A gloria di voi, mio Dio, obbedisco al vostro Ministro. Con grande confusione dirò le misericordie che Dio mi ha fatte al primo momento che venni al mondo, per cui nacqui per miracolo di Gesù Sacramentato: fintanto che mia madre (non) ebbe il santo Viatico, io nascevo. Cattivo frutto doveva venire alla luce, il che mi serve di qualche rammarico che Dio precedeva la mia malignità ed ingratitudine, e perciò forse sarebbe stato meglio di essere morta in quel punto che di venire avanti per offendere la divina Bontà. Un vivo desiderio di essere tutta di Dio mi pare di averlo avuto sempre, ma siccome gli anni erano pochi, non avevo un certo conoscimento di Dio prima dei tre anni, ma dopo i tre anni Dio mi incominciò a chiamare. La prima volta fu che mi chiamò ad essere sua serva e che lo servissi nella santa Religione. Ebbi un certo lume di Dio e delle offese che io facevo. Siccome non potevo confessarmi per l’incapacità del tempo, provavo pene e tormenti e rimorsi insoffribili. Dicevo da me stessa: ”Questa è una grande croce per me!“ ed invidiavo le altre fanciulle che vivevano contente ed io tanto afflitta nell’interno benché non sapevo che ero viva. Incominciai a desiderare di essere Religiosa con desideri acutissimi: temevo sempre i peccati per offese gravi con timore di peccati mortali. Siccome non avevo capacità di distinguere se li commettevo involontari oppure volontari, questo fu per me tanto tempo di acutissimo tormento. Senza poter né sapere come fare per confessarmi, venivo crescendo negli anni e nel visitare una chiesa vicina. Ci andavo a visitare il Santissimo e lì più e più volte Dio mi dava lume e conoscimento di quell’amabilità sua che meritava di essere amata. Mi sentivo desiderio di essere ammaestrata nell’orazione. Con attenzione stavo ad ascoltare chiunque lo sentivo dire. Con gran desiderio procuravo di sentir Messa e se mai la perdevo in giorni di festa, per me era un tormento che mi ha corrucciato tanto tempo finché ho avuto capacità di distinguere che prima dei sette anni non vi è obbligo. Allora mi quietai, rassicurata dai confessori che non avevo commesso peccato, con l’aiuto di Dio. Credo di certo che crescevo negli anni e nei vizi e nell’imperfezione, come è ben noto al mio Dio ed anche a V. R. [voi reverendo] che sa tutta la mia mal condotta vita sino ad ora.
Mi sentivo accendere di essere tutta di Dio con affetti di amare e di sposarmi con Gesù e di essere pura, senza macchie. Donazioni del cuore di tutta me stessa le facevo quando potevo. Con grande giubilo mi nascondevo a fare orazione e preghiere verso Dio: non che sapessi che fosse orazione, solo quell’affetto verso Dio che sentivo chiamarmi. Nel giorno poi di quel castigo che Dio mandò in questa città il 10 agosto, grandine e temporale spaventosi, mi ricordo che mi nascosi a pregare il Signore Iddio che mi diede il lume che stava adirato con questo popolo. Fu tanta la percossa e timore che ebbi, non mi si è mai perduta di mente. Rinforzai le preghiere e (il) pianto che non mi potevo quietare in verun conto.
A cinque anni circa ricevetti il sacramento della Cresima con grande festa e giubilo d’essere tutta consacrata a Dio: così credevo. Poi andavo alla scuola per imparare e la più ignorante ed indegna mi pareva di essere tra tutte le altre scolare: qui credevo la pura verità. Con gran fervore dicevo indegnamente le orazioni in compagnia e lavoravo quanto potevo. Nell’ozio non mi pare di esservi mai caduta; con l’aiuto di Dio. Prendevo qualche scusa e lasciavo di lavorare per andare a fare atti di adorazione e di amore verso Dio: mi nascondevo per (non) essere veduta. Imparavo a leggere e quello che sentivo volevo fare. Sentivo i martìri delle sante vergini, ne provavo acutissimi desideri e incominciavo a trovare cose per tormentare questo mio corpo: legare i capelli con un chiodo per svegliarmi a fare orazione, mi esercitavo nella mortificazione dei sentimenti. Trovavo legni e tavole per metterli nel letto dove dormivo.
