Lettera di suor Maria Eletta Sani clarissa nel monastero di Falerone al padre spirituale – cc. 25- 26-

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Viva Gesù e Maria!
A gloria di voi, mio Dio, scrivo e per obbedienza del vostro Ministro. Mi scordai di scrivere nel foglio in cui scrivevo lo stato miserabile del mio travaglio: quando restai priva di ogni confessore, andavo a fare lamenti ai pié di qualche Crocifisso e immagine di Maria SS.ma e più volte Dio mi dava lume che io dovessi stare (ad) abbracciare una croce, la quale si faceva vedere scura e senza il Crocifisso, cioè priva di ogni conforto e lontana dall’amato Bene, in cui mi avrebbe potuto dare sollievo il vedere in croce il mio Gesù. Ma Dio mi faceva vedere … priva di tutto, sola, desolata nella croce, senza il Crocifisso. Nel giorno dell’Annunziata, festa di Maria SS.ma, il Padre Scaramelli sperava che io potessi restare libera dal mio travaglio, ma la regina delle Grazie ci diede lumi ad ambedue, tutto in un tempo, la mattina, il P. Scaramelli quando facevo orazione ebbi lume che il giorno dell’Assunta, io sarei stata liberata; e quando andai a visitare, come il mio solito, prima del giorno, la Madonna mi diede lume che per il giorno dell’Assunta io avrei ottenuto la grazia tanto bramata della mia liberazione. Andai al confessionario e tutto riferii al detto Padre. (Nei) giorni festivi di Maria SS.ma non solo stavo libera e quieta di fare le devozioni in pace e quiete, ma anche la Madre di Misericordia mi dava qualche lume dopo la Comunione. Dopo passata la festa ritornavo nel mio travaglio in tentazione e tempesta. Giunto poi il giorno dell’Assunta, alla mezzanotte mi trovai quieta e libera. La mattina, secondo il solito, mi portai a visitare Maria SS.ma, e lì fui rapita con lo spirito da quella luce divina che mi scopriva Iddio in lontananza e trafitto il mio spirito da un acutissimo desiderio di avvicinarmi a possedere l’amato Bene. Dio mi usò misericordia in lontananza, mi trovai al trono della Regina degli Angeli e ‘ammigià’ (=sublimità) di spiriti beati faceva un gran trono della regina Assunta all’Empireo con canti di inni e melodie e voci angeliche che non mi dà l’animo, né so spiegare quel che lo spirito intendeva, bensì il mio spirito si perdeva in se stesso e tutto sbalordito e attonito altro non riconoscevo che Maria SS.ma era quasi consimile all’istesso Dio. In Dio vedevo che per se stesso è incomprensibile ed infinito in tutte le doti divine, l’origine, la fonte, la vena (da) cui scaturiscono tutte le perfezioni immense e divine che da mente umana non si possono comprendere. Nel rimirare Maria vedevo il vero ritratto dello stesso Dio grande, immenso, potente, sapiente di infinita misericordia, come lo stesso Dio perché (le) vengono comunicate tutte quelle doti divine, per grazia del Padre del Figliolo e dello Spirito Santo, con abbondante e generosa liberale mano della sua grandezza, stante (che) doveva essere Madre del Suo divin Figlio, perciò piantò in quel cuore sant(issimo) fiori di santità, i più grandi e puri, siccome doveva abitare lo stesso Dio in quel candore di purità, vero giardino di Paradiso. Se Dio creò tante diverse specie di piante frutti e fiori in quel giardino in cui doveva abitare l’uomo che era animale ragionevole, qui passo in silenzio le copiose grazie (di cui) il cuore di Maria SS.ma fu arricchito da una comunicazione, per grazia unita delle stesse Tre Divine Persone. Anche prima che spuntasse alla luce, questa luce, quest’anima SS.ma, come il sole quando spunta che schiarisce e dà luce al mondo tutto, io nel rimirare Maria ebbi tanto lume e notizia che ben con verità si può dire che