Lettera Maria Eletta Sani – monastero Falerone (FM) -cc. 74- 75-


Viva Gesù in Maria!
A gloria di voi, mio Dio, incomincio a scrivere, per obbedienza del vostro Ministro. In questa maniera mi accade: essendo già noto che la divina Misericordia usa misericordia di rapirmi lo spirito, la divina luce mi scopriva Iddio in lontananza con grandi acutissimi desideri di Dio che lo fa restare in trafitture acutissime. E ora mi accade che … quella luce medesima che è applicata al solo conoscimento ed alla proprietà delle proprie miserie ed oscurità di tenebre, mi fa vedere con lo spirito l’essere della mia miseria, dove al fondo della propria anima, vedo delle grandi imperfezioni. (Per) prima cosa la luce divina mi scopre l’essere di quel Dio incomprensibile e la sua immensità infinita. (Nel) rimirare…. lo spirito vede quell’amabilità e purità; nel medesimo tempo al lume … lo spirito si riconosce indegno e pare che la stessa proprietà dell’amabilità divina rigetti l’anima, essendo indegna e di gran diseguaglianza che passa come il sole quando arriva in luogo immondo. A questi due lumi … lo spirito vede la grandezza e l’amabilità che rigetta di avvicinarsi allo spirito (e) nel medesimo tempo vede la proprietà dell’indegnità in cui conosce la propria miseria dell’anima e non posso ridir(gli) la pena che sente. Più si inoltra e vede l’oscurità e tenebre al fondo; vede le grandi macchie dell’anima, attacc(amento) della propria volontà che produce innumerabili imperfezioni: l’intelletto ingombrato e offuscato, la memoria infangata in cento cose, le innumerabili negligenze e mancamenti nell’esercizio delle virtù, (al) che potrei giurare di non aver mai incominciato a praticarle. Mi ci si aggiunge la propria miseria e oscurità di tenebre. Resto oppressa e schiacciata sotto a un monte della propria miseria. A questa oppressione e schiacciamento, non è possibile possa spiegare la pena e tormento sensibile e materiale che prova lo spirito a questa atrocità di pene: distrugge lo spirito come la cera al fuoco, così mi sento consumare. Nel seguitare così, lo spirito si vorrebbe innalzare e fa prova di innalzarsi. Da quel medesimo innalzamento, ricade impressionato sotto al peso e schiacciato in quel mare infinito della proprietà dell’indegnità e miseria e oscurità di tenebre. Più e più volte mi accade questo volersi innalzare e mi ritrovo sotto al torchio della mia miseria: pene atrocissime da non potersi dichiarare. Ritornata in me, siccome lo spirito ha penetrato a fondo il conoscimento della proprietà della miseria, indegnità e mancamenti e difetti in tutto, le viscere di me stessa mi cagionano un’altra pena nell’interno sensibile all’umanità, perché mi resta (in) mente quello che lo spirito ha veduto, la miseria e l’oscurità che la Luce divina, applicata tutta alla miseria sola dell’anima, ha fatto vedere. Mi cagiona un disprezzo di me medesima, un’indegnità di non essere degna di stare sopra la terra e non alzare gli occhi al cielo, di non conversare tra le altre creature, indegna mi … riconosco. Mi cagiona una convulsione tanto grande che non posso spiegarla. Questo è un altro abbattimento più materiale, eppure mi è pena la confusione che provo. Mi cagiona un altro effetto, una debolezza di mente e di testa che non posso quasi reggere. Chiudo gli occhi perché la vista non mi regge. Il pavimento pare che non stia fermo. La debolezza di mente è tanto grande che peno e peno per operare materialmente. Ricorro alla mamma mia, Maria SS.ma, come i bambini ricorrono alla loro madre per aiuto, sostegno e soccorso, perché non si può credere – solo chi lo prova – come è questo stato in cui si ritrova l’anima mia: il ripensare quello che ha veduto, il rifiuto ché non è degna e non è capace di godere e di possedere l’amabilità di Dio… Per se stessa l’anima se ne riconosce indegna per mezzo di quel lume stesso (con cui) ha conosciuto l’amabilità infinita, ché essendo l’amabilità e purità di un Dio infinito, rigetta la disuguaglianza che passa fra Dio e l’anima. La rigetta come incapace di ricevere l’abelesi (=splendore -?) e i raggi del sole divino. Come la nostra vista rigetta di guardare fisso al sole e di eclissare la vista (ai) raggi del sole, in cui non si può guardare fisso, così mi accade in spirito. L’incapacità delle mie potenze non può ricevere, né guardare (riflessi) del Divino Amore. Siccome lo spirito, avuta tanta notizia dell’essere un Dio nella Divinità, mi fa distruggere il cuore per l’incapacità in cui mi riconosco, mi sento che mi sommerge e non posso guardare. L’intelletto non può ricevere. La memoria non mi regge. La volontà vorrebbe volare a Dio e non può. Il cuore non può ricevere, non è capace quel che ama. Quando ritorno in me, mi fa stare come sbalordita tra il timore e la pena, tra il desiderio, tra la confusione di riconoscermi indegna per la cognizione di me stessa. Il giorno preciso di quest’altra purga non (lo) ricordo. So bene che fu prima della novena della Madonna, cioè della Presentazione al tempio. Giovedì, dopo che partii da V. R. già non potevo reggere di stare in confessionale. Dio diede una chiara notizia e mi faceva vedere un cuore chiaro come di rimpetto al sole di Giustizia e mi faceva intendere: ”Similis est dilect(us) mihi factus est, sicut columba seducta non habens cor tu(um) – Il diletto è diventato simile a me: come una colomba sedotta, che non ha il cuore tuo”. Non so ridire come si trovò il mio spirito, doveva essere simile a quel cuore che mi faceva vedere: simile a quel diletto mi facesse, cioè come colomba. Gran confusione e desiderio di essere tutta di Dio come il cuore, sedotta. Altre cose simili accadute altre volte nel cuore, nei rapimenti che la divina Misericordia ha usato in me indegna di stare sopra la terra. Domando la sua santa Benedizione e resto.
Al P. Scaramelli

’ Purga di spirito. Luce divina per cui scorge la sua miseria e la grandezza di Dio e i suoi effetti. Rapimento e visione del cuore di Gesù’.>

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