\\\ GLI ANNUNCIATORI DELL’AMORE di Bellucci mons. Alessandro \\\
L’amore misericordioso di Dio avvolge e penetra tutto il nostro essere, senza residuo. Nulla è di noi, che non sia dono di amore e di misericordia. Ma, particolarmente, egli si manifesta nel donarci la Grazia, e nell’averci donato Colui che è il mediatore di ogni grazia, Gesù Salvatore; è per questo che, contemplando l’immagine del Crocifisso, noi vediamo in essa sensibilmente raffigurato l’amore misericordioso di Dio. Non basta, tuttavia, che la devozione all’amore misericordioso si traduca sensibilmente nella devozione ad un’immagine di Gesù crocifisso; è sommamente giusto e profondamente bello che essa, come vogliono i suoi propagatori, si traduca anche nel culto e nel servizio del sacerdozio cristiano. Quel sacerdozio che si perpetua nei secoli attraverso gli uomini fragili e mortali che la Chiesa elegge e consacra, non è altra cosa dal sacerdozio unico e immortale di Gesù Cristo. Il sacerdote cattolico è il ministro del Sacerdote eterno, e a lui presta il proprio ministero nella Messa, nei Sacramenti, nella predicazione per l’annuncio gioioso della salvezza e per il conferimento della grazia salvatrice. Uomo tra gli uomini, ma strumento di Gesù, il sacerdote è anche lui tramite di grazia, ed è anche lui dono mirabile del divino Amore: può dunque considerarsi, accanto all’immagine del Crocifisso, come immagine sensibile egli stesso dell’Amore misericordioso.
Non manca certamente al popolo cristiano una viva fede nella dignità del sacerdote, nell’altezza divina del suo ufficio, nella luce e nella grazia che si irradiano attraverso il suo ministero. Sono tuttavia sempre utili e necessarie tutte le iniziative che tendono a confermare e ad approfondire nel popolo, e nei sacerdoti stessi, la conoscenza e la stima del sacerdozio. E questo approfondimento, a sua volta, porta con sé una fede più profonda in quell’Amore misericordioso, del quale il sacerdote è ministro e dono.
Sarebbe però anche tanto opportuno che l’attenzione del popolo cristiano venisse direttamente indirizzata verso questa verità fondamentale. Il sacerdote, che presta, a Gesù asceso al cielo, la sua viva voce terrestre per continuare fino alla fine dei tempi la predicazione del Vangelo, è, di fatto, un annunciatore perpetuo dell’Amore misericordioso, almeno in modo implicito. Se curasse di farne spesso l’oggetto esplicito della sua parola, verrebbe incontro ai bisogni di questo nostro tempo tormentato e minaccioso, ma pregno insieme di promesse per l’avvenire dell’umanità. E’ una chiara esigenza dell’oggi, che la feconda semplicità delle certezze fondamentali venga offerta a tutti con particolare rilievo, anche a costo di lasciare, in secondo piano, le verità di contorno. Il materialismo dilagante si può combattere solo affrontandolo alla radice.
E la dottrina dell’Amore misericordioso è veramente fondamentale. Sembra allo scrivente che non senza una profonda ragione ci venga proposta la considerazione dell’Amore misericordioso, piuttosto che dell’amore di Dio o della misericordia di Dio. Vengono posti così in evidenza due aspetti complementari della bontà di Dio verso di noi; e ciò permette di chiarire un equivoco che, pur non osando proporsi come erronea dottrina, si annida, tuttavia, più o meno nascosto, nella coscienza di molti cristiani.
La salvezza che Dio ci dona per mezzo di Gesù non è soltanto perdono: è la forza redentrice. Il concilio di Trento, smascherando e condannando gli errori dei falsi riformatori, dichiarava solennemente (Session VI cap.7) che la “giustificazione” cioè il conseguimento dello stato di Grazia, non è soltanto perdono dei peccati, ma è santificazione e rinnovazione interna dell’uomo, per la quale Dio non solo cessa di considerarci in peccato, ma veramente ci libera dal peccato e ci rende giusti, dandoci lui la forza di poter veramente osservare la sua santa legge. Iddio non è soltanto misericordia che perdona, è amore che redimere, rinnova, trasfigura, santifica.
