Lettera si suor Maria Eletta Sani clarissa a Falerone al padre spirituale – cc.13- 14-

Maria Eletta Sani lettere cc. 13- 14
Viva Gesù e Maria
A gloria di voi, mio Dio, scrivo e per obbedienza del vostro Ministro. Con le lacrime agli occhi scrivo le misericordie del mio buon Dio. Oh che gran confusione proverò quando mi troverò al cospetto del divin Giudice: mi si mostreranno avanti le infinite misericordie e la mia mala corrispondenza. Nelle età di quindici o sedici anni mi accadeva nelle solennità delle feste qualche straordinaria misericordia, siccome nella Comunione e nell’orazione Dio mi parlava nell’interno con locuzione e parole formate. Come già accennai nell’altro foglio… era di continuo e il parlarmi (che) Gesù internamente mi faceva. Nella festa di Pentecoste, la venuta del Divin Spirito, mi comunicavo con gran desiderio di ricevere, indegnamente, questo Spirito che porta amore e accende i cuori. Giunto il tempo che ricevei la santa Particola, subito mi trovai come fuori di me. Distintamente e chiaramente con un lume di mente vedevo in alto il mistero della SS.ma Trinità, delle sue infinite perfezioni e (le) doti erano immense, la distinzione delle tre divine Persone divine e la comunicazione della stessa eguaglianza del suo infinito Amore ed Essere: mi si divise la vista delle tre divine Persone e distinte. La vista di questo donatore e accenditore di fuoco di carità e di amore con (il) rug(gire) del fuoco con i sette doni. A questo lume di mente, l’anima mia, con tutte le potenze e spirito stava esclamando, ma non so, né posso rappresentargli l’ansietà che bramavo di una di quelle ‘rugate’ (= vampate) di amore: “Fuoco, fuoco di purità, vieni e distruggi questo mio cuore!”
E più lunghe erano le esclamazioni e l’accesa brama di quel santo fuoco di Carità. Mi sentivo come l’anima e il cuore formato da quel divino Spirito, avrebbe voluto volare e staccarsi dal corpo e avvicinarsi e immergersi tra quel fuoco di amore. Mentre stavo così trafitta, vidi un cuore in aria e trapassato da quella ‘rugata’ di fuoco nello scendere del Divino Spirito e lo trasformava e gli faceva perdere la forma di cuore tutto trasparente di luce e di fuoco: ardeva di santo Amore. Io mi sentivo più ansia e desiderio e richiedevo quel cuore fortunato che di amore era acceso e quello avrei voluto in petto racchiudere. Siccome l’accesa brama era eccessiva non potevo più reggere, restai tutta come (e)statica priva di sentimento nello stesso Spirito. Dopo mi intesi che quella ‘rugata’ di fuoco fece un breve passaggio nel mio petto e nel cuore fu tanto penetra(nte) e sensibile che mi oppresse senza aver più vigore. A tale passaggio di quel fuoco io esclamai: “Non più, non più, io muoio, questa rugata di fuoco io non lo posso sopportare, mi fa ardere e (mi) distrugge. Muoio e arde questo mio petto. L’ardore mi distrugge e consuma il cuore. Oh che fiamma e che ardore, eppure questo mio cuore muore di amore”. Erano tante le esclamazioni che una volta ne scrissi un foglio. Questo fu un breve passaggio di quel fuoco di carità che la divina Misericordia mi usò. Dopo questo, per mezzo di quella luce che avevo in mente, vidi come tre palle in fila e che queste avrebbero colpito il mio cuore. Così ebbi lume. Dopo mi (si) ripresentò quel medesimo cuore che avevo veduto ardere di quel fuoco di carità e aperto in mezzo da quelle tre palle che lo avevano passato da una banda all’altra. In cima di quel cuore vi era una croce e intorno vi erano come pugnali che lo frecciavano. Sopra, sola, vi era una corona. L’ultimo colpo di quella palla lo accendeva di un santo e candido fuoco di Amore. Qui in mezzo si vedeva un non so che di paradiso che io, a quella vista sì distinta, mi riempii il cuore di soavità e di dolcezza. Mi sentivo un amore che mi rendeva conforto il solo vederlo. Gli chiesi se mi voleva mutare il cuore e incominciai a dare in esclamazioni accesissime: “Deh! scendi o Santo Spirito e riempimi del tuo santo amore. Deh! per pietà, o Santo Spirito, consolatore degli afflitti, consola e solleva questo mio spirito”. Sarebbe troppo lungo il volere scrivere le esclamazioni dell’accesso spirito che avevo. Richiedevo un gran fervore che mi levasse e togliesse il cuore dal petto. Desideravo quel cuore che in Dio avevo veduto così arricchito di amore. Ma non ebbi nessun significato. Dopo ritornata bene in me, nel cuore e nel petto mi ci sentivo non so che di peso e come se fosse stato sotto ad una pietra infocata. Era tanto sensibile che non potevo ‘operare’(fare opere), né mangiare cibo corporale. Lo spirito (nel)l’intimo stava raccolto in Dio e bramavo di ritornare in luogo solitario per starmene con Dio. Di continuo, sentivo che Dio mi faceva sentire nell’intimo che me ne ritornassi con Lui. Siccome di continuo mi parlava internamente con locuzioni e parole formate, non potevo reggere a tali stimoli di misericordia che il mio buon Dio mi usava.
