Monte di Pietà a Fermo 1469 Fra’ Domenico da Leonessa: Comune tutore, senza interesse mutuo su pegno

FERMO: STATUTI DEL MONTE DI PIETA’ 31 marzo 1469 suggerimento di p. Domenico da Leonessa: in Archivio di Stato di Fermo “Consilia, I, cc. 34-35 traduzione dal latino.
Nel nome di Dio. Amen. Nell’anno del Signore 1469, indizione seconda, al tempo del santo padre in Cristo Papa Paolo secondo per divina provvidenza; giorno ultimo del mese di marzo: gli infrascritti sono i capitoli e gli ordini fatti e fondati riguardanti il Monte di Pietà, con delibera della solenne Cernita per sussidio e sostentamento delle persone povere e bisognose, su persuasione e predicazione del venerabile frate Domenico da Leonessa dell’ordine dei Minori dell’Osservanza, nella chiesa cattedrale del nostro episcopato Fermano, predicatore ottimo della passata recente quaresima, inoltre rivisti e approvati ad opera del reverendo signor vescovo e principe Fermano e del suo vicario don Paolo da Esanatoglia.
Primo: i denari di questo Monte siano riuniti e posti in una cassa chiusa con tre chiavi; le chiavi siano presso tre cittadini officinali del Monte, cioè una chiave per ciascuno di questi cittadini. E questa cassa sia messa nella casa di uno dei predetti di cittadini. Inoltre che i magnifici signori priori, ogni anno, eleggano nel mese di aprile, nella Cernita, tre cittadini di tre contrade, uno per contrada, persone buone e timorate di Dio dal numero dell’ufficio del priorato, e siano chiamati officiali del Monte e un notaio della città. Questi cittadini e notaio tengono i conti di questo Monte con diligenza e fanno le bollette a quelli che ricevano denari e depongono pegni, scrivendo il giorno, il nome e la quantità del mutuo e i pegni specificamente e il dare. Questi cittadini e notaio abbiano il loro salario da stabilire dalle altre monete del detto Monte. Quelli che sono eletti dai magnifici priori sono tenuti ad accettare sotto pena di 10 ducati d’oro per ciascuno, da applicare al Monte. Gli officinali e il notaio debbano fare mutuo di queste monete del Monte a ciascun cittadino e abitatore di Fermo e del suo contado, eccettuati gli slavi e gli albanesi che non possedessero loro beni stabili, fino alla quantità di cinque ducati; senza merito, né prezzo alcuno: un mutuo soltanto per ciascuna casa e per il tempo di sei mesi e questo con pegni che siano sufficienti a giudizio dei predetti cittadini e del notaio. I pegni debbono essere riscattati, ad opera del pignorante, entro il termine dei sei mesi; e se, entro questo termine di sei mesi, non vengano riscattati, allora gli ufficiali e il notaio sono tenuti a fare nel settimo mese, quattro bandi, nei giorni di domenica, riguardo ai pegni sopra ricaduti, nella piazza del Comune, davanti al palazzo della residenza dei magnifici priori, di otto giorni in otto giorni, e nell’ultimo bando fare transazione a chi più offre; e dal prezzo del pegno si darà soddisfazione al Monte riguardo al prestito e il residuo viene restituito al padrone. Qualora i detti officiali e notaio avessero infranto queste norme contenute in questo capitolo, siano deprivati del governo della città e da ogni suo ufficio e beneficio, e il notaio sia privato della sua predetta arte, in modo che nella nostra città e suo contado e distretto non sia considerato legittimo il notaio dopo che fosse caduto in tale errore. Ma siano attenti, soprattutto il notaio e i cittadini che tengono i conti, a che non decorra il tempo di oltre sei mesi per i pegni; e se fossero stati negligenti perdano il salario dell’intero anno, da non prendere dalle monete del Monte, e siano sottoposti a questa pena. Questa negligenza nel tempo predetto, da parte del notaio e di quelli che tengono i conti, non arrechi altro pregiudizio agli officiali. La negligenza dei detti cittadini non sia di pregiudizio al notaio. Al termine del tempo di un anno, questi officiali e notaio sono sottoposti a sindacato per mezzo del podestà e del collaterale della città e distretto di Fermo e di tre cittadini del governo, da tre contrade della città, cioè uno per contrada, da mettere in bussolo ad opera dei priori, nel mese di aprile, per la durata di quattro anni. Il sindacato dura 10 giorni, entro i quali il potestà e collaterale e i sindaci rivedano i loro diritti e pegni. Se sono ritrovati colpevoli nelle cose dette o in una di esse facciano condanna e puniscono nelle dette pene. Qualora il podestà e collaterale agiscano diversamente, perdano tutto il loro salario che viene applicato a questo Monte, e i detti sindaci cittadini subiscano le pene degli ufficiali del Monte. Sia chiaro che qualora avvenisse che nell’estrarre una carta di questi sindaci e uno o più sono morti, o siano legati da consanguineità o affinità fino al secondo grado con questi officiali del Monte o con il notaio, allora i magnifici priori diano incarico ad altre persone idonee.
