LA CAPPELLA DI S. ANTONIO abate e DOMENICO MALPIEDI (Schiaroli p. Alfonso)
Il pittore Domenico Malpiedi di San Ginesio (1570-1651) è stato un artista polivalente perché si è espresso anche come scultore e modellatore. Ha lasciato molte opere nella sua patria, a Sant’Angelo in Pontano, Amandola e Montefortino per cui si può ben definire “il pittore dei Monti Sibillini” della prima metà del secolo XVII. Stilisticamente questo artista “ondeggiò tra la maniera degli Zuccari e quella del Barocci, facendosi apprezzare a volte per il morbido e pastoso degradare delle tinte, e per quella grazia, così tipica dei barocceschi, dei quali subì il fascino”.
Il Malpiedi ha eseguito molte opere per le chiese di Montefortino: non solo per quella di S. Agostino, di S. Francesco e di S. Maria delle Grazie, pure per il nostro Santuario dell’Ambro. Vi ha lavorato nell’ultimo periodo della sua attività artistica, tra il 1634 e il 1651, periodo in cui si espresse talora in un manierismo mediocre e stanco per l’età avanzata. Nel nostro Santuario il suo capolavoro è la tela dell’Annunciazione, dipinta nel 1634 per commissione dei Deputati fortinesi. Questa opera si fa ammirare per la grazia disegnativa, per le soluzioni cromatiche tenere, chiare e vivaci; per il garbo delicato delle due figure in pacato e trepido colloquio. Il bel quadro, posto sopra l’altare maggiore è molto visibile ai pellegrini che entrano nel Santuario; essi vengono attratti ad avanzare per fare ingresso nella cappella della Madonna che è il cuore del Santuario.
Meno felice ci appare il Malpiedi nei lavori eseguiti nelle cappelle laterali che ci piace presentare seguendo l’inventario delle opere d’arte locali compilato da Don Giuseppe Crocetti nel 1990.
La Cappella di S. Antonio Abate è un armonioso complesso (580 x 398 x 231) tutto del Malpiedi eccettuata la pala dell’altare che è del Giacinti. Questa cappella (attigua all’organo) è la più ricca di opere malpiediane: tra grandi e piccoli vi si ammirano otto dipinti in affresco. I due più spaziosi (175 x 104) raffigurano la scena di “Saulo che cade da cavallo sulla via di Damasco” e l’altra di “S. Antonio Abate che riunisce gli eremiti della Tebaide”. Altri due di media grandezza (175 x 85) raffigurano l’”Angelo custode” e “S. Caterina d’Alessandria”. Degli altri quattro di dimensioni minori: due (110 x 41) ci presentano “S. Apollonia” e “S. Lucia”, negli altri due (85 x 85) ammiriamo “Due Angeli con corona” e “L’Eterno Padre reggitore del mondo”. Analizzando le singole opere possiamo meglio godere e capire l’arte del Malpiedi.
La scena di Saulo che cade da cavallo ha per sfondo un paesaggio collinare, in alto, sulle nubi appare il Cristo con le mani piagate, circondato da un alone formato da un velo. Al centro, Saulo che cade all’indietro, sbilanciato dal cavallo impennato. Attorno due soldati a cavallo con vessillo e in primo piano altri due soldati atterrati, con elmo a cimiero e scudo. La scena è realizzata con gusto di scenografia teatrale, di effetto drammatico immediato, con colori vivi, figure espresse con disegno netto, vivace e movimentato; meno curata la rifinitura dei particolari.
L’altra scena di S. Antonio Abate che riunisce gli eremiti della Tebaide ha per sfondo una stretta valle di montagna (sembra di ravvisarvi la posizione del nostro Santuario tra i nostri monti!). In alto tra le nubi, appare l’Eterno Padre benedicente. Tra i nove personaggi che vi si vedono, monaci, eremiti che consumano un pasto comunitario all’aperto, spicca la figura di S. Antonio Abate rappresentato con aureola e mani giunte, in preghiera. In basso si vede il committente, un cavallaro montefortinese con tre cavalli. La scena ha una efficacia didattica perché intende rappresentare un aspetto significativo della vita si S. Antonio Abate, al quale era dedicata la cappella. Egli scrisse una regola per i monaci eremiti della Tebaide, ai quali suggeriva momenti di vita fraterna: nella preghiera di lode e nel consumare i pasti insieme. Per questa iniziativa fu un grande benemerito del monachesimo orientale.
