IL CONVENTO DEL PIANO A SERVIGLIANO (Carlo Tomassini)
Utili notizie sui resti delle antichità romane, esistenti nel sito dov’è oggi Servigliano, sono state narrate dal p. Carlo Gasparini nella sua Relazione sui Conventi dell’Osservanza ove si legge che nel secolo XVII la chiesa ed il convento serviglianesi erano circondati da un’immensa prateria nella quale si trovavano disseminati i ruderi di costruzioni dell’epoca romana.
In particolare nel prato davanti alla chiesa e al convento si vedevano sparse moltissime pietre e si distinguevano le macerie di un vasto edificio simile ad una reggia appartenuta ai “Faleri” (abitanti del municipio di Faleria). Permanevano abbondanti vestigi di muri e di stanze con pavimenti i quali erano “fatti a punte di diamante con calce fortissima che è quasi divenuta ferro.”
Lo scrittore annotavano l’acqua corrente e le vasche, in particolare una grande vasca di pietra ad uso balneare che considerava regale. I Frati dell’Osservanza ne facevano uso come “peschiere” e facendo un incanalamento ci irrigavano l’orto. Inoltre piantarono alberi, viti e olmi nella prateria.
Per la parte religiosa, lo scrittore apprezzava Servigliano e Falerone per le pratiche cristiane. Ricordava il fiorire del Francescanesimo con i Beati Pellegrino da Falerone (che si convertì quand’era universitario a Bologna, ascoltando San Francesco) e il beato Giacomo parimenti di Falerone.
Notiamo subito che il centro urbano di Servigliano, fino al 1773 era lontano quattro chilometri da qui, sull’altura di 440 metri, vicina al confine con Santa Vittoria in Matenano. Fu costruito il nuovo centro urbano di Castel Clementino, dal 1772 al 1779, a forma di quadrilatero messo in allineamento parallelo al complesso dei preesistenti antichi edifici del convento e della chiesa del Piano. Gli archi delle porte Clementina(nord) e di quella Piana(sud) sono allineati ortogonali al portale d’ingresso della chiesa di Santa Maria del Piano, per cui guardando dall’arco meridionale si vedono tutte tre le arcate. Il convento venne a formare corpo unico con l’adiacente chiesa del Piano.
Per riscoprire le origini della chiesa del Piano occorre fare riferimento alle usanze romane trasformate con l’introduzione del Cristianesimo in questa parte del territorio, e osservare la stratigrafia delle più antiche mura in pietra della chiesa detta dei Frati.
Al tempo dell’imperatore Augusto, prima della nascita del Cristo, qui esisteva una villa rustica, abitazione di campagna del romano Servilio, e dal “praedio Serviliano” è derivato il toponimo ‘Servigliano’. Presso questa sua villa, Servilio aveva uno spazio sacro, il sacello dei “Lari” e delle ceneri degli antenati, dentro anfore nell’edicola tra le piante del “pomerio”.
Questa sede demica romana si trovava lungo la via che da Amandola conduceva a Falerio, detta via Faleriense (attuale strada provinciale 239) a metà del suo percorso tra i monti ad ovest ed il mare ad est, pertanto in un punto di frequente passaggio.
Nel 391 gli imperatori Arcadio e Onorio proibirono i riti pagani. Le edicole ed i templi abbandonati dai ‘pagani’ vennero riutilizzati dai cristiani. Così la prima chiesetta cristiana a nel Piano di Servigliano può riferirsi all’epoca del vescovo di Falerio, verso la fine del IV o agli inizi del V secolo. Tra le più antiche testimonianze cristiane della zona, è stata trovata una lapide cristiana di quest’epoca negli scavi archeologici a Falerio (oggi Piane di Falerone).
I primi religiosi che valorizzarono questo luogo sono stati i monaci benedettini Farfensi che con il motto “Prega e Lavora” rianimarono le attività economiche e la pratica religiosa, dopo la decadenza di Roma. Nel sotterraneo della chiesina, qui, come altrove si ponevano le tombe. L’abate di Farfa, Pietro, abitò a Santa Vittoria dalla fine del secolo IX e, quando ripartì dopo circa quarant’anni, lasciò una priorato ad amministrare le chiese dipendenti..