Inoltre vollero che tutte le eredità che arrivino in diritto da dover essere applicate al Comune di Fermo, siano applicate a questo Monte. Il notaio dei regolatori del Comune di Fermo tenga un libro e registro di cose regolari, in cui annota ogni quantità di denaro che viene messa in questo Monte tanto ad opera del Comune quanto delle persone speciali. Officiali e notaio del Monte non ricevano queste monete diversamente se non per mezzo di bolletta scritta e sigillata di mano del notaio predetto dei regolatori, sotto le penalità già stabilite. Inoltre tutti gli officiali e balivi del Comune di Fermo e suo contado, siano tenuti ad obbedire ai detti officiali e al notaio del Monte nelle cose riguardanti questo Monte e fare diritto sommario senza strepito né figura di giudizio, solo di fatto, dopo accertata la verità; sotto pena di privazione del loro ufficio e perdita del salario. Due almeno degli officiali del Monte con il notaio, in ogni giorno di sabato, fino all’ora terza, in riverenza della Vergine Maria, sono obbligati a sedere nel luogo della Banca del Comune per dover dare i mutui ai poveri e ai bisognosi, e in altre circostanze su richiesta dei priori. I pegni poi siano posti in una casa o magazzino nella strada dei fondachi e dei Calzolari, ben chiusa e adatta. Gli officiali del Monte facciano ispezionare una volta al mese questi pegni a spese del Comune, affinché non si deteriorino; qualora da questa diligenza risultasse che si guastano, il danno sia per il padrone; e sia dal prestito comune quando, per qualsiasi si casualità umana e divina, venissero persi e la “cosa pubblica” Fermana è tenuta per l’interesse, con questa dichiarazione che i pegni che si sono ricevuti al tempo di un mandato di ufficio, ricadano nel tempo dei successori del Monte e non possano essere venduti a vantaggio del capitale del Monte. Quelli che li ricevettero siano sempre obbligati all’interesse del Monte. Qualora i detti pegni fossero rubati per caso, il Monte non perda e il patrono abbia il l’interesse e il ritorno contro il pignorante, e in questo si agisca con diritto sommario. I pegni siano tenuti nei luoghi predetti e non altrove e sotto chiavi, sotto le penalità già dette e stabilite contro i predetti officiali.
Quelli che vogliono attingere a queste monete, siano tenuti a giurare che ne hanno bisogno e che le vogliono per se stessi e non per altri. Quelli che ne avessero ricevute per questo anno, non possono far ricorso a questo Monte fino ad un altro anno. Inoltre per le elemosine che si facessero a questo Monte, ogni anno nel mese di aprile, si faccia una riunione di tutto il clero e dei religiosi della città nella chiesa dell’episcopato dove si celebri un ufficio solenne per le anime di coloro che sono stati benefattori di questo Monte.
Inoltre deliberarono che se alcuni volessero deporre, per un po’ di tempo, qualche quantità di denaro in questo Monte, sia allo scopo di vantaggio ai poveri, e i magnifici priori, regolatori, officiali del Monte che sono in carica in quel tempo, quando arriva il deponente a chiedere il denaro, essi siano tenuti a restituirlo immediatamente a questo deponente, sotto la penalità di privazione dal regime, anche nel caso in cui si dovesse prendere da alcuni introiti della comunità e sopra ciò i priori, regolatori e detti officiali non abbiano altra balìa (=autorità) se non quella che ha il concilio generale in modo tale che da qualunque parte siano nel comune, abbiano a restituire al mutuante, senza mora. Le vendite delle cose del Monte e spettanti al Monte siano fatte ad incanto e concesse a chi fa la maggiore offerta. Inoltre questi officiali per il tempo di cinque anni non possano fare mutuo se non nella quantità di dieci ducati e non oltre, ma possano in minor quantità.
Se qualcuno volesse donare a questo Monte un bene mobile o immobile a titolo di donazione irrevocabilmente, tra i vivi, e questa donazione fosse fatta con il rogito di un notaio e di due testi almeno, abbia valore e possa farla, nonostante qualsiasi cosa sia stabilita o altro che sia in contrario. Se poi, per evitare scandali, qualcuno volesse donare, segretamente, qualche bene mobile o immobile a questo Monte con il rogito di un notaio e con almeno due testimoni e questa donazione sia fino alla quantità di 300 ducati, abbia il potere e questa donazione sia valida, nonostante qualsiasi cosa che si faccia in contrario. Qualora questa donazione fosse superiore alla somma predetta e colui che dona, entro un mese, dal giorno in cui fa la donazione, volesse ritirare la sua donazione, ha il potere e la donazione, fatta da lui, non ha più valore. Qualora invece la revoca di essa fosse fatta quando è già passato un mese, abbia valore la prima donazione, nonostante la revoca . Ciascun notaio possa far rogito di questa donazione con due testimoni e la donazione sia tenuta nella credenza sotto penalità per chi rivela il segreto e privazione del governo. In caso di penalità del falso, tuttavia i rivelatori sono tenuti a rifondere nella quantità della donazione a questo Monte. Si facciano due libri (=registri) di queste donazioni e porli nella cassa delle monete del Monte: in uno siano scritte le donazioni ed i lasciti pubblici; nel secondo poi siano scritte le donazioni segrete, sostanzialmente e per quanto vale ad affetto e con tutte le clausole e la carta fatta e annotata venga sigillata con sigillo del Comune e si ponga nel tergo soltanto il nome del donatore. Quando poi avverrà la morte del donatore il sigillo viene tolto.
Sia scelto l’orefice che verifichi l’argento e lo faccia gratis; qualora non verifichi bene, sia tenuto a rifondere del proprio. I magnifici priori eleggano di tre mesi in tre mesi, un calzolaio della città il quale stimi gratis e con giuramento i pegni dei panni.
Infine deliberarono che in ciascun anno, nel mese di aprile, nel Concilio Generale si faccia la proposta se sembra utile aggiungere qualcosa ai capitoli del Monte per la conservazione dello stesso, e non altrimenti.

This entry was posted in Chiese, DOCUMENTI, Documenti in cronologia, LUOGHI, PERSONE and tagged , , , , , , , , . Bookmark the permalink.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Gentilmente scrivi le lettere di questa immagine captcha nella casella di input

Perchè il commento venga inoltrato è necessario copiare i caratteri dell'immagine nel box qui sopra