La figura dell’Angelo custode è di bell’aspetto riccioluto e con grandi ali aperte dietro le spalle, con la sua, mano sinistra conduce un bambino paffutello e fiducioso. Il colore delle vesti è espresso nei toni del rosso e del giallo. E’ un dipinto manierato di stile barocco, efficace nella rappresentazione didattica del soggetto, intonato agli altri elementi decorativi della cappella. I cavallari di Montefortino nell’emigrazione stagionale in Maremma si affidavano alla protezione dell’Angelo custode, come bambini.
S. Caterina d’Alessandria, vergine e martire, è dipinta in veste verde e manto marrone su fondo scuro a tinta unita. Ha in capo una corona regale; la mano sinistra, appoggiata al petto, regge una palma e la mano destra è appoggiata sulla ruota dentata, strumento del suo martirio; ha calzari ai piedi. Come l’Angelo custode è un dipinto fortemente manierato, di stile barocco espresso in modo decorativo e didattico-devozionale in quanto la Santa era invocata come guaritrice da ogni malanno.
Le Sante Apollonia e Lucia sono dipinte sui due lati dell’intradosso dell’arco trionfale, dentro cornice a stucco con stampo di rosette, su fondo marrone scuro, ben inquadrate, con veste rossa e manto marrone, aureola dietro il capo. S. Apollonia regge un libro, una tenaglia e un dente avulso. S. Lucia ha nelle mani una palma ed un vassoio con oculari. Sotto le due cornici spicca una testina alata. Anche questi due sono dipinti manierati in stile barocco a scopo devozionale: sono le protettrici dei denti e degli occhi.
Al centro del timpano spezzato si trovano le altre due figure. Nella parte più alta sono raffigurati due angeli che reggono una corona regale, stando seduti sulle nubi, a corpo nudo, con alette e velo trasversale. E’ un piccolo dipinto manierato e decorativo tirato via senza pretese artistiche. La corona regale è da mettere in relazione con la sottostante figura ieratica dell’Eterno Padre, Re dell’universo. Mentre i due angeli sono dipinti su una superficie ottagonale, l’Eterno Padre è racchiuso da una superficie quadrangolare con fastigio ad arco ribassato. E’ bella l’immagine benedicente dell’Eterno Padre reggitore del mondo, dall’aspetto di uomo saggio, con barba fluente, vistose ciocche di capelli ed aureola triangolare segno di perfezione. Anche questi dipinti sono, come gli altri, didattici, manierati, decorativi e in armonia cromatica. Il lavoro del Malpiedi nella cappella di S. Antonio è stato lungo e vario avendovi realizzato non solo gli otto quadri, ma anche le loro belle cornici in stucco dorato.
La decorazione nella cappella si è svolta in tre settori: l’arco trionfale con l’intradosso dei pilastri laterali. In questo settore oltre le due figure di S. Lucia e S. Apollonia, in alto, al centro dell’arco c’è un occhio col monogramma di Cristo IHS, ornato con segmenti a riccio e testine alate.
Nell’intradosso sono stati eseguiti sei riquadri delimitati da cornice tortile con decorazione a rilievo di fogliame. Il secondo settore è costituito da una fascia che sovrasta l’altare con i tre quadri: dell’Angelo custode, dei due piccoli Angeli e di S. Caterina.
Il terzo settore è composto dall’altare in muratura con mensa, due plinti a sostegno dei due pilastri e colonne ornate con grottesche, e fogliame attorcigliato. I capitelli, la trabeazione e il timpano spezzato sono dell’ordine corinzio-romano. La pala dell’altare originariamente rappresentava: ”Maria SS.ma col Figlio in gloria; S. Antonio Abate e S. Carlo Borromeo”. Dal 1928 c’è una bella tela del Giacinti raffigurante “S. Francesco d’Assisi stigmatizzato”.
La cappella fu eretta e fatta decorare al Malpiedi dalla Società dei Cavallari di Montefortino nel 1641 con dedica a S. Antonio Abate. L’attribuzione al Malpiedi di tutta l’opera si basa sul confronto con analoghi interventi, come la cornice per la tela dell’Annunciazione che è uguale nel disegno a quella che orna il dipinto dell’Eterno Padre. Lo stesso, a sua volta, è uguale a quello esistente nel monastero delle benedettine di Sant’Angelo in Pontano insieme ad altri dipinti firmati dal Malpiedi.
Gli studiosi concordano nell’attribuzione dell’opera al maestro ginesino. Il Cicconi, nel suo volume sul nostro Santuario, fa osservare che a Loro Piceno esiste nella Priorale di S. Maria una Cappella lavorata dal Malpiedi, che si direbbe una copia fedele di quella dell’Ambro. (“Voce del santuario Madonna dell’Ambro” n. 87, a. 1995-2 pp. 14-16)
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