Calzolari, ben chiusa e adatta. Gli officiali del Monte facciano ispezionare una volta al mese questi pegni a spese del Comune, affinché non si deteriorino; qualora da questa diligenza risultasse che si guastano, il danno sia per il padrone; e sia dal prestito comune quando, per qualsiasi si casualità umana e divina, venissero persi e la “cosa pubblica” Fermana è tenuta per l’interesse, con questa dichiarazione che i pegni che si sono ricevuti al tempo di un mandato di ufficio, ricadano nel tempo dei successori del Monte e non possano essere venduti a vantaggio del capitale del Monte. Quelli che li ricevettero siano sempre obbligati all’interesse del Monte. Qualora i detti pegni fossero rubati per caso, il Monte non perda e il patrono abbia il l’interesse e il ritorno contro il pignorante, e in questo si agisca con diritto sommario. I pegni siano tenuti nei luoghi predetti e non altrove e sotto chiavi, sotto le penalità già dette e stabilite contro i predetti officiali. Quelli che vogliono attingere a queste monete, siano tenuti a giurare che ne hanno bisogno e che le vogliono per se stessi e non per altri. Quelli che ne avessero ricevute per questo anno, non possono far ricorso a questo Monte fino ad un altro anno. Inoltre per le elemosine che si facessero a questo Monte, ogni anno nel mese di aprile, si faccia una riunione di tutto il clero e dei religiosi della città nella chiesa dell’episcopato dove si celebri un ufficio solenne per le anime di coloro che sono stati benefattori di questo Monte. Inoltre deliberarono che se alcuni volessero deporre, per un po’ di tempo, qualche quantità di denaro in questo Monte, sia allo scopo di vantaggio ai poveri, e i magnifici priori, regolatori, officiali del Monte che sono in carica in quel tempo, quando arriva il deponente a chiedere il denaro, essi siano tenuti a restituirlo immediatamente a questo deponente, sotto la penalità di privazione dal regime, anche nel caso in cui si dovesse prendere da alcuni introiti della comunità e sopra ciò i priori, regolatori e detti officiali non abbiano altra balìa (=autorità) se non quella che ha il concilio generale in modo tale che da qualunque parte siano nel comune, abbiano a restituire al mutuante, senza mora. Le vendite delle cose del Monte e spettanti al Monte siano fatte ad incanto e concesse a chi fa la maggiore offerta. Inoltre questi officiali per il tempo di cinque anni non possano fare mutuo se non nella quantità di dieci ducati e non oltre, ma possano in minor quantità. Se qualcuno volesse donare a questo Monte un bene mobile o immobile a titolo di donazione irrevocabilmente, tra i vivi, e questa donazione fosse fatta con il rogito di un notaio e di due testi almeno, abbia valore e possa farla, nonostante qualsiasi cosa sia stabilita o altro che sia in contrario. Se poi, per evitare scandali, qualcuno volesse donare, segretamente, qualche bene mobile o immobile a questo Monte con il rogito di un notaio e con almeno due testimoni e questa donazione sia fino alla quantità di 300 ducati, abbia il potere e questa donazione sia valida, nonostante qualsiasi cosa che si faccia in contrario. Qualora questa donazione fosse superiore alla somma predetta e colui che dona, entro un mese, dal giorno in cui fa la donazione, volesse ritirare la sua donazione, ha il potere e la donazione, fatta da lui, non ha più valore. Qualora invece la revoca di essa fosse fatta quando è già passato un mese, abbia valore la prima donazione, nonostante la revoca . Ciascun notaio possa far rogito di questa donazione con due testimoni e la donazione sia tenuta nella credenza sotto penalità per chi rivela il segreto e privazione del governo. In caso di penalità del falso, tuttavia i rivelatori sono tenuti a rifondere nella quantità della donazione a questo Monte. Si facciano due libri (=registri) di queste donazioni e porli nella cassa delle monete del Monte: in uno siano scritte le donazioni ed i lasciti pubblici; nel secondo poi siano scritte le donazioni segrete, sostanzialmente e per quanto vale ad affetto e con tutte le clausole e la carta fatta e annotata venga sigillata con sigillo del Comune e si ponga nel tergo soltanto il nome del donatore. Quando poi avverrà la morte del donatore il sigillo viene tolto. Sia scelto l’orefice che verifichi l’argento e lo faccia gratis; qualora non verifichi bene, sia tenuto a rifondere del proprio. I magnifici priori eleggano di tre mesi in tre mesi, un calzolaio della città il quale stimi gratis e con giuramento i pegni dei panni. Infine deliberarono che in ciascun anno, nel mese di aprile, nel Concilio Generale si faccia la proposta se sembra utile aggiungere qualcosa ai capitoli del Monte per la conservazione dello stesso, e non altrimenti.
