Lettera suor Maria Eletta Sani clarissa nel monastero di Falerone al suo padre spirituale -cc.4- 5-

Sani Maria Eletta lettere cc. 4-5
Viva Gesù e Maria
A gloria di voi, mio Dio, obbedisco al vostro Ministro. Con mio sommo rossore scrivo le misericordie del mio buon Dio ed il suo infinito amore con cui mi ha tanto amato, il che mi cava lacrime dagli occhi per il rammarico che provo (nel) riflettere la sua infinita misericordia e la mia mala corrispondenza: amore contraccambiato con ingratitudine e peccati. Dio mi usava misericordie ed io commettevo ingratitudini e imperfezioni, crescevo nei vizi e nei pessimi costumi. Così si vedrà il giorno del giudizio universale. Nella piccola età, prima dei tre anni, desideravo di essere tutta di Dio, ma senza cognizione di Dio. Dopo i tre anni Iddio mi usò misericordia e mi diede lume e conoscimento di Dio e delle mancanze in cui io incorrevo, con il desiderio di confessarmi e con il timore di essere sua nemica, il che diede per tanto tempo croce e tormento all’anima mia per essere io incapace e ‘stolta’ per confessarmi, non sapendo il modo e la maniera per ricevere il sacramento della Penitenza. La prima volta che Dio mi usò misericordia fu che da una piccola luminosità, più che la faccia del sole, in mezzo vi era Gesù Bambino e scese vicino a me indegna creatura e allora ebbi conoscimento di questo celeste Bambino. Come intimorita, mi pareva di volermi abbandonare per il conoscimento di essere io indegna. L’amato mio Gesù mi si avvicinò e mi disse queste parole:”Maria, io vengo a te, ma dammi il cuore tuo, e servimi con fedeltà che io sarò tuo sposo, tu sarai mia sposa. Figlia, amami con amore e fedeltà e verrai con me!” Mi fece un atto di volermi accarezzare per darmi animo. Mi disparve. Mi lasciò una smania e desiderio che, (per) la semplicità, volevo andare volando verso il cielo dove vedevo che l’amato si era inviato. Vedendo che non potevo avvicinarmi verso il cielo, salivo in una finestra sopra i tetti e con una canna volevo toccare il cielo, bussare e chiamare Gesù che mi venisse a prendere il cuore, perché io non potevo reggere all’accesa brama di godere di unirmi con Gesù Bambino; né avevo cognizione di una grandezza infinita. Un’altra volta Iddio mi si fece vedere: lo vidi alto ed adirato con questo popolo. Fu il giorno della grandine, 10 agosto… Mi fece tanta paura e timore la vista di Dio adirato che non vi era modo di quietarmi per il gran piangere. Dopo questa cognizione venivo crescendo nei vizi e negli anni, però (con) più conoscimento di Dio. Offrivo tutta me stessa, se stavo bene, e anche nelle malattie godevo di patire. Nel visitare la chiesa vicina (dove) stavamo di casa, mi sentivo chiamare da Dio con queste precise parole: “Maria Teresa, vieni a me e adorami che io sto quaggiù in terra nell’altare!”. E per questo andavo, più e più volte, a visitare in chiesa Gesù, che più volte avevo veduto in chiesa; Gesù come uomo e con una Crocetta in mano. L’offriva a me e mi diceva queste stesse parole: “Figlia, questo è il trionfo della mia Gloria. La vuoi ? Questo è il pegno dell’amore mio, se mi vorrai a servire con fedeltà!” Mi dispariva la vista di Gesù Bambino. L’accendimento del desiderio di andare con Dio era insopportabile. Sentivo dire che chi moriva andava in Paradiso. Siccome mi morì un fratello bambino, io pregavo che volessi morire anch’io. Il desiderio era insopportabile, ma Dio non ha voluto. Ricevei il sacramento della Cresima a cinque anni circa, con grande giubilo, che mi figuravo di essere tutta consacrata a Dio. Venivo crescendo negli anni e nei mali costumi e vizi, ma la Divina Bontà non cessava di continuo di darmi impulsi e acutissimo desiderio di essere tutta di Dio e di essere Religiosa. Mi incominciavo ad esercitare nella virtù della carità verso i poveri e nel servire con carità i miei fratelli e sorelle: esercitarmi nell’ufficio di servetta di casa con grande giubilo. Avevo gran timore e paura degli uomini, ma più se vedevo che mi accarezzavano. Allora ne prendevo più odio e timore, ma senza malizia. Se cadevo in qualche peccato di disubbidienza ai genitori o bugia, mi turbavo. Mi accorgevo dell’errore: era tanto il rimorso di coscienza che venivo in grande agonia per il pentimento che ne avevo, ma senza rimedio per l’incapacità dell’età. Mi esercitavo nella mortificazione di bere acqua sporca e di bagnare il pane nell’acqua sporca, e di fare cose dove la natura aveva difficoltà di delicatezza. Procuravo di andare a sentire Messa ogni giorno per trattenermi a discorrere con Dio. Se mi sentivo che Dio mi parlava internamente, io rispondevo e mi pareva di parlarci come si parla con un amante. Siccome mi trovavo fra tanti rimorsi di coscienza, sfogavo con Dio le mie angustie e dicevo a me stessa: “Lo meriti! È poco per(ché) offendi il mio buon Gesù !” Ma, piena di timore e di rossore, lo pregavo tanto di cuore, con affetto tanto sensibile che forse ora non lo faccio in quel modo di allora. Avevo fatto molti segni alla corona e avevo spartito tanti Pater noster e tante Ave Maria per non scordarmi ogni giorno le solite orazioni. Dio mi parlava internamente che mi fossi aperta e avessi trovato (un) confessore. Mi sentivo