Osservando la chiesa nella parete orientale, si nota la muratura in pietra ,verso il fiume Tenna. Sono le mura in pietra della facciata del piccolo edificio con l’ingresso che allora era ad est. (immagine 3) Oggi l’entrata della chiesa è a sud. Questa chiesina, rimurata nel secolo XII, è rimasta conglobata nell’ingrandimento successivo dello stesso edificio.(immagine 4)
Nel sec. XIII, i monaci di Santa Vittoria vennero in contrasto con il vescovo di Fermo che molto li aveva favoriti all’inizio. Si era in tempo di guelfi (difensori dei comuni e del papato) e ghibellini (difensori dell’imperatore e dei suoi vicari). I Farfensi erano di parte Imperiale per cui questa chiesa serviglianese fu tolta al dominio farfense e tornò sotto quello del vescovo fermano. Il terreno attorno divenne proprietà del pievano pieve di San Marco che aveva la sua chiesa sull’altura.
L’edificio fu ingrandito, come si può notare dalla muratura della porta e della finestra del secolo XIII. E’ stata questa l’epoca del fervore cristiano di san Francesco e dei suoi seguaci, i beati Pellegrino e Giacomo da Falerone. Come in tutto il Fermano, anche qui fiorirono le vocazioni francescane.
Dopo narrate le origini romane dell’edicola pagana e la trasformazione in chiesetta cristiana, valorizzata, in particolare nel secolo XIV, dai francescani, osserviamo le trasformazioni dei primi decenni del secolo XV. Ne sono testimonianza gli affreschi che si trovano all’interno della chiesetta fatta in pietre, dipinti ai lati dell’attuale sacrestia. Alcuni di questi affreschi sono a tre strati, i più antichi della fine del secolo XIV e altri dei secoli successivi. Il portale quattrocentesco rimurato conserva le linee architettoniche. (immagine 5)
Nel contempo dal romano pontefice era stata autorizzata la fiera o mercato nella pianura davanti al convento ed alla sua chiesa. In dialetto “la fiera de lu pià!” a Santa Maria del Piano. Ancor oggi Servigliano svolge mercati ogni quindici giorni circa. Già alla fine del sec. XIV l’arte degli affreschi lasciava a Servigliano meravigliose opere. Lo spirito creava l’arte alla luce della fede, come, un secolo prima, fece Giotto nella basilica di san Francesco ad Assisi.
Chi abitava nel Convento? Ne abbiamo notizia dalla predetta Relazione del padre Gasparrini, secondo il quale i Padri Terziari o Clareni possedettero questo convento. I Padri del Terz’Ordine Francescano vi abitavano nel secolo XIV. I Clareni detti anche Fraticelli erano presenti agli inizi del secolo XV. Erano uomini religiosi, molto ascetici nel praticare penitenze e digiuni, ma non erano obbedienti all’Ordine Francescano ed ai papi, ragion per cui nella seconda metà dello stesso secolo, furono scacciati da San Giacomo della Marca, incaricato dal papa.
Un documento del 1414 fa conoscere una rifondazione della chiesetta ad opera dell’antivescovo di Fermo Giovanni De Firmonibus inviato dall’antipapa Giovanni XXIII, mentre il vescovo fermano autentico era il francescano Giovanni De Bertoldi nominato dal papa legittimo Gregorio XII. Si era in tempi di scisma.
In breve l’antivescovo Giovanni De Firmonibus accoglieva la richiesta del portavoce dei massari di Servigliano che erano diventati seguaci di una veggente serviglianese, Catalutia Petrutii Iohannis Venancii, la quale chiedeva di assecondare una sua rivelazione per scongiurare la peste ed avere benessere per mezzo della Fondazione di una chiesa al Piano di Servigliano.
A Servigliano e in tutto il territorio Fermano si vivevano momenti di preoccupazione a motivo della diffusione della peste nera e della guerra di Ludovico Miglioranti. La gente accettò di essere sollecitata dalla promessa profferita da Catalutia, sperando che sarebbero stati allontanati i mali dal territorio con i riti celebrati nella chiesa di Santa Maria del Piano .