=* 1470 giugno 27 e altri giorni. “ Fra’ Giacomo, padre, e devotissimo oratore Fermano, venne in Cernita e propose di fare la composizione con il vescovo affinché il Comune possa liberamente e pacificamente edificare il palazzo e il vescovo possa edificare la casa canonica, ivi presso la chiesa cattedrale. Secondo il consiglio del venerabile p. Giacomo ottimo e beato frate, si decide di scrivere agli Oratori fermani, in modo che si accordino con il vescovo e con il cardinale di S. Croce. Il 3 luglio si decide che gli operai del nuovo palazzo abbiamo un incontro di accordi riguardo al ‘lavoreccio’ con fra’ Giacomo e con i priori e i regolatori e si faccia secondo il volere di questo frate. Giorno 14 luglio. Don Pietro Paolo da Esanatoglia vicario del vescovo, venendo in Cernita, riferì il desiderio alla comunità, e per iniziativa e opera loro e di fra’ Giacomo insieme con il cardinale e il vescovo Capranica lo scrivono gli Oratori. Giorno 17 luglio. Si fanno accordi riguardanti le lettere degli Oratori per far sapere che l’affare era turbato riguardo al nuovo palazzo, ma si decideva di insistere per mezzo di Oratori. Giorno 7 agosto. Fra’ Giacomo insieme con gli Oratori di Monteprandone chiese che si facesse composizione riguardo ai pagamenti delle penalità dei ‘danni dati’ in modo che < ugualmente> i loro uomini paghino nel castello di San Benedetto e di Acquaviva quello che questi pagano a Monteprandone e si decide di compiacere fra’ Giacomo per mezzo di una determinata pena, per terrore della quale ambedue le parti si astengono dai danni. (c. 116v) Viene rimesso al pensiero di fra’ Giacomo un matrimonio da lui chiesto in favore di un tale di Sant’Elpidio, soltanto per questa volta. (A.S.F. Consilia et Cernitae – Bastardelli, 20°, cc. 70-72; MARINI, II, c. 114v-117; TOMASSINI, La città … pp. 195- 196)
=* 1473 marzo 12 e altri giorni. “ Nella Cernita: al n. 4. Sulla predicazione fatta dal venerabile padre fra’ Giacomo della Marca contro la macchinazione e l’idolatria da parte di Pietro albanese. (c. 74) Sulla predicazione fatta dal padre fra’ Giacomo riguardo a quella ‘pintura’ <=costruzione> che Pietro albanese aveva fatto fare; in ogni cosa si faccia la volontà di questo padre fra’ Giacomo. Voti neri favorevoli 66; vuoti bianchi contrari 44. (c. 75v) Viene considerato che padre fra’ Giacomo desidera venire nella Cernita dove intende dire qualcosa a comodo dei cittadini e per la salvezza delle anime; e sua paternità (il frate) sia chiamato nella pubblica Cernita. (c. 76) Riguardo agli avvenimenti di quell’albanese a cui si dice sia apparsa la Vergine Maria, ora per la sollecitazione di costui molti corrono e si fa quella ‘pintura’; in questo si esegua il consiglio e la volontà di fra Giacomo. (c. 76v) Riguardo alla predicazione fatta dal venerabile padre fra’ Giacomo e massimamente riguardo a quella ‘pintura’; si esegua il consiglio e la volontà di questo padre fra’ Giacomo. (c. 90v) Giorno 28 marzo, riunito il pubblico Consiglio Generale del Comune e del popolo della città di Fermo … (c.91v) riguardo alla predicazione fatta dal venerabile padre fra’ Giacomo contro quelli che credono alle parole di Pietro albanese; si esegua il consiglio e si compia la volontà di questo fra’ Giacomo. Pietro albanese aveva predicato prima del giorno 12 marzo. (c. 99) Giorno 4 aprile. Cernita (c. 100) Fecero delibera che con cautela si venga a sapere da un frate dell’Annunziata che cosa è il padre fra’ Giacomo abbia fatto nell’Urbe, forse presso il Sommo Pontefice. (A.S.F. Consilia et Cernitae – Bastardelli, 22°, cc. 72-76v. 90v-91v. 99.100v; MARINI, II, c. 136v-138; TOMASSINI, La città … pp. 196-197)
