“Senza voi non posso vivere, mio Dio” Suor Maria Eletta Sani clarissa a Falerone – Cronologia della serva di Dio
.1721 nasce a San Severino, figlia di Sante Ranieri Sani e Rosa Caterina il giorno 9 febbraio ed è battezzata
.1727 riceve la santa Cresima e messaggi divini.
.1735 celebra la prima santa Comunione Eucaristica e tiene a cuore l’intimità con Gesù Cristo.
.1741 gioie nel triduo della Pasqua e prove di purificazione.
.1749 per mesi si sente ridotta all’aridità spirituale.
.1752 il 3 giugno entra nel monastero di Falerone
.1753 fa la professione dei voti il 4 ottobre,
.1754 il giorno 23 giugno vola in Cielo, in concetto di santità.
.1755 l’arciv. fermano Alessandro Borgia dà incarico al parroco di Falerone di raccogliere memorie su di lei.
L’INFANZIA DI MARIA
Sante Ranieri Sani, suonatore di violino, era venuto da Pisa a San Severino Marche ove aveva sposato Rosa Caterina. La prima creatura la chiamarono Maria Francesca Teresa Caterina e Apollonia, nata il 9 febbraio 1721, a San Severino in modo prodigioso, come lei stessa raccontava. La mamma arrivata alle doglie del parto si sentiva morire. Di fronte a tanta sofferenza fu suggerito che le fosse amministrato il sacramento del Viatico. Da buona cristiana com’era, volle ricevere l’Eucaristia. Proprio mentre la sacra Particola le veniva posata sulle labbra, felicemente dava alla luce la sua bambina che lo stesso giorno fu portata in cattedrale ove era stabilita la parrocchia di San Giuseppe e le fu amministrato il santo Battesimo. Maria Francesca da giovane raccontava che era nata per prodigio del Santissimo Sacramento.
Ancora piccolina, una penosa malattia la trattenne a letto per tre mesi e la prostrò a tal punto da farle perdere quasi del tutto la vista agli occhi. I genitori pregarono Dio con ardore e chiesero l’intercessione di san Francesco da Paola, il santo francescano fondatore dei Frati Minimi, che aveva per programma la Carità! A lui era dedicato un altare nella vicina chiesa. Avvenne che il 2 aprile, (memoria liturgica di questo santo), mentre Maria Francesca era sola in camera, un fraticello le si presentò e le chiese di alzarsi. “Non ci riesco” – disse lei con dispiacere. “Ti aiuto io” – e le porse la mano a sollevarsi. Eccola in piedi, si veste e scende in cucina ove sorprende i genitori che la vedono muoversi lieta, risanata. Allora vanno a ringraziare Dio in chiesa. “Ecco il fraticello che mi ha fatta alzare” esclama la bimba riconoscendolo nel dipinto sulla tela sopra l’altare.
CONFIDENTE DI GESU’ E DI MARIA – Da San Severino, ben presto, la famiglia si trasferiva a Macerata. Ha raccontato lei stessa un fatto che le capitò all’età di tre anni: “Vidi una nube luminosa in mezzo alla quale era Gesù Bambino, che scese vicino a me, indegna creatura , ed ebbi così la sorte di conoscerlo per la prima volta. Avvicinatosi a me, l’amato mio Gesù, mi disse queste parole: – Maria, io vengo a te, ma dammi il cuore tuo e servimi con fedeltà che io sarò il tuo sposo e tu sarai la mia sposa. Figlia, amami con fedeltà e verrai con me -. Fece atto di volermi accarezzare per darmi animo e mi disparve. Mi lasciò nel cuore tale smania di amore che nella mia semplicità volevo andare volando verso il Cielo dove vedevo che l’Amato s’era avviato.”