dire queste precise parole, Dio così mi diceva: “Maria, trova confessore e apriti e digli tutto e ti quieterai e andrai per la via mia”. Io, piangendo, rispondevo: “Come ho da fare, mio Dio? Come ho da dire? Io non so la maniera, né come dire. Ah pietà, pietà!” Il pentimento degli errori mi causava odio a me stessa da non voler essere io medesima. Dopo tanto tempo pregai la donna e di nascosto mi feci condurre in una chiesa per trovare un confessore e mi condusse alla chiesa di questa Compagnia di Gesù e mi confessai e restai un po’ quieta. Ma tanto seguitavano i soliti rimorsi di coscienza. Una volta mentre facevo orazione a’ pié del Crocifisso, non so se avevo sette o otto anni circa, così mi parlò e mi disse queste precise parole: “Figlia se mi usi amore e (vuoi) essere mia seguace in compagnia al Calvario, porta la Croce”. Ed io risposi: “Datemi questa (dove) ‘voi ci siete’ di Croce e questa corona di spine”. Ma il Crocifisso non mi rispose. Ma io feci una croce di punte per portarla, poi staccai la corona di spine al Crocifisso e gli levai quelle spine più puntute e poi rimisi la corona a Gesù acciò non sentisse tanto dolore. Gesù, la mia stoltezza era ben grande. Le accese brame e desideri di patire tormenti e martìri erano tanto grandi che solo Dio sa a che termine arrivavano. Cercavo di tormentare questo corpo in quel che mi veniva in mente: di dormire su tavole, di cingermi una corda con tutti nodi. Mi mettevo in modo da procurare tormenti anche nelle scarpe, di privarmi delle curiosità, benché poco ci avevo genio. Cercavo di ‘invitare’ Gesù con la bevanda di aceto, sale e fuliggine.
Nei nove anni circa, la SS.ma Vergine mi fece misericordia nella festa di Natale; mi mostrò una fascia sì bella che mai e poi mai vedrò cosa consimile a quella. Ci avvolgeva Gesù Bambino. Io desideravo abbracciarlo e stringerlo. Provai uno spasimo di desiderio che mi sentivo morire. La SS.ma Vergine mi disse queste stesse parole: “Figlia, questo celeste Bambino solo si posa nei cuori, se tu lo vuoi, apri il cuore tuo, e io lì lo poserò”. Io feci una violenza interna e mi parve di aprire il cuore, restai come morta e mi intesi come Gesù bambino nel cuore e mi disse queste parole stesse. Gesù mi parlò, così mi disse:” Io prendo possesso nel cuore tuo e … lascio il Nome mio di Gesù dentro al cuore tuo”. Mi intesi un fuoco nel cuore, tanto acceso di amore, calore sensibile che mi mettevo la mano sopra il busto in petto e sentivo il calore. Le smanie delle accese brame erano insopportabili, da morire di amore e di desiderio, davo in esclamazioni e volevo che mi aprisse il petto per dare spazio alla accesa ansietà del cuore che voleva amare tanto e poi tanto, che se fossi morta di amore tanto dicevo: ”Non mi sazierò e non sarò contenta perché mai finirò di potervi amare quanto voi meritate, o mio Gesù”. Mi sentivo più lume e cognizione di Dio e di quanto meritava di essere amato, che io non so spiegarmi. Mi ci si unirono certe chiamate che Gesù mi diceva, così, per scherzo: “Maria Teresa, tu non mi ami, e non è questo il vero amore; no tu non mi ami davvero. Oh perché non mi dai il cuore, il cuore tuo?! Se mi vuoi amare, dammi qualche dono, o che tu non mi ami davvero”. Impazientita di non poter reggere a simili parole: “Ah mio Dio! Ah mio buon Gesù! Voi vi prendete gusto con me ed io voglio amarvi e mi cavo il cuore per darlo a voi e voglio morire”. Mi sentivo violenze e facevo sforzi di donarmi tutta e il cuore per darlo a Gesù e dicevo: “Ecco che io voglio morire!” Già mi pareva di morire e staccavo il cuore.
Queste richieste Gesù me le fece più e più volte, e portavo alla lunga le esclamazioni e gli affetti del cuore …. Li passo in silenzio; ma ben può immaginarselo chi capisce un cuore affannato di accesa brama verso Dio.
Quelle parole che Gesù mi diceva: “Tu non mi ami” erano saette al cuore che lo distruggevano in pene di acutissimi martìri perché mi sentivo morire di amore e poi Gesù mi diceva:”No, no che tu non mi ami davvero”. Se io non potevo amarlo di più, erano saette che mi distruggevano. E più si accresceva il desiderio e l’affetto sensibile nel cuore. In questo tempo feci il voto di castità perpetuo, ma senza sapere che fosse la castità. Un’altra volta mentre stavo uscendo dalla camera e mi ero partita dal Crocifisso e andavo ad operare per gli affari di casa, mi sentii chiamare da una voce: “Dove vai?” Io mi rivoltai verso la camera e a me pare che mi si fece vedere Gesù, parlando: “O figlia, io vado al Calvario e mi conducono i cristiani, i miei figli ingrati. Aiutami a portare la Croce verso il Calvario“. E mi disparve. Io non so spiegare il dolore e la compassione verso Gesù così appassionato che io credei di morire. Mi sentivo accendere di patire con Gesù e di sdegno con quelli che così maltrattavano il mio Gesù. Io dicevo:” Ah se io sapessi chi è che vi conduce al Calvario, o mio Gesù, vorrei dirgli come vi ho vi(sto) io, acciò si muovesse a compassione di voi mio Dio”. La semplicità e la sciocchezza andavano ……. Desidero di sapere se questa mattina vuole che venga perché giovedì non mi disse niente. Richiedo la sua santa Benedizione.

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