il fiore è la radice; “flos de radice eius ascendet,” perché il bel fiore del Verbo Incarnato non aspettò per dare pregio alla pianta che lo produsse quando quella era già adulta, ma fin dalla sua prima radice del suo primo spuntare sopra la terra; ben si può dire “Egreditur de radice Jesse , talea de radice eius ascendet” (Is.11,1 un germoglio spunterà dal tronco di Iesse). Intanto furono sì preziosi fondamenti di questo tempio che (si) può arguire di qual prezzo dovranno essere l’al(tezza) e la gran fabbrica della grandezza e dignità di Maria SS.ma. Tralascio di dire perché non finirei mai di spiegare le grandezze e i privilegi della nostra Regina. Mentre stavo, vedevo Maria SS.ma, così mi fece che portando in mano come una cintura larga dell’altezza di tre dita e lunga dieci braccia e mezzo, a me l’accostò alla cinta come fasciandomi, mi assicurò e mi fece intendere che dal nemico e da sì strane tentazioni da levarmi dall’uso della ragione, non mi sarebbe mai più accaduto simile travaglio e che perciò rinnovassi il voto di castità, facendomi capire che per mezzo di quelle tre virtù, cioè la fede, la speranza e l’amore, Iddio verrà ad abitare e fare una stanza dentro al mio indegno cuore. Gran confusione provai riconoscendomi indegna di sì eccelsa misericordia. Ritornai in me, andai al concessionario e riferì tutto al P. Scaramelli e lo stesso giorno rinnovai il voto di castità perpetuo, e feci la confessione generale di tutta la mia iniqua vita. Dopo la Comunione, Dio mi fece altra misericordia. Mi intesi queste locuzioni interne che Gesù Sacramentato mi disse: “Apri il cuore tuo che io ne voglio essere il padrone e voglio approdarci, perciò dammi il dominio ché ne voglio essere padrone”. Non so ridire gli affetti che provai perché nel dare in dono questo mio indegno cuore a Gesù … non solo (in) dominio, ma non mai più mio il cuore, ne feci la rinuncia, e tutto lo donai al mio Dio. Mi intesi sensibilmente che Gesù fece ingresso nel mio cuore con una chiara luce che mi rapì lo spirito e tutta in Dio mi trovai. La luce divina mi dava lume e conoscevo che Dio voleva piantare la Croce nel mio cuore. Questa Croce era scura e poi un po’ più chiara: vidi un’oscurità materiale nella Croce (e) questa si doveva consumare a poco a poco. Nel rimirare Iddio vedevo come tre faville che Dio voleva ‘fulminare’ nel mio indegno cuore. Conobbi che non era capace il mio cuore, quasi dissi io, con lo spirito: “Fermate, mio Dio, le vostre misericordie” e come ritirandomi di non poter ricevere per l’incapacità, indegnità di me stessa; ma Dio mi fece intendere che per allora voleva ogni venerdì farci cadere quella favilla accesa più (del) calore del fuoco e che questa avrebbe dato dolore al cuore e lo disponeva poi per ricevere la seconda favilla più pallida e che sarebbe scesa nel cuore per accenderlo d’amore e lo distruggerebbe. La terza favilla più chiara sarebbe scesa quando Dio verrà ad abitare nel mio cuore con un amore e luce chiara della sua reale sensibile presenza nel mio indegno cuore. Seguitò (per) molto tempo che ogni venerdì dopo la comunione Dio mi usava questa misericordia che la favilla entrava nel cuore e mi dava acutissimo dolore per ore e ore continue e questa favilla, a poco a poco, levò e consumò quell’oscurità del cuore. Nel mese di ottobre, una mattina, dopo la Comunione, mi intesi che scese la seconda favilla che avevo veduta più pallida che fece una violenza nel cuore che mi parve che lo distruggesse e poi lo aprì (nel) mezzo con una ferita materiale e questo ancora seguita; me lo intesi (s)paccare con un dolore sensibile e come se fosse stato aperto materialmente, così seguita l’apertura.