In un’altra occasione, la Madonna le spiegò che, per amare Gesù, il suo cuore doveva essere vuoto da ogni altro affetto. “Mi figuravo Gesù dentro il mio cuore e con ansioso desiderio mi ci trattenevo a discorrere”. Era il suo modo di pregare assiduamente. Educata alla fiducia verso Gesù praticava la preghiera, e detestava ogni offesa a Dio.
CON LO SPIRITO SANTO E L’EUCARISTIA – Nel sesto anno ricevette la santa Cresima. Cominciò anche a sentire delle voci interne che ancora non sapeva assecondare. Una volta, sentì: “ Confessati, manifesta tutto al Confessore e t’insegnerà la via dritta”. Non capì subito, ma poi le fu chiaro, quando giunse a dodici anni alla preparazione per la prima s. Comunione. Andava con i genitori in chiesa e fissava con devozione il suo sguardo nella porticina del Ciborio che racchiude Gesù Eucaristia. Avvenne una volta, da bambina, che i genitori non la condussero con loro alla santa Messa. Ne pianse amaramente tanto che poi ricordava ancora quel fatto con dispiacere a motivo del mancato incontro con l’amico del suo cuore. Un giorno Gesù le disse: “ Maria Teresa, vieni da me. Adorami che io sto in questo Altare”. Le mostrò una piccola croce che aveva in mano dicendo: ”Figlia, questo è il trionfo della mia gloria”.
I famigliari apprezzavano la sua maturità e le affidavano varie faccende, soprattutto nell’aiutare le sorelline. Divenne sempre più generosa, lasciando agli altri qualche cibo e contentandosi di pane ed acqua, più volte ogni settimana. Per amore di Dio, accettava difficoltà ed umiliazioni, cercando di evitare i difetti contro la carità. Voleva Gesù Cristo come suo unico e vero fidanzato, per cui gli dedicava volentieri le sue devote preghiere, cercava di imitarne l’esempio, tenendo in cuore nei tesori delle divine grazie. La sua anima era rallegrata da momenti di intimità divina. Con voci interne il Signore le diceva di amare i poveri e di aiutarli perché gli erano molto cari e molto li amava. Lei a volte si privava del suo cibo per soccorrere all’altrui povertà.
MODESTIA E GENEROSITA’ – Lo Spirito Santo con la sua Grazia agiva in lei creando l’ardore di sete divina e lei cercava le persone che le parlassero di Gesù. Voleva conoscerlo e farlo contento. Si affliggeva per coloro che si allontanavano da Dio ed offriva per il loro ravvedimento se stessa come vittima in riparazione, affinché sempre Dio venisse amato. Nel Natale del 1729 la Beata Vergine le apparve con il divin Bambino. Mariuccia provò vivo desiderio di abbracciarlo e la Madonna le disse: “ Il celeste Bambino si posa soltanto nei cuori di chi Lo ama”. Con ardore allora disponeva il suo cuore ad accoglierlo. Le diceva concora la Madre celeste: “ Figlia, se tu sarai fedele e vera devota, Lo avrai nel tuo cuore e lo potrai amare come tuo sposo. Impara ad essere mortificata e modesta . . . . “
A nove anni, cominciò a stimare la vocazione religiosa. Voleva imitare le sante vergini di cui leggeva la biografia. Non potendosi sacrificare al modo delle tante martiri giovinette, voleva immolarsi in un chiostro con la consacrazione totale. Un giorno il padre organizzò un pellegrinaggio a Loreto. Giunti dentro la santa Casa Mariuccia implorava dalla Vergine di Nazaret di poter essere religiosa consacrata. “ Una sola grazia vi chiedo, mia buona Madre, non guardate alla mia indegnità, solo vi muova la vostra bontà: apritemi le porte di un chiostro”. Racconta: “Dopo varie preghiere, la Madre di misericordia mi si fece visibilmente vedere col volto risplendentissimo e mi disse: “ Sì, ti otterrò la grazia, entrerai in Religione e sarai sposata con il mio Figlio. Avverti che avrai grandi persecuzioni “. Queste parole non mi fecero impressione e mi gettai nella protezione della mia grande Signora”.