=* 1473 maggio 7 “ Cernita. Nicola di Giovannuccio priore (…) fece le seguenti proposte: .1. Il venerabile padre fra’ Giacomo ritornò al luogo (=convento) dell’Annunziata e noi siamo andati a fargli visita. Con giocondo animo sua paternità ci ha visti e ha detto che vuole andare a Napoli dal re, sua maestà Ferdinando, perché così aveva promesso. Egli aveva portato una Icona fatta e dipinta con la figura della beata Maria Vergine di mano di San Luca, degna di essere onorata. Egli vuole donarcela e fare processione. (c. 116v) Al – 3° – Dato che molti vennero dalla contrada Pila e esposero le querele che essi non sono stati ascoltati riguardo al dover fare quella ‘pintura’. (c. 118) Riguardo alla prima proposta fatta per quella icona che il venerabile padre fra’ Giacomo vuole dare come un raro dono a questa comunità, si decida e con processione ed onore sia portata dal luogo dove era “ Crocifisso alla carcera”, luogo stabilito da questo padre fra’ Giacomo. Voti favorevoli neri 95; voti contrari bianchi 2. (c. 118v) Sui fatti di riguardanti quella ‘pintura’ che quelli della contrada Pila insistono di voler fare; si faccia la volontà di fra’ Giacomo e le pietre che sono state portate siano rimosse e si soprassieda fino alla venuta del rev.mo sig. cardinale Fermano se dover fabbricare questa ‘pintura’. (c. 119) Riguardo al partire di padre fra’ Giacomo, dopo che fu determinato in Cernita che sia fatta la volontà di padre fra’ Giacomo riguardo agli avvenimenti di quella ‘pintura’, così sia eseguito e in tutto sia fatta la volontà di fra’ Giacomo e si agisca con la paternità fra’ Giacomo affinché non voglia partire e non prenda indignazione su questa materia. Tutte le pietre esistenti sul luogo siano rimosse, e i denari e le pietre vengano in possesso del Comune. (c. 119v) Si faccia bando che nessuno deve andare a quel luogo a pregare sotto pena di un ducato d’oro e si agisca con ogni insistenza e si compiacerà fra’ Giacomo. (c. 121) Riguardo ai fatti dell’immagine offerta da parte del venerabile padre fra’ Giacomo, venga da noi accettata con animo grato e si faccia la processione solennemente come sembrerà opportuno a fra’ Giacomo e come gli piacerà. (c. 121v) ( … ) e come sembrerà opportuno a fra’ Giacomo. Riguardo, inoltre, al fatto di quella ‘pintura’ che quelli di contrada Pila chiedono di fare contro la delibera già fatta; le pietre siano rimosse e il padrone delle pietre prenda la sua parte e le pietre comprate dalle elemosine siano collocate, fra due giorni, al posto dei panni. Approvato con voti neri favorevoli neri 72; contrari bianchi 27. (c. 122) Se qualcuno vi andasse o volesse andare a pregare ivi la penalità è di un ducato di multa fatta dall’officiale, che per questo suo riscontro abbia la quarta parte. (A.S.F. Consilia et Cernitae – Bastardelli, 22°, cc. 116-122. MARINI, II, c. 137v; TOMASSINI, La città … pp. 197-198)
=* 1473 luglio 20 e altri giorni. Dopo che alcuni frati dell’Osservanza erano stati malmenati dai Frati Conventuali a Fermo, il 20 luglio “ il rev.do ministro dell’Ordine dei Minori venne a Fermo a trattare la causa e si decide di scrivere al padre fra’ Giacomo della Marca e al santo signore nostro (MARINI, II, cc.142-144 qui è detto fra’ Giacomo ‘Piceno’: 25 ottobre 1479; TOMASSINI, La città … pp. 199-200)