Si parla oggi tanto, e giustamente, del valore sociale del cristianesimo. Il colossale successo della tecnica nel dominio delle forze naturali ha fatto sorgere in molti la speranza che analoghi procedimenti, applicati alla vita sociale, possono procurare comodità e benessere a tutti; e per questa speranza molti sono disposti a sacrificare le esigenze dello spirito. Di fronte a tanta follia, i cristiani sono schierati a difesa dei valori umani più alti, ma sono anche impegnati a dimostrare che questa difesa non impedisce, anzi favorisce e promuove, l’azione solidale di tutti nella lotta contro le sofferenze materiali di ciascuno e per la partecipazione di ciascuno ai beni terreni. Il nostro tempo ha estremo bisogno di cristiani che rendano testimonianza a questa efficacia sociale del messaggio evangelico. Ma quale valore sociale ha l’esempio di chi dopo una vita di peccato, fa appello in punto di morte alla misericordia di Dio?
Anche escludendo questo caso estremo, quale valore sociale può avere la fede di chi frequenta la Messa e i Sacramenti e continuamente chiede perdono dei suoi peccati, ma continuamente li rinnova? o peggio ancora deplora e cerca di evitare certi peccati, soltanto, ma fuori di quel campo trova perfettamente normale che tutta la sua vita sia mossa in realtà dall’egoismo, dall’ambizione, dalla sete di potere e di denaro, senza alcun riguardo per i bisogni e forse anche per i diritti altrui, e trova tutto ciò è perfettamente normale perché la natura umana è quella che è, e non si può cambiarla?
E questi non sono casi isolati ed eccezionali. È universalmente diffusa la convinzione che siano frequenti: è diffusa tra i cristiani la sfiducia reciproca, la diffidenza sulla rettitudine altrui, o almeno, salva la buona fede, sulla bontà oggettiva delle azioni altrui. Si arriva a dichiarare che certe cose buone non si possono attuare appoggiandosi ad altri cristiani, o, per attuarle, occorre collaborare con aperti negatori di Cristo e di Dio. Siamo tutti uomini, d’accordo: tutti fragili peccatori e non possediamo possiamo dimenticarlo, sia che si tratti di noi stessi sia che si tratti degli altri.
Ma, insegna il concilio di Trento, citando Sant’Agostino: “Dio non comanda cose impossibili; nel comandare egli ammonisce di fare ciò che possiamo e di chiedere ciò che non possiamo; e ci aiuta affinché possiamo.” (Sessione VI, cap. 11) – Saremo certamente sempre peccatori, se non ci decidiamo mai a domandare la grazia di cessare di esserlo. Ma se non la domandiamo, che cristiani siamo? E quale testimonianza possiamo rendere al valore sociale del cristianesimo? Saremo, certamente, sempre peccatori se non ci decidiamo mai a domandare la grazia di cessare di esserlo. Ma se non la domandiamo, che cristiani siamo? e quale testimonianza possiamo rendere al valore sociale del cristianesimo?
Il vero cristiano spera dalla misericordia di Dio la vita eterna, ma spera ed aspetta anche dal suo Amore infinito ‘le grazie necessarie per meritarla con le buone opere’; e domanda queste grazie con insistenza perseverante, sicuro di poterle ottenere, perché “così grande è la bontà di Dio verso tutti gli uomini, da volere che siano loro meriti quelli che sono doni suoi “ (Concilio di Trento: sezione VI cap. 16).
Ora, il senso della devozione all’Amore misericordioso non è appunto di mettere in luce queste verità vitali? E l’impegno principale del sacerdote non è quello di predicare il ‘felice annuncio’ del Vangelo ‘di sopra i tetti’? E non sono queste le verità più che mai necessarie al mondo di oggi? La forza divina soccorritrice e trasfigurante non è offerta soltanto ai sacerdoti e ai religiosi: è offerta a tutti. Ma per ottenerla, e ottenerla in abbondanza, occorre pregare; e per pregare, occorre credere e sperare. A questa umanità moderna, facile preda di illusioni superficiali, ma lacerata nell’intimo del cuore dall’angoscia e dalla disperazione, è necessario che i messaggeri del Vangelo facciano conoscere, in tutta l’estensione del suo oggetto, e in tutta la pienezza del suo valore vitale, la virtù teologale della S P E R A N Z A.
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