CONTEMPLATIVA E ATTIVA NELL’ADOLESCENZA – Dopo il ritorno da Loreto, fu colpita da una febbre tanto grave che per tre mesi visse tra la vita e la morte. Le era capitato qualcosa di simile da piccola. La famiglia, questa volta invocò l’intercessione di san Luigi Gonzaga, di memoria liturgica il 21 giugno. Alla fine, per quasi tre giorni, lei rimase tutta assorta, poi si trovò guarita. Aveva avuto mirabili visioni. Alzatasi, si recò in chiesa a ringraziare e Dio e san Luigi che volle tenere come suo caro modello di purezza. Nel 1734 tredicenne, scelse a sua guida spirituale, il gesuita padre Matteo Santoni e fece la prima confessione generale con cui ogni suo scrupolo e rimorso si placarono. L’anno seguente celebrò la sua prima santa Comunione Eucaristica. Il confessore le accordò, secondo l’uso del tempo, di potersi comunicare nella santa Messa, una volta ogni settimana, e lei lo faceva di buon mattino nella vicina chiesa. Ha scritto che Gesù allora le rivelava la sua passione e le diceva: “Sono ricusato da molti, bestemmiato, maledetto e vado a cercare un cuore ove nascondermi, perché pochi sono quelli che mi amano”.
ANIMA EUCARISTICA NELL’APOSTOLATO – Tanta fu la forza spirituale che la permeò, che tradusse in pratica le virtù seguendo l’esempio di Gesù e lo fece per tutta la vita in tempi, forme e modi eroici, per dono della Spirito Santo. A venti anni, nel 1741, il giorno di santa Caterina (30 aprile) Dio permise al demonio di provare la virtù e la costanza del suo amore. Poi il giorno di Pentecoste (21 maggio) ebbe ineffabile letizia. Le prove tornarono spesso perché Dio purificava la sua eroina per renderla più degna di Lui ed intesserle la corona di gloria. Sarà la sua tenacia a condurla all’unione con Dio. Nel 1744 il confessore padre Santoni notava la sua vita innocente, distaccata dal mondo, e applicata agli esercizi di spirito ed alle incombenze di casa, con anche elemosine ai poveri. Nei servizi in casa era sempre premurosa per i due fratelli Paolo, Vincenzo e per la sorellina Anna Felice. Si esercitava nel fervore di carità, ma non le mancarono ostacoli, incomprensioni e durissime difficoltà, non esclusi i violenti attacchi demoniaci. Nelle tentazioni, colme di risentimenti e di impurità, sostava con Gesù Eucaristia ricevuto nella santa Comunione, sentendosi malata per tanti difetti umani: “Giacché vi siete degnato di venire in quest’ospedale di infermità, guarite le mie piaghe inverminite”.
Dall’ottobre del 1749, trasferitosi altrove il suo padre confessore Santoni, per più mesi, nessun sacerdote volle ascoltarla in confessione e fu allontanata perfino dalla santa Comunione. Forse i sacerdoti avevano notato non usuale la sua forma di spiritualità: “Restai priva d’ogni confessore, andavo a fare lamenti ai pié di qualche Crocifisso, dove più volte Dio mi dava lume ch’io dovessi stare abbracciata ad una croce che mi faceva vedere oscura e senza Crocifisso, cioè priva d’ogni conforto e lontana dal godere dell’amato mio Bene, giacché mi avrebbe potuto dare qualche sollievo il solo vedere in croce Gesù. Dio mi faceva vedere che dovevo stare priva di tutto, sola, desolata, nella Croce senza Crocifisso. Fa’, o Signore, che nell’ora della prova io mai mi lamenti dei rigori dell’Amor tuo”.