Questa chiesa serviglianese di Santa Maria del Piano esisteva già precedentemente e i massari chiedevano all’autorità diocesana di ampliarla occupando un’area di proprietà della Pieve di San Marco in Servigliano. L’antivescovo fermano De Firmonibus approvò questa “fondazione nuova” concedendo l’indulgenza di una quaresima, ai benefattori che si recassero a pregare in detta chiesa nei giorni festivi.
E’ pensabile che, a metà sec. XV, dopo la cacciata dei frati Clareni (Fraticelli), il convento rimase vuoto. Allora san Giacomo della Marca, che aveva fondato a Fermo il convento dell’Osservanza, diffuse, qui, come altrove, (ad esempio a Massa Fermana), i conventi del suo nuovo ordine dell’Osservanza.
Nel contempo, il papa Callisto terzo, con bolla del 29 novembre 1457, concedeva ai fedeli che visitavano la chiesa del Piano l’indulgenza di sette anni e sette quarantene, nelle feste dell’Annunciazione, della Natività di Maria e il Venerdì Santo. Nella bolla si accennava al numeroso afflusso dei fedeli e al fatto che presso questa chiesa si svolgevano alcune fiere. Sappiamo da altri documenti che le fiere del Piano erano legate alle feste dell’Annunciazione, dell’Assunzione e della Natività di Maria. La statua della Madonna (del Piano) seduta, con le mani giunte, e con il Bambino sulle ginocchia, è conservata come pregevole opera scultorea riferita dagli studiosi al secolo XV.
Osservando la parete orientale della chiesa di Santa Maria del Piano, ben si nota che nei secoli XIII, XIV e XV qui era la porta d’ingresso della chiesa perché si vedono le sagome delle porte più antiche e il portale quattrocentesco, tutto rimurato come pure le finestre. Questo ingresso fu tamponato, perché, nel secolo XVII, si è creata l’entrata nuova della chiesa, a sud, allineata al nuovo maestoso convento. Anche di questo ulteriore rifacimento secentesco si notano le finestre murate nella stessa parete orientale. Quando a metà sec. XVIII l’edificio fu rialzato e ornato in stile neoclassico, con ulteriore ampliamento volumetrico, furono tamponate le finestre e la parete ne conserva i segni.
Nella prima metà del secolo XVI erano qui presenti i Frati Minori Osservanti. Il padre Gasparini riferì nel suo manoscritto che questi di Servigliano erano stati sotto gli auspici del convento di Montappone. Ricordava, in particolare, Padre Raffaele che fu definitore del nuovo Ordine cinque volte dal 1525 al 1538 e inoltre che nel 1573 vi era vicario . Fra Cruciano Caraccia da San Ginesio. I pii fedeli volevano che si facesse un gran bel convento, indipendente e con molti Padri.
A nome loro fu il Comune a proporre la richiesta, nel 1578, al padre Ministro generale dei Minori Ossrrvanti, Padre Cristoforo Capitefontium (francese) e insieme al Ministro Provinciale p. Balestrino da Montebaroccio, al fine che ottenessero l’autorizzazione da parte del papa Gregorio XIII, il quale la concesse il 10 novembre 1579 per esaudire -scriveva- i devoti auspici dei fedeli (Piis fidelium votis). La bolla pontificia li rendeva proprietari del luogo e della chiesa.
Lo scrittore p. Gasparini indicò varie proprietà di questo, come le peschiere, le fontane, le vigne, le selve e due appezzamenti di terra presso il fiume Tenna, oltre alle elemosine, alla offerte comunali, alle riscossioni per le panche o posti in occasione delle fiere, e le questue del grano e del mosto e della frutta. Solo così i frati poterono costruire un convento tra i più ampi dell’epoca.
Il Ministro Provinciale aveva promesso che qui dovevano vivere dodici Frati, tra cui due confessori e il predicatore impegnato ogni anno dal Comune. Lo si realizzò dopo alcuni decenni: nel 1599 i religiosi erano otto perché il convento nel suo meraviglioso progetto, fu compiuto nel 1650 e allora finalmente ci vivevano i dodici frati. Nel contempo veniva restaurata ed ampliata la chiesa adiacente facendo la facciata a sud ed aggiungendo nuovi altari laterali.