Il P. Scaramelli volle che facessi orazioni su questa opera del cuore (a) che il Signore ci desse lume perché non intendeva come questa ferita nel cuore era, perché, parlando fisicamente, non si poteva dare né vivere con questo cuore aperto. Mi comandò che pregassi iddio, ché lui non stava quieto né capiva. Mi raccomandai caldamente al Signore per dare quiete e lume al suo Ministro. Dopo varie preghiere Dio mi rapì lo spirito e vidi il cuore in mezzo, tra Dio e me, iso(lato). Nel rimirare, Dio mi fece intendere che vedevo il cuore come era acciò potessi riferire al suo Ministro le misericordie di Dio. Vidi che dentro al cuore vi erano alcune macchie e dalla parte di dentro tutto aperto e stava rosso come un fuoco. Da una parte vi era una ruga dove mi dava acutissimo dolore. Dalla parte di fuori c’è la pelle sola che lo tiene intero e sano. Ritornai in me e tutto riferii al Ministro di Dio e ne restò quieto, ringraziando la divina Bontà che benefica chi l’ha più offeso … io ne sono indegna. Nel principio del mese di novembre ebbi per molti giorni una chiara notizia. In Dio vedevo la gloria di tanti santi e sante e di tante (schiere) di spiriti beati i quali vanno, a grado a grado, con una somma sublimità di gloria, che da lingua umana non può dichiararsi. Dopo alcuni giorni, mentre la luce divina mi rapiva lo spirito e in lontananza vedevo Dio con chiara notizia, restavo trafitta da un acutissimo desiderio di avvicinarmi a possedere l’amato Bene; così era il solito; ma ci si aggiunse che la luce che mi scopriva l’amato Bene si applicava alla proprietà della propria miseria e oscurità di tenebre. Perdevo la vista di Dio, restavo oppressa da questa oscurità del vedere la propria miseria. Questo mi trafiggeva di un’acutissima pena, il vedere quel che la proprietà della miseria incapace di tutto, da se stessa, non può fare nulla. Ohimè, che pena l’opprime e la schiaccia e mi sentivo come trapassare e stare in un vero torchio. Sotto il monte che opprime a me pare che sia una spada che trapassa da (una) banda all’altra. E questa sia una cosa quasi consimile alle pene del Purgatorio. La divina Giustizia trafigge le anime, onde (al)la divina misericordia non manca modo di trafiggere l’anima mia, con diverse maniere. Per mezzo di questa oscurità di tenebre, vedo, intendo la miseria e la meschinità, le macchie, i difetti, gli attacc(amenti) della propria volontà e tutto quello che è di miseria nella propria anima. Pare che da se stessa non possa reggere la propria miseria e incapacità. Quasi da se stessa si tiene come nascosta e se pensa di desiderare sollievo di rialzarsi verso Dio; da me stessa mi sento rigettare, conoscendo che, tra Dio e l’anima, passa una grande disuguaglianza e perciò da se stessa l’anima si rigetta da Dio medesimo, si riconosce (indegna) e incapace di avvicinar(lo) per la grande indegnità che conosce da se stessa. (Per) l’anima questa è un’altra spada che ferisce l’anima, perché nel fondo dello spirito vi rimane un desiderio che porta al suo centro che è Dio, il vero centro dell’anima. Il P. Scaramelli mi disse che questa oscurità di tenebre era un’altra ‘purga’ di spirito e che quella croce scura che Dio mi mostrò che sarebbe stata nel cuore, voleva indicare questa purga di spirito. Questa oscurità di tenebre era la croce che doveva piantarsi (nell’)anima e questa mi cagionava un vero conoscimento di me stessa e ancora mi seguita.