DA UNA LETTERA DI MARIETTA “ Viva Gesù e Maria. A gloria di voi, mio Dio, per obbedienza del vostro ministro (=sacerdote). Gran confusione porta a me la vostra misericordia perché riguardo la mia indegnità sì come la divina bontà ( . . .) Più volte Dio mi usò misericordia di darmi certi colpi e accadde in questa maniera: stando in Dio pienamente raccolta, all’improvviso mi sento portare lo spirito.( … ) 1° dicembre, subito ricevuto Gesù Sacramentato mi intesi aprire il cuore per la sensibilità della grandezza di quell’Ostia santissima. Essendo il cuore aperto per mezzo, mi intesi svenir e restai con lo spirito in Dio e mi fece vedere in chiara notizia il cuore aperto, ed in mezzo l’Ostia consacrata. Siccome quell’Ostia santissima era circondata di certi raggi di splendore, la incapacità del cuore, non poteva stare unito e chiuso e stava aperto. Qui intesi accendere lo spirito da quei raggi da cui era circondata la sacrosanta Ostia e non durai gran tempo stare in quel modo che mi si diede vedere Iddio in lontananza. Acceso più lo spirito di possedere il Bene amato, e mentre stavo desiderando e trafitta da questo acutissimo desiderio, Iddio mi fece vedere in Dio medesimo una corona di spine e uscivano e schizzavano alcune gocce di sangue. In quel punto restai come perduta, priva di sentimento del medesimo spirito. Subito ripigliai vigore e sollievo e desiderai quel che Dio mi aveva mostrato, ma non vedevo più quella corona di spine e il flagello e la Croce. Richiesi e desiderai il significato di questo mistero, ma la divina Bontà non mi volle dare nessuna dichiarazione. Restai priva anche del medesimo desiderio che avevo. Ritornai a me con la sensibilità del cuore aperto, con il solito dolore. Dopo di aver fatti vari atti di ringraziamento e di confusione di me medesima, non posso dichiarare la pena che provo e la confusione: riconosco me indegna nel profondo dell’abisso della mia indegnità. Dopo feci varie preghiere per il prossimo e Iddio mi usò misericordia di rapirmi lo spirito. In Dio vidi tante anime che stavano esclamando le atrocità delle pene del Purgatorio. Mi rivolsi verso la divina Misericordia e offrii e pregai per queste anime. Dopo il rimirare in Dio, vidi tante saette che ferivano il cuore divino di Dio. Ohimè, restai perduta da un’oppressione di pena nello spirito, siccome Dio mi fece intendere nell’atto medesimo le grandi offese: i peccatori oltraggiano e feriscono il cuore divino. In Dio anche qui pregai ed offrii i dolori della Passione e i meriti di Maria per i peccatori (. . . )“
NELLE PROVE – Racconta lei stessa di un lungo periodo di prove spirituali: “ Ero in tanta aridità di spirito che nelle orazioni e comunioni mi sentivo come insensata e fredda”. Visse la sua gioventù nella città di Macerata a contatto con la gente, facendo del bene con la preghiera, con il sacrificio e con l’azione, in obbedienza ai direttori spirituali e alla Chiesa. Mariuccia era la precorritrice di un programma di vita che, un secolo dopo, fu praticato dalla Gioventù di Azione Cattolica. Inoltre, con le sue maniere comprensive ed amabili riusciva a portare a Dio i peccatori. Sua caratteristica spirituale fu l’altissimo concetto che ebbe per l’infinito amore misericordioso di Dio. La sua vita fu un cantico alla Misericordia divina. Rispondendo ai doni annessi alla fede, alla speranza ed alla generosità, ottenne carismi personali da Dio. La Vergine benedetta la confortava e rassicurava: “ Quanto godo, figlia mia, nel vederti impegnata a combattere a gloria del divin Figlio e a bene tuo.” E lei godeva nel suo intimo di una pace operosa sostenuta da colloqui di preghiera.