Procuravo di sbrigare gli uffici di casa e poi mi ritiravo in una chiesa e quattro e cinque ore di continuo le passavo con Dio in raccoglimento e frattanto discorrevo con Gesù, né mai mi sarei partita. Dopo mi sentivo accendere lo spirito e la volontà di darmi sempre più all’esercizio delle virtù e della mortificazione e alla perfezione, ma sempre mi sono ritrovata piena di tutte le imperfezioni e difetti e iniquità. Né so se questo mi accadesse due o tre anni in fila, questa stessa misericordia. Dopo questa misericordia che Dio mi faceva, mi sentivo la volontà accesa di un desiderio acces(o) di imitare e di essere simile ai santi nell’esercizio delle virtù della mortificazione e penitenza e zelo dell’amore di Dio che avrei voluto far capire alle creature e al prossimo questo: ‘Dio meritava di essere amato’. Se mi incontravo con persone ne discorrevo e mi sentivo accendere il cuore e davo in esclamazioni e dicevo vari desideri che mi venivano in mente come atti di amore e di desiderio, dicevo: “Mille cuori vorrei racchiudere nel mio petto per amarvi in eterno, o mio diletto! Mille lingue chiare e sonore per lodarvi in eterno, o mio caro sposo!”. Mi rivolgevo verso Maria SS.ma e così gli dicevo: “Deh Maria, accendi questo mio cuore di ghiaccio dell’amore di quel Bambino che porti in braccio”. Mai mi saziavo di dire atti consimili. In una festa di Maria SS.ma, dopo la Comunione, mi si diede a vedere la Regina del cielo, non però con gli occhi del corpo, con un lume nella mente e vidi come da una nuvola scendere una copiosa compagnia di Angeli che facevano trono al loro regina di vaghissimo aspetto che non posso … mai vedere alcuna cosa che possa darsi (in) similitudine: bella e splendente più che il sole e la luna. Vedevo come quegli Angeli tutti genuflessi si inchinavano a riverirla. La Santissima Vergine portava in una mano la sua cintura. Da quella cintura cavava le anime dal Purgatorio e (se le) conduceva al Paradiso. Da un’altra mano portava tre anelli e tre corone intrecciate insieme. Io piena di stupore e di amore verso di lei, incominciai ad esclamare e richiesi che voleva(no) dire… la cintura che ci cavava le anime dal Purgatorio ed i tre anelli e le tre corone intrecciate insieme. La Madre di misericordia così mi disse queste stesse parole: “Figlia, chi mi ha amato in questa vita ed è mia devota e vera serva, i giorni delle mie feste la conduco a fare festa come al Regno beato dove sempre godrà somma festa. (Con) i tre anelli ci stringo e ci si sposano le anime quelle che davvero cercano di mio figlio Gesù e (con) le corone ce le corona”. Io richiesi l’anello perché diceva che ci si stringeva e ci si sposava con Gesù.