Dopo gli otto anni avevo trovato una compagna, una donna che passava i trent’anni e con questa avevo stabilito di andarcene nel deserto a fare penitenza. Venuto il tempo in cui dovevamo partire di notte per non essere vedute, accadde che io mi sognai, dormendo, che già andavamo per la strada del deserto ed incominciarono strade che ci affogavano e serpi che ci sbranavano. Impaurita mi destai e riferii alla compagna il sogno. Diede fede al sogno e per questo motivo non partimmo più. Ma nel gran desiderio che avevo, procuravo di trovare luoghi soli, per il desiderio di starmene solitaria. Se giocavo con le altre fanciulle, dopo ne provavo pena e tormento per il divertimento preso. Tutto mi affliggeva. Mi sentivo pena e struggimento quando vedevo la povertà e le miserie nel prossimo e quello che potevo prendere, robe di casa, quattrini, tutto davo per elemosina. Allora provavo giubilo a segno tale che rubavo in casa (mia) poi lo portavo in casa delle poverette, senza cognizione del male e senza termine perché davo via quel che potevo rubare in casa. Poi ne riuscii tra disturbi, quando fu scoperto che ero io. Tanto seguitavo a dare qualche poco, ma con più discrezione, siccome la pena era tanto grande di vedere e sentire la povertà che non mi potevo tenere.
A nove anni circa incominciai a fare strumenti di penitenza, croci con punte e altre cose per portarle. Il male (è) ch’io sentivo alcune
E mia madre mi ha riavuto per voto, siccome già erano tre giorni che (non) ero più morta che viva (…) in voto di S. Francesco da Paola. Un’altra volta, per miracolo della farina di San Luigi. Ma in questo
Mi esercitavo negli uffici di servire i miei genitori e sorelle e mi impiegavo a fare tutto quello che farebbe una serva e se mi si diceva che ero la servetta di casa, mi rallegravano tutta con giubilo. Cercavo più che mai di esercitarmi a servire. Non posso dirle le volte che Dio mi chiamava, essendo senza numero, perché mi sentivo inviti nel cuore da morire per amore. Ho desiderato più la morte che le ore in cui sono vissuta e con grande desiderio e brama, la volevo per forza. Mi trattenevo a discorrere con Dio e sfogavo le accese brame. Dio però mi usava tali misericordie che ora mi diceva: “ Figlia, dammi il cuore tuo!” Altre volte mi chiamava: “ Amami che io amo te!” Altre volte: “Figlia, siimi una serva fedele che ti sposo: sarai mia sposa!” Io a tali espressioni della Divina Bontà davo in eccessi e dicevo: “Mio Dio, adesso in questo punto, pigliate il mio cuore! Non più tardate! Io non posso vivere senza di voi”.
Era tanta l’acerbità delle offese del cuore che mi sentivo morire. Dicevo: “Non posso vivere, mio Dio! Muoio per voi, (e) con voi!” Insomma erano tante le esclamazioni che nel principio che volevo scrivere da me, facevo le lettere e poi componevo le orazioni e atti di amore e giaculatorie. Per tre volte Dio mi mostrava il suo Cuore come un sole sfavillante di raggi e mi diceva: “Questo Cuore ama te e ama chi mi sarà fedele”. Altre volte mi mostrava il sacro Costato e mi diceva: “Figlia, vedi il mio sacro costato aperto e squarciato! Gli ingrati cristiani mi squarciano il Costato. Vedi le mie piaghe aperte e fanno sangue. Per me non v’è compassione né amore”. Così si lamentava il mio buon Gesù. Io provavo pene di morte per le acerbità dell’amore e compassione verso il mio Buon Gesù. Può considerare come mi potevo trovare. Altre volte mi chiamava e mi diceva il mio Buon Gesù: “ Figlia, ‘invitami’ che io vado verso il Calvario con la Croce in spalla. Vado chiamando te se mi vuoi aiutare”. A tali espressioni e parole io sentivo di incendi d’amore insoffribili: “Signore, muoviti a pietà! No! No! Ché non posso vivere senza di Voi, però fate che venga con Voi!” Desideravo i martìri dai tiranni, le pene delle sante martiri, le penitenze dei romiti, le pene del mio Gesù, i flagelli, la corona di spine e la Croce”. Qui sempre mi fermavo. “La Croce voglio, o mio buon Dio, per saziare le accese brame del patire”. Arrivato il tempo di Pasqua, (per) la venuta dello Spirito Santo, ricevei il sacramento dell’Eucarestia per la prima volta, di 12 anni finiti. Allora più favori e misericordia la Divina Bontà mi usò.
Ecco ho soddisfatto alla santa obbedienza, ho scritto il compendio delle misericordie del mio buon Dio le quali sono innumerabili. Ma più vedo di maggior copia … cento e più volte, la mia ingratitudine e peccati. Per(ciò) avrà motivo di ringraziare il mio buon Gesù delle tante misericordie che mi ha fatte. Richiedo la sua santa Benedizione.
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