VERSO IL TRAGUARDO – La sera del 2 novembre 1750, Mariuccia si recò dal padre Scaramelli, gesuita esperto di ascetica e mistica. Gli raccontò la visione avuta, ad occhi aperti mentre stava pregando. Aveva visto una chiesa accanto ad un monastero. Lei prima si mise in adorazione davanti al tabernacolo, poi entrò nel parlatorio. La badessa la condusse al coro dove vide le religiose dedite alla preghiera. Anche lei si inginocchiò. Ai lati dell’altare notò due quadri: sant’Antonio di Padova e san Francesco con le stimmate. Fu lietissima e proruppe in esclamazioni di felicità. Sull’uscire udì dirsi: “ Queste sono le religiose di Falerone, questo è il monastero al quale ti ho destinata.” Fu il p. Scaramelli a chiedere a Maria di narrare per iscritto le sue esperienze spirituali. Ci sono restate molte lettere che lei scrisse.
LETTERA dell’ottobre 1751 – “Ebbi desiderio di essermi trovata al Calvario, allorché il buon Gesù si incamminava sotto il gran peso della Croce. Ma la divina Misericordia mi rapì lo spirito e restai anche io sotto la Croce e mi trovai in Dio e mi diede chiara notizia come il mio Gesù camminava al Calvario nello stesso modo con la Croce in spalla, coronato di spine e tutto disvenuto e quasi morto. Ma Iddio così mi faceva intendere che così le anime religiose rinnovano la passione di Gesù con le offese, essendosi date a Dio e poi vanno incontro al peccato e fanno divenire Gesù al Calvario. In questa notizia non può mai credere la compassione di vedere e capire come è trattato il mio buon Dio. Ma da chi? Ohimè! In questa notizia si prova una grande differenza: si può meditare quanto si vuole; ma mai si arriva a poter comprendere i dolori del mio buon Gesù (…) 26 ottobre. Dio mi fece misericordia di rapirmi lo spirito e mi faceva intendere l’altezza magnifica di Maria santissima, altezza di somma gloria a paragone dello stesso Dio, potente quanto Dio. Intendevo e mi faceva capire tutte le doti (di) Dio, di cui Maria è colma; potente perché la mano onnipotente la creò con la sua onnipotenza, distinta fra tutti gli Spiriti angelici, la più nobile, la più pura, la più bella, la più santa che creasse la divina Potenza. Tanto simile allo stesso Dio, partecipa del divin Padre perché gli è Figlia, partecipa dell’unigenito divin Figlio perché gli è Madre, partecipa de divin Spirito Santo perché è sua Sposa, dotata di quei sette doni: risplendono in Maria come folgoranti splendori”. —
In una lettera del novembre 1751, scrive che il giorno “ 2 – dopo le ore 12. Non so se in stato di delirio di mente, io stavo con il pensiero di andare a visitare il Santissimo. So bene che non fu rapimento perché mi pareva di starci con il corpo e temporaneamente. Tutto in un tempo, mi trovai come fossi stata alla chiesa delle monache di Falerone e verso piedi di detta chiesa mi prostrai a salutare il Santissimo (…) Mi ritrovai alla porta della clausura (…) la vidi aprire, ma senza sapere come. Di rimpetto vi era un corridoio (ne)l quale veniva verso di me l’Abbadessa (…) Mi prostrai inginocchioni per baciarle la mano e pareva che non voleva. Mi prese per mano e mi condusse subito al coro (dove) stavano molte monache, alcune con il velo bianco (…) Presso l’altare dove stava il Santissimo vi erano due rev.di cappuccini che adoravano Gesù sacramentato. Io fra me stessa dissi: “Questo a man dritta bisogna che sia san Francesco d’Assisi che mi ha fatta la grazia di giungere alla bramata clausura”. E non dissi altro. Mi sentivo come rompere la cassa del petto dal gran giubilo e contentezza. Dissi all’Abbadessa: “Mi conduca in qualche luogo da parte perché io mi sento morire” . Già mi pareva di essere arrivata alla bramata e desiderata clausura. Questo è tanto vero, come è vero che io vivo. A me così pare che potrei giurare. Ma dopo mi ritrovai in camera mia in casa”.