(Nei) giorni delle feste di Maria SS.ma, mi accade che la divina Misericordia mi usa il sollievo che non mi dà questa cognizione di tenebre, ma sempre qualche misericordia di sollevare lo spirito e di rapirlo in quella notizia certa di trovarmi al suo trono, come mi accadde il giorno della Presentazione della Madonna. Maria SS.ma, per mezzo suo, prese il mio spirito e lo presentò avanti al suo divino figlio Gesù, assicurandomi che un giorno per mezzo di Maria SS.ma si sarebbe unito lo spirito con Dio. Anche in questa vita, mi diede lume che sposata sarei stata da suo figlio Gesù e che, in fine del mio vivere, si finirà di aprire il cuore e da eccesso di amore e di dolore finirà di (s)paccarsi e di rompere quella pelle che di fuori lo tiene intero e sano; in fine della mia vita così mi accadeva (=sarebbe accaduto) e che questo lo dovessi dire al suo Ministro per dargli quiete; come poi, ritornato in me, tutto riferii al Ministro di Dio.
Nel giorno della Concezione di Maria SS.ma ebbi altre misericordie. La mattina prima della Comunione e dopo, mi trovai con lo spirito unito con Dio, non solo unita, ma persa in me e tutta in Dio. Oh, che il godimento di gustare la perfezione divina! Io non riconoscevo più me stessa, ma altro non conoscevo e non sapevo se non che in Dio, tutt(a) mi sentivo ripiena di Dio, della sua gloria, della sua beatitudine del suo immenso essere. Godevo Dio tutto in me oppure tutta io in Dio, persa e scordata di tutto: altro non sentivo, né ero capace se non di una trasformazione che a me pareva di essere al possedimento di Dio. Riconoscevo che la gloria, la beatitudine, la felicità, il gaudio, la bellezza, la luce, gli splendori del divin Sole li sentivo tutti in me e perciò avrei quasi giurato che io non ero più io, ma in Dio tutto mio, e io tutta sua perché non più riconoscevo me stessa, ma solo in Dio, mi pareva di sentire, di godere, di gustare e di partecipare di quel Bene infinito trasformato in me. Oh eccesso della divina misericordia: questo mi dà lume (di come) sarà un’anima quando arriverà all’Empireo e al possedimento di Dio. Dico che si sentirà una partecipazione, come beata di quella beatitudine di Dio e di tutte le doti divine parteciperà con un godimento e trasformazione di Dio. Oh! … ci involiamo in Dio. Ah, che da lingua umana non si può dichiarare né so ridire quel che provai. Questa misericordia mi è accaduta finora tre volte (ne)i giorni di Maria SS.ma. Anche la notte del santo Natale fui rapita (nel)lo spirito al trono della SS.ma Vergine e mi diede lume e notizia di quel mistero di amore. Per mezzo di Maria SS.ma finii offerta tutta al suo divino Figlio Gesù, facendo conoscere il dono che dovevo fare al santo Bambino, il cuore, il dolore e il distacco. E di continuo la (divina) Misericordia mi assiste e gran confusione cagiona a me vedendo la mia poca gratitudine e corrispondenza a sì (eccessivo) amore.
Il giorno della Purificazione della Madonna mi accadde che, trovandomi al trono di Maria SS.ma, mi fece intendere che questi giorni di carnevale voleva che il mio cuore provasse dolore e che questo sarebbe accaduto con certi colpi nel cuore come saette. Questo mi accade: ogni giorno scende una luce nel cuore dolcissima … (il) dolore mi seguita.
Non ho mancato di fare l’obbedienza di pregare per il suo affare dell’impresa già datagli dal suo superiore di dover dare gli Esercizi, ma per quel che posso dirvi è che la volontà del Signore è che lei debba eseguirli, ma tutto affidato nella divina Bontà. Preghiamo per il P. Scaramelli perché sta male del suo travaglio. Richiedo la s. Benedizione.

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