Siccome altro non bramavo che di sposarmi con l’amato mio Gesù, diedi in acces(i) desideri ed esclamazioni che non mi lasciasse in sì acuto spasimo. La SS.ma Vergine mi usò questa misericordia che cadde un anello dalle sue mani e mi disse: “Sì! Verrà un giorno che ti sposerai, se veramente sarai fedele e mi amerai. Ama il mio figlio Gesù. Amalo tanto perché merita di essere amato”. Io mi sentivo morire di desiderio di amare Gesù. “Per ora ti voglio consolare: mi fai compassione. Quest’anello te lo misuro nel cuore, ma poi me lo riporto. Vedi e senti che ti farà pena e dolore se ti stringe il cuore”… Così mi diceva… così parmi che stessi fuori di me e con il cuore estatico e mi intesi circondato il cuore da quell’anello come un ferro che fa molla e stringe con gran dolore. Io dicevo: ”Si stringa questo mio cuore con quest’anello e si divida questo mio cuore ingrato, tra gli spasimi di dolore, si spezzi, che io ne godo e se dovessi vivere senza cuore, non mi darà pena perché ogni pena e ogni martirio, quando siete voi che lo date per me, sono content(ezze) e giubili e feste e trionfi”. Ma era tanto il giubilo fra il dolore di sentirmi così stretto il cuore, che io morivo di dolore materiale e di giubili nello spirito. Mi durò questo qualche ora, e poi restai sciolta, ma il dolore della strettura mi seguitò più di una giornata e giorni. La vista della SS.ma Vergine mi disparve quasi subito. Non posso e non so ridirgli come restavo in acutissimi spasimi e con acces(i) desideri e affetti e accendimento di amore verso Gesù e Maria. (Per) il che una volta senza spiegarmi dissi solo al mio confessore che il pensare a Dio e all’amore suo mi causava accendimenti e acutissimi desideri eccessivi che quasi mi sentivo rompere le vene, il petto e il cuore dal grande amore. Solo dissi questo e il mio confessore mi disse: “ Per obbedienza, vi comando che se il pensare a Dio vi cagiona questi eccessivi effetti, cercate di distrarvi e di mutare pensiero, perché quando arriva all’eccessivo non parte da Dio e vi può cagionare qualche sforzo e farvi male”. Così mi comandò, io a tale ordine diedi in pianto accorato e il confessore mi disse: “Fu proibito a un San Luigi, deh si può proibire a voi che non ne siete degna”. Io mi sentivo più accendimento e affetti sensibili di amore e dicevo: “Come io ho da fare, come ho ma da vivere senza pensare a voi, mio Dio vero, e che non ne son degna?! Ma se siete voi, mio Dio, che mi chiamate ad amarvi!” Sì così era vero. (Di) giorno e spesso Dio mi chiamava con voce interna e parole formate che mi ferivano il cuore quando mi diceva: ”Oh da quanti pochi sono io amato, per(ciò) amami con amore grande”. Io, se stavo in compagnia fra gli amici domestici, mi ritiravo in luoghi nascosti per dare sfogo al mio accendimento e smanie che davo in pazzia e non potevo reggere a tali impeti di amore. Alcune volte nell’orazione mentre stavo con Dio raccolta, Gesù mi correggeva in molte mancanze che io commettevo, ora di qualche disobbedienza e di amore operato secondo la mia volontà e di non aver cercato la divina volontà nel sopportare qualche occasione di esercitare la pazienza, se mi inquietavo per gli ordini dei miei genitori che a me parevano strani, Dio mi correggeva e mi faceva impressione di conoscimento di me stessa e davo in pianti perché mi vedevo piena di vizi e di tutte le iniquità. Ne chiedevo perdono e desideravo che mi facesse il dono delle virtù perché in me altro non conoscevo che imperfezione e miseria. Nel ricevere Gesù Sacramentato gli dicevo che guarisse le piaghe dell’anima mia. Mentre dicevo: “Mio Gesù le piaghe dell’anima mia sono enormi, per(c)iò guarite le piaghe che sono enormi nell’anima mia”. Sentivo sensibilmente come Gesù mi comunicava una sensibilità della sua reale presenza e come da un dolore sensibile sentivo nell’interno e nel cuore … che strappava e raschiava come una lima che lima il ferro. A simile dolore restavo come morta davo tutto arbitr(i)o al mio Gesù e dicevo: “Operate pure, o mio Dio, ma nelle vostre mani raccomando lo spirito mio”, perché mi sentivo rilasciare l’umanità senza più lena né forza. Altre volte Gesù Sacramentato mi usava misericordia che mi sentivo una comunicazione di Gesù sensibilmente che io non potevo reggere e davo in esclamazioni e dicevo: “Voi, mio Dio, tutto mio! Voi siete il mio tutto!” Al che a me pareva di essere come un acino di rena affogata nel mare della vastità del mio Dio. Dicevo: ” Io tutta vostra e voi tutto mio”. Mi sentivo non so che da non poterlo ridire perché mi sentivo la comunicazione delle grandezze di Dio. Dicevo: “Io resto insensata e sbalordita che io sia tutta vostra; non mi meraviglia perché son (creata) da voi , ma la meraviglia e lo stupore che un acino di rena come sono io, abbia a tenere in possesso l’infinito”. A … questa cognizione non restavo capace. Mi sentivo dire come Gesù mi parlava: “ Sì! Io sono tutto tuo e tu (devi esser) tutta mia; l’amore che ti sommerge”. Così Gesù mi parlava. Io poi mi sentivo distaccare il cuore e l’anima dal petto dal grand’Amore. Per mezzo di Maria SS.ma mi donavo tutta e mi offrivo e rinnovavo il voto di castità, ma senza sapere che fosse voto di castità, bensì desideravo incessa(ntemente) di sposarmi con Gesù. Molte volte nell’orazione facevo questo sposalizio con Gesù dentro di me. Altre volte mi sposavo con la croce santa e con i patimenti di Gesù… ‘appassionato’. Per pegno di amore gli lasciavo il cuore e dicevo che staccasse dal petto il cuore per lasciarlo in pegno di amore a Gesù. Ma non sapevo come vivere, se volevo staccare il cuore e (metterlo) in Dio di continuo… Richiedo la sua s. Benedizione.

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