IN MONASTERO – Predisposta la sua dote per il monastero, il 3 giugno 1752 si recò a Falerone ove fu accolta tra le Francescane del monastero di San Pietro, vicino alla chiesa parrocchiale del paese. L’accompagnarono i familiari. Si manifestò subito decisa nella vocazione. Ebbe un’accoglienza cordiale dalla badessa suor Gesualda Emiliani, succeduta lo stesso anno nella nomina triennale a Suor Maria Cristina Nebbia. Per esaminarla intervenne don Isidoro Balducci, Vicario foraneo, molto dedito alla formazione cristiana. Di lui si raccontava che aveva chiesto ai fedeli di tutelare le donne in maternità. L’arcivescovo annotava: “E’ un uomo savio”. Fu parroco di Santa Margherita, primo dei quattro parroci di Falerone, i quali facevano vita pastorale in comune servizio. Il primo ottobre dello stesso anno, di domenica, fu vestita dell’abito religioso di probanda.
VUOLE FORMARSI – Si dedica entusiasta per un anno alla formazione, e diviene poi professa, secondo la regola con la sua professione dei voti nella la festa di san Francesco, 4 ottobre 1753. Il nuovo nome, “Eletta” dice il suo stato di elezione come creatura. Ecco come si racconta in una lettera: 8 ottobre 1753 “Viva Gesù e Maria ( … ) La notte antecedente alla Professione, Maria santissima mi diede lume che io sarei stata la sua poverella e che andassi sempre ai suoi piedi (…) Mentre mi raccomandavo e mi preparavo di fare i voti, Iddio mi fece capire che io facevo i tre voti e che Gesù mi dava un anello di tre pietre: la Fede, la Speranza e l’Amore impresse nell’anima. Poi il mio Padre san Francesco mi fece vedere e mi presentò avanti un Crocifisso, il quale io mi sposavo e che però io dovessi essere simile al Crocifisso per unirmi con lo Sposo. Dopo la Professione restai con una somma quiete e mi intesi un affetto verso il mio Gesù come sposo, che mai ho provato simile affetto. Fu grande la confusione e il lume che Iddio mi diede prima della Professione: l’eccesso della sua misericordia e la mia indegnità che io dissi che se Dio mi dava questo lume, prima di prendere il sacro abito, non l’avrei preso per la mia indegnità e per la cognizione che ebbi del posto in cui Gesù innalzava la povera anima mia, che io lo chiamo “Giorno dell’eccesso della Misericordia di Gesù” perché si sposò con un’anima che è l’avanzo dell’inferno. Le dico poi che da Maria ss.ma ebbi che io dovessi essere la sua poverella, ma che dovessi avere sempre, dovessi tenere la propria cognizione di me stessa… “
Nella vita in monastero, la passione di Gesù continuò ad essere il suo punto di riferimento, focalizzando soprattutto i dolori del suo cuore umano-divino pieno di misericordia. Fedelissima in tutto, tende all’apice nella ricerca dell’Amore divino per fondersi con Lui, pur restando tra le prove. Offre preghiere e sacrifici alla divina Misericordia affinché liberi le Anime del Purgatorio, verso le quali ha uno speciale sentimento di devozione e di bontà e viene privilegiata con una visione di anime purganti il giorno 2 novembre, ricorrenza liturgica. Vede Suor Teresa Baldinucci che lei stessa aveva assistita a Macerata nell’ultima malattia e per la quale aveva tanto pregato. Le apparve con due corone di fiori in mano e le disse: “Queste sono per te: una in vita, e l’altra in morte”. Vuole offrire tutto il suo continuo contributo di amore e dolore che, insieme, costituivano la sua vera ricchezza, da portare all’amato Signore. Lei scriveva: “ O amare, o morire “. Nel 1754 le ricadute nella malattia erano frequenti e la costringevano a letto. Il giorno 23 giugno riceve la santa Unzione degli infermi, poi, tenendo in mano una reliquia della santa Croce, reclina dolcemente il capo, tutta abbandonata a Dio, nella pace eterna. Era vissuta anni 33, mesi 4, giorni 14. Ora vive in Cielo. La popolazione vuole tributarle onori funebri in parrocchia. Ben presto si raccontano le grazie ricevute per sua intercessione e alcune guarigioni, descritte con dichiarazioni di medici alla presenza di testimoni, di fronte al notaio. Poi Il suo corpo dalla tomba comune delle monache, viene traslocato in una tomba particolare.