I Frati destinarono la rilevante spesa di cento scuti per acquistare una bella scultura raffigurante Gesù Cristo Crocefisso, opera di Cesco da Udine, acquistata a Venezia nel 1601 e trasportata via mare a Porto San Giorgio. Padre Ippolito ed i serviglianesi, che accompagnavano il trasporto, hanno narrato che appena il Crocifisso fu sbarcato sul litorale si verificò l’insolito avvenimento del suono improvviso delle campane delle chiese sangiorgesi. Questo suono di campane, secondo loro, si ripeté nel passaggio attraverso Grottazzolina e Belmonte. Giunti alla chiesa del Piano il maestoso Crocifisso a grandezza naturale fu collocato solennemente nell’abside. Si tramanda che i fedeli impetrarono ed ottennero molte grazie di fronte a questo immagine che è stata considerata perciò miracolosa. Di certo è un’opera d’arte di squisita bellezza artistica, di finezza anatomica michelangiolesca.
Grande lo zelo pastorale dei frati e notevole la frequenza dei fedeli. Nacque la Confraternita di Sant’Antonio da Padova del quale, nel secolo XVIII, fu procurata una statua lignea ancora esistente, nel proprio altare. Parimenti la Compagnia per il Suffragio per i defunti volle, nel suo altare, una tela del 1720. Il Terz’ordine Francescano fu presente dai primi tempi ed eressero nel secolo XVII un altare in cui si onoravano i santi frati dell’Osservanza .
Fra’ Antonio Talamonti nella sua Cronistoria ha riferito ampie notizie sulle innovazioni edilizie ed artistiche, riferendo i nomi di alcuni artisti intervenuti. La ristrutturazione neoclassica (cominciata nel 1739 con la torre), progredì ad opera di mastro Gregorio Porfiri da Collina, nel presbiterio, e fu portata avanti per decenni, in particolare per la solerzia di padre Giuseppe Bernardino Mancinelli da Servigliano, insieme con altri serviglianesi nella seconda metà del secolo XVIII. Nel 1747 fu collocato l’organo di Giovanni Fedeli della Rocchetta di Camerino.
Il nuovo coro è opera di mastro Brunetti da Santa Vittoria; la meravigliosa sacrestia in legno fu realizzata da mastro Alessio Donati da Offida. Tutto l’assetto ed arredo interno (dal volto al coro) fu realizzato nella metà del secolo XVIII fino al 1788 quando la torre campanaria fu completata, dopo la costruzione di Castel Clementino. Davanti alla chiesa il livello del suolo è più alto rispetto al pavimento interno dell’edificio, perché con un terrapieno lo si portò a livello di Castel Clementino.
Padre Mancinelli ha lasciato anche memoria della serviglianese Bernardina Pierangelini, morta santamente nel 1758, serva di Dio, cui fu attribuito persino qualche miracolo. Fu sepolta sotto il pavimento a sinistra dell’altare delle Anime purganti. Più volte si tennero nel detto convento le riunioni dei ministri provinciali.
La posizione intermedia tra mari e monti favorì l’afflusso alle fiere annuali , in occasione delle quali i Frati ospitavano il Governatore di Fermo ed i suoi militi.
Quando il chirografo di Clemente XIV nell’ottobre 1771 dispose la costruzione di Castel Clementino, venne occupata la prateria davanti al complesso architettonico dei Frati. Per gli uffici Comunali furono affittati alcuni locali del convento, fino a quando, 1787. fu costruito il palazzo municipale, rialzato successivamente. Nel convento si stabilì la scuola pubblica.
Con l’azione dei militari dell’Armata d’Italia di Napoleone, le leggi francesi eversive si appropriarono dei beni ecclesiastici, I Frati furono allontanati il 10 maggio 1810 e l’edificio fu venduto. Dopo la caduta di Napoleone, fu riscattato e il 23 luglio 1816 tornarono i religiosi.
Cinquant’anni appresso, le nuove leggi eversive, del re di Savoia, demandarono le proprietà ecclesiastiche al loro demanio, pertanto la comunità francescana serviglianese fu allontanata nel dicembre 1866 ad opera del sindaco Filoni con i gendarmi.
Questa proprietà demaniale fu chiesta in uso dal Comune per un Asilo d’Infanzia sin dal 1868. Dopo laboriose pratiche finalmente nel 1883 una parte dell’ex convento fu adibita a scuola comunale. Nel lato ovest fu stabilita la Caserma dell’Arma dei Carabinieri, e di seguito i locali per un ospedale.
La chiesa affidata al Comune fu riaperta e fu officiata da un Frate Minore autorizzato dal Papa a risiedervi. Nel 1904 subentrò don Raffaele Gaspari che aveva acquistato l’edificio nel 1898 e, come cappellano, vi celebrò don Francesco Selandari, fino al 1927, poi i cappellani successori. Nei corridoi a lato della chiesa, l’arciprete don Raffaele Gasparri aprì nel 1910 l’Asilo “Regina Margherita” e il Laboratorio femminile, diretti dalle suore di San Gaetano.
Edifici: CONVENTO e CHIESA
L’edificio realizzato nel corso del secolo XVII e perfezionato a metà sec. XVIII, è vasto, su due piani, quello a livello del terreno e quello superiore. E’ interessante anche perché ha la forma di quadrilatero, che, un secolo e mezzo dopo, avrebbe avuto Castel Clementino. Adiacenti alla chiesa, i corridoi del piano terra e di quello superiore, con una scala di accesso. Il portale d’ingresso, a lato della porta del magazzino immette nel chiostro (immagine 3) e qui un’altra scala porta al piano superiore. C’è un sotterraneo nel lato settentrionale del convento (verso Tenna).
La chiesa di Santa Maria del Piano, detta dei Frati, ha una facciata del secolo XVII, rialzata nel secolo successivo, quando tutto l’edificio ebbe una struttura neoclassica, ad unica navata, le cui pareti laterali sono scandite da sei cappelle con altari. Nella tribuna centrale il maestoso Crocefisso portato nel 1601 e sotto il coro e l’altare maggiore. Dietro la sacrestia.
La facciata ha un largo binato laterale di paraste a tenue rilievo. Nella parte inferiore predominano linee classicheggianti. Il prospetto è spartito da quattro lesene sormontate da un cornicione lineare. Le sopraelevazioni delle paraste culminano in pinnacoli che danno finezza proporzionale all’aspetto architettonico. Il timpano che s’attesta entro le lesene, culmina in un fastigio tardo barocco.
Merita attenzione la parete esterna orientale perché vi si distinguono distinte murature, quelle a nord in pietre, con una porticina ed un tetto basso, sono dei secoli XI-XIII.(immagine 4) I muri in mattoni dal secolo XIV, hanno un tetto rialzato. Il portale rimurato nella parete è del secolo XV.(immagine 5) Le pareti furono rialzate nel sec. XVII murando le porte. L’allungamento ed l’innalzamento con le attuali finestre furono completati nel 1788. In alto si distinguono le murature con mattoni del primo dopoguerra.
I DIPINTI
Nel retrosacrestia sono apprezzabili gli affreschi del secolo XV tra cui il Crocifisso con la Madre Maria e il discepolo Giovanni; inoltre Sant’Antonio abate dipinto da Cola. Altri affreschi sono, in parte, dietro le pareti della sacrestia. Nel retrofacciata la Vergine in trono con il divin Figlio. Due tele dipinte superstiti dagli altari laterali, sono state portate nella sala del Consiglio municipale.
In una tela si vedono dipinti: in alto san Francesco d’Assisi (stimmate, cordone), in basso san Pietro d’Alcantara (cilicio e catenelle), san Giacomo della Marca (bastone, Bibbia, calice). Opera degli inizi del sec. XVIII. S. Francesco 1182-1226 è il patriarca dei Francescani. S. Pietro d’Alcantara 1499-1562 fondò conventi degli Osservanti; come fece nel Fermano san Giacomo della Marca (1394-1471).
In altra tela sono raffigurati due santi francescani Osservanti che adorano la divina Ostia con il Calice: s. Giovanni da Capistrano ( 1386-1462 difensore contro i Turchi) e s. Pasquale Baylon (1540-1592) Patrono delle confraternite del SS. Sacramento. Festa in data 17 maggio. Il 17 maggio 1774 fu posta la prima pietra della Chiesa di San Marco a Castel Clementino.