Le Clarisse di Falerone nel 1957 chiedevano ed ottenevano da S.E. mons. Norberto Perini, arcivescovo fermano, l’autorizzazione ad estrarre questo corpo e lo fecero il giorno 11 febbraio, dandole altro loculo in chiesa. Di alcune grazie ottenute per intercessione della Serva di Dio, l’abbadessa di allora, suor Maria Teresa Marconi ne fece relazione assieme con il parroco faleronese don Silvio Catalini.
DALLE LETTERE ALCUNE SUE ELEVAZIONI
“ Mille cuori vorrei racchiudere nel mio petto, per amarvi in eterno, mio diletto. Mille lingue vorrei avere chiare e sonore per lodarvi in eterno, o mio caro sposo”.
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“ Come io ho da fare, come ho da vivere senza pensare a voi, mio Dio, non ne sono degna?! Ma siete voi, mio Dio, che mi chiamate ad amarvi!”.
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“ Mio Dio, adesso, in questo punto, pigliate il mio cuore! Non tardate! Io non posso vivere senza di voi, non posso vivere, mio Dio! Muoio per voi e con voi”.-
“Signore, muoviti a pietà! No! No! Perché non posso vivere senza di te; fa’ che venga con te”.
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“ Voi, mio Dio, tutto mio! Voi siete il tutto! Io, chiusa, tutta vostra e voi tutto mio. Io resto insensata e sbalordita che io sono tutta vostra; non mi meraviglio perché sono creata da voi; ma la meraviglia e lo stupore (è) che un acino di rena, come sono io, abbia a tenere in possesso l’Infinito”.
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“ Mio Dio, questo mio cuore non può più dolersi perché dal dolore me lo sentivo balzare nel petto”.
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“ Mio Gesù, le piaghe dell’anima mia sono enormi, perciò guaritele . . . . ché sono enormi . . . “
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“ Voi lo sapete quanto bramo di patire e di amarvi, però io non posso. Apritemi il petto per ricevere questo Cuore pieno di croci, che voi mi mostrate; perciò fate Voi di me quello che vi piace. Apritelo Voi che potete, a ciò possa entrarvi questo cuore pieno di croci. Voi solo, mio Dio, lo potete fare perché a me è impossibile”.
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“ Oh, se lo sapessi chi è che vi conduce al Calvario, o mio Gesù, vorrei dirgli come vi ho visto io, a ciò si movesse a compassione di voi, mio Dio!”
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“ Mio Dio, dove son io? A che penso? Parmi che io abbia dormito e credo che l’anima mia abbia riposato in voi, mio Dio!”
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“ O Amore, quando sarà che il mio cuore potrà trovare sfogo in Dio?”
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“ Pietà di questo cuore acceso che desidera l’Amore. E come ho da vivere, senza amore, o mio Dio?”
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“ Mio Dio, tutto Amore, da che viene questo spasimo che io provo nel cuore? So bene che siete voi, mio vero Amore!”
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“ Sì, sì, mio vero Amore: giacché non posso amarvi come desidero e come voi meritate di essere amato, datemi una scintilla del vostro Amore e potrò dire: – Questa scintilla di Amore è l’Amore con cui voi avete sempre amato voi stesso e sarà un Amore per cui voi sempre mi amerete in voi stesso. Oh, sì che si appagherebbe il mio acceso desiderio”.
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“ Compite e perfezionate, mio Dio, per me le vostre misericordie e fate che tante grazie non debbano riuscire vane . . . . “
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“ In voi, mio Dio, in voi spero e vi amo. O amore, o morire”.
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“ Oh! Mio Dio, in angustie mi trovo, altro non dico, mio amato sposo, dove siete? Così afflitta e sola mi lasciate?”
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“ Signore, vorrei il vostro Amore e vorrei essere io come siete voi, Dio: ma poi io vorrei essere IO E VOI, ma per amarvi.
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“ Signore, voi sarete il mio giudice: pietà, misericordia, perdono! Pensateci voi, mio Dio. Ogni pena soffrirò, ma il separarmi da voi, oh! questo no! mai sarà!”
“ Deh! Maria, accendi questo mio cuore di ghiaccio dell’amore di quel Bambino che porti in braccio!”
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PREGHIERA PER OTTENERE UNA GRAZIA
O mirabile serva del Signore, Maria Eletta Sani, che ci hai onorato con la tua angelica vita,
dal cielo dove risiedi continua a mostrarci la tua benevolenza.
Tu che hai ottenuto da Dio tanta forza d’animo e tanti favori celesti,
aiutaci a pregare, a meditare, a sopportare le vicende non sempre liete della vita,
ed ottienici la grazia che tanta ardentemente desideriamo.
La fiducia che riponiamo in te è grande e, benché indegni,
attendiamo con fede viva e con tanta speranza il tuo aiuto.
Te lo chiediamo nel nome di Gesù e di Maria. Amen.
PREGHIERA ALLA SANTISSIMA TRINITA’ DIVINA
O Santissima Trinità, sempre splendida e gloriosa,
io profondamente adoro la vostra infinita
magnificenza nel creare e conservare il mondo
con tutti gli esseri che nel mondo cantano
e canteranno perennemente le vostre glorie.
La vostra Serva fedele, Vi amò e cercò di imitare
le sofferenze della passione di Gesù per rendersi simile a Lui
per quanto lo comportasse l’umana debolezza.
Chiedo, se a voi piace, di glorificarla ancora in terra,
presso gli uomini, invitandoli con la sua ammirabile vita
a conoscere ed amare Gesù, vera nostra vita. Così sia
DOCUMENTI E BIBLIOGRAFIA – Le memorie superstiti di Suor Maria Eletta Sani sono le lettere e le testimonianze fatte raccogliere subito allora dal vescovo fermano mons. Alessandro Borgia con incarico al parroco di Falerone, don Giuseppe Manili. Scrissero testimonianze i padri confessori, p. Saverio Bianchi e p. Matteo Santoni, oltre alle consorelle. Furono dichiarate con atti notarili le grazie che i fedeli avevano impetrate per sua intercessione. Il padre confessore delle “ monache Barbarine” di san Silvestro in Roma cominciò la stesura di una biografia nel 1795, che fu interrotta per l’invasione francese, quando i monasteri subirono la soppressione. Le carte di questo monastero delle Barberine sono nell’Archivio Vaticano.
La prima opera agiografica a stampa del p. Ferdinando DIOTALLEVI, dal titolo: “Mariuccia di Macerata. La serva di Dio Maria Eletta Sani” fu edita a Macerata nel 1954. Le Clarisse di Falerone ne affidarono un’edizione riveduta e aggiornata nel 1977 a p. Umberto PICCIAFUOCO “Maria Eletta Sani, Serva di Dio“, e lo stesso p. Umberto ne fece un’edizione aggiornata nel 250° anniversario della sua morte: ”Serva di Dio Suor Maria Eletta Sani clarissa, mistica Francescana 1721-1754. Memorie tratte dai suoi